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SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE NEL PAESAGGIO INTELLETTUALE DELLA LETTERATURA DEL CORANO TROVIAMO LA PRIMA RIVELAZIONE, LA PRIMA PERSECUZIONE, LA MIGRAZIONE IN AL-HABASHA E LA PRIMA CONVERSIONE ECCELLENTE …

Lezione N.: 
20

Prof. Giuseppe Nibbi   La sapienza poetica e filosofica dell’età alto-medioevale  19-20-21  marzo  2014

Herta Müller

SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE

NEL PAESAGGIO INTELLETTUALE DELLA LETTERATURA

DEL CORANO TROVIAMO LA PRIMA RIVELAZIONE, LA PRIMA PERSECUZIONE,

LA MIGRAZIONE IN AL-HABASHA E LA PRIMA CONVERSIONE ECCELLENTE

   Il ventesimo itinerario del nostro viaggio sul “territorio della sapienza poetica e filosofica dell’Età alto-medioevale” si svolge sempre di fronte al “paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano”, a diretto contatto con lo scenario che illustra la vita di Muhammad, il depositario del Libro del Corano, un testo che prende forma alla metà del VII secolo, in Età Alto-medioevale.

   Alla fine dell’itinerario della scorsa settimana ci siamo chieste e ci siamo domandati: come è stato rivelato il Corano a Muhammad? Il Corano dice che il Libro è stato rivelato “tutto in una notte”, poi però dice anche che, il Libro, è stato rivelato “poco per volta nel corso di circa tre anni”. Come stanno le cose?

   Secondo la tradizione islamica e secondo il testo del Corano [come abbiamo studiato] Muhammad comincia ad avere delle “visioni” durante il sonno. Ma, dopo queste primissime Rivelazioni, il flusso della “parola divina” cessa per un certo tempo: Muhammad non sente più la voce di Dio né la presenza dell’arcangelo Gabriele e questo fatto provoca in lui uno sconforto che lo porta ad ammalarsi. Questo fenomeno – che investe le persone che si dedicano alla vita mistica – corrispondente al “silenzio di Dio” viene chiamato dalla tradizione islamica col termine “indebolimento [in arabo “fatra”]”, dovuto all’abbandono. Ma dopo un certo periodo di tempo l’ispirazione riprende e questa ripresa viene documentata e celebrata dalla XCIII. La sura del Mattino che abbiamo letto e commentato qualche settimana fa: «Nel nome di Dio, clemente misericordioso! Per il Mattino! Per la Notte che calma s’abbuia! Il Signore tuo non ti ha abbandonato e non ti odia e l’Altra vita ti sarà più bella della prima, e ti darà Dio, e ne sarai contento».

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale termine, secondo la vostra esperienza, vorreste accostare alla parola “abbandono”?...    In quale circostanza avete provato un senso di “abbandono”?...

Sono due interrogativi per una sola domanda: scrivete quattro righe in proposito...

   Dopodiché ha inizio per Muhammad la fase delle Rivelazioni vere e proprie che mette fine al suo stato di tristezza, di angoscia, di sconforto, di depressione, di disperazione. Quando e come avvengono queste Rivelazioni vere e proprie? Tanto la tradizione islamica quanto il testo del Corano ci raccontano come è sceso il messaggio divino su Muhammad dandoci due risposte diverse e contraddittorie che dobbiamo analizzare.

   Se puntiamo la nostra attenzione sul testo della XCVII. La sura del Destino [o del Decreto] quale informazione ne ricaviamo? Leggiamo il testo di questa sura formato da cinque versetti.

LEGERE MULTUM….

XCVII. La sura del destino (o del decreto)

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

In verità lo rivelammo nella Notte del Destino [del Decreto]. Che cos’è mai la Notte del Destino? La Notte del Destino è la più bella di mille mesi. Vi scendono gli angeli e lo Spirito – col permesso di Dio – a fissare ogni cosa. Notte di pace fino allo spuntar dell’aurora.

   Nel testo di questa sura – che dice «In verità lo rivelammo nella Notte del Destino [del Decreto]» – appare evidente che il Libro del Corano è sceso in una notte e la Rivelazione tutta intera è stata fatta nella “notte di al-Qadar”, la notte del Destino o del Decreto. Anche nella cultura islamica il “destino” è già stato decretato da Dio. Questa idea – della rivelazione del Corano in una notte, tutto in una volta – è contenuta anche in un’altra sura, la XLIV. La sura del Fumo ai versetti 3 e 4. La sura del Fumo è di 59 versetti e contiene diversi spunti di riflessione; noi, per ora, leggiamo i versetti che ci interessano.

LEGERE MULTUM….

XLIV. La sura del fumo  1-12

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Per il Libro Chiarissimo! In verità Noi l’abbiamo rivelato in una notte benedetta perché sia monito agli umani. In quella notte da Noi è concesso ogni ordine saggio, perché Noi inviamo i Messaggeri quale Misericordia del Signore, perché egli conosce e ascolta: il Signore dei cieli e della terra e del frammezzo, se voi di certa scienza sapete! Non v’è altro Dio che Lui, Egli fa vivere e fa morire, il vostro Signore e il Signore dei vostri padri primi! Eppure costoro nel dubbio si gingillano. Ma tu attendi il Giorno nel quale il cielo produrrà un fumo visibile, che avvolgerà gli umani. Sarà questo castigo cocente, e diranno: Signore! Allontana da noi il Castigo, perché noi siamo ora credenti!.

   I testi di queste due sure – la sura del Destino e la sura del Fumo – affermano, quindi, che il Corano sarebbe “sceso” in Muhammad tutto in una notte che la tradizione ha fissato tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan, il mese del digiuno. Però, se prendiamo e leggiamo il testo di altre due sure, sul tema del quando e del come sono avvenute le Rivelazioni, troviamo espressa un’altra tesi.

   Se leggiamo la XXV. La sura della Salvazione, di 77 versetti, troviamo che gli avversari del Profeta [di cui parleremo a suo tempo] montano una polemica feroce sul frazionamento delle Rivelazioni: costoro sostengono che la “rivelazione della Verità”, che è “una”, non può essere frazionata in tante parti, e Muhammad è costretto ad ammettere, lagnandosi con Dio, questa contraddizione, ma la voce di Dio, nel testo rivelato, spiega, conforta e sembra alludere al fatto che “nessuno è profeta in patria” e anche Mosè, in proposito, aveva avuto i suoi problemi con quelli del suo popolo. Ma leggiamo i versetti dal 30 al 35 de la XXV. La sura della Salvazione.

LEGERE MULTUM….

XXV. La sura della Salvazione  30-35

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Dice il Messaggero di Dio: Signore! Il mio popolo ha preso questo Corano in avversione! Così Noi abbiamo destinato a ogni Profeta un nemico, di tra i malvagi, ma il tuo Signore ti basti come guida, come soccorritore. E dicono ancora quelli che ripugnano la Fede: Gli fosse stato almeno rivelato il Corano in una sola volta! Ma Noi così facciamo per confermarti con esso il cuore, e con ritmata esattezza lo recitiamo. E non ti proporranno alcun paragone senza che Noi te ne diamo il vero senso, e la spiegazione migliore! E coloro che saranno in massa trascinati sul volto verso la geenna avranno il luogo pessimo, e più sviati saranno dalla Via. E già demmo a Mosè il Libro e con lui stabilimmo ministro suo fratello Aronne.

