Prof. Giuseppe Nibbi La sapienza poetica e filosofica dell’età umanistica 13-14-15 gennaio 2016
Meister Eckhart
SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ UMANISTICA
SI SVILUPPA L’IDEA DEL PRIMATO DEL PENSARE SULL’ESSERE ...
Ben tornate e ben tornati a Scuola: buon anno di studio a tutte voi e a tutti voi che animate [che date un’anima] all’attività di Alfabetizzazione culturale e funzionale. Il vostro è un [faticoso e paziente] impegno civile e politico in quanto siete cittadine e cittadini che volete affermare il diritto-dovere all’apprendimento, un diritto-dovere legato all’applicazione dell’articolo 34 della Costituzione che sancisce l’esistenza di una “Scuola pubblica aperta a tutti” per tutto l’arco della vita. Buon anno, quindi, a voi che testimoniate nelle vostre attività quotidiane la presenza [sempre più evanescente a livello nazionale] della Scuola pubblica degli Adulti perché sapete quanto sia importante non perdere mai la volontà di imparare!
Inizia, con l’undicesimo itinerario, la seconda parte di questo Percorso di Alfabetizzazione culturale che utilizza la Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura [inizia la seconda parte che va da Natale a Pasqua, e che comprende tutta la stagione invernale fino alla prossima primavera senza soste: quest’anno non ci sono vacanze né pre-pasquali né post-pasquali] e, quindi, riprendiamo il nostro cammino sul territorio della “sapienza poetica e filosofica dell’Età medioevale, nella stagione dell’autunno del Medioevo, nel momento in cui sta prendendo forma un cambiamento di mentalità che conduce all’epoca che è stata chiamata dell’Umanesimo”, e negli itinerari dello scorso anno, prima della vacanza natalizia, siamo andate ad andati alla ricerca dei germi che fanno fermentare un pensiero nuovo nell’ambito della Scolastica che è stato definito: “empirico, sperimentale e razionalista”.
I germi che fanno fermentare questo nuovo pensiero nell’ambito della Scolastica li abbiamo rintracciati, prima di tutto, nella Scuola di Oxford [la Scuola di Roberto Grossatesta e di Ruggero Bacone, due personaggi che abbiamo imparato a conoscere] dove - attraverso lo studio delle Opere di Aristotele [mediante il Grande Commento alle Opere di Aristotele di Averroè] - è cresciuto l’interesse per “il mondo della natura fisica” e si è consolidato il concetto di “esperienza” [l’episteme], e dove ha preso campo la pratica della “sperimentazione” [l’epistemologia] ed è diventato centrale il tema “dell’interpretazione dei fenomeni” [l’ermeneutica]. Quindi la Filosofia scolastica - con l’inizio dell’autunno del Medioevo dalla seconda metà del XIII secolo, del 1200 - cambia pelle e la tradizionale questione, tutta teorica, del rapporto tra la Fede e la Ragione [l’argomento dominante - come abbiamo studiato durante il viaggio dello scorso anno scolastico - della primavera e dell’estate del Medioevo] passa in secondo piano per lasciare il posto al tema “dell’unità del sapere”: un procedimento che ha come obiettivo primario quello di far interagire la Fede, la Ragione e l’esperienza e poi quello di far cooperare culture diverse. Questo metodo ha generato un originale respiro universale [che - come abbiamo studiato negli itinerari precedenti la vacanza - si dilata da Oriente verso Occidente e viceversa] e ha favorito lo sviluppo, nell’ambito delle varie Scuole, di un atteggiamento “ecumenico” capace di stimolare nuovi investimenti in intelligenza e, come abbiamo detto più volte, il termine “ecumenismo” [inteso come fecondo interscambio intellettuale] sta alle origini del movimento dell’Umanesimo. A questo proposito, abbiamo studiato quanto sia stato importante il pensiero di Sigieri di Brabante [altro significativo personaggio che abbiamo imparato a conoscere] che ha guidato la corrente del cosiddetto “averroismo latino”. Sigieri di Brabante nel trattato intitolato De aeternitate mundi [L’eternità del mondo] fa una considerazione che utilizza come manifesto del movimento d’opinione che si sviluppa intorno alle sue Opere: questa affermazione ci fa capire che l’Umanesimo è alle porte. Leggiamo questo frammento indicativo.
LEGERE MULTUM….
Sigieri di Brabante, De aeternitate mundi [L’eternità del mondo]
Nell’ottica ecumenica dell’unità del sapere bisogna imparare a leggere le Sacre Scritture [il Corano, i Vangeli, la Bibbia] non semplicemente in senso religioso e legalistico ma soprattutto secondo l’autorità dei valori umanistici che i testi delle Scritture proclamano come salvifici: l’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà e la misericordia. …
Questa affermazione [di grande attualità], che Sigieri di Brabante scrive parafrasando Averroè, ci fa capire che noi stiamo per mettere piede nel territorio dell’Umanesimo propriamente detto: il secolo XIII sta per finire e siamo sulla soglia del XIV, il 1300, che, come abbiamo già ricordato, si apre con un avvenimento significativo [e anch’esso di attualità]: il Giubileo, il primo Giubileo della Storia della Chiesa e, quindi, accingiamoci a prendere il passo guardandoci attorno.
