Prof. Giuseppe Nibbi La sapienza poetica e filosofica dell’età medioevale 12-13-14 novembre 2014
Abbazia di Notre-Dame de Jouarre
SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ MEDIOEVALE,
NEL PAESAGGIO INTELLETTUALE DELLA FILOSOFIA CRISTIANO-LATINA AI SUOI ALBORI,
TROVIAMO LE SCUOLE DI AUXERRE E DI REIMS ...
Siamo al sesto itinerario del nostro viaggio di studio sul “territorio della sapienza poetica e filosofica dell’Età medioevale” e, come sapete, nelle scorse settimane abbiamo osservato il “paesaggio intellettuale della Scolastica alle sue origini”.
Sappiamo che in questo paesaggio risaltano quattro concetti fondamentali, che continueremo a trovare anche nei successivi paesaggi intellettuali e che rappresentano i lati di un perimetro, all’interno del quale i pensatori neoplatonici prima e poi successivamente gli intellettuali cristiani della Scolastica, hanno racchiuso l’immagine del sistema con cui viene rappresentato l’Universo, la Realtà universale. Questi quattro concetti-cardine – rappresentativi dell’Universo medioevale [e ben presenti ancora oggi nella nostra mente come elementi determinanti della Realtà universale] corrispondono, come sappiamo, alle parole-chiave: Dio, il Mondo, l’Essere umano e l’Anima.
Abbiamo puntato la nostra attenzione, in primo luogo, sull’Idea dell’Anima immortale perché gli intellettuali della Scolastica alle sue origini, dal IX secolo, nell’intento di fondare una Filosofia cristiana, si sono prodigati nel tentativo di cristianizzare l’Anima e, per cercare di raggiungere questo obiettivo, hanno studiato il pensiero di Platone che fa avvicinare il concetto dell’Anima immortale all’Idea suprema del Bene [le anime sarebbero un’emanazione dell’Idea del Bene] e, di conseguenza, accogliendo la definizione che “l’Anima è un’Idea sublime” sono stati attratti – subendo il fascino del Dionigi Areopagita e dell’Isagoge di Porfirio, due opere che conosciamo bene – dal tema degli universali: dal problema della provenienza, della collocazione e della natura delle idee [perché il pensiero di Platone - che influenza la mentalità degli intellettuali della Scolastica alle sue origini - è comunque un “pensiero aperto” in proposito].
Il movimento della Scolastica assume un’impronta decisamente filosofica quando al suo interno esplode la polemica sulla “questione degli universali” [e le polemiche, giustamente condotte, sono potenti motori per l’esercizio dell’investimento in intelligenza]. Sappiamo che – in relazione alla provenienza, alla collocazione e alla natura delle idee [sull’eredità delle domande poste da Porfirio nell’ultimo capitolo de “l’Isagoge”, come abbiamo studiato durante l’itinerario scorso] – sono nate quattro correnti di pensiero. Ricapitoliamo per poter prendere il passo verso un nuovo [il secondo di questo viaggio] paesaggio intellettuale quello della “Filosofia cristiano-latina ai suoi albori”.
Sul problema degli universali [sulla provenienza, la collocazione e la natura delle idee in base alle domande lasciate in eredità da Porfirio nell’ultimo capitolo de “l’Isagoge”] nascono e si sviluppano [come sappiamo] quattro correnti di pensiero che condizionano il modo di interpretare la dottrina del Cristianesimo: o in maniera razionale o in senso mistico.
La prima corrente, detta “realistica o platonica”, sostiene che le idee universali sono “ante rem ”[prima delle cose]: le idee sono modelli, sono archetipi esistenti nella mente di Dio e creati da Dio prima della costituzione delle cose stesse, quindi, indipendentemente dal nostro pensiero, e questa tendenza si rifà a Platone quando pone le Idee nel mondo Iperuranio.
La seconda corrente, detta “aristotelica”, sostiene che le idee universali sono “in re ”[dentro alle cose]: le idee sono nelle cose e sono le essenze [le forme] delle cose stesse, e questa tendenza fa riferimento ad Aristotele secondo cui la forma [ossia l’universale] è presente nelle cose particolari.
La terza corrente, detta “concettualistica”, sostiene che le idee universali sono “post rem [”dopo le cose]: le idee sono presenti solo nella mente della persona sotto forma di concetti che si traducono in nomi [tanto Platone quanto Aristotele hanno prospettato anche questa possibilità nelle loro Opere, e poi c’è da dire che nei “Dialoghi” di Platone è possibile trovare una giustificazione a tutte e quatto le correnti che stiamo descrivendo].
La quarta corrente, detta “flatus vocis ”[espressione della voce], considera le idee come “puri nomi”: le idee sono l’espressione vocale e simbolica [flatus vocis] dei nomi delle cose.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Nel REPERTORIO E TRAMA … della scorsa settimana si domandava se volete schierarvi con una di queste correnti, se non ci avete ancora pensato siete sempre in tempo per fare una scelta o semplicemente per formulare un’ipotesi: basta scrivere una riga, basta un enunciato minimo per rispondere…
Fino a questo momento abbiamo sempre utilizzato l’espressione “gli intellettuali della Scolastica alle sue origini” [intanto ha prevalso il genere maschile perché le donne sono emarginate nel campo della cultura ma, tuttavia, strada facendo, incontreremo opere molto importanti prodotte dal pensiero femminile, perché le donne agiscono comunque sotto traccia], abbiamo usato un’espressione di carattere generale [gli intellettuali scolastici] per trattare temi comuni a tutti in attesa di incontrare singole personalità, e ora è venuto il momento di iniziare ad occuparci di singoli personaggi. Siamo arrivati nei pressi del “paesaggio intellettuale della Filosofia cristiano-latina ai suoi albori”: che cosa dobbiamo osservare e chi possiamo incontrare in questo secondo scenario del nostro Percorso che ci porta verso il “cuore del Medioevo”?
Un primo importante contributo allo sviluppo del dibattito [e della successiva polemica] sulla “questione degli universali” e, quindi, un apporto determinante alla nascita e allo sviluppo della Filosofia cristiano-latina lo hanno dato tre maestri [magìsteri] appartenenti alle rinomate Scuole di Auxerre e di Reims, ma l’apporto che questi personaggi [che stiamo per incontrare] hanno dato al movimento culturale sviluppatosi dal IX secolo sul territorio dell’impero carlolingio dipende, a sua volta, dai maestri che hanno avuto [importanti figure, apparentemente secondarie, che dobbiamo incontrare] e dal buon funzionamento delle Scuole [delle quali dobbiamo citare la collocazione e le linee programmatiche] che loro stessi, in quanto studenti, hanno frequentato. Ebbene, questo lungo periodo della Storia del Pensiero Umano non avrebbe preso il nome di “Scolastica” se le “scuole [molte scuole]” non fossero diventate [in concorrenza intellettuale tra loro] delle vere e proprie “officine dell’apprendimento” basate su un patto formativo [spesso messo per iscritto] tra persone che insegnano e persone che imparano, ed è in quest’ottica che – a cominciare dalle abbazie – la “scuola” si propone con la sua funzione di “Centro studi” adibito tanto alla trasmissione e alla elaborazione del sapere quanto all’affinamento di metodi per esercitare le menti ad investire in intelligenza.
Prendiamo il passo partendo dalla Scuola di Auxerre, cominciando ad osservare il nuovo scenario, il secondo del nostro viaggio, che abbiamo di fronte: il “paesaggio intellettuale della Filosofia cristiano-latina ai suoi albori”. Alla Scuola di Auxerre appartengono i