   E se poi leggiamo ancora 9 versetti della LXXVI. La sura dell’Uomo, chiamata anche La sura del Tempo, composta da 31 versetti, troviamo ancora l’affermazione che il Corano è stato rivelato in frammenti, volta per volta: leggiamoli questi nove versetti.

LEGERE MULTUM….

LXXVI. La sura dell’Uomo [o la sura del Tempo]  23-31

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

…In verità rivelato t’abbiamo in rivelazioni molte il Corano. Pazienta dunque fino al Giudizio del Signore, non dar ascolto ai loro Peccatori, ai loro Negatori. E il nome del Signore menziona, all’alba e in sul far della sera e parte della notte ancora, e prostèrnati a Lui e glorifica Lui nella notte lunga! Perché davvero costoro amano l’Effimero e si lasciano dietro un giorno grave. Noi, Noi li abbiamo creati e dei corpi loro saldammo la compagine, e se volessimo li cambieremmo con altri, simili. Questo è, per vero, un Monito: ora chi vuole scelga verso il Signore la sua Via. Ma se non vuole Dio, non lo vorrete. Perché Dio è saggio sapiente! Fa entrare chi vuole nella Sua misericordia e per gli Iniqui tiene pronto castigo cocente! …

   C’è ancora una citazione sulla “discesa dilazionata” del Corano e, quindi, completiamo la nostra ricerca: questa citazione, di sette versetti, la troviamo nella XVII. La sura del Viaggio Notturno, che è chiamata anche La sura dei Figli d’Israele, ed è composta da 111 versetti [è lunga] e contiene molti spunti interessanti; su questa sura ritorneremo per affrontare altri temi, ma ora rimaniamo sull’argomento che stiamo affrontando e leggiamo quest’altra affermazione a favore della tesi che il Corano è stato “rivelato”  in modo dilazionato nel tempo.

LEGERE MULTUM….

XVII. La sura del Viaggio Notturno [o la sura dei Figli d’Israele] 105-111

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

E con la Verità l’abbiamo fatto discendere sul mondo e con la Verità è disceso, e te inviammo soltanto come annunciatore e monito; e il Corano lo dividemmo in parti a che tu lo recitassi agli umani lentamente, lo rivelammo a brani. Vi crediate voi, o non vi crediate, certo coloro che da prima ebbero la Scienza, allorché viene loro recitato, cadono a terra proni ed esclamano: Sia gloria al nostro Signore! Compiuta è la promessa del Signore! E cadono proni sul volto, piangendo, e l’umiltà s’accresce in loro. Dì: Invocatelo come Allāh [Divinità], o invocatelo come Rahman [Misericordioso], comunque lo invochiate, a Lui appartengono i nomi più belli. E nella tua preghiera non parlar troppo alto e troppo basso: ma cerca un giusto mezzo fra i due e dì: Sia lode a Dio, che nessun figlio si scelse né si prese compagno nel Regno, che non ha bisogno d’amici a salvarlo, e grida grande la Sua grandezza!

   E allora tiriamo le fila del nostro discorso: come si è comportata la tradizione islamica di fronte a questa contraddizione: il Corano è stato “rivelato tutto in una notte”  oppure  è “sceso a frammenti nel tempo”? Naturalmente la tradizione islamica ha fatto conciliare le due cose e, quindi, il Corano sarebbe “stato fatto scendere completo” in una notte ben determinata e poi, dopo la prima rivelazione totale, il Corano sarebbe stato “ripreso da Dio” e poi “rivelato di nuovo in frammenti”. La tradizione islamica afferma che il Libro del Corano sarebbe stato “calato” dal cielo più alto al cielo inferiore, e messo a disposizione di Gabriele, nel corso della notte del Destino [o del Decreto], di conseguenza, il Corano, in una notte, scende dal cielo di Dio al cielo degli Angeli. La tradizione sunnita [in particolare] dice che bisogna saperlo leggere bene il testo de La sura del Destino [del Decreto] per capire che in quella notte è stato rivelato sì il Corano ma in senso “generico”, non nel senso del Libro già tutto strutturato ma alla maniera di un monito: nella “notte del Destino” è stato rivelato “lo spirito del Corano”, la sua “forma ideale”, e il contenuto verrà poco per volta.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste parole – desiderio, sogno, aspirazione, completezza, modello, esempio –accostereste per prima all’espressione “forma ideale”?...

Scrivetela...

L’espressione “forma ideale” a quale oggetto vi fa pensare?...

Scrivete due righe in proposito...

   Noi dobbiamo capire che, nella tradizione islamica, c’è sempre una varietà di interpretazioni che rendono l’islàm una cultura molto eterogenea. Tuttavia su un punto concordano tutte le correnti: che il Corano – o tutto intero o il primo frammento – è stato rivelato durante il mese di Ramadan e questa volta il testo del Corano è preciso e si esprime con coerenza: lo fa nella II. La sura della Vacca che è la sura più lunga, composta da 286 versetti, e il testo di questa sura accoglie molti temi importanti. Noi ora focalizziamo la nostra attenzione sul tema che stiamo trattando e leggiamo tre versetti dalla II. La sura della Vacca.

LEGERE MULTUM….

II. La sura della Vacca  183-185

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

O voi che credete! Vi è prescritto il digiuno, come fu prescritto a coloro che furono prima di voi, nella speranza che voi possiate divenir timorati di Dio, per un numero determinato di giorni; ma chi di voi è malato o si trovi in viaggio, digiunerà in seguito per altrettanti giorni. Quanto agli abili che lo rompono, lo riscatteranno col nutrire un povero. Ma chi fa spontaneamente del bene, meglio sarà per lui; il digiuno è un’opera buona per voi, se ben lo sapeste! E il mese di Ramadān, il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli umani e prova chiara e diretta direzione e salvazione, non appena ne vedete la nuova luna, digiunate per tutto quel mese, e chi è malato o è in viaggio digiuni in seguito per altrettanti giorni. Dio desidera agio per voi, non disagio, e vuole che compiate il numero dei giorni e che glorifichiate Dio, perché vi ha guidato sulla retta Via, nella speranza che Gli siate grati.

   La tradizione è orientata a pensare che, probabilmente, durante quella “notte benedetta”, tra il 26 e il 27 del mese di Ramadān, ci sia stata una prima rivelazione, e Muhammad, per circa tre anni, comunica le Rivelazioni che via via riceve solo a pochi intimi e la tradizione ha chiamato questo periodo della carriera del Profeta: “tempo pre-apostolico”. I primi discepoli del Profeta, secondo la tradizione, sono stati la moglie Kadija, suo cugino Alì, figlio dello zio Abu Talib, suo figlio adottivo Zayd e i due futuri califfi Utman e Abu Bakr.

   Ma quale è stata la prima rivelazione che Muhammad ha avuto? La tradizione più diffusa dice che la prima rivelazione scesa su Muhammad è formata dai primi otto versetti [ne ha 19 in tutto] della XCVI. La sura del Grumo di Sangue. Ma altre fonti della tradizione sostengono che la prima rivelazione è formata dai primi sette versetti [ne ha 56 in tutto] della LXXIV. La sura dell’Avvolto nel Mantello. Leggiamo entrambi frammenti cominciando dai primi otto versetti della XCVI. La sura del Grumo di Sangue.

LEGERE MULTUM….

XCVI, La sura del Grumo di Sangue  1-8

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Grida, in nome del tuo Signore, che ha creato, ha creato l’essere umano da un grumo di sangue! Grida! Perché il tuo Signore è il Generosissimo, Colui che ha insegnato l’uso del calamo, ha insegnato all’essere umano ciò che non sapeva. Ma no! L’essere umano prevarica, appena crede d’esser ricco. Ma al tuo Signore tu finirai per tornare.