Agli albori del 1300 [in pieno autunno del Medioevo], nell’ambito della Storia del Pensiero Umano, noi osserviamo due importanti situazioni: la prima riguarda il nuovo volto che ha assunto la Filosofia scolastica [e abbiamo studiato come si è configurato], un volto che esprime una mentalità empirica, sperimentale, razionalista che mette al centro l’esperienza e l’idea ecumenica dell’unità del sapere, mentre la seconda situazione riguarda le ripercussioni derivanti da quell’importante avvenimento pragmatico [di carattere politico ed economico più che religioso] che è il primo Giubileo della Storia della Chiesa. Ebbene, tanto nei confronti della mentalità razionalistico-sperimentale [quella di Sigieri di Brabante] quanto nei confronti del pragmatismo economico e politico del Giubileo, secondo il disegno di Bonifacio VIII, assistiamo ad una reazione e, a questo proposito, dobbiamo incontrare due personaggi esemplari.
Il primo di questi personaggi [il secondo lo incontreremo a suo tempo] è un magister che reagisce nei confronti del razionalismo averroistico di Sigieri e anche di quello di Tommaso d’Aquino in nome del misticismo [un fenomeno che era passato in secondo piano nell’ambito della Filosofia scolastica] e questo magister si chiama Giovanni Eckhart ed è conosciuto come Meister Eckhart. Meister Eckhart rilancia il primato del misticismo sulla ragione e sull’invadenza [come lui afferma] del razionalismo. Chi è Meister Eckhart e qual è il suo pensiero?
Prima di tutto dobbiamo dire che l’interesse per questo personaggio è andato ben al di là dell’autunno del Medioevo perché le sue Opere hanno influenzato, sul finire del 1700 a cominciare dalla Germania, la nascita dell’Idealismo e del Romanticismo [due correnti di pensiero che abbiamo studiato a suo tempo] e hanno influito su pensatori come Baader, Fichte, Schelling, Hölderlin, fino a Hegel, e questo è avvenuto perché Eckhart propone un tema che per la sua attualità dobbiamo subito mettere in evidenza.
Nel trattato intitolato Questiones parisienses [Questioni parigine] Meister Eckhart riflette sul fatto che in Dio esiste il primato del pensare sull’essere perché l’essenza di Dio non può che essere di natura intellettuale [la sostanza di Dio è Pensiero]: «Dio, scrive Meister Eckhart, è Intelletto e il suo stesso pensare è il fondamento del suo essere». Ora se questo vale anche per le creature di Dio, gli esseri umani [fatti “ad immagine e somiglianza di Dio”], ciò significa che una persona non può dire “io sono quel che sono” ma deve affermare “il mio essere dipende da come penso” e, quindi, è più che mai importante acquisire un pensiero indipendente [aumentare le potenzialità del pensiero]: questo è un tema di grande attualità in un momento in cui la valanga di informazioni a cui siamo soggette e soggetti crea un “pensiero corto” [una testa ben piena, intasata da scorie che limitano i processi di apprendimento] e di conseguenza “l’essere si restringe” e la persona che non si esercita alfabetizzandosi sul terreno della Storia del Pensiero Umano viene a trovarsi [senza una testa ben fatta] in una condizione di “ristrettezza dell’essere” che comporta un basso livello di qualità della vita. Oggi, quindi, in epoca post-moderna, “il tema del primato del pensare sull’essere” posto da Meister Eckhart ci fa riflettere sul fatto che l’informazione è una materia prima che la conoscenza deve padroneggiare e integrare, che la conoscenza deve essere costantemente rivisitata e riveduta dal pensiero, e che il pensiero è oggi più che mai il capitale più prezioso per la persona e per la società tenendo conto del fatto che il mondo in cui viviamo, da sempre, è un oggetto complesso, soggetto alla complessità. Se l’essere dipende dal pensiero, afferma Meister Eckhart, bisogna imparare a fare i conti con la “complessità”.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di questi attributi - complicato, contorto, intricato, macchinoso, tortuoso, astruso, o quale altro - mettereste per primo accanto alla parola “complessità”?...
Quale situazione complessa avete dovuto affrontare ultimamente?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Ma procediamo con ordine [abbiamo un argomento complesso da affrontare]: chi è Meister art? Giovanni Eckhart è nato in una famiglia della piccola “nobiltà cavalleresca” renana, intorno al 1260, ad Hochheim, un minuscolo paese della Turingia vicino alla città di Erfurt dove, da ragazzo, Giovanni Eckhart compie i suoi primi studi ed entra nel 1275 nell’ordine domenicano. Erfurt, che oggi conta circa 200 mila abitanti, è il capoluogo della Turingia e se si va ad osservare la sua posizione sulla carta geografica [fate questo esercizio utilizzando l’Atlante] si può constatare che si trova proprio al centro della Germania in quella parte che viene chiamata “il cuore verde della Germania”. Erfurt è situata a circa venti chilometri a ovest di Weimar una città nella quale [attraversando il territorio del Romanticismo titanico nell’anno 2004, e molte e molti di voi se ne ricorderanno] abbiamo soggiornato ospiti della duchessa Anna Amalia che, rimasta vedova, ha governato dal 1772 con grande acume il ducato di Weimar e con la sua lungimiranza ha radunato nel suo cenacolo culturale personaggi come Goethe, Schiller, Herder e Wieland: tutti pensatori [non a caso] molto interessati alle Opere e al misticismo di Meister Eckhart.
