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LA CORRENTE DELLA SPIEGAZIONE ALLEGORICA DEL PENTATEUCO ...

Lezione N.: 
7

Prof. Giuseppe Nibbi       Lo sapienza poetica beritica  2007     27 - 28-29  novembre  2007

LA CORRENTE DELLA SPIEGAZIONE ALLEGORICA DEL PENTATEUCO ...

     La scorsa settimana abbiamo fatto conoscenza – in funzione della didattica e della lettura e della scrittura – del testo di una delle più significative opere del ciclo ellenistico-alessandrino del movimento della sapienza poetica beritica: il Libro della Sapienza, l’ultimo Libro della Bibbia che è stato scritto. Ad Alessandria il testo del Libro della Sapienza fa da manifesto alla cosiddetta Scuola filosofica ebreo-alessandrina, che comincia a svolgere la sua attività intellettuale intorno al 30 a.C. e tra i cui fondatori c’è probabilmente anche l’autore del Libro della Sapienza.

     La Scuola filosofica ebreo-alessandrinarappresenta il risultato (la sintesi culturale) di un lungo cammino intellettuale di cui a grandi linee abbiamo studiato il Percorso: un itinerario che comincia (intorno al 140 a.C.) con la sfida tra due correnti contrapposte e intransigenti (i filotraduzionisti della Lettera di Aristea e i controtraduzionisti dei Libri dei Maccabei), che prosegue attraverso la mediazione della tendenza mardocheista ellenistico alessandrina(dei Libri di Ester, siamo tra il 114-113 a.C.) e che sfocia nella piena integrazione con la cultura greca culminando (circa un secolo dopo, tra il 50 e il 30 a.C.) con il testo del Libro della Sapienza.

     Abbiamo detto che l’autore del Libro della Sapienza propone, nella terza parte della sua opera, una specie di rilettura dei testi biblici anteriori (del Pentateuco, del Libro dell’Esodo in particolare) tenendo conto del pensiero filosofico greco.

     Chi – nella comunità della diaspora ebraica di Alessandria alla fine del I secolo a.C. – legge il testo del Libro della Sapienza è invitato a riflettere e a farsi alcune domande. La Scuola filosofica ebreo-alessandrina nasce con l’intento di dare una risposta organica (coerente con la filosofia greca) e ideologicamente corretta (rispettosa della tradizione ebraica) alle domande poste implicitamente dall’autore del Libro della Sapienza con la sua riflessione di carattere esistenziale. L’autore del Libro della Sapienza – in piena integrazione con la cultura greca –modifica il concetto tradizionale della berit, del patto, dell’alleanza. È logico che gli intellettuali ebrei-alessandrini – cittadini del territorio dell’Ellenismo, in piena integrazione con la cultura greca, alla fine del I secolo a.C. – trovino difficoltà a pensare che la berit, il patto tra Dio e Abramo, si esaurisca nella promessa materiale di una terra, della terra di Canaan.

     L’autore del Libro della Sapienza – con una significativa riflessione di carattere esistenziale, di natura universale – inserisce decisamente la tradizione dell’Ebraismo nel contesto internazionale dell’Ellenismo e coinvolge nella berit, nel patto, nell’alleanza, tutti gli abitanti della terraa cui Dio promette il dono della sapienza: strumento di salvezza e di redenzione umana.

     Leggiamo un frammento dal Libro della Sapienza che è il commento alla cosiddetta Preghiera di Salomone il quale chiede in dono la sapienza:

LEGERE MULTUM….

Libro della Sapienza  9, 13-18

Chi tra gli esseri umani potrà mai conoscere la volontà di Dio? Chi potrà sapere

quel che il Signore vuole? Noi siamo fragili, ragioniamo tra mille dubbi e incertezze.

Il nostro corpo è mortale, è fatto di terra e grava sull’anima. È come una tenda

che pesa e che opprime una mente già carica di pensieri. A stento possiamo immaginare

le cose del mondo, anche quelle che sono a nostra portata,

le scopriamo a fatica. Ma le cose del cielo chi mai ha potuto esplorale? 

Nessuno ha conosciuto la tua volontà se non eri tu a dargli la sapienza, se dal cielo

non gli mandavi il tuo spirito santo. Solo così gli abitanti della terra hanno potuto correggere

il loro modo di vivere, hanno imparato quel che ti piace

e furono salvati per mezzo della sapienza.

     Tra le righe di questo frammento possiamo cogliere gli interrogativi che l’autore del Libro della Sapienza pone alle sue lettrici e ai suoi lettori. La Scrittura, il testo biblico, è il resoconto storico dell’intervento di Dio nella vita di un popolo eletto (come vorrebbero affermare i testi dei Libri dei Maccabei e dei Libri di Ester) o è il racconto allegorico del rapporto che Dio ha avuto e ha con l’Umanità intera (come si legge nel Libro della Sapienza)? Dio è sceso davvero nell’agone della storia mostrando la sua potenza a favore del suo popolo oppure si è manifestato e si manifesta sommessamente, nell’anima, donando la sapienza a persone sagge le quali attraverso la forma poetica, in modo allegorico, hanno rivelato, con la Scrittura, il pensiero divinoal genere umano?

     Queste sono le domande a cui la Scuola filosofica ebreo-alessandrina vuole dare una risposta organica (coerente con la filosofia greca) e ideologicamente corretta (rispettosa della tradizione ebraica).

     Il personaggio che – come abbiamo annunciato la scorsa settimana – incontriamo questa sera, è vissuto ad Alessandria tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., ed è l’esponente più autorevole della Scuola filosofica ebreo-alessandrina. A questo personaggio dobbiamo la prima formulazione del concetto di sapienza poetica beritica: la Scrittura, il testo biblico, è il racconto allegorico del rapporto che Dio ha avuto con l’Umanità e (questa straordinaria allegoria) questo racconto è stato prodotto, in un lungo periodo di tempo, da un movimento poetico-sapienziale che va studiato e interpretato. Questo personaggio, quindi, sta – abbiamo detto – contemporaneamente alla fine e all’inizio del nostro Percorso: alla fine perché con lui si conclude l’ultimo atto (il ciclo ellenistico-alessandrino della sapienza poetica beritica) e all’inizio perché con le sue opere cominciano gli studi e le interpretazioni sul movimento sapienziale e poeticoche ha prodotto i Libri della Bibbia.

     Questo personaggio – che ci fornisce delle preziose indicazioni – si chiama Filone Alessandrino, che dà inizio alla sua riflessione intellettuale proprio dal testo del Libro della Sapienza e, in particolare, pone la sua attenzione su un brano che diventa l’emblema di una tendenza culturale. La tendenza culturale che Filone – nell’ambito della filosofia ebreo-alessandrina – rappresenta prende il nome di corrente della spiegazione allegorica del Pentateuco”.

     Ma leggiamo questo significativo frammento:

LEGERE MULTUM….

Libro della Sapienza  6, 12-16

Luminosa è la sapienza e il suo splendore non viene meno; si lascia trovare facilmente

da chi le vuol bene e la cerca con ardente desiderio (eros).

Quando una persona ama la sapienza è lei che si fa conoscere per prima. 

Chi si alza presto per cercarla non dovrà faticare,

la troverà seduta alla porta di casa sua. Se t’innamori di lei raggiungi le vette

della saggezza (gnosi), se stai sveglio per lei i tuoi affanni finiranno presto.

Perché la sapienza stessa va in giro alla ricerca di quelli che la meritano,

la incontri per strada tutta sorridente e ti corteggia con mille stratagemmi.

     Abbiamo notato che, per definire l’espressione ardente desiderio, l’autore del Libro della Sapienza utilizza la parola eros (che abbiamo già incontrato nel testo della quarta versione del Libro della Saggezza di Salomone), termine mutuato dal vocabolario di Platone; l’uso che l’autore del Libro della Sapienza ne fa è quello di utilizzare uno dei capisaldi della filosofia greca per dare un senso e un fondamento al suo discorso.  Dio dona la sapienza [“sophia]”, alle persone che sono in possesso di uno spirito erotico che coltivano la sapienzapreferendola ad altre cose attraenti, allettanti, come il denaro, il potere, il successo. Il concetto platonico dell’Eros corrisponde all’impulso razionale (dialettico), a l’ardente desiderioche spinge l’essere umano verso la conoscenza e la contemplazione delle Idee, in particolare dell’Idea del Bene che l’autore del Libro della Sapienza fa corrispondere al concetto di Dio (del Dio d’Israele). L’autore del Libro della Sapienza (come già l’autore della quarta versione del Libro della Saggezza di Salomone) si dimostra un buon conoscitore del pensiero contenuto nei Dialoghi di Platone: ha letto senz’altro il dialogo intitolato Tò simpòsion, Il convito (composto nel 384 a.C. circa) e ha letto probabilmente anche il dialogo intitolato Liside o Sull’amicizia che anticipa i temi del Convito.