   E ora leggiamo primi sette versetti della LXXIV. La sura dell’Avvolto nel Mantello.

LEGERE MULTUM….

LXXIV. La sura dell’Avvolto nel Mantello  1-7

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

O Avvolto nel Mantello! Sorgi e predica! E il tuo Signore glorifica! E le tue vesti purifica! Dall’abominio separati! Non far finta di esser generoso, un più sperando in cambio! E pazienta al Signore!

   Verso la fine dell’anno 612 una “visione” avrebbe ordinato a Muhammad di dare inizio al suo apostolato pubblico: quale tema contiene questa “visione”? Il tema contenuto nelle prime Rivelazioni è anche l’argomento principale della cultura islamica: è il motivo conduttore di tutto il testo del Corano.

   L’argomento centrale della Letteratura del Corano non è tanto il tema del “monoteismo e dell’imposizione della fede nel Dio-Unico”. Il tema centrale della Letteratura del Corano è quello de “l’annuncio del Giorno del giudizio e della resurrezione dei corpi” con la conseguente necessità per la persona credente di purificarsi e di migliorare sotto il profilo etico. Il messaggio dominante della Letteratura del Corano è che la persona deve “convertirsi”: deve diventare più buona, caritatevole, solidale, mistica. Tutti i frammenti di sure che abbiamo letto questa sera – andate a rileggerli – contengono un “invito pressante alla conversione del proprio cuore al Bene”, e si parla spesso di un cataclisma finale, il Giorno del Giudizio, e della vittoria definitiva di Dio, cioè della vittoria del Bene sul Male. Una vittoria che instaura un Regno di clemenza e di misericordia, e guai alla persona che non vuole cambiare vita: peggio per lei, per la società in cui vive, e per la comunità alla quale appartiene perché chi fa il male e vive male riproduce il Male e contribuisce a moltiplicare il Male.

   A completamento di questa riflessione dobbiamo leggere i primi dieci versetti del capitolo 3 del testo del Vangelo secondo Matteo. Le studiose e gli studiosi di filologia sostengono che questo testo evangelico è quello che Muhammad conosce meglio, e difatti ci sono molte affinità tra il testo del “Libro del Corano” e il testo del “Vangelo secondo Matteo”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Confrontate il linguaggio del testo evangelico di Matteo che stiamo per leggere con il linguaggio del testo delle sure coraniche che abbiamo letto questa sera: è un interessante esercizio di lettura comparata dove si capisce che il motivo etico - l’invito pressante alla conversione del proprio cuore al Bene - è dominante tanto per la Letteratura dell’Antico Testamento quanto per quella dei Vangeli e del Corano

   E ora leggiamo i primi dieci versetti del capitolo 3 del testo del Vangelo secondo Matteo.

LEGERE MULTUM….

Vangelo secondo Matteo   1-10

In quei giorni Giovanni il Battezzatore venne a predicare nel deserto della Giudea. Egli diceva: «Cambiate vita, perché il regno di Dio è ormai vicino». A lui si riferiva il profeta Isaia quando scriveva queste parole: «Una voce grida nel deserto: preparate la via per il Signore, spianate i suoi sentieri!».

Giovanni aveva un vestito fatto di peli di cammello e attorno ai fianchi portava una cintura di cuoio; mangiava cavallette e miele selvatico. La gente veniva a lui da Gerusalemme, da tutta la regione della Giudea e da tutti i territori lungo il fiume Giordano. Essi confessavano pubblicamente i loro peccati ed egli li battezzava nel fiume. Venivano a farsi battezzare anche molti che appartenevano ai gruppi dei farisei e dei sadducei. Giovanni se ne accorse e disse: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire al castigo, che ormai è vicino? Fate vedere con i fatti che avete cambiato vita e non fatevi illusioni dicendo dentro di voi – Noi siamo discendenti di Abramo! – Perché vi assicuro: Dio è capace di far sorgere veri figli di Abramo da queste pietre. La scure è già alla radice degli alberi, pronta per tagliare e ogni albero che non dà frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco».

   Giovanni il Battezzatore – che vive nel deserto con le comunità degli Esseni – identifica in certi gruppi farisei e sadducei i suoi avversari ma il suo nemico è il re di Giudea e, difatti, come sappiamo, Giovanni in questo scontro ci rimette la testa e questo fatto ci viene raccontato nell’ambito di un raffinato contesto letterario in cui i personaggi, oltre all’eroico protagonista [il Battezzatore e il precursore del salvatore Gesù Cristo] sono il detestabile Erode, la subdola Erodiade e la sensuale fanciulla Salomé.

   Anche Muhammad ha dei nemici e ne abbiamo sentito parlare spesso nei brani delle sure del Corano che già abbiamo letto: chi sono i nemici del Profeta? Perché ce l’hanno tanto con lui? E come se la cava, Muhammad, in una situazione in cui ha rischiato di rimetterci la testa?

   Abbiamo detto che, alla fine dell’anno 612, Muhammad, sentendosi investito da una missione profetica inizia il suo apostolato pubblico con una “predicazione” il cui contenuto sarà, ed è, il tema centrale della Letteratura del Corano. Muhammad predica l’annuncio del “Giorno del giudizio”, predica la possibilità della “resurrezione del corpo” e, di conseguenza, predica la necessità di una “purificazione personale” e la necessità di cercare e di fare il bene nella vita quotidiana: questo è lo stesso programma che hanno proposto tutti i profeti, da Zaratustra ad Amos fino a Giovanni il Battezzatore.

   Ebbene, Muhammad, all’inizio, a chi rivolge il suo messaggio, chi vuole coinvolgere per primi nella sua missione di riformatore religioso? All’inizio del suo apostolato, Muhammad sembra volersi accattivare la simpatia dei dirigenti della Mecca ma, non molto tempo dopo, in relazione a determinati avvenimenti di cui abbiamo notizia [e di cui ci occuperemo], Muhammad prenderà un atteggiamento nettamente avverso nei confronti dei capi religiosi della Mecca. In alcuni passi del testo del Corano troviamo la traccia di questo tentativo di ingraziarsi e di comunicare con i custodi della Ka’ba della Mecca che detenevano il potere religioso, politico ed economico; Muhammad, probabilmente, all’inizio, teme il giudizio e la reazione di costoro: lui – secondo le Rivelazioni di cui è depositario – deve comunicare che “Dio è Unico” e che l’idolatria, il politeismo praticato nel santuario della Ka’ba soprattutto in funzione dell’interesse economico, andava ripudiato e superato attraverso un esercizio mistico di conversione spirituale.

   Sembra che, inizialmente, Muhammad abbia provato a dialogare con la classe dirigente della Ka’ba, abbia cercato di comunicare con l’oligarchia al potere e abbia intavolato una discussione con il gruppo a capo della tribù dei Coreisciti – che è la sua tribù – mettendosi in gioco personalmente, cercando di dare l’esempio affermando che ci si può anche sbagliare, che non sempre si ascolta la voce del Dio Unico che invita ad agire secondo il Bene, e che spesso voltiamo le spalle a chi ci chiede ascolto e ci facciamo anche cogliere dall’irritazione: “ci accigliamo” nei confronti delle persone che chiedono il nostro aiuto e la nostra attenzione, e allora Dio “s’acciglia” anche Lui, e ci rimprovera e poi, se si cambia stile di vita, ci perdona. Noi sappiamo che il tentativo, da parte di Muhammad, d’instaurare un dialogo con la ricca e potente classe dirigente coreiscita, sulla possibilità di riformare la religione della Ka’ba in senso monoteista, non produce risultati positivi. E, nel testo del Corano, troviamo una traccia di questi avvenimenti raccontati in un alone di pentimento: sembra che Muhammad voglia giustificare il fatto di aver cercato un compromesso, un accordo, una complicità con il potere.