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Con la guida della Germania e navigando in rete cogliete l’occasione per fare o rifare una visita a Weimar: vale il viaggio...
Ma torniamo a Erfurt: se diamo uno sguardo alla cartina di questa città ci accorgiamo subito della sua ricchezza architettonica, difatti, è soprannominata “la città delle torri” e conserva ancora un tipico aspetto medievale [grazie anche al fatto di essere stata poco danneggiata dalla seconda guerra mondiale] e nel periodo di massimo splendore [alla fine del XIV secolo, del 1300] a Erfurt si contavano ben 43 chiese, 36 monasteri e decine di palazzi gotici dalle facciate riccamente decorate tra cui quello del Mercato del pesce e quello dell’Università. Erfurt è una città in cui ha avuto un grande peso tanto la vita religiosa quanto quella culturale e soprattutto quella economica legata alla sua posizione favorevole lungo la cosiddetta Via Reale che collegava il fiume Reno con la Russia. Una città così viva non poteva non attirare personaggi illustri: Lutero ha studiato giurisprudenza dal 1505 al 1507 all’Università di Erfurt diventando qui monaco agostiniano, Johann Sebastian Bach, dal 1703 al 1708, ha suonato in diverse chiese della città, mentre Goethe, Schiller, Herder, Wieland hanno soggiornato a Erfurt prima di trasferirsi nel 1772 a Weimar. Anche politicamente Erfurt è stata centro di importanti incontri storici come quello tra Napoleone e lo zar Alessandro I nel 1808.
Il monumento più in vista di Erfurt [anche per la sua grandiosità] è il Duomo che è il risultato di un lungo lavoro che ha visto la trasformazione di questo edificio da basilica tardo-romanica, iniziata nel 1154, a capolavoro del gotico tedesco: sul fianco sinistro spicca il cosiddetto Triangel, il celebre portale a pianta triangolare con statue della Vergine e degli Apostoli e una Crocifissione nel timpano; all’interno della basilica colpisce la particolare suddivisione dello spazio, infatti, il corpo della chiesa, a tre navate, ha grosso modo la stessa lunghezza del grande coro.
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Con la guida della Germania e navigando in rete fate una visita a Erfurt immaginando anche [e l’immaginazione rende il tutto più digeribile] di cenare a base dei tipici canederli di patate con i wurster della Turingia e il vino del Reno, buon viaggio…
Come abbiamo detto, Erfurt è la città dove il giovane Giovanni Eckhart nel 1275 entra a far parte dell’ordine domenicano e frequenta la Scuola di base prima di proseguire i suoi studi a Strasburgo e a Colonia: probabilmente è stato scolaro di Alberto Magno ma non ci sono prove in proposito. Meister Eckhart ha ricoperto importanti cariche nell’ordine domenicano svolgendo un’intensa attività di studio e d’insegnamento e molti dei suoi scritti nascono come libri di testo destinati proprio all’insegnamento, attività che svolge in molte città europee. Fra il 1300 e il 1311 insegna all’Università di Parigi dove scrive il trattato intitolato Questiones parisienses [Questioni parigine] del quale poco fa abbiamo letto un frammento, successivamente dirige la Scuola teologica di Strasburgo e poi quella di Colonia.
Eckhart dà forma al suo pensiero mistico studiando il tema del Neoplatonismo [attraverso le Enneadi di Plotino], commentando il testo del Dionigi Areopagita e le opere di Proclo di Costantinopoli [il filosofo neoplatonico autore dei quattro trattati che compongono il volume del Dionigi Areopagita redatto intorno al 480: quest’opera tratta la dottrina del cristianesimo in modo assolutamente ortodosso facendolo diventare però un’ideologia neoplatonica]: la visione [fra poco la osserveremo] che Meister Eckhart ne trae viene considerata, dal tribunale dell’Inquisizione, non ortodossa e, difatti, nel 1326 Eckhart, a Colonia, viene accusato di eresia con 49 imputazioni [affermazioni non ortodosse] a suo carico e anche lui, come Sigieri di Brabante, si appella al papa. Nel 1327 ritratta 21 delle sue tesi considerate eterodosse e, mentre si reca ad Avignone verso la corte di papa Giovanni XXII, Meister Eckhart muore [la sede del papato si è trasferita ad Avignone e di questo argomento ce ne occuperemo al fine inverno]. Però è stata fatta anche l’ipotesi che Meister Eckhart sia morto nel 1328 durante il viaggio di ritorno verso Colonia: ci sono due versioni contrastanti sulla data, sul luogo e sulle circostanze della sua morte. Il 23 marzo 1329 delle 28 tesi di Meister Eckhart incriminate 17 sono ritenute eretiche con bolla papale firmata da Giovanni XXII mentre le altre 11 vengono criticate “in quanto foriere di fraintendimenti”. La condanna non ha certo fermato l’interesse per i numerosi scritti di Meister Eckhart, anzi la curiosità per le sue Opere messe all’Indice è aumentata: Meister Eckhart ha scritto molti Trattati esegetici in lingua latina [in particolare ha commentato il Libro della Genesi, dell’Esodo, della Sapienza, del Siracide, il testo del Vangelo secondo Giovanni] e ha lasciato scritte molte Prediche in lingua tedesca.