     Filone Alessandrino – che ha una salda formazione platonica – utilizza il brano del Libro della Sapienza che abbiamo letto e commentato per definire la figura dello scrivano che è il vero depositario della sapienza poetica: lo strumento attraverso il quale Dio fa sentire la sua voce. In principio – nel racconto delle Origini, nell’antica storia d’Israele e dell’Umanità, allude Filone Alessandrino – c’è lo scrivano, un saggio che ha meritato la sapienza, che ha incontrato per strada la sapienza, ed è quindi capace ad ispirarsi e a dare forma (una forma poetica) alla scrittura allegorica con la quale produce le grandi narrazioni mitiche e leggendarie, che contengono i pensieri di Dio. Lo scrivano– allude Filone Alessandrino – è colui il quale ha saputo cercare in passato, e sa cercare oggi, l’ispirazione per tradurre in metafore, in immagini mitiche, in simboli, in parabole, l’imperscrutabile, il misterioso, l’enigmatico intervento di Dio nella storia dell’Umanità. Secondo Filone Alessandrino il concetto della sapienza (che è dono di Dio), de l’ispirazione(che è frutto della sapienza) e dell’Eros (che è ardente desiderio verso la conoscenza delle cose divine) s’identificano nella figura dello scrivano.

     Se la sapienza (il dono di Dio) e l’ispirazione(il frutto della sapienza) sono concetti che s’identificano con l’Eros platonico (con l’ardente desiderio verso la conoscenza delle cose divine) ciò significa – afferma Filone Alessandrino – che i metodi intellettuali proposti dalla filosofia di Platone sono strumenti utili tanto per dare una raffigurazione quanto per interpretare i misteriosi progetti e gli enigmatici disegni di Dio.

     Gli scrivani d’Israele(allo stesso modo dei saggi della Repubblica di Platone, opera redatta tra il 389 e il 369 a.C.) sono coloro che hanno saputo in passato, e sanno oggi, innamorarsi della sapienza [di sophia] in modo da raggiungere le vette della saggezza, della gnosi, della conoscenza profonda delle cose divine per poi tradurle, in forma poetica, nelle loro opere. Platone stesso – allude Filone Alessandrino – nelle sue opere ha scritto i miti(i celebri racconti allegorici) per spiegare (in forma poetica) i concetti del suo pensiero, allo stesso modo – afferma Filone Alessandrino – gli scrivani d’Israelehanno saputo (in forma allegorica) trasmettere i pensieri di Dio all’Umanità attraverso la stesura dei testi dei Libri della Bibbia.

     Filone Alessandrino ha il pregio di aver codificato la figura dello scrivanoe di aver riconosciuto al re Salomone il merito (la sapienza) di aver istituito la categoria degli scrivaniattraverso un’attenta selezione (lo scrivano è una persona in possesso di determinate caratteristiche: è saggia, è sapiente, è ispirata, è animata dall’Eros).

     Mentre codifica (guardando al passato) la figura dello scrivano d’Israele, Filone Alessandrino disegna anche (guardando al presente) il ritratto dell’intellettuale (del filosofo) ebreo ellenistico-alessandrino che deve essere soprattutto una persona ispirata. Chi cerca con ardente desiderio (con l’Eros) la sapienza (Sofia) raggiunge la saggezza (la gnosi) e riceve da Dio l’ispirazione che permette la conoscenza profonda delle misteriose ed enigmatiche cose divine.

     Per chiarire meglio questo concetto non c’è modo migliore di osservare la parola greca che Filone Alessandrino utilizza per definire il termine ispirazione. Per definire la parola ispirazione Filone Alessandrino utilizza due termini: crestotes (che significa capacità) erotiké (che significa erotica), quindi l’ispirazione è la capacità di alimentare l’Eros platonico.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Quale di queste parole: capacità, suggerimento, grazia, impulso, modello … metteresti per prima accanto alla parola “ispirazione”?… Ti sei mai ispirata, ispirato, a qualcosa o a qualcuno?… 

Scrivi quattro righe in proposito…

     Filone di Alessandria è il primo intellettuale a dichiarare che i Libri della Bibbia sono l’opera del lavoro, sapiente e ispirato, della categoria degli scrivani d’Israele ed è da escludersi quindi – come vuole la tradizione – che i personaggi del racconto biblico siano anche gli autori del racconto stesso. Filone Alessandrino allude al fatto che Salomone non possa essere l’autore dei Libri dei Re e che Mosé non possa essere l’autore del Pentateuco.

     Chi è Filone Alessandrino? Egli è nato (i suoi dati anagrafici non li conosciamo in modo preciso) tra il 20 e il 10 a.C. ed è morto dopo il 41 d.C., ed è quindi contemporaneo di Shaul Tarsensis-Paolo di Tarso e appartiene ad una ricca famiglia ebrea della diaspora inserita da molto tempo nella vivace comunità di Alessandria e ha ricevuto un’educazione classica-umanistica molto solida. Filone, oltre ad aver studiato nella Sinagoga la cultura dell’Ebraismo attraverso i Libri della Bibbia tradotti in greco, ha completato anche la sua formazione nelle Scuole alessandrine studiando la filosofia greca, in particolare il pensiero contenuto nei Dialoghi di Platone e nelle Opere (la Fisica, la Metafisica, l’Etica) di Aristotele.

     Filone, ad Alessandria, frequenta le due strutture culturali più importanti della città: la Biblioteca e il Museo. Sappiamo già che nella città di Alessandria, nel periodo ellenistico, nascono due grandi istituzioni: la famosa Biblioteca, che raccoglie tutti i tesori letterari del passato (circa 700.000 volumi), e il Museo che è una specie di università (il museo, nella cultura orfica, nasce come una scuola fondata dalla poetessa Saffo) dove, intorno al tempio delle Muse, i letterati, i filosofi, gli scienziati si dedicano, a spese dello Stato, allo studio, alla ricerca e all’insegnamento. Ad Alessandria queste due istituzioni, la Biblioteca e il Museo, favoriscono soprattutto la fioritura degli studi di filologia e di grammatica (la Scuola dei grammatici alessandrini) e i risultati di queste applicazioni rappresentano un capitolo molto importante della Storia del Pensiero Umano.

     La frequentazione da parte di Filone Alessandrino di queste due istituzioni, prima come studente e poi come insegnante, favoriscono la sua crescita intellettuale. Filone è uno studioso e uno scrittore che si dedica ad interpretare, ad ordinare, a catalogare e a diffondere la cultura dell’Ebraismo (la produzione letteraria del ciclo ellenistico-alessandrino del movimento della sapienza poetica beritica) che da circa tre secoli è parte integrante della vita intellettuale della città di Alessandria.

     Il catalogo delle opere di Filone Alessandrino è lungo: è un autore molto prolifico e la sua prosa, la sua koiné (la lingua greca in cui scrive) è molto elegante, colta, retorica, aristocratica (non facile da leggere senza chiavi interpretative), tanto che Filone Alessandrino ha un posto nella Storia della Letteratura greca del periodo ellenistico. Filone di Alessandria  è l’esponente più autorevole della Scuola filosofica ebreo-alessandrina, ossia di quel movimento culturale che, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., porta a compimento il processo di integrazione tra la Letteratura dell’Antico Testamento e la filosofia greca. Filone – abbiamo detto – è autore di innumerevoli scritti di cui ci restano per intero, o in ampi frammenti, 36 opere in 42 libri, pervenuteci in quattro lingue diverse: greco, armeno, latino, e, per un certo numero di frammenti, anche in lingua araba.