   Il testo del Corano, infatti, accenna ad un apologo, ad una parabola che conosciamo per esteso attraverso il racconto della tradizione – dal testo della Sira, la vita-modello del Profeta – in cui Muhammad viene severamente rimproverato da Dio per il suo atteggiamento poco accogliente, poco caritatevole, poco solidale nei confronti dei più deboli, dei senza-potere. Dio – sostiene il testo del Corano – non sembra gradire il coinvolgimento della classe dirigente politeista nella predicazione della Fede autentica. Dio – ribadisce il testo del Corano – non gradisce che il Profeta si rivolga e si comprometta con i ricchi, che cerchi la complicità dei potenti e che trascuri le persone appartenenti alle classi subalterne.

   La traccia di questo apologo la troviamo nella LXXX. La sura “S’accigliò”, composta di 42 versetti, della quale, a noi, interessano i primi dieci; ma prima di leggerli  andiamo a prendere atto di quello che ci racconta la tradizione – se no rischiamo di non capire nulla – e leggiamo un frammento della Sira, la vita-modello del Profeta che ci spiega il significato de La sura “S’accigliò”. Il testo della Sira – scritta [come sappiamo] un secolo dopo il testo del Corano [intorno al 750] – ci racconta la parabola per intero, e la conoscenza del contenuto di questo apologo costituisce l’antefatto che ci permette di capire il senso de La sura “S’accigliò”. Leggiamo.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Un povero cieco de La Mecca di nome Abd Allāh ibn Surayh si avvicinò al Profeta per fargli domande sulle Rivelazioni e sulla nuova Fede. Il Profeta si stava intrattenendo con i ricchi notabili della città, che avrebbe desiderato convertire.

Muhammad non fece attenzione al povero cieco e alle sue domande insistenti, s’accigliò e gli volse le spalle irritato per la sua inopportunità. Ma anche Dio clemente misericordioso s’accigliò e lo rimproverò severamente. Da quel momento il Profeta smise di corteggiare i notabili e si rivolse ai poveri ciechi.

   Adesso leggiamo i primi dieci versetti de La sura “S’accigliò” e questo brano, ora, dovrebbe essere comprensibile. C’è da dire che la sincerità presente in questo testo ricorda lo stile dell’Epistolario di Paolo di Tarso: questo travagliato tratto autobiografico è una prova evidente che Muhammad – sebbene si consideri il Profeta – tuttavia, ritiene se stesso una persona uguale a tutti gli altri mortali, capace di sbagliare e di peccare come tutti gli altri. Leggiamo.

LEGERE MULTUM….

LXXX. La sura S’accigliò  1-10

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

S’accigliò e volse le spalle, quando il cieco venne da lui. E chi ti dice che non abbia voluto purificarsi, e non sia stato pronto all’ammonimento divino, che ben gli avrebbe giovato? Invece se viene un ricco lo accogli con ogni premura, non ti preoccupi se accetta in purità la Fede. Ma chi viene a te zelante, e timoroso di Dio, tu lo trascuri. No! Bada! Che questo è un ammonimento.

   Sembra che Muhammad, all’inizio della sua carriera apostolica, voglia accattivarsi la simpatia della classe dirigente della Mecca, d’altra parte i Coreisciti appartengono alla sua stessa tribù e lui è sicuramente attratto dagli uomini ricchi e dagli uomini di potere, e questo è comprensibile, e sono molti gli spunti autobiografici che troviamo nel testo del Corano a questo proposito. Il fatto di volersi accattivare, all’inizio, la simpatia della classe religiosa al potere alla Mecca contiene degli aspetti un po’ misteriosi, che, tra l’altro, combaciano con un avvenimento [molto amplificato dai media] derivato, negli anni 1988-1989, da un episodio di natura editoriale.

   Nell’ambito del tentativo, da parte di Muhammad, di accaparrarsi la simpatia dei ricchi notabili coreisciti politeisti nasce una [famosa] tradizione – tramandata da varie fonti e raccolta da molti commentatori – secondo cui nella LIII. La sura della Stella ci sarebbero dei versetti, non dettati dall’arcangelo Gabriele e, quindi, non-provenienti da Dio ma provenienti da un’altra fonte, alternativa a Dio. E chi è alternativo a Dio [in tutte le culture] se non il Demonio, Satana? Il Demonio approfitta di un momento di disattenzione di Muhammad, si traveste da Gabriele, e gli suggerisce alcuni versetti che la tradizione islamica ha chiamato “versetti satanici”. Secondo questa tradizione, Muhammad, nella sua volontà di dialogare con i politeisti – per motivi strategici e di opportunità [se convertiva i capi avrebbe più facilmente convinto tutti i sudditi] – si sarebbe fatto “confondere le idee”, fino ad “aprire il suo cuore e le sue orecchie al Maligno”.

   Ma che cosa dicono di così grave, di così compromettente, i “versetti satanici”? Nella LIII. La sura della Stella, ai versetti 19 e 20, sono citate tre divinità femminili della tradizione araba pre-islamica venerate nella Ka’ba: al-Lat, al-‘Uzza e Manat. Quindi, nel testo di questa sura, subito dopo il versetto 20, al posto dei versetti 21 22 e 23, ce ne sarebbero stati altri che dicevano: «Queste sono dèe sublimi e la loro intercessione è augurabile certo». Questa affermazione mette in discussione l’unicità di Dio ed è gravissimo il fatto che altre divinità si possano accostare al Dio-Unico. L’interrogativo che la tradizione islamica si pone è se il testo di questi due versetti contenesse una propensione di Muhammad verso il politeismo, oppure se fosse il frutto di un’affermazione di carattere strategico; in che senso strategico? Le studiose e gli studiosi di filologia affermano che Muhammad avrebbe cercato di giungere ad un compromesso, ad un accordo con l’oligarchia della Mecca. Ma, secondo la tradizione – che si è premurata di dare una risposta mitica – tali parole non sono state ispirate da Dio ma da Satana che faceva il suo lavoro insidiando Gabriele durante la dettatura, e queste parole sono state ben presto abrogate e i due “versetti satanici” sono scomparsi dal testo del Corano.

   Voi sapete che c’è un romanzo che si intitola I versi satanici composto dallo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, pubblicato nel 1988. Nel 1989 il capo spirituale della Repubblica dell’Iran, Khomeini, emise una condanna [fatwa] contro Rushdie per blasfemia e diffamazione del Profeta. Certe affermazioni fatte dallo scrittore risultano indifferenti alle nostre orecchie non abituate alla sacralità del Corano e noi non riusciamo bene a capire dove sia la blasfemia e la diffamazione.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il romanzo “I versi satanici” di Salman Rushdie è soprattutto una saga tragicomica ambientata nel mondo degli immigrati: richiedetelo in biblioteca e leggetelo…

   Ma chi sono i “nemici” di Muhammad? Risulta un po’ strano il fatto che nel testo del Corano si parla [in modo generico] di “tanti nemici del Profeta” poi, però, come nemico particolarmente accanito tra i dirigenti della Mecca viene nominato solo Abu Lahab e sua moglie. E questa citazione la troviamo nella CXI. La sura delle Fibre di palma [o Perìscano]. Prima di leggerne il testo dobbiamo fare alcune necessarie considerazioni.