Lo scritto teologico-filosofico più importante di Meister Eckhart s’intitola Opus tripartitum [Opera in tre parti] e contiene la “summa” del suo pensiero il cui influsso è andato ben al di là dell’autunno del Medioevo ispirando il dibattito filosofico tanto in Età moderna quanto in Età contemporanea.
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Se con la guida della Germania e navigando in rete visitate la città di Erfurt potete puntare l’attenzione sulla Chiesa dei Domenicani [Predigerkirche] - un edificio a tre navate iniziato nel 1278 e terminato nel 1380 - perché nel 2009 un portale di questa chiesa è stato dedicato a Meister Eckhart: questo portale è opera dello scultore Michael Sander e non vi sarà difficile poterlo osservare su uno dei tanti siti dedicati a Meister Eckhar...
Meister Eckhart non condivide “lo sperimentalismo” della Scuola di Oxford dei maestri Grossatesta e Ruggero Bacone, tanto meno “il razionalismo averroista” di Sigieri di Brabante, perché queste due correnti, che tengono in massima considerazione “l’esperienza, l’osservazione e l’interpretazione dei fenomeni”, concepiscono una teologia che mira a perseguire la conoscenza di Dio partendo dalla Natura, con un procedimento che va dalla Fisica verso la Metafisica perché nella Natura c’è l’impronta di Dio-creatore ed è, quindi, necessario scoprirla questa impronta, sottoporla al vaglio della Ragione in modo che l’Intelletto possa approssimarsi al territorio della Fede [e questo ragionamento è anche proprio del pensiero di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino], e per gli sperimentalisti-razionalisti: Dio, l’Essere umano e la Natura sono oggetti separati tra loro.
Meister Eckhart invece sostiene l’esistenza di una Unità assoluta ed essenziale tra Dio e l’Essere umano e, quindi, il mondo naturale e quello soprannaturale sono una cosa sola intimamente legati tra loro da un rapporto metafisico: l’Universo, afferma Meister Eckhart, è Uno ed è Dio, e se Dio esiste non può che essere “una totalità”. Meister Eckhart, quindi, parte nella sua riflessione aderendo al pensiero neoplatonico formulato da Proclo di Costantinopoli nel Dionigi Areopagita che disegna l’Universo - scaturito dall’Uno [dalla Sintesi suprema] - secondo un sistema triadico, che noi abbiamo studiato a suo tempo, ma naturalmente Eckhart apporta tutta una serie di modifiche a questo progetto in chiave mistica e spirituale.
Meister Eckhart studia e commenta il testo del Dionigi Areopagita nel quale Proclo di Costantinopoli nel trattato intitolato “Nomi divini” afferma, parafrasando le Enneadi di Plotino, che l’Universo [tutte le cose, il Molteplice] viene emanato, per Necessità, dall’Uno [in greco En]. L’Uno è la Sintesi suprema concepita dalla Ragione che include ogni molteplicità, è l’Unità assoluta [di natura intellettuale] che basta completamente a se stessa. L’Uno crea l’Universo per emanazione che, scrive Proclo, avviene per triadi [al ritmo di tre elementi per volta in rapporto logico e dialettico tra loro]: la prima triade [la triade suprema] che l’Uno emana, scrive Proclo, è composta da “Dio-Intelletto-Anima” e, a sua volta, da questa triade scaturiscono altri tre elementi “Potenza-Sapienza-Intelligenza che corrispondono anche a “Padre-Figlio-Spirito Santo” e, a sua volta, da questa triade fluiscono altri tre elementi, “Buono-Bello-Giusto”, dalla quale sgorgano altri tre elementi, “Infinito-Molteplice-Composito” e così via in una serie lunghissima e sistematica di emanazioni perché, da ogni elemento [in greco Enade] presente in ogni triade, nasce una nuova triade, e tutto il sistema della generazione delle cose [l’essenza della realtà] avviene, scrive Proclo, per mezzo di una discesa a spirale mediante una armonica rotazione [una processione] circolare che va dall’Uno al Molteplice e dal Molteplice torna all’Uno.
Meister Eckhart aderisce a questa visione ma si discosta dal pensiero neoplatonico tradizionale di Proclo contenuto nel Dionigi Areopagita: lui considera quest’opera un utile strumento su cui basare la sua riflessione ma è consapevole [perché la Filosofia scolastica sperimentale ha fatto chiarezza su questo testo] del paradosso di cui è frutto. A questo proposito, dobbiamo ricordare [e molte e molti di voi se lo ricordano] che Proclo di Costantinopoli, in quanto filosofo platonico del V secolo, ha reagito nei confronti dell’invadenza cristiana [gli imperatori bizantini, per ragioni di potere, vogliono imporre il cristianesimo e sradicare il paganesimo anche con la forza chiudendo le Accademie] e, quindi, Proclo decide di comporre in modo anonimo il Dionigi Areopagita facendo credere che l’autore di quest’opera sia quel Dionigi che, secondo gli Atti degli Apostoli [capitolo 17 versetti 18-34], si sarebbe convertito ascoltando Paolo di Tarso predicare ad Atene sull’Areopago. Proclo, che è un raffinato studioso e sa come agire intellettualmente, scrive quattro Trattati in cui esalta la dottrina del cristianesimo [introducendovi anche, con grande abilità dialettica, il concetto neoplatonico dell’immortalità dell’anima] contaminando la dottrina cristiana con tutti i principali elementi della Filosofia neoplatonica perché questa, soggetta ad una vera e propria persecuzione, non si disperda; anche i filosofi della Scolastica medioevale tradizionale, compreso Tommaso d’Aquino, faranno finta di credere volentieri all’autentica matrice cristiana di quest’opera per la sua efficacia intellettuale, un’opera che, paradossalmente, invece di indebolire il cristianesimo lo ha fortemente rafforzato sul piano filosofico.