     L’opera più vasta di Filone Alessandrino è un volume che raccoglie diversi trattati e che s’intitola Spiegazione allegorica del Pentateuco. I titoli dei trattati che questo volume raccoglie sono: Dei Cherubini, Dei Sacrifici di Abele e Caino, Dell’agricoltura di Noè, Dell’ebbrezza, Della confusione delle lingue, Dell’emigrazione di Abramo, Dei sogni e Dell’Allegoria delle Leggi. Questo volume – e si capisce dai titoli dei trattati che lo compongono – è un ampio commento al Libro della Genesi ed esalta il fatto che (i Libri della Bibbia) la Scrittura è una grande allegoria della storia dell’anima umana e dei suoi rapporti con Dio.

     La centralità del concetto dell’anima – concetto orfico per eccellenza: Filone conosce bene il dialogo di Platone intitolato Fedone – è ormai un fatto acquisito per la cultura dell’Ebraismo ellenistico-alessandrino. I racconti drammatici, mitici, leggendari, che formano il testo del Libro della Genesi (le Origini, i primi Uomini, la cacciata dal Giardino, i Patriarchi, Giuseppe figlio di Giacobbe), sono allegorie, sono immagini metaforiche, sono parabole, sono apologhi che rappresentano gli stati dell’anima di ciascun essere umano, che raffigurano i diversi modi di essere attraverso cui l’anima di ciascuna persona passa nel corso della sua esistenza.

     La narrazione – afferma Filone Alessandrino – che ci presenta il Libro della Genesi non è la storia dell’Umanità ma è lo straordinario racconto allegorico del viaggio dell’anima nell’arco della vita del singolo essere umano (questa affermazione ricorda un po’ il viaggio che Hegel fa compiere alla coscienza) sulle orme della sapienza. Tutte le anime percorrono l’itinerario che, in modo metaforico, il Libro della Genesi presenta: dalla situazione paradisiaca, alla caduta reiterata, fino al patto (la berit) in cui Dio promette la sapienza (la Sofia)alla persona che (sa coltivare l’Eros) la desidera ardentemente in modo da acquisire la saggezza (la gnosi) necessaria all’ispirazione che avvicina l’anima alla conoscenza dei misteriosi ed enigmatici disegni di Dio.

     Quest’opera di Filone si presenta quindi non solo come un esercizio di esegesi ma anche come un saggio di psicologia e di etica. Filone, mentre sviluppa il suo commento, riconosce che il testo biblico preso in senso letterale è incredibile, spesso è banale ed incompleto ma da ciò se ne deduce che deve contenere il misterioso ed enigmatico progetto di Dio da far affiorare con la meditazione e lo studio. Filone – per sostenere la sua spiegazione allegorica del Pentateuco – mette in evidenza che la Creazione non può essere avvenuta in sei giorni, anzi neppure nel tempo perché il tempo ha avuto origine col mondo quindi la creazione è una distribuzione simmetrica e armonica, e questa è la concezione che Filone mutua dal dialogo Timeo di Platone.

     Secondo Filone – la cui opera promuove una fioritura di studi cabalistici (strada facendo faremo degli esempi) – la natura si diletta col numero setteche, secondo Filone, ricorre in modo misterioso nel linguaggio con cui gli scrivanihanno costruito il Libro della Genesi e questo fa pensare ad un’influenza proveniente tanto della cultura pitagorica quanto da quella babilonese.

     Filone non compie il suo commento in modo sistematico (con strumenti di derivazione aristotelica) ma per associazione di idee. Il testo del Libro della Genesi fornisce a Filone Alessandrino l’occasione per esibire in successione i concetti filosofici – le parole-chiave e le idee-cardine contenute nei testi dei dialoghi di Platone come Il convito, il Timeo, il Fedone, la Repubblica – che a lui sembrano più significativi per sostenere il suo pensiero, le sue riflessioni, i suoi suggerimenti etici e le sue osservazioni psicologiche.

     Nell’opera, Spiegazione allegorica del Pentateuco, troviamo la codificazione (già ne abbiamo parlato) della figura dello scrivano d’Israele: sapiente e ispirato. E soprattutto troviamo l’idea, per noi fondamentale, che gli scrivaniabbiano, nell’esercizio della loro sapienza poetica, attinto – si siano ispirati – alle culture con cui sono venuti a contatto, a quella egizia e in particolare a quella babilonese: la cosiddetta cultura dell’esilio.

     Una delle opere più significative di Filone Alessandrino s’intitola L’Erede delle cose divine, dove lo scrittore mette in evidenza la figura mitica di Abramo che sente l’irrefrenabile desiderio (l’Eros) di mettersi in cammino (di curare la propria anima) e Filone ripercorre (rilegge allegoricamente) la vicenda biblica del primo patriarca e del suo viaggio verso la terra promessa. Naturalmente Filone applica gli schemi del suo pensiero (il modello della spiegazione allegorica) e paragona il viaggio di Abramo (da Ur in Caldea alla terra di Canaan) con il percorso di ogni anima verso Dio (dalla sapienza all’eros, dall’eros alla saggezza, dalla saggezza all’ispirazione, dall’ispirazione alla conoscenza delle cose divine che ogni anima ha ricevuto in eredità). L’anima – afferma Filone Alessandrino – cerca la sapienzaper raggiungere la compiutezza spirituale (la saggezza) e lotta strenuamente (desidera ardentemente, coltiva l’Eros) per raggiungere l’ispirazione, riuscendo infine a conquistarla. La storia di Abramo assurge, dunque, a modello: è la metafora di ogni esperienza spirituale. Per questo motivo L’Erede delle cose divine è uno degli scritti più avvincenti e più profondi di Filone e trova posto, a pieno titolo, nella Storia della letteratura greca ellenistico-alessandrina.

     Il personaggio di Abramo rappresenta, quindi, l’erede per eccellenza delle cose divine e l’erede è colui che è degno dei doni spirituali di Dio. L’erede è la persona che, per essere degno, rinuncia a ciò che è materiale e sceglie la dimensione spirituale (pneumatica) per poter raggiungere il Logos, la Parola, il Pensiero divino (un altro concetto orfico per eccellenza destinato ad avere sempre più rilevanza), in modo da acquisire la pace, la serenità, la grazia divina e soprattutto la sapienza che si manifesta nell’ispirazione: nella capacità di interpretare allegoricamente, la poesia biblica. La figura allegorica di Abramo diventa l’immagine, la metafora, della storia dell’anima umana (di ogni anima umana) che cerca la propria compiutezza.

     Per definire il concetto della compiutezza, della iniziaticità, della perfezione, Filone Alessandrino utilizza il termine téleios, che – come molti di voi hanno imparato dal Percorso dello scorso anno in compagnia di Erodoto – è una parola-chiave tipica del catalogo della cultura orfica.

     Il senso della storia (del racconto allegorico) di Abramo diventa per Filone il paradigma, il modello di un itinerario che deve percorrere ogni persona che sia in cerca di perfezione, di Assoluto, di contatto con l’Idea del Bene. In questa prospettiva esistenziale – afferma Filone Alessandrino – il personaggio allegorico di Abramo corrisponde alla figura di nostro padre (del primo patriarca): e come Abramo ha ereditato da Dio l’ispirazione, così, allo stesso modo, ogni essere umano la può ereditare se, come Abramo, sente la spinta appassionata a procedere /ad incamminarsi) verso l’Idea del Bene.

     Questa riflessione modifica il concetto tradizionale della berit, del patto, dell’alleanza. Già l’autore del Libro della Sapienza – in piena integrazione con la cultura greca –aveva trasformato il modo tradizionale di concepire la berit, il patto, l’alleanza. È logico che Filone Alessandrino rafforzi – in sintonia con la cultura greca, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. – questa interpretazione la quale smentisce che il patto tra Dio e Abramo possa esaurirsi nella promessa materiale (per giunta: non mantenuta) di una terra, della terra di Canaan: questo racconto – afferma Filone Alessandrino – è allegorico e vuol significare che il patto, la berit,  promette il dono della sapienza a tutti gli esseri umani che, come Abramo, coltivano l’ardente desiderio (l’Eros) di mettersi in cammino sulla via della conoscenza e della contemplazione delle Idee.

     Tutti i testi della Letteratura dell’Antico Testamento, prodotti in modo poetico da scrivani ispirati, sono – afferma Filone Alessandrino – un deposito di Idee, di pensieri divini da studiare, su cui meditare e su cui cimentarsi nell’interpretazione. I Libri della Bibbia – allude Filone Alessandrino – sono il frutto dell’attività di varie generazioni di scrivani ispirati che danno vita ad una serie di significative scuole di pensiero che confluiscono tutte in un grande movimento: il movimento della sapienza poetica beritica.