   La CXI. La sura delle Fibre di palma [o Perìscano] è una delle ultime [la quartultima] e, quindi, è molto corta: è formata da 5 versetti. Le studiose e gli studiosi di filologia pensano che il verbo “perire [morire]” vada interpretato non all’imperativo, all’ottativo [che perìscano!] ma all’indicativo [periscono], e ritengono che questa sura rappresenti l’annuncio della morte, avvenuta nel 624, di Abu Lahab, che è lo zio di Muhammad ed è, secondo la tradizione, il suo più feroce nemico. Questo passo, de La sura CXI, è l’unico del Corano che contenga il nome non solo di un nemico del Profeta ma anche di un personaggio suo contemporaneo e, per giunta, neppure il nome ma il soprannome: infatti, il nome proprio di Abu Lahab – che è un soprannome e significa “Padre della Vampa” – è Abd al-‘Uzzà. Il nome della moglie di Abu Lahab – la zia di Muhammad – non viene citato, ma si chiamava Umm Giamila ed è la sorella di Abu Sufyan un altro feroce nemico del Profeta, notabile della Mecca, che però il testo del Corano non cita mai. La tradizione ci racconta che questa zia del Profeta, Umm Giamila, lo odiava talmente che cospargeva di spine [scaglie di legno appuntite] la strada su cui Muhammad doveva passare e, quindi, è comprensibile il linguaggio rancoroso della sura [non poteva certo dire: grazie zia!].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Tutti abbiamo una nemica o un nemico, reale o immaginario...

Scrivete quattro righe contro il vostro “nemico” reale o immaginario per esplicitare, dichiarare, spiegare il motivo dell’inimicizia, usando le parole più “rancorose” possibile [per scaricare la rabbia] senza bisogno, però,  di cadere nel turpiloquio e senza l’utilizzo della maledizione...

   E ora leggiamo il testo della CXI. La sura delle Fibre di palma [o Perìscano].

LEGERE MULTUM….

CXI. La sura delle Fibre di palma [o Periscano]

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Periscano [sono perite] le mani di Abu Lahab e perisca [è perito] egli pure! A che gli sarà valsa la sua ricchezza e quel che s’è guadagnato? Brucerà in un Fuoco fiammeggiante insieme con sua moglie, portatrice di spine [schegge di legno appuntite], con attorno al collo una corda di fibre di palma!

   Questa sura c’insegna che quando parliamo delle nostre nemiche e dei nostri nemici è bene usare la metafora: il linguaggio metaforico risulta più efficace, più poetico e anche l’espressione del rancore assume una sua eleganza [che non guasta].

   Quali accuse vengono mosse a Muhammad dai suoi nemici? Il testo del Corano ci mette al corrente delle accuse che vengono mosse a Muhammad, e le studiose e gli studiosi di filologia pensano che il “catalogo delle accuse” abbia un fondamento storico. Muhammad viene accusato di “essere un mago” e di “essere un poeta” che si è inventato la storia della “dettatura divina” e ha composto lui il testo delle Rivelazioni e, quindi, viene accusato di dire sciocchezze parlando della “resurrezione dei morti” e del “Giorno del giudizio”. I suoi nemici, poi [senza specificare bene il senso di queste loro affermazioni ma certamente con un intento repressivo], lo accusano di pretendere di “avere un’opinione propria” e di “parlare al contrario” rispetto alle regole imposte dai custodi del Santuario della Ka’ba  a loro vantaggio.

   Di fronte a queste due affermazioni [“avere un’opinione propria” e “parlare al contrario”] cogliamo l’occasione per dire che sono i sistemi autoritari [dittatoriali] a lanciare accuse di questo genere nei confronti di quelle persone che ritengono sia utile coltivare un’opinione propria e sia necessario contrastare gli apparati che non concedono alla persona il diritto di formulare un’opinione propria.

   A questo proposito ha scritto molte pagine interessanti un’autrice, Herta Müller, che abbiamo già incontrato qualche anno fa [leggendo alcuni suoi racconti] alla quale, nel 2009, è stato conferito il premio Nobel per la Letteratura. E adesso – a proposito del tema relativo al pretendere di “avere un’opinione” e al tema relativo al voler “parlare al contrario” – leggiamo due racconti tratti dalla raccolta che s’intitola Bassure [questa parola rappresenta il metaforico contrario del termine “Alture” e si riferisce al “panorama dei diseredati”] ed è il libro con il quale la scrittrice ha esordito nel 1982 facendolo pubblicare in Germania perché in Romania era stato censurato.

   Herta Müller è nata nel 1953 in un villaggio di lingua tedesca che si trova nel Banato rumeno, una regione al confine tra la Serbia, la Romania e l’Ungheria. Ha studiato Letteratura all’Università di Timişoara e ha trovato lavoro come traduttrice in un’azienda. La sua vita è cambiata quando si è rifiutata di diventare informatrice della polizia segreta del regime rumeno [avrebbe avuto anche dei privilegi] e nel 1987 scrive una serie di articoli che criticano pubblicamente la dittatura e, quindi, comincia ad essere perseguitata ed è costretta a fuggire: va in esilio a Berlino dove vive tuttora.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

La Scuola ha consigliato e consiglia ancora di leggere il romanzo più significativo di Herta Müller intitolato “Il paese delle prugne verdi”… In italiano sono state tradotte le sue opere più significative e in biblioteca potete richiedere, oltre a “Bassure”, i romanzi intitolati “Lo sguardo estraneo”, “In viaggio su una gamba sola”, “Cristina e il suo doppio”, “L’altalena del respiro... La prosa poetica di Herta Müller non è consolatoria, è ironica e spesso sfiora sarcasticamente la comicità e induce ad una continua riflessione sulla condizione umana e sulla necessità di opporsi a qualsiasi sistema opprimente

Ciò che consola, tuttavia, è il fatto che non manchino i libri da leggere di questo tono

   E ora di fronte alle due affermazioni sulle quali stiamo riflettendo – avere un’opinione propria e parlare al contrario – leggiamo tre brani tratti dalla raccolta di Herta Müller che s’intitola Bassure.

LEGERE MULTUM….

Herta Müller, Bassure

L'opinione

C’era una volta un ranocchio che aveva occhi particolarmente grossi e bagnati. Il ranocchio lavorava in una fabbrica. Era ingegnere. Non era benvoluto nella fabbrica, né dai capi né dagli operai. Il ranocchio aveva sempre e ovunque un’opinione. E il peggio di questa opinione era che si trattava di un’opinione propria, la quale era sempre diversa dall’opinione degli altri che era semplicemente un’opinione, che era l’opinione dell’ingegnere capo, che a sua volta era l’opinione del direttore, che a sua volta era l’opinione del direttore generale, che a sua volta era l’opinione del ministro.