Meister Eckhart - in linea con tutti gli Scolastici razionalistico-sperimentali - è consapevole della natura neoplatonica del Dionigi Areopagita [che comincia ad essere chiamato “Pseudo Dionigi”, lo pseudonimo di Proclo che ne è il vero autore] e, quindi, Meister Eckhart, a distanza di più di otto secoli e in un contesto ben diverso, introduce delle variazioni al sistema neoplatonico tradizionale affermando per prima cosa che “l’Uno è Dio”, ed è “Dio al disopra di tutto” che crea l’Universo emanando delle triadi a partire da quella suprema: Dio-Intelletto-Anima, e, di fronte a questa affermazione, noi ci chiediamo: come può Dio stesso [in un contesto monoteista] emanare Dio? L’Uno, in quanto sintesi Suprema [in quanto Pensiero assoluto senza prerogativa divina, l’Uno di Plotino è un concetto intellettuale], può logicamente [dialetticamente] emanare Dio, ma come può [ci chiediamo] Dio, in quanto totalità assoluta, scaturire da se stesso?
Per capire questo fatto - che non è un controsenso - bisogna conoscere il concetto che Meister Eckhart ha di Dio [ed è il primo elemento che lo mette nei guai con l’Inquisizione]. Se Dio, afferma Meister Eckhart, è “al disopra di tutto” significa che per la nostra capacità di conoscenza “è nulla” poiché “essendo totale” è indefinibile e allora, afferma Meister Eckhart, anche la nostra visione razionale - il quadro triadico dentro i limiti del sistema della dialettica che abbiamo descritto poco fa - non è altro che qualcosa di aleatorio, un espediente della Ragione.
Nella famosa predica intitolata Beati pauperes in Spiritu [Beati i poveri di Spirito] Meister Eckhart invita i fedeli a pregare “Dio” [con la lettera maiuscola] affinché li liberi da “dio” [con la lettera minuscola], dal “dio” che razionalmente ci raffiguriamo noi, perché c’è un “Dio Eckhartiano” [chiamiamolo così, per capirci] che è “totale ed indefinibile, puro ed assoluto”, e poi c’è “il dio che la nostra mente tenta di raffigurasi” che non è altro che un semplice “essere superiore”, un “sovra-essere]” [lo definisce Meister Eckhart, un essere dalle funzioni totemiche [un feticcio] che è sopravvissuto nell’immaginario collettivo, scrive Meister Eckhart, ispirato dalla religiosità naturale. In definitiva, mentre “il secondo dio” è l’idea a cui la persona ricorre per “chiedere”, per cercare la consolazione quotidiana, una “superstizione”, “il primo Dio” è “Colui che è [«Io sono Colui che sono» risponde Dio nel roveto ardente a Mosè che gli domanda con insistenza di rivelargli il suo nome, come ci racconta il Libro dell’Esodo nel versetto 14 del capitolo 3]”, “il primo Dio” è tanto indefinibile e totale che, scrive Meister Eckhart, “in Lui, con Lui e per Lui non vi è altro che Esso”.
Quali sono le conseguenze di queste affermazioni, e che rapporto ci può essere tra questo Dio totale e le creature? Meister Eckhart imposta il tema dei rapporti tra Dio e le creature prendendo le mosse dall’analisi del concetto di “Essere” che è attribuibile a Dio in modo univoco: solo all’Essere di Dio, afferma Meister Eckhart, conviene per sua natura il privilegio dell’esistenza infinita, e fuori di Dio, non si dà esistenza, dato che ciò che è fuori dalla causa prima è anche fuori dall’Essere. Ogni essere creato [una persona, un animale, un albero] possiede una sua essenza diversa da quella di Dio, ma l’esistenza in virtù della quale questa essenza è, non gli appartiene in proprio perché ogni essenza [ogni cosa] esiste solo nell’esistenza di Dio. Per questo, afferma Meister Eckhart, in tutte le creature è diffuso il desiderio di conoscere Dio che si può manifestare anche come un rifiuto che, però, è pur sempre una forma di interesse verso il creatore.
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Il rifiuto è anche sinonimo di rinuncia: quando avete dovuto rinunciare a qualcosa che vi è stato rifiutato sebbene voi ne aveste bisogno?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Meister Eckhart riflette poi su un’altra questione delicata, un altro tema che lo mette nei guai con il tribunale dell’Inquisizione: siccome tutte le creature, scrive Meister Eckhart, al di fuori dell’Essere di Dio non sono, non hanno un’esistenza, di conseguenza, non si può pensare che Dio riversi l’amore sulle creature: l’amore, la vanità dell’amore, è un fenomeno tipicamente umano che la persona attribuisce al “dio-secondo, al dio feticcio” come proiezione del proprio sentimentalismo che è l’antitesi del misticismo, della tensione verso il divino.