     Secondo Filone Alessandrino il movimento della sapienza poetica beriticaesalta il patto, esalta la berit, come un’eredità di cose spirituali da tramandare culturalmente, da tradurre intellettualmente di generazione in generazione.

     Il pensiero di Filone Alessandrino mette in evidenza, con ancora maggiore precisione, il modo in cui è stata tradotta in greco – nella versione della Bibbia dei Settanta – la parola berit utilizzando il termine diateke che significa la disposizione (significa il testamento spirituale, in senso metaforico), vale a dire: la disposizione ad essere eredi della cose divine, un’eredità spirituale che riguarda l’anima di ogni essere umano: ecco che il pensiero beritico e il pensiero orfico si integrano e la nostra identità culturale è frutto di questa integrazione.

     Leggiamo un frammento da L’erede delle cose divine:

LEGERE MULTUM….

Filone Alessandrino, L’erede delle cose divine

L’anima dell’erede delle cose divine è come un cielo sulla terra.

[86] Dunque Dio condusse Abramo fuori di sé e disse: «Volgi i tuoi occhi al cielo e conta le stelle se mai riuscirai a contarle. Così sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). Assai giustamente disse «così sarà» e non «così numerosa», come se dovesse essere dello stesso numero delle stelle. Infatti, non voleva solo riferirsi alla quantità, ma a molte altre cose che portano alla felicità nella sua completezza e perfezione (téleios). [87] Dunque Egli dice che sarà «così», cioè celeste; «così», cioè piena di luce trasparente e pura, giacché nel cielo non c’è tenebra, simile in sommo grado alle stelle, ben ordinata, seguace di un ordine indefettibile, che si mantiene immobile ed identico a sé. [88] Infatti, Egli vuol far vedere che l’anima del sapiente è una imitazione del cielo o, per dirla con una immagine iperbolica (sproporzionata), che è un cielo sulla terra, perché in lei, come nell’etere, ci sono realtà pure, movimenti ordinati, danze armoniose, divine rivoluzioni, raggi di virtù in sommo grado simili alle stelle e luminosissimi (Timeo). E se nessuno riesce a contare il numero delle stelle sensibili, come potrebbe contare quello delle intelligibili? [89] Infatti, di tanto differisce, io penso, il giudizio di chi giudica meglio da quello di chi giudica peggio – l’intelletto, infatti, è migliore della sensazione, e la sensazione, quando giudica, è meno penetrante dell’intelligenza – di altrettanto differiscono anche le cose giudicate. Allo stesso modo, il numero delle realtà intelligibili supera di gran lunga quello delle realtà sensibili.

In effetti, gli occhi del corpo non sono che una minima parte rispetto all’occhio dell’anima; se l’occhio dell’anima assomiglia a un sole, gli altri sono come lumicini abituati ad essere accesi e spenti.

     A questo punto – in funzione della didattica della lettura e della scrittura – dobbiamo aprire una parentesi che riguarda il concetto della spiegazione allegorica dei Libri della Bibbia” di cui Filone Alessandrino è precursore. Questo concetto è stato molto produttivo sul piano artistico in generale e sul piano letterario in particolare. Gli straordinari racconti allegorici di quel grande apparato che è la Letteratura dell’Antico Testamento (i Libri della Genesi e dell’Esodo in particolare) sono stati riprodotti innumerevoli volte (e continuano ad essere riprodotti) soprattutto nei romanzi e nelle partiture per il teatro.

     Questa sera approfittiamo di un’occasione che ci viene offerta da uno scrittore che si chiama Anton Čechov e che, probabilmente, tutti avete sentito nominare. Lo scrittore russo Anton Čechov è nato Taganrog nel 1860. Suo padre è un piccolo commerciante e lui si può permettere di studiare e di frequentare l’Università a Mosca dove si laurea in medicina, ma esercita poco la professione. Dal 1880 Anton Čechov inizia a pubblicare dei Racconti su riviste umoristiche, raccolti poi in volumi a partire dal 1884. Si dedica soprattutto a scrivere per teatro: il suo primo dramma intitolato Ivanov va in scena nel 1887 a Mosca con esiti negativi (non viene apprezzato né dal pubblico né dalla critica), ma lui non si arrende, lo riscrive e con la nuova stesura ottiene il successo a Pietroburgo e a Mosca.

     Anton Čechov nel 1884 scopre di essere ammalato di tubercolosi e via via la malattia si va aggravando costringendolo a soggiorni sempre più lunghi in luoghi di cura. Però in quegli stessi anni inizia una fattiva collaborazione con il Teatro d’Arte di Mosca e, nel 1898, il suo dramma intitolato Il gabbiano fu accolto trionfalmente. Nel 1901 Anton Čechov sposa l’attrice Olga Knipper; e nel febbraio del 1904, aggravatasi la malattia, si trasferisce nel centro termale di Badenweiler, dove muore dopo poco.

     Anton Čechov lascia una vasta produzione novellistica – di cui si consiglia la lettura –distribuita in più raccolte: Racconti di Melpomene (1884), Racconti variopinti (1886) e All’imbrunire (1887). Nel 1888 viene pubblicato il lungo racconto La steppa. Dal 1892 Anton Čechov ha vissuto una stagione letteraria di ispirazione simbolista in cui ha composto diversi racconti: La stanza n. 6 (1892), La mia vita (1895), La villa col mezzanino (1896), La signora col cagnolino (1898). Rimane fondamentale per la storia del teatro la sua produzione drammatica: Il gabbiano (1895), Zio Vania (1899), Le tre sorelle (1901), Il giardino dei ciliegi (1904) tutte opere che continuano ad essere messe in scena.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Con l’enciclopedia, in biblioteca e sulla rete puoi approfondire la conoscenza di Anton Čechov e leggere qualche pagina della sua vasta produzione letteraria…

     Abbiamo detto che questa sera Anton Čechov ci offre un’occasione di cui noi approfittiamo: questa opportunità la troviamo nelle sua produzione teatrale. C’è un celebre atto unico nella produzione teatrale di Anton Čechov che s’intitola L’orso: Perché leggiamo questo testo? Perché quando lo ha scritto stava pensando (con un po’ di immaginazione potremmo dire che stava pensando a noi che siamo in cammino su questo Percorso) al valore che hanno i racconti allegorici della Letteratura dell’Antico Testamento, in particolare del Libro della Genesi: fonte inesauribile di spunti e di riflessioni da tradurre in nuovi racconti allegorici che – pur variando nella forma, pur adeguandosi ai tempi – continuano la narrare la stessa storia. Questo pensiero Anton Čechov ce lo fa sapere nella citazione che sta in testa al testo dell’atto unico che stiamo per leggere: questa citazione, per un periodo, è stata rimossa perché considerata blasfema, ma poi è ricomparsa.

LEGERE MULTUM….

Anton Čechov,  L’orso

Sia ringrazia agli autori dto Dio Onnipotente che ha creato l'uomo e la donna per donare infiniti spunti di riflessione agli autori di Teatro in modo che possano tradurli in nuovi racconti allegorici che, pur variando nella forma e pur adeguandosi ai tempi, continuano a narrare la stessa storia: il primo atto unico messo in scena nel giardino in Eden dal più grande direttore di scena di tutti i tempi.

La vedovella Elena (un nome che è già tutto un programma) si chiama anche Eva-novna e quel tontolone di Grigorij Stepanovic porta il sopranome di Adamo. Rimane un mistero il fatto che il vecchio Luka - l'unico in possesso di un barlume di saggezza - sia destinato in eterno a fare il servo.

PERSONAGGI

ELENA IVANOVNA POPOVA, vedovella con le fossette sulle guance, proprietaria terriera

GRIGORIJ STEPANOVIC SMIRNOV, proprietario terriero di mezza età

LUKA, vecchio, servo della Popova

(Siamo in salotto, nella residenza di campagna della Popova… La Popova, in lutto stretto, non stacca lo sguardo da una fotografia, e Luka).

LUKA  Non va bene così, signora Fate del male soltanto a voi stessa La cameriera e la cuoca sono andate a raccogliere bacche, ogni creatura trabocca di gioia, persino il gatto se la gode e passeggia per il cortile, dà la caccia agli uccellini, e voi, invece, ve ne state tutto il giorno in camera vostra, proprio come se foste in un monastero, senza uno svago. Davvero! E già un anno che non uscite di casa!