 

 

   Adesso puntiamo la nostra attenzione sulla CIX. La sura dei Negatori. Il testo della CIX. La sura dei Negatori è formato da 6 versetti [è la quintultima quindi è corta] e il contenuto di questa sura è molto interessante perché segna una rottura chiara e definitiva con l’oligarchia coreiscita della Mecca. Il testo di questa sura è in relazione ad una proposta fatta a Muhammad dai custodi politeisti del Santuario della Ka’ba che gli offrono la possibilità di codificare l’alternanza nell’uso del Santuario: per certi periodi dell’anno si poteva anche venerare Allàh nel Santuario della Ka’ba come se fosse una delle numerose divinità della tradizione politeista araba. Con la Rivelazione contenuta nella CIX. La sura dei Negatori Muhammad dà una risposta negativa a questa proposta – piuttosto “indecente” perché di carattere mercantilistico e priva d’intento religioso – escludendo ogni possibilità di compromesso e, forse, Muhammad era stato tentato, come abbiamo letto ne La sura LIII, di fare un accordo utilitaristico. La sura dei Negatori viene considerata, tuttavia, dalle studiose e dagli studiosi di filologia come se fosse la carta fondamentale della “tolleranza religiosa nell’islàm” per via del testo del sesto versetto: «voi avete la vostra religione, io la mia».

   Da questo momento in poi le persecuzioni contro Muhammad e lo sparuto gruppo dei suoi seguaci aumentano perché gli oligarchi della Mecca capiscono che un’eventuale espansione dell’idea del monoteismo avrebbe messo in serio pericolo il loro potere, e i loro vantaggi economici si sarebbero sensibilmente ridotti. Più la vita di Muhammad viene resa difficile più le Rivelazioni – del cosiddetto “secondo periodo meccano” – accentuano sempre di più l’idea dell’unicità di Dio e la critica di Muhammad al politeismo e all’idolatria si fa sempre più serrata. Le Rivelazioni di questo periodo detto “di persecuzione” contengono prediche che ricordano l’ostilità con cui sono stati accolti i profeti biblici e questi discorsi tendono a rincuorare i seguaci e a minacciare il castigo di Dio sui persecutori.

   E ora leggiamo il testo de La sura dei Negatori.

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CIX. La sura dei negatori

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Devi dire: «O Negatori! Io non adoro quel che voi adorate, né voi adorate quel che io adoro; ed io non venero quel che voi venerate, né voi venerate quel che io venero: voi avete la vostra religione, io la mia».

   Quando Muhammad alla Mecca [con “un’opinione propria” e parlando “al contrario” rispetto all’idolatria] intensifica la sua predicazione e propone una riforma religiosa in senso monoteista, sostenendo la necessità di abolire gli idoli per superare l’ignoranza e la superstizione in modo da poter venerare l’Unico Dio [il Dio di Abramo], gli oligarchi del Santuario della Ka’ba [compresi i suoi parenti] rompono i rapporti con lui perché vogliono continuare ad imporre l’ideologia politeista particolarmente redditizia e iniziano a perseguitare Muhammad e i suoi primi discepoli. Le minacce [secondo la tradizione] dovevano essere abbastanza gravi, tali da mettere a repentaglio l’incolumità di Muhammad e dei suoi primi discepoli che sono costretti a scappare, a emigrare, a rifugiarsi altrove. La persecuzione nei confronti di Muhammad da parte degli oligarchi del Santuario della Ka’ba [i racconti della tradizione hanno, a volte, esagerato su questo tema] si basa su tentativi e lusinghe [offerte in denaro] rivolte ai discepoli del Profeta perché lo tradiscano e professino “apostasia [un rifiuto]” nei suoi confronti e questo è il senso del vocabolo “fitna [rifiuto]” che ricorre nelle sure di questo periodo in cui Muhammad vive alla Mecca e, quindi, viene chiamato periodo “meccano”, per la precisione: “secondo periodo meccano”. Il “primo periodo meccano” è quello delle visioni iniziali, dal 610 al 613 circa. Nel 612 o 613, con la “Rivelazione vera e propria”, ha inizio la cosiddetta “vita pubblica” di Muhammad, e questo è considerato il “secondo periodo meccano”, poi il Profeta sarà costretto a cambiare città, e vedremo quando, come e perché.

   Ma c’è stato un momento, in questo secondo periodo meccano, in cui le minacce [come racconta la tradizione] sono diventate tali da mettere a repentaglio l’incolumità di Muhammad e dei suoi primi discepoli. Muhammad si sente responsabile dell’incolumità delle persone che lo seguono, e la situazione non doveva essere facile se, su pressante invito di Muhammad e sotto la guida di Gia’far ibn Abi Talib, cugino del Profeta [che muore nel 629], circa un’ottantina di persone decidono di emigrare in Abissinia: così allora veniva chiamata l’Etiopia con denominazione araba [al-habasha]. Questa emigrazione, avvenuta intorno al 615, benché avvolta nell’alone della leggenda, viene considerata un fatto storico.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Emigrare vuol dire “spostarsi da un luogo ad un altro” e anche un piccolo spostamento è pur sempre un’emigrazione... Qual è stato lo spostamento più significativo avvento nella vostra vita?... 

Scrivete quattro righe in proposito…

   Le leggende relative alla “migrazione in Abissinia [in Etiopia]” sono state raccolte dalla tradizione e, quindi, ora leggiamo un brano della Sira, la vita-modello del Profeta che ci racconta questo curioso e drammatico avvenimento in modo mitico.

   In Etiopia [in al-habasha] c’è un re cristiano che si distingue per essere “giusto e garantista”, questo re non viene chiamato dalla tradizione islamica col suo vero nome ma con il suo titolo: al-Nagiashi, parola affine all’etiope “negus”, che significa “re” e, di conseguenza, il “negus, il re cristiano d’Etiopia”, entra nella tradizione islamica. I primi discepoli di Muhammad fuggono in Etiopia non solo per la fiducia che hanno nel negus ma anche perché questa zona dell’Africa orientale è una regione con la quale gli Arabi della Mecca hanno rapporti commerciali di vecchia data.

   Il testo della Sira ci racconta che i custodi della Ka’ba mandano in Etiopia degli investigatori a cercare questi fuggiaschi: inviano due messaggeri autorevoli con molti regali per il negus affinché lui faccia arrestare ed estradare alla Mecca questi rinnegati. Gli oligarchi del Santuario della Ka’ba cominciano a temere che il “messaggio monoteista” predicato da Muhammad si espanda e i due messaggeri dicono al negus che questi giovani “stupidi” fuggiti dalla Mecca sono pericolosi perché hanno abbandonato la religione dei loro padri ma non si sono convertiti al cristianesimo bensì ad una nuova religione [dicono] “sconosciuta sia a voi sia a noi” e perciò “bisogna indagare e reprimere”. Sulle prime il negus [ci racconta il testo della Sira] si arrabbia, fa cercare questi immigrati e li fa condurre davanti al suo trono, in presenza dei suoi vescovi, e chiede loro spiegazioni su questa nuova religione. A nome dei fuggiaschi [racconta la Sira] parla la loro guida, Gia’far, il cugino di Muhammad, che, secondo la tradizione, risulta uno dei primi “personaggi autorevoli” della cultura islamica, ma il testo del Corano non lo cita. La risposta data da Gia’far al negus e ai vescovi etiopi, che tengono aperti davanti a loro i Libri delle Sacre Scritture, è considerata dalla tradizione una sintesi esemplare dei principi dell’islàm: un primo catechismo. Che cosa dice Gia’far ibn Abi Talib al negus? Questo discorso ce lo riporta la Sira e ora lo leggiamo perché è molto interessante anche perché appare come un manifesto del movimento dell’Umanesimo in incubazione.