Meister Eckhart ritiene che il rapporto tra Dio, il “Dio-primo e totale”, non può che essere rigorosamente “intellettualista” perché “l’essenza di Dio è l’intendere”, ed Eckhart traccia una via verso Dio nella quale la forza che conduce alla meta non è l’amore [necessariamente soggetto alla conoscenza sensibile] ma è quella che lui chiama “l’intellezione” [la comprensione con la mente, ciò che può essere solo pensato e conosciuto con l’intelletto] perché il principio antropologico su cui influisce la Grazia è l’intelletto: la persona è gradita a Dio principalmente perché lo sa e nella misura in cui lo sa.
Il tribunale dell’Inquisizione sostiene [e anche la Scuola francescana è d’accordo su questo] che la somiglianza dell’essere umano a Dio e il suo ingresso nell’unione con Lui sta nell’atto di amore più che nell’atto di intendere, ma Meister Eckhart, fedele anche alla tradizione dell’ordine domenicano, privilegia sia in Dio che nell’essere umano la funzione intellettiva [come si può amare senza intendere?]: nella Trinità, sostiene Meister Eckhart, Dio-Padre è l’Intelligenza, mentre il Figlio è la Vita e lo Spirito è l’Essere. E tra l’Intelligenza di Dio e quella della persona, afferma Meister Eckhart, la linea di demarcazione si attenua fino a scomparire, fino a che viene a crearsi una coincidenza fra i due intelletti, e questo pensiero costa a Meister Eckhart l’accusa di panteismo [se Dio è in Tutto perde la trascendenza] e la definitiva condanna per eresia.
Meister Eckhart è sempre stato consapevole dell’ambiguità del linguaggio della sua dottrina mistica, un’ambiguità non superabile proprio perché, per definizione, l’unione tra la persona e Dio, che è il senso di tutte le cose, si pone al di là della linea concettuale [come la si può spiegare?], e il vero linguaggio mistico di Meister Eckhart si svolge sul versante delle immagini a cui si affida: l’Anima della persona, dice Eckhart, è come un castello, come un castello nel quale Dio risiede come ospite ed è Lui che in noi ama se stesso, conosce se stesso, generando nell’Anima la totale indifferenza per tutto ciò che non è Lui, e cioè il totale distacco ascetico da ogni cosa mondana e, a questo punto, Dio e l’Anima non sono che una sola cosa. E per rendere più comprensibile il concetto di questa relazione, Eckhart usa la metafora del fuoco: quando il fuoco è generato all’interno del legno gli trasmette la propria natura e la propria essenza, e il legno diventa sempre più simile al fuoco.
Il risultato della nascita di Dio nell’Anima della persona è la “pace” e con questo termine [la pace sia con voi] Eckhart intende un radicale distacco dalle cose per privilegiare la contemplazione, consistente nella presa di coscienza che l’Essere umano “pacificato” per eccellenza è Gesù Cristo, il Figlio di Dio, così come viene rappresentato nel testo del Vangelo secondo Giovanni e nell’Epistolario di Paolo di Tarso.
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Meister Eckhart sottolonea come nel testo del Vangelo secondo Giovanni Gesù ripeta sempre: «Chi ama è perché conosce, e se si comprende si ottiene la pace, non come la dà il mondo...», in proposito leggete [su consiglio di Meister Eckhart] il capitolo 14 dal versetto 15 al 31 del Vangelo secondo Giovanni...
La contemplazione, che permette all’Anima della persona di penetrare nell’intimità divina e di raggiungere la pace, non deve essere un esercizio passivo ma di cooperazione con la Grazia divina perché se Gesù Cristo, in quanto vero Uomo, cooperando con la Grazia divina, si è manifestato come vero Dio, allo stesso modo anche l’Anima della persona può, per Grazia, essere Dio.
Naturalmente Meister Eckhart mette l’accento sul fatto che l’apprendimento di questa condizione dello spirito - così come avviene per l’apprendimento della lettura e della scrittura - può essere raggiunta praticando molto esercizio intellettuale e dedicandosi ad una “preghiera contemplativa” che abbia “un carattere intelligibile” e che sappia produrre “aforismi” cioè “riflessioni” [intellezioni], per cui la persona è capace di comprendere che è gradita a Dio nella misura in cui sa di esserlo perché in Dio vige il primato dell’intendere, e perché “l’essere dipende dal pensare” [prima si pensa e poi si è] e questa affermazione è già tipicamente “umanistica” e anticipatrice dell’Età moderna [Martin Lutero ragionerà su questo pensiero eckhartiano all’inizio del 1500, ma questa è un’altra storia della quale ci occuperemo a suo tempo].
E, quindi, a questo punto, dopo aver gettato le basi del complesso pensiero “mistico-intellettualista” di Meister Eckhart dedichiamoci a leggere una pagina dei suoi celebri Aforismi - tratti dalle sue Prediche - che hanno generato una riflessione [come abbiamo detto più volte] che è andata ben al di là dell’autunno del Medioevo e che continua ai giorni nostri. Leggiamo, quindi, una serie di Aforismi di Meister Eckhart.