POPOVA   E non uscirò mai più Perché? La mia vita è finita. Lui giace nella tomba, io mi sono sepolta tra quattro mura Siamo morti entrambi.

LUKA    Ah bene! Non vorrei sentirle cose così, davvero. Nikolaj Michajlovic è morto, era il suo destino, il volere di Dio, che Dio lo abbia in gloria Avete pianto, va bene, ma è ora di smetterla. Non si può piangere e portare il lutto per il resto della vita. Anche la mia vecchia, a suo tempo, è morta Ebbene? Mi sono rattristato, ho pianto un mesetto, e poi basta, forse che bisogna far la lagna in eterno, la mia vecchia non valeva tanto. (Sospira). Avete dimenticato tutti i vicini Voi non andate in visita e non permettete di riceverli. Viviamo, scusate, come ragni, senza vedere niente del mondo. I topi si sono mangiati la livrea Capirei se non ci fossero persone per bene, ma il distretto è pieno di signori A Ryblovo è di stanza un reggimento, gli ufficiali sono degli zuccherini, da lasciarci gli occhi! E negli accampamenti ogni venerdì un ballo, e, pensate, ogni giorno la banda dà un concerto Eh, signora mia padrona! Giovane, bella, bianca e rossa, dovreste vivere a vostro piacimento La bellezza non è data in eterno! Passerà una decina d’anni, vi verrà la voglia di andare a pavoneggiarvi e a buttar polvere negli occhi ai signori ufficiali, ma sarà tardi.

POPOVA (decisa) Ti prego di non parlarmi più di queste cose! Sai che da quando è morto Nikolaj Michajlovic, la vita ha perso per me ogni valore. A te sembra che io sia viva, ma è solo un’impressione! Ho giurato di portare questo lutto fino alla tomba e di non vedere più la luce del sole Mi senti? Che la sua ombra veda quanto lo amo Sì, so che per te non è un segreto che lui fosse spesso ingiusto con me, crudele e e addirittura infedele, ma io sarò fedele fino alla tomba e gli dimostrerò come sono capace di amare. Là, nell’altro mondo, mi vedrà tale quale ero prima della sua morte

LUKA  Piuttosto di dire tutte queste parole, fareste meglio ad andare a passeggiare in giardino, o ad ordinare che si attacchino Tobi o Velikan per andare in visita ai vicini

POPOVA  Ah! (Piange).

LUKA    Signora! Mia signora! Che c’è?  Che Cristo vi aiuti!

POPOVA Lui voleva così bene a Tobi! Lo attaccava sempre per andare dai Korèagin e dai Vlasov. E come guidava! Quanta grazia nella sua figura quando tirava le redini con tutte le sue forze! Ricordi? Tobi, Tobi! Ordina che oggi gli diano una razione supplementare di biada.

LUKA  Obbedisco!  (Si sente una brusca scampanellata).

POPOVA (sussulta)  Chi è? Di’ che non ricevo nessuno!

LUKA Sissignora! (Esce).

POPOVA (Popova sola, guardando la fotografia)   Vedrai Nicolas, come so amare e perdonare. L’amore mio si spegnerà con me, quando smetterà di battere il mio povero cuore.

(Ride tra le lacrime). E non provi rimorso? Io brava bambina, moglie fedele, mi sono chiusa a chiave e ti resterò fedele fino alla tomba, mentre tu e non provi rimorso, brutto cattivo? Mi tradivi, facevi scenate, mi lasciavi sola per settimane intere

LUKA (entra, preoccupato)   Signora, di là c’è uno che chiede di voi. Vuole vedervi

POPOVA  Ma gli hai detto che dal giorno della morte di mio marito non ricevo nessuno?

LUKA  Gliel’ho detto, ma non vuole intendere ragione, dice che è un affare importante.

POPOVA  Io non ri-ce-vo!

LUKA  Gliel’ho detto, maè un tipo strambofa la voce grossa ed è entrato da solo è già in sala da pranzo

POPOVA (seccata)  Va bene, fallo entrare Che maleducazione! (Luka esce). Certa gente è così invadente! Che cosa vorranno da me? Perché disturbano la mia quiete? (Sospira). No, bisognerà che mi ritiri davvero in un monastero. (Si fa pensierosa) Già, in un monastero

SMIRNOV (entrando, a Luka) Tontolone, ti piace ciarlare Asino! (Vedendo la Popova, con dignità) Signora, ho l’onore di presentarmi: tenente d’artiglieria in congedo, proprietario terriero Grigorij Stepanovic Smirnov! Costretto a disturbarvi per una faccenda di grande importanza

POPOVA (senza tendere la mano)  Che cosa desiderate?

SMIRNOV  Il vostro defunto consorte, che avevo l’onore di conoscere, mi è rimasto debitore di due cambiali per milleduecento rubli. E dal momento che domani dovrò pagare gli interessi alla banca agricola, vi pregherei, signora, di versarmi il denaro oggi stesso.

POPOVA  Milleduecento E perché mio marito è rimasto vostro debitore?

SMIRNOV  Comprava da me la biada.

POPOVA (sospirando, a Luka)  A proposito, Luka, non dimenticare di ordinare che diano a Tobi doppia razione di biada. (Luka esce)(A Smirnov) Se Nikolaj Michajlovic è rimasto in debito con voi, io, s’intende, pagherò; ma, mi scuserete, oggi non ho denaro contante. Dopodomani tornerà dalla città il mio amministratore, e gli darò ordine di pagarvi quanto vi spetta, ma per il momento non posso esaudire il vostro desiderio Inoltre oggi sono esattamente sette mesi da che è morto mio marito, e il mio stato d’animo è tale che non sono certamente disposta ad occuparmi di questioni finanziarie.

SMIRNOV  E il mio stato d’animo è tale che se domani non pagherò gli interessi mi ridurrò in camicia. Mi sequestreranno la proprietà!

POPOVA  Dopodomani riceverete i vostri soldi.

SMIRNOV   I soldi mi servono oggi, non dopodomani.

POPOVA   Scusatemi, oggi non vi posso pagare.

SMIRNOV  E io non posso aspettare dopodomani.

POPOVA  Che ci posso fare se oggi non li ho?

SMIRNOV  Dunque non potete pagare?

POPOVA  Non posso

SMIRNOV   Hmm! Ed è la vostra ultima parola?

POPOVA  Sì, l’ultima.

SMIRNOV   L’ultima? Sicura?

POPOVA  Sicura.

SMIRNOV  Mille ringraziamenti. Prendo nota. (Si stringe nelle spalle) E come se non bastasse dovrei mantenere il mio sangue freddo! Adesso incontrerò per strada l’impiegato del dazio e mi chiederà: Perché siete sempre arrabbiato, Grigorij Stepanovic?. Scusatemi, come potrei non esserlo? Mi servono soldi disperatamente Sono uscito di casa ieri mattina che faceva appena giorno, ho fatto il giro di tutti i miei debitori, e ce ne fosse stato almeno uno che avesse saldato il suo debito! Mi sono stancato come un cane, ho passato la notte il diavolo sa dove, nella bettola di un ebreo, accanto a una botte di vodka Finalmente arrivo qua, a settanta verste da casa, spero di ottenere qualcosa, e invece mi offrono uno stato d'animo! Come posso non arrabbiarmi?

POPOVA  Mi pare di aver parlato chiaro: quando l’amministratore tornerà dalla città, avrete quanto vi spetta.

SMIRNOV  Sono venuto da voi, non dal vostro amministratore! A che diavolo mi serve, scusate l’espressione, il vostro amministratore!

POPOVA Scusate, egregio signore, non sono abituata a simili strane espressioni, e a questo tono. Non vi ascolto più. (Esce in fretta).