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Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

E Gia’far prese la parola e disse: «O negus, eravamo un popolo ignorante, adoravamo gli idoli, mangiavamo la carne di animali morti, commettevamo cattiverie, trascuravamo i doveri della parentela, non rispettavamo le leggi dell’ospitalità, e il potente abusava sul debole; così vivevamo finché Dio ci ha mandato come messaggero uno dei nostri, di cui conoscevamo la discendenza, la sincerità, la lealtà e la rettitudine. Ci ha esortato ad adorare Dio, a professare la sua unità e a servire solo Lui, e ad abbandonare ciò che noi e i nostri antenati abbiamo pregato oltre a Dio, pietre e idoli; e ci ha ordinato di dire sempre la verità, di essere fedeli, di rispettare la parentela, di dare ospitalità ed evitare crimini e spargimenti di sangue; e ci ha proibito di commettere cattiverie e di dire menzogne, di consumare gli averi degli orfani e di diffamare le donne come inferiori; e ci ha ordinato di pregare Dio e di non affiancargli alcun compagno; ci ha prescritto la preghiera, l’elemosina, il digiuno. E noi lo abbiamo ritenuto sincero, gli abbiamo creduto e lo abbiamo seguito in ciò che gli fu rivelato da Dio, clemente misericordioso».

   A questo punto [ci racconta la Sira] il negus chiede a Gia’far di leggere un esempio della Rivelazione divina, e Gia’far recita con devozione l’inizio della XIX. La sura di Maria.

   La XIX. La sura di Maria è composta di 98 versetti nei quali troviamo la prima trattazione coranica delle storie di Giovanni il Battezzatore, di Gesù e di Maria di Nazareth. I versetti di questa sura fanno continuo riferimento a tre testi della Letteratura dei Vangeli apocrifi: il Vangelo dell’Infanzia arabo-siriaco, il Protovangelo di Giacomo e il Pseudo-Matteo. Muhammad conosce questi testi perché li ha studiati negli eremi dei Padri del deserto, e i primi 11 versetti de La sura di Maria ci fanno capire che Muhammad conosce anche il testo del primo capitolo del Vangelo secondo Luca dove si racconta l’annuncio della nascita di Giovanni il Battezzatore fatto a suo padre Zaccaria. Questo racconto il negus cristiano lo conosce benissimo e, quindi [racconta la Sira], quando sente recitare da Gia’far con devozione i versetti de La sura di Maria riconosce la bontà di questa scrittura. Leggiamo, in proposito, questo frammento dal testo della Sira.

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Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Allora il negus chiede a Gia’far di leggere un esempio della Rivelazione divina. E Gia’far recita [qu’ran] l’inizio della XIX. La sura di Maria, in cui Zaccaria prega per un erede.    Il negus, nell’udire la recitazione di quella Rivelazione grida «Dio mio!» E comincia a piangere fino ad avere la barba umida, e con lui piangono i vescovi, finché i loro libri si bagnano, quando sentono ciò che diceva loro. Quindi il negus disse: «In verità questo testo e la rivelazione a Mosè hanno la stessa origine».

   Per capire gli 11 versetti iniziali della XIX. La sura di Maria – siccome il testo del Corano è, come sempre, ermetico – dobbiamo rifarci al primo capitolo del Vangelo secondo Luca in cui si racconta che l’arcangelo Gabriele annuncia a Zaccaria la prossima nascita di un figlio, che lui tanto desidera, e che si dovrà chiamare Giovanni [sappiamo, perché lo abbiamo studiato in questi anni più di una volta, che i primi due capitoli del Vangelo secondo Luca corrispondono ad un’opera autonoma, che prende il nome di Vangelo Deuterolucano, composta dalla Scuola ellenistica clementina all’inizio del II secolo, sotto la supervisione di papa Clemente Romano e che funge da introduzione a tutta la Letteratura dei Vangeli]. Muhammad dà per scontato che tutti conoscano la storia di Zaccaria e dell’annuncio della nascita di Giovanni il Battezzatore: le studiose e gli studiosi di filologia affermano che il Profeta dell’islam ha iniziato la sua missione predicando su temi riguardanti la Letteratura del Vangeli.

   Sono molte le sure del Corano in cui è facile individuare una corrispondenza tra la Letteratura dei Vangeli canonici e apocrifi e la Letteratura cranica. Per capire l’inizio della XIX. La sura di Maria dobbiamo rileggere il contenuto di venti versetti dal primo capitolo del Vangelo secondo Luca e, quindi, leggiamoli.

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Vangelo secondo Luca   1  5-25

Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote che si chiamava Zaccaria e apparteneva all’ordine sacerdotale di Abdia. Anche sua moglie, Elisabetta, era di famiglia sacerdotale: discendeva infatti dalla famiglia di Aronne. Essi vivevano rettamente di fronte a Dio, e nessuno poteva dir niente contro di loro perché ubbidivano ai comandamenti e alle leggi del Signore. Erano senza figli perché Elisabetta non poteva averne, e tutti e due ormai erano troppo vecchi. Un giorno Zaccaria era di turno al tempio per le funzioni sacerdotali. Secondo l’uso dei sacerdoti, quella volta a lui toccò in sorte di entrare nel santuario del Signore per offrire l’incenso. Nell’ora in cui si bruciava l’incenso egli si trovava all’interno del santuario e tutta la folla dei fedeli stava fuori a pregare. In quell’istante un angelo del Signore apparve a Zaccaria al lato destro dell’altare sul quale si offriva l’incenso. Appena lo vide, Zaccaria rimase molto sconvolto. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria! Dio ha ascoltato la tua preghiera. Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio e tu lo chiamerai Giovanni. La sua nascita ti darà una grande gioia, e molti saranno contenti. Il Signore l’avrà in grande considerazione per realizzare i suoi progetti. Egli non berrà mai vino né bevande inebrianti ma Dio lo colmerà di Spirito Santo fin dalla nascita. Questo tuo figlio riporterà molti Israeliti al Signore loro Dio: forte e potente come il profeta Elia, precederà la venuta del Signore, per riconciliare i padri con i figli, per ricondurre i ribelli a pensare come i giusti. Così egli preparerà al Signore un popolo ben disposto». Ma Zaccaria disse all’angelo: «Come potrò essere sicuro di quel che mi dici? Io sono ormai vecchio, e anche mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele e sto davanti a Dio sempre pronto a servirlo. Lui mi ha mandato a te a parlarti e a portarti questa bella notizia. Tu non hai creduto alle mie parole che pure al momento giusto si avvereranno. Per questo diventerai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui si compirà la promessa che ti ho fatto». Intanto, fuori dal santuario, il popolo aspettava Zaccaria e si meravigliava che restasse dentro tanto tempo. Quando poi Zaccaria uscì e si accorsero che non poteva parlare con loro, capirono che nel santuario egli aveva avuto una visione.

   E ora, dopo aver raccolto queste notizie, leggiamo i primi 11 versetti della XIX. La sura di Maria: è il brano che Gia’far, su richiesta, ha recitato davanti al negus e ai vescovi etiopi i quali provano meraviglia nel sentire “contenuti di cultura giudaico-cristiana” presenti nella Rivelazione che arriva dalla Mecca. Leggiamo.