LEGERE MULTUM….
Meister Eckhart, Aforismi
Non si può non essere d’accordo con Aristotele quando scrive: “Dio sarebbe troppo perfetto per pensare ad altro che a sé stesso”.
Alcune persone vogliono vedere Dio con i loro occhi così come vedono una mucca, ed amarlo come amano una mucca, per il latte e il formaggio e i vantaggi che procura loro. Questo è come le persone amano Dio per l’amore della salute esteriore o per il conforto interiore. Essi non amano Dio correttamente, quando lo amano per il loro proprio vantaggio.
Se la sola preghiera che dirai mai nella tua intera vita è “grazie”, quella sarà sufficiente.
Solo la mano che cancella può scrivere il vero.
Nel silenzio la persona può più facilmente preservare la sua onestà.
Per una mente serena tutto è possibile.
Anche una pietra è Dio, solo che essa non sa di esserlo.
L’Essere umano deve essere disposto ad essere un principiante ogni singolo mattino.
Si dovrebbe attribuire meno importanza a ciò che si sta per fare rispetto a ciò che siamo.
Finché amerai un’altra persona meno della tua stessa persona, non riuscirai mai ad amare la tua stessa persona, ma se ami tutte le persone nello stesso modo le amerai come una persona e quella persona è sia Dio sia l’Essere umano.
Se trascorressi abbastanza tempo con le più piccole creature - anche un lombrico - io non ne avrei mai per preparare un sermone, tanto è piena di Dio ogni creatura.
Quanto è più saggio e possente un maestro tanto più immediato è il modo in cui crea la sua opera e tanto essa è più semplice.
Seneca, alla domanda. “Qual è il miglior conforto nell’afflizione e nel dolore?” risponde: “Che la persona accolga ogni cosa come se l’avesse richiesta e desiderata”.
L’occhio con cui io vedo Dio è lo stesso occhio con cui Dio vede me.
Nessuna persona può conoscere Dio se prima non conosce se stessa.
La persona non deve accontentarsi di un Dio pensato perché quando il pensiero svanisce anche Dio svanisce.
Dobbiamo pensare Dio nella sua essenza: in tutte le sue opere e in tutte le cose la persona deve cogliere Dio nel modo più sublime possibile.
Non siamo né angeli né bestie, ma se commettiamo l’errore di ritenerci angeli allora diventiamo bestie.
Prego Dio che mi liberi di dio.
Dovrai conoscere Dio direttamente, senza ricorrere ad alcuna immagine e senza attribuirgli alcuna sembianza.
Finché io ed Egli, cioè Dio e l’anima, non costituiscono uno solo qui e ora, l’Io non può operare, né essere una cosa sola con Lui.
Se l’amore di Dio ci è nascosto noi soli ne abbiamo colpa: noi siamo la causa di tutti i nostri ostacoli, guardati da te stesso e avrai fatto buona guardia, Dio non cerca il proprio utile.
Dio è un permanere nella purezza della propria essenza, nella quale non vi sono attributi, deve andarsene tutto ciò che è contingente: Dio è puro dimorare in se stesso, dove non c’è il questo e il quello, quel che è in Dio è Dio.
Se Maria non avesse prima generato Dio nello spirito, egli non sarebbe mai nato da lei nel corpo. Per Dio vale di più essere generato spiritualmente da ogni anima buona che essere nato corporalmente da Maria.
Tutto quello che il Padre ha dato al Figlio suo unigenito lo ha dato altrettanto pienamente a me, senza nulla di meno perché la beatitudine che il Figlio ci ha portato è la nostra.
La prima cosa che Dio dona è se stesso: se hai Dio, con lui hai tutte le cose e chi ha Dio e tutte le cose non ha più di chi ha Dio soltanto.
Chi pensa di ricevere Dio nella interiorità, nella devozione, in un dolce rapimento o in una grazia particolare più che presso il focolare o nella stalla, non fa altro che prendere Dio, avvolgergli un mantello intorno al capo e cacciarlo sotto una panca, perché chi cerca Dio secondo un modo prende il modo e perde Dio che nel modo è nascosto: chi cerca Dio senza modo lo prende come è in se stesso.
Dio opera maggiormente in un cuore umile perché è là che trova la maggiore possibilità di operare, trovandovi la maggiore somiglianza con se stesso.
Le persone non possono cercare Dio se non imparano a pensarsi come esseri nudi e crudi. …
Che cosa c’insegna la lettura degli Aforismi [noi ne abbiamo letto appena una serie ma ne sono stati raccolti a decine] di Meister Eckhart. Ebbene, questa lettura ci dice una cosa importante rispetto alla sua cultura, una cosa per la quale vale l’affermazione che nel viaggio dello scorso anno scolastico abbiamo sentito pronunciare dai maestri della Scuola di Chartres: «Siamo come dei nani sulle spalle di giganti», dove i “giganti” sono i Classici greci e latini, alle Opere dei quali Meister Eckhart si è abbeverato pienamente da Socrate a Platone ad Aristotele fino a Seneca e via dicendo.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Tra gli Aforismi di Meister Eckhart che abbiamo letto sceglietene qualcuno [non più di tre] che ritenete più interessanti: investite in intelligenza perché prima viene il pensare e poi l’essere e solo chi pensa bene riesce a identificare la propria essenza.