SMIRNOV (rimasto solo) Ma guarda un po’! Lo stato d’animo Sette mesi fa le è morto il marito! E io devo pagare gli interessi o no? Vi domando: bisogna pagarli gli interessi o no? Va bene, a voi è morto il marito, c’è lo stato d’animo con tutte le altre fantasie l’amministratore che è andato chissà dove, che il diavolo lo porti, e io che cosa dovrei fare? Volar via dai miei creditori in pallone? O prendere la rincorsa e sbattere la testa contro un muro? Arrivo da Gruzdev: non è a casa, Jaroševic si è nascosto, con Kurycin ho litigato a morte e per un pelo non l’ho scaraventato dalla finestra, Mazutov ha il mal di pancia, questa lo stato d’animo. Non una canaglia che paghi! E tutto perché li ho viziati troppo, perché sono una pappamolla, uno straccio, una donnetta! Sono troppo delicato con costoro! Ma, badate a voi! Mi conoscerete! Non permetterò che scherziate con me, diavolo! Resterò e non mi muoverò di qui finché lei non avrà pagato! Brr! Come sono cattivo oggi, come sono cattivo! Mi fremono le budella dalla cattiveria e mi sento soffocare Pfui, Dio mio, mi sento persino male! (Grida) Cameriere!

LUKA (entraChe volete?

SMIRNOV  Dammi del kvas o dell’acqua! (Luka esce).

Ma che razza di logica! Uno sta con l’acqua alla gola, sul filo del rasoio, e lei non paga perché, vedete, non è disposta ad occuparsi di questioni finanziarie! Autentica logica femminile, tutta fronzoli! Per questo non mi è mai piaciuto e non mi piace parlare con le donne. Mi è più facile star seduto su un barile di polveri che parlare con una donna. Brr! Mi si accappona la pelle, tanto mi ha fatto andare in bestia quello strascico di seta! Mi basta vedere anche da lontano una di queste creature poetiche, che dalla rabbia mi vengono i crampi ai polpacci. C’è da disperarsi.

LUKA (entra e serve l’acqua) La signora è malata e non riceve.

SMIRNOV Vattene! (Luka esce).  È malata e non riceve! Ma prego, non ricevere Io rimango e ci resterò finché non mi darai i soldi. Starai male per una settimana, e io resterò una settimana Starai male un anno, un anno pure io Recupererò il mio, mia cara! Non mi commuovi col tuo lutto né con le fossette sulle guance Le conosciamo bene queste fossette! (Grida alla finestra). Semen, stacca i cavalli! Non ce ne andremo tanto presto! Resto qui! Di’, là nelle scuderie che diano la biada ai cavalli! Guarda, stupido, il cavallo di sinistra si è di nuovo impigliato nelle redini! (Lo canzona). Fa niente Te lo do io – fa niente! (Si allontana dalla finestra). Che schifoun caldo insopportabile, i soldi non li tira fuori nessuno, ho passato una notte da bestia, e qui come se non bastasse quello strascico a lutto con lo stato d’animo Ho mal di testa Magari bere un po’ di vodka? Ne berrò un po’.

(Grida). Cameriere!

LUKA (entra)  Che volete?

SMIRNOV  Portami un bicchierino di vodka! (Luka esce). Uff! (Si siede e si guarda). Non c’è niente da dire, ho un bell’aspetto! Tutto impolverato, gli stivali infangati, sporco, spettinato, con la paglia sul panciotto La signora mi avrà scambiato per un brigante. (Sbadiglia). Non è molto gentile comparire in un salotto in questo stato, ma non fa niente, sono un creditore, non un ospite, e per i creditori non è richiesto l’abito scuro

LUKA (entra e serve la vodka)  Vi permettete molte cose, signore

SMIRNOV (seccato)  Che cosa?

LUKA    Niente niente dicevo fra me

SMIRNOV   Con chi parli?! Taci!

LUKA (a parte)  Ci mancava questo balordo Il diavolo ti ha portato (Luka esce).

SMIRNOV  Ah, quanto sono cattivo! Così cattivo che ridurrei tutto il mondo in polvere Sto persino male (Grida). Cameriere!

POPOVA (entra, con gli occhi bassiEgregio signore, nel mio isolamento da tempo non sono abituata alla voce umana e non sopporto le grida. Vi prego ardentemente, non turbate la mia quiete!

SMIRNOV   Pagate, e me ne andrò.

POPOVA Ve l’ho detto con parole chiare: al momento non dispongo di denaro contante, aspettate fino a dopodomani.

SMIRNOV Anch’io ho avuto l’onore di dirvi a chiare parole: i soldi mi servono oggi, non dopodomani. Se oggi non mi pagate, domani mi dovrò impiccare.

POPOVA  Ma che devo fare se non ho i soldi? Che originale!

SMIRNOV  Quindi adesso non pagate? No?

POPOVA  Non posso

SMIRNOV In tal caso resterò qui e aspetterò finché non avrò i miei soldi…(Si siede). Dopodomani pagherete? Benissimo! Io resterò così fino a dopodomani. Così me ne starò (Scatta in piedi). Vi domando: devo pagare domani gli interessi o no?O pensate che io stia scherzando?

POPOVA  Egregio signore, vi prego di non gridare! Questa non è una stalla!

SMIRNOV  Non vi sto parlando di stalle, ma domando se devo pagare domani gli interessi, o no?

POPOVA  Non sapete comportarvi in presenza di signore!

SMIRNOV  No, lo so benissimo come ci si comporta in presenza di signore!

POPOVA  No, non sapete! Siete un uomo maleducato e grossolano! Le persone per bene non parlano così con le signore!

SMIRNOV Ah, sorprendente! Come ordinate che si parli con voi? In francese? (S’arrabbia e fa il lezioso) Madame, je vous prie… come sono contento che non mi date i miei soldi Ah, pardon che vi ho disturbata! Che tempo meraviglioso oggi! E questo lutto, come vi dona! (Fa una riverenza).

POPOVA  Tutto ciò è stupido e volgare.

SMIRNOV (le rifà il verso)  Tutto ciò è stupido e volgare! Io non mi so comportare in presenza delle signore! Signora, in vita mia ho visto più donne io che voi passerotti! Tre volte ho partecipato a duelli per causa di donne, ne ho abbandonate dodici, nove hanno abbandonato me! Già! Un tempo facevo lo stupido, il sentimentale, il vagheggino, ero tutto miele, strascicavo i piedi Amavo, soffrivo, sospiravo alla luna, mi commuovevo, mi sdilinquivo, raggelavo Amavo appassionatamente, furiosamente, in ogni modo, che il diavolo mi porti, cicalavo come una gazza sull’emancipazione femminile, ho sperperato per i teneri sentimenti metà dei miei averi, ma adesso, tanti saluti a casa! Adesso non mi lascio più abbindolare! Basta! Occhi neri, occhi passionali, labbra scarlatte, fossette sulle guance, luna, sussurri, timidi sospiri; per tutte queste cose, signora, oggi non darei un soldo! Non parlo dei presenti, ma tutte le donne, dalla più infima alla più sublime, sono smorfiose, smancerose, pettegole, maligne, bugiarde fino al midollo, vanitose, meschine, crudeli, la loro logica è follia, e per quanto riguarda questa parte (si batte la fronte), scusate la mia franchezza, un passero può dare a qualsiasi filosofo in gonnella una buona decina di punti! Se guardi una di queste creature poetiche vedi una mussolina eterea, una semidea, una sequela di estasi, ma se dai un’occhiata nell’anima ci trovi un coccodrillo qualsiasi! (Afferra la spalliera di una sedia, la sedia scricchiola e si rompe). Ma più assurdo di tutto è che questo coccodrillo si immagina, chissà perché, che il suo capolavoro, il suo privilegio e monopolio siano i sentimenti teneri! Ma per bacco baccone! Impiccatemi a questo chiodo a gambe in su, se una donna è in grado di amare qualcuno, oltre al suo cagnolino maltese In amore non fa altro che lagnarsi e piagnucolare! Là dove un uomo soffre e si sacrifica, tutto l’amore di lei si esprime soltanto nel far ruotare lo strascico e nel cercare di pigliarti per il naso ancor di più. Voi avete la sfortuna di essere donna, quindi conoscete dal di dentro la natura femminile. Ditemi in coscienza: avete visto in vita vostra una donna che fosse sincera, fedele e costante? No, eh! Fedeli e costanti sono solo le vecchie e le brutte! È più facile trovare un gatto con le corna o una beccaccia bianca che una donna costante!

POPOVA  Permettete, allora, secondo voi, chi è fedele e costante in amore? L’uomo, forse?

SMIRNOV  Certo, l’uomo!

POPOVA  L’uomo! (Una risata cattiva). L’uomo è fedele e costante in amore! Ah, che bella novità! (Con calore). Che diritto avete di sostenerlo? Gli uomini fedeli e costanti! Se le cose stanno così, vi dirò che tra tutti gli uomini che ho conosciuto e che conosco, il migliore era il mio defunto marito Io lo amavo con passione, con tutto il mio essere, come sa amare solo una donna giovane e intelligente; io gli ho sacrificato la mia giovinezza, la felicità, la vita, la mia ricchezza, vivevo di lui, lo adoravo come si adora un idolo, e e che cosa successe? Questo migliore degli uomini mi ingannava nel modo più spaccato, ad ogni piè sospinto! Dopo la sua morte ho trovato nel suo tavolo una cassetta piena di lettere d’amore, e quand’era in vita, ah, che ricordo terribile! mi lasciava sola per intere settimane, sotto i miei occhi corteggiava altre donne e mi tradiva, sperperava il mio denaro, si prendeva gioco dei miei sentimenti Ma nonostante tutto io lo amavo e gli ero fedele Anzi, adesso lui è morto, ma io continuo ad essergli fedele e affezionata. Io mi sono sepolta per l’eternità fra quattro pareti e porterò questo lutto fino alla tomba

SMIRNOV (con una risata sprezzante)   Lutto! Non capisco, per chi mi prendete? Come se non sapessi perché indossate questo domino nero e vi siete sepolta fra quattro pareti! Ci mancherebbe altro! È così misterioso e poetico! Passano davanti alla vostra villa un ufficiale o un poetucolo da strapazzo, gettano lo sguardo alla finestra e pensano: Qui vive la misteriosa Tamara, che per amore del marito si è sepolta fra quattro pareti.  Li conosciamo questi artifici!

POPOVA (esplodendo)  Che cosa? Come osate dirmi queste cose?

SMIRNOV  Vi siete sepolta viva, ma non avete dimenticato la cipria!

POPOVA  Come vi permettete di parlarmi così?

SMIRNOV Non gridate, per favore, non sono il vostro amministratore! Permettetemi di chiamare le cose con il loro nome. Non sono una donna e sono abituato ad esprimere la mia opinione in modo franco. E smettetela di gridare!

POPOVA   Io non grido, siete voi che gridate! Lasciatemi in pace!

SMIRNOV  Pagatemi e me ne andrò.

POPOVA  Non vi darò un bel niente!

SMIRNOV   No, me li darete!

POPOVA  Per farvi dispetto non vi darò neppure un centesimo! Potete lasciarmi in pace!

SMIRNOV Non ho il piacere di essere né vostro consorte, né vostro fidanzato, pertanto vi prego di non farmi scenate. (Si siede)  Non mi piacciono.

POPOVA (respirando affannosamente per l’ira)  Vi siete seduto?

SMIRNOV  Sì.

POPOVA  Vi prego di andarvene!

SMIRNOV  Restituitemi il denaro. (Da parte) Ah, come sono cattivo! Come sono cattivo!

POPOVA Non desidero parlare con degli sfacciati! Fuori di qui! (Pausa) Non ve ne andate? No?

SMIRNOV  No.

POPOVA   No?

SMIRNOV  No.

POPOVA   E va bene! (Suona).

POPOVA (entra Luka).  Luka, porta fuori questo signore!

LUKA (si avvicina a Smirnov)  Signore, uscite quando ve lo ordinano! Non avete nulla

SMIRNOV (scatta in piedi)   Taci! Con chi credi di parlare! Farò polpette di te!

LUKA (si porta le mani al cuore)  Signore! Santissimo cielo! (Cade in poltrona). Io sto male, male! Mi manca il fiato!

POPOVA   Dov’è Daša? Daša! (Grida)! Daša! Pelageja! Daša! (Suona).

LUKA  Oh! Sono andate tutte a raccoglier bacche Non c’è nessuno in casa e io sto male!

POPOVA   Andatevene via!

SMIRNOV   Non potreste essere più gentile?

POPOVA (stringendo i pugni e pestando i piedi) Siete un villano! Un orso grossolano! Un cafone! Un mostro!

SMIRNOV  Come? Che avete detto?

POPOVA  Ho detto che siete un orso, un mostro!

SMIRNOV (avanzando)  Che diritto avete di offendermi?

POPOVA   Sì, offendo e allora? Pensate che abbia paura di voi?

SMIRNOV E voi pensate che essendo una creatura poetica avete il diritto di offendere impunemente? Vero? Vi sfido a duello!

LUKA   Signore! Santo cielo! Che dite?

SMIRNOV   Alle armi!

POPOVA  Pensate che abbia paura di voi perché avete pugni grandi e grossi e un collo da toro? Eh? Villanzone che non siete altro!

SMIRNOV  A duello vi sfido! Non permetto a nessuno di offendermi e non baderò al fatto che siete una donna, una debole creatura!

POPOVA (cercando di gridare più forteOrso! Orso! Orso!

SMIRNOV  È ora di finirla, una buona volta, con il pregiudizio che soltanto gli uomini debbano pagare le offese! La parità, parità deve essere, che diavolo! Vi sfido a duello!

POPOVA  Scegliete le pistole? Prego!

SMIRNOV   Subito!

POPOVA Subito! Sono rimaste le pistole di mio marito Adesso le porto qua (Si avvia velocemente ma poi ritorna). Con che piacere pianterò una pallottola in quella vostra faccia di bronzo! Che il diavolo vi porti! (Esce).

SMIRNOV La stenderò come un pulcino! Non sono un ragazzino, né uno sbarbatello sentimentale, per me non esistono deboli creature!

LUKA  Signore mio caro! (Si mette in ginocchio). Fammi questo favore, abbi pietà di un povero vecchio, vattene da qui! Mi hai spaventato a morte, e vuoi ancora metterti a sparare!

SMIRNOV (senza ascoltarlo)  Il duello, questa si è emancipazione, parità di diritti! Qui i due sessi sono alla pari! La farò secca per principio! Ma che donna! (Le rifà il verso) Per bacco pianterò una pallottola in quella faccia di bronzo” … Che donna! Si era fatta tutta rossa, gli occhi le brillavano Ha accettato la sfida! Parola d’onore, è la prima volta nella vita che ne vedo una così

LUKA  Signore, vattene! Pregherò eternamente Dio per te!

SMIRNOV Questa è una donna! Bisogna ammetterlo! Una vera donna! Non una piagnona, non una pappamolla, ma un fuoco, un esplosivo, una saetta! È quasi un peccato ucciderla!

LUKA (piange)  Signore carissimo, vattene!

SMIRNOV Mi piace decisamente! Decisamente! Nonostante le fossette sulle guance, devo ammettere che mi piace! Sarei persino pronto ad abbuonare il debito ad una donna così sorprendente!

POPOVA (entra con le pistole)  Ecco le pistole Ma prima di batterci, mostratemi come si deve sparare Mai in vita mia ho tenuto in mano una pistola.

LUKA  Dio, salvaci tu Vado a cercare il giardiniere e il cocchiere (Esce).

SMIRNOV (esaminando le pistole) Vedete, esistono diversi tipi di pistole Ci sono quelle speciali da duello, le Mortimer, a capsula. Le vostre invece sono tipo Smith & Wesson, a triplice effetto con estrattore, a percussione centrale Bellissime pistole! Non costeranno meno di novanta rubli al paio La pistola si impugna così

(A parte) Che occhi, che occhi! Che donna eccitante!

POPOVA   Così?

SMIRNOV  Sì, così Poi alzate il cane poi prendete la mira La testa un po’ all’indietro! Tendete la mano come si deve Ecco così Poi con questo dito premete questo affare, e nient’altro La regola fondamentale: non affannarsi e mirare con calma Fare in modo che la mano non tremi.

POPOVA   Bene Penso che sparare in casa non si possa Andiamo in giardino

SMIRNOV  Andiamo. Vi avverto soltanto che io sparerò in aria.

POPOVA   Non ci mancava che questa! Perché?

SMIRNOV   Perché perché Sono fatti miei, perché!

POPOVA  Avete paura? Sì? Ah-a-a-a! No, signore, non fate storie! Seguitemi! Non sarò tranquilla finché non vi avrò trapassato la fronte questa fronte che odio tanto! Avete paura?

SMIRNOV   Sì, ho paura.

POPOVA   Mentite! Perché non volete battervi?

SMIRNOV  Perché perché voi non mi batto con le persone che mi piacciono.

POPOVA (con una risata cattiva) Gli piaccio ora! Ha il coraggio di dire che io gli piaccio! (Mostra la porta) Prego, uscite!

SMIRNOV (depone in silenzio la pistola, prende il berretto e si avvia; accanto alla porta si ferma, per mezzo minuto i due si guardano in silenzio; poi lui parla, avvicinandosi lentamente alla Popova) Ascoltate Siete ancora in collera? Anch’io sono infuriato, ma, capite come potrei esprimermi Il fatto è che, vedete, una storia così, per dire il vero (Grida) Beh, è forse colpa mia se avete cominciato a piacermi? (Afferra una sedia per la spalliera, la sedia scricchiola e si rompe) Sa il diavolo che razza di mobili fragili avete! Voi mi piacete! Io sono quasi innamorato!

POPOVA   Allontanatevi da me, vi odio!

SMIRNOV  Dio, che donna! In vita mia non ho mai visto niente di simile! Sono perduto! Sono cascato in trappola come un topo!

POPOVA   Andatevene o sparo!

SMIRNOV Sparate pure! Non potete capire che gioia sia morire sotto lo sguardo di questi occhi meravigliosi, morire per il colpo di una rivoltella impugnata da una piccola manina vellutata Pensate e decidete subito perché se me ne vado da qui, noi non ci vedremo mai più! Decidete Sono nobile, una persona come si deve, ho una rendita di diecimila rubli all’anno centro con una pallottola una moneta lanciata per aria ho degli ottimi cavalli Volete diventare mia moglie?

POPOVA (indignata, brandisce la pistola) Alle armi! Voglio il duello!

SMIRNOV   Non capisco più nulla (Grida) Cameriere, dell’acqua!

POPOVA (grida)  Al duello!

SMIRNOV Mi sono innamorato come un ragazzino, come un imbecille (La prende per un braccio facendola gridare dal dolore poi si mette in ginocchio) Dodici donne ho piantato, nove hanno piantato me, ma nessuna di loro ho amato come amo voi Sono rincitrullito, sdilinquito, rammollito me ne sto in ginocchio come uno stupido e chiedo la vostra mano Che vergogna, che scorno! Per cinque anni non mi sono innamorato, avevo giurato di non ricascarci, e ad un tratto mi trovo incastrato come un uccello in trappola! Chiedo la vostra mano. Sì o no? Non volete? Non importa! (Si alza e va in fretta verso la porta).

POPOVA   Aspettate

SMIRNOV (si ferma)  Sì?

POPOVA  Niente, andate Anzi no, aspettate No, andate, andate! Vi odio! O no Non andate! Ah, se sapeste come sono furiosa, furiosa! (Getta la pistola sul tavolo)  Ho le dita che mi fanno male per colpa di questo ordigno(Straccia il fazzoletto per rabbia) Che state lì a fare? Sparite!

SMIRNOV   Addio, allora

POPOVA  Sì, sì, andatevene! (Grida) Ma dove andate? Aspettate No, andate. Ah, sono furente! Non vi avvicinate, non vi avvicinate!

SMIRNOV (avvicinandosi a lei)  Non mi sopporto proprio! Mi sono innamorato come uno studentello, mi sono messo in ginocchio Mi si accappona persino la pelle (Volgarmente) Che bisogno avevo di innamorarmi di voi! Domani ho gli interessi da pagare, è cominciata la falciatura del fieno, e spuntate fuori voi (La afferra per la vita) Non me lo perdonerò mai

POPOVA  Andatevene via! Giù le mani! Io vi … odio! Al duello! (Con calma) Allora … volete baciarmi o volete che vi spari? (Un lungo bacio. Nel frattempo arrivano, Luka con una scure, il giardiniere con un rastrello, il cocchiere con un forcone e dei braccianti con dei randelli)

 

LUKA (vedendo la coppia che si bacia)  Santissimo cielo!  (Pausa)

POPOVA (con gli occhi bassi) Luka, di’ in scuderia che oggi non diano biada a Tobi

 

(Sipario)

     I Libri della Bibbia – afferma Filone Alessandrino – sono il frutto dell’attività di varie generazioni di scrivani ispirati che danno vita, a partire dal VI secolo a.C., ad una serie di significative correnti di pensiero che confluiscono tutte in un grande movimento che nel periodo dell’Ellenismo prende il nome di movimento della sapienza poetica beritica. Per capire, quindi, questa definizione noi abbiamo dovuto percorrere, per primo, un itinerario (sette settimane di viaggio: così facciamo contento Filone citando il numero sette) che riguarda l’ultima fase di questo vasto movimento culturale nel quale prendono forma i Libri della Bibbia. A questo punto abbiamo capito che è in questa ultima fase – la fase ellenistico-alessandrina, dal II secolo a.C. – che matura la definizione di sapienza poetica beritica. A questo punto abbiamo capito che il termine berit, dopo un lungo viaggio sul filo delle interpretazioni (delle traduzioni), si avvicina, alla fine del I secolo a.C., al concetto della sapienza.

     Il ciclo ellenistico-alessandrino del movimento della sapienza poetica beritica culmina (dopo una serie di opere significative che abbiamo studiato: la Lettera di Aristea, i due Libri dei Maccabei, i due Libri di Ester, le quattro versioni del Libro della Saggezza di Salomone) con il Libro della Sapienza che diventa il manifesto della Scuola filosofica ebreo-alessandrina la quale – a stretto contatto con la cultura greca – definisce il concetto di sapienza poetica beritica. Gli intellettuali della Scuola filosofica ebreo-alessandrinaproclamano che la sapienza poetica si manifesta – come dono di Dio – nella figura dello scrivano d’Israele: saggio e ispirato.

     Naturalmente gli intellettuali della Scuola filosofica ebreo-alessandrina – di cui Filone è l’esponente più autorevole – tendono, con questa riflessione, a valorizzare il lavoro di traduzione in greco dei Settanta: continuatori, saggi e ispirati, della tradizione degli scrivani d’Israele. Gli intellettuali della Scuola filosofica ebreo-alessandrina coltivano l’idea, per noi (per tutte le studiose e gli studiosi) fondamentale, che gli scrivani d’Israeleabbiano, nell’esercizio della sapienza poetica, attinto – si siano ispirati – alle culture con cui sono venuti a contatto: per cui  la sapienza poetica beritica è uno straordinario crogiuolo nel quale si mescolano parole-chiave e idee-cardine di diversa provenienza ma tenute insieme da una ispirazione unitaria (da un Eros).

     Filone Alessandrino indica, nella sua opera, due diversi filoni di pensiero che hanno caratterizzato maggiormente il movimento della sapienza poetica beritica: questi due filoni di pensiero hanno attinto l’uno alla cultura egizia e l’altro a quella babilonese. Difatti è durante l’esilio a Babilonia (dal il 587 al 539 a.C.) che gli scrivani d’Israele s’impegnano a raccogliere (a mettere per iscritto) il materiale che, in un secondo momento, darà consistenza ai Libri del Pentateuco: è il cosiddetto filone dell’esilio, il primo grande momento di sintesi del movimento della sapienza poetica beritica.

     Ma per conoscere e capire – in funzione della didattica della lettura e della scrittura –questa storia (vasta e complessa), che corrisponde al percorso della sapienza poetica beriticadalle origini, dobbiamo partire da lontano.Da dove e da quando? Dobbiamo partire dal X secolo a.C. quando a Gerusalemme regnava il re Salomone. Ancora lui? È il Libro della Sapienza – l’ultimo atto del movimento della sapienza poetica beritica – che ce lo indica: vogliamo forse non dare retta alla sapienza? L’autore del Libro della Sapienza fa dire a Salomone al capitolo 7:

LEGERE MULTUM….

Libro della Sapienza  7, 8-10

Ho preferito la sapienza alla conquista del potere

e la ricchezza mi è parsa un niente al suo confronto.

La sapienza è ben più di una gemma di valore inestimabile,

tutto l’oro del mondo è come una manciata di sabbia

e l’argento di fronte a lei è paragonabile al fango.

L’ho preferita alla bellezza e al benessere, anzi le ho dato

più importanza della luce, perché so che il suo splendore non viene meno.

     Date retta alla sapienzadi Salomone e correte a Scuola.            

     La Scuola è qui e il viaggio – che ora si fa ancora più avventuroso – continua perché: Lo splendore della sapienza non viene meno...

 

 

Lezione del: 
Giovedì, Novembre 29, 2007