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XIX. La sura di Maria2-11

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Ricordo della misericordia del Signore verso il Suo servo Zaccaria, quando chiamò il Signore con ascoso richiamo e disse: «O mio Signore, le ossa mi si sono indebolite, e il mio capo brilla di canizie, e mai fui fortunato, Signore, nel pregarTi. Ora temo dei miei nipoti dopo la morte mia: accordami Signore, benché sia sterile mia moglie, un discendente, per la Tua potenza, che sia mio erede ed erede della gente di Giacobbe: rendilo, o mio Signore, a te gradito!». «O Zaccaria! Ti diamo buone notizie di un fanciullo che avrà per nome Giovanni: un nome uguale non ponemmo prima». Disse la Voce: «Così sarà, perché il Signore ha detto: Facile cosa è questa per Me, che ti ho creato quando tu eri nulla!”». «Signore - disse - dammi un Segno!». Rispose: «Il tuo Segno sarà questo, che tu non parlerai più per tre giorni interi». E uscì dal Santuario al suo popolo e Dio rivelò loro: «Cantate le lodi del Signore all’alba e al tramonto».

   Nel testo di questa sura Muhammad fa l’esegesi [ed è un esercizio che compie sistematicamente] della Letteratura dei Vangeli.

   Leggendo la Letteratura del Corano [il Libro del Corano potete consultarlo in biblioteca] si scopre che il sacerdote Zaccaria e suo figlio Giovanni, il futuro Battezzatore, non sono citati solo nella XIX. La sura di Maria ma anche in altre due importanti sure dove vengono definiti e considerati veri e propri “profeti”. A questo proposito potete fare un esercizio propedeutico andando a leggere il testo dei versetti 85 e 86 della VI. La sura dei Greggi per scoprire quali profeti, oltre a Zaccaria e Giovanni, vengono nominati come “santi” e “al di sopra d’ogni altra creatura”, poi potete leggere i versetti dal 38 al 41 della III. La sura della famiglia di ‘Imran. Questo personaggio lo abbiamo già citato [appena citato] qualche settimana fa: i personaggi di questa famiglia [e ce ne occuperemo ampiamente strada facendo] – come molte altre figure della tradizione giudaico-cristiana – sono particolarmente venerati nella cultura religiosa islamica.

    A questo proposito, adesso dobbiamo puntare l’attenzione sulla città di Damasco, la capitale della Siria, fondata dagli Aramei circa 1500 anni a.C. alle pendici orientali del monte Hermon, nell’oasi del fiume Barada: della Damasco capitale del regno degli Aramei non è rimasto nulla tranne che la lingua, l’aramaico, da cui derivano l’ebraico e l’arabo. Poi è stata conquistata dagli Assiri nel VI secolo a.C., poi dai Persiani, poi da Alessandro Magno nel 333 a.C., poi, nel 66 a.C. diventa la città più importante della provincia romana di Siria, poi, nel V secolo [dopo Cristo] è una città bizantina e nel 656 diventa la capitale del califfato arabo degli Ommayyadi ed è il momento di maggior splendore per questa città. Il monumento più importante dal punto di vista artistico e architettonico è la Grande Moschea degli Ommayyadi dell’VIII secolo: in questo straordinario edificio si può visitare [e venerare, come fanno molti pii mussulmani] la tomba di Giovanni il Battezzatore, o meglio, il monumento che contiene la sua testa e, accanto a questa, la tomba di Zaccaria. È evidente che si tratta di due sepolture “virtuali” che, però, dimostrano come la cultura islamica, quella evangelica e quella biblica si nutrano delle stesse metafore, e delle stesse strutture letterarie.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Con una guida della Siria, che potete richiedere in biblioteca, e sulla rete fate una visita a Damasco, alla Grande Moschea degli Ommayyadi, che possa anche essere foriera di pace…

   Abbiamo lasciato Gia’far, la guida dei discepoli di Muhammad fuggiaschi in Abissinia, davanti al negus, ebbene, come si comporta il negus dopo che Gia’far ha recitato, con devozione, i primi 11 versetti della XIX. La sura di Maria, che abbiamo letto? Il negus si rivolge agli investigatori della Mecca e afferma: «Non posso condannare queste persone. Lasciateli qui, li controllo io, li prendo sotto la mia protezione, e me ne assumo io la responsabilità!». I messaggeri tornano alla Mecca senza aver raggiunto il loro scopo e questo fatto crea un contraccolpo positivo per la giovane e perseguitata comunità, tanto che comincia ad aumentare l’interesse per il “messaggio” divulgato da Muhammad.

   Ma, poco dopo, probabilmente nell’anno 616, avviene un altro episodio importante per la storia della nascente comunità mussulmana: si assiste ad una conversione eccellente, quella di ‘Omar ibn al-Khattab. ‘Omar ibn al-Khattab appartiene all’oligarchia della Mecca, è un accanito persecutore di Muhammad, ma si avvicina al messaggio delle Rivelazioni, e diventa un seguace della nuova Fede e sarà, dopo la morte di Muhammad, il secondo califfo [successore del Profeta] dal 634 al 644: il califfo ‘Omar. Intorno alla conversione di ‘Omar – che risulta un fatto [strategico e politico] molto importante per lo sviluppo dell’islàm – la tradizione narra un racconto leggendario in cui si dà una risposta mitica sulla ragione della conversione di ‘Omar che sarebbe avvenuta grazie alla “magia della parola”. Secondo la tradizione il contenuto del messaggio del Corano non è solo attraente e affascinante ma, dentro alle parole da cui è formato, vi è anche una “dimensione estetica [è poesia]” di grande efficacia persuasiva dal punto di vista mistico. E si capisce perché gli avversari di Muhammad lo accusano di essere “un poeta [sha’ir]” e “un mago [sahir]” e di usare, a proprio vantaggio, la “magia della parola”.

   E ora leggiamo il brano della Sira, la vita-modello del Profeta che ci racconta la fase cruciale della conversione di ‘Omar.

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Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

‘Omar ibn al-Khattab, il dignitario, persecutore dei fedeli, scoprì che la sorella faceva parte segretamente della comunità. Si recò a casa sua per punirla di questo misfatto. Ella non negò le accuse né si giustificò ma cominciò a recitare la XX. La sura Tà-Hà. ‘Omar ascoltò e fu attratto dalla magia della parola: Nel nome di Dio, clemente misericordioso! Tà-Hà. Noi non abbiamo rivelato il Corano perché tu patisca, bensì soltanto come ammonimento a chi teme, rivelazione che viene da Colui che ha creato la terra e i cieli alti. Il Misericordioso s’è assiso in gloria sul Trono! Dio! Non c’è altro Dio che Lui, il Dio cui appartengono i nomi più belli. Dopo aver ascoltato questo brano, ‘Omar disse: «Quanto è bello questo discorso, e quanto è nobile!» e volle trascriverlo sul suo quaderno [sahifa]. E mentre la sorella dettava con devozione, ‘Omar scriveva e declamava, e la parola scese su di lui.   

   Non può esserci chiusura più significativa per un itinerario in funzione della didattica della lettura e della scrittura che incontrare un personaggio il quale estrae dalla tasca il suo quaderno per appuntare quattro righe in proposito fatte di parole che considera “belle e nobili”.

   Ma perché la XX sura si chiana Tà-Hà: che significato hanno queste due lettere dell’alfabeto? E chi rappresenta la figura di ‘Imran, e come è composta la famiglia di ‘Imran?

   Per rispondere a queste domande – e a molte altre – bisogna continuare a percorrere la via dell’Alfabetizzazione culturale e funzionale che è un bene comune [come quell’umile strumento che chiamiamo quaderno].

   È importante non perdere mai la volontà di imparare, e per promuovere l’Apprendimento permanente la Scuola è qui. La voglia d’imparare fiorisce [dovrebbe fiorire] sopratutto a primavera…

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Marzo 21, 2014