E adesso [tutte e tutti insieme] ne scegliamo uno di questi Aforismi, l’ultimo che abbiamo letto, in modo da dipanare un intreccio filologico in funzione della didattica della lettura e della scrittura, scrive Meister Eckhart: «Le persone non possono cercare Dio se non imparano a pensarsi come esseri nudi e crudi» e intende dire come persone schiette: semplici, pure, genuine, naturali, autentiche, franche, sincere, leali. La “schiettezza”, secondo Meister Eckhart, è senza dubbio una virtù da coltivare.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste parole - semplicità, purezza, genuinità, naturalezza, autenticità, franchezza, sincerità, lealtà, o qual altra - mettereste per prima accanto al termine “schiettezza”?...
Scrivetela...
E Nudi e crudi è il titolo di un racconto che si presenta, contemporaneamente, come un breve-romanzo e come un testo teatrale che, portato in palcoscenico per la prima volta nel 1996 a Londra, poi in tutta Europa e nel mondo [in Italia è in cartellone in molti teatri], ha avuto un grande successo.
L’autore di quest’opera si chiama Alan Bennett - che oggi è considerato uno dei più significativi autori teatrali europei e che noi abbiamo già incontrato nei nostri viaggi per leggere pagine tratte da alcune sue opere come La sovrana lettrice e Una vita come le altre - e i protagonisti della commedia intitolata Nudi e crudi che scaturisce dall’omonimo romanzo-breve, sono i signori Ransome, Maurice e Rosemary che fino ad oggi hanno passato la loro vita, uno in un modo e l’altra nell’altro, a rimuovere la loro “schiettezza” per privilegiare la finzione, la simulazione, l’ipocrisia. Quando i benestanti coniugi Ransome tornano a casa, dopo una serata passata a teatro ad ascoltare Così fan tutte di Mozart, scoprono di aver subìto un furto nel loro appartamento. Ma il fatto è che la loro casa è stata completamente svuotata, dalla moquette ai lampadari: i ladri hanno portato via anche il telefono e la carta igienica. Questa situazione si presenta davvero inconcepibile, forse è uno scherzo o forse è un errore, fatto sta che questa circostanza porta uno sconvolgimento nella vita tranquilla e ripetitiva dei due padroni di casa che si ritrovano, loro malgrado, realmente “nudi e crudi” e costretti a reagire. Lui [che rappresenta il polo negativo, il maschio adulto in crisi profonda di identità] si incupisce e si arrabbia sempre di più, lei prova invece un senso quasi di sollievo, e l’aforisma di Meister Eckhart che invita la persona a “pensarsi come un essere nudo e crudo se vuole iniziare un tragitto di liberazione” ci viene inevitabilmente in mente, e dobbiamo pensare che sia venuto in mente anche ad Alan Bennett il quale arriva alla scrittura teatrale attraverso un certo tipo di itinerario intellettuale.
Ma prima di conoscere che tipo di rapporto c’è [e ce ne occuperemo nel prossimo itinerario] tra il drammaturgo contemporaneo Alan Bennett e il mistico scolastico medioevale Meister Eckhart cominciamo a leggere questo romanzo-breve intitolato Nudi e crudi.
LEGERE MULTUM….
Alan Bennett, Nudi e crudi
Casa Ransome era stata svaligiata. «Rapinata» disse la signora Ransome.
«Svaligiata» la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca; una casa si svaligia.
Il signor Ransome era avvocato e riteneva che le parole avessero la loro importanza. Anche se in questo caso era difficile trovare un termine preciso. Di solito un ladro sceglie, fa una cernita, prende un oggetto e ne lascia altri. C’è un limite a ciò che riesce a far sparire: per esempio, è raro che porti via una poltrona, ancor più raro un divano. Questi ladri, però, l’avevano fatto. Avevano preso tutto.
... continua la lettura ...
Continueremo ancora a leggere questo romanzo di Alan Bennett che è nato nel 1934 a Leeds, nello Yorkshire occidentale, e dopo gli studi secondari si è iscritto ad Oxford [ecco un altro allievo, questa volta contemporaneo, della Scuola di Oxford] dove si è laureato in Storia e dove è rimasto per alcuni anni come ricercatore e docente di Storia medioevale, finché nel 1960 ha cominciato a distaccarsi dal mondo accademico per poi dedicarsi a tempo pieno al teatro ma non possiamo non ricordare - in nome del concetto [tipicamente umanistico] dell’unità dei saperi - che Alan Bennett, come professore di Storia medioevale, ha scritto anche un trattatello [una tesi] su Meister Eckhart e quale aspetto del carattere di Meister Eckhart il professor Alan Bennett mette in evidenza? Questa è una delle domande alle quali cercheremo di dare una risposta nel prossimo itinerario.
E, per rispondere alle domande che la Storia del Pensiero Umano ci pone, dobbiamo seguire la via dell’Alfabetizzazione culturale e funzionale con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé, e quando Meister Eckhart dice: «Solo la mano che cancella può scrivere il vero» vuole affermare, con un paradosso, che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare per acquisire una testa ben fatta in modo da scongiurare il fatto di avere una testa ben pena.
La Scuola è qui, e anche quest’anno il viaggio continua, quindi, buon anno di studio a tutte e a tutti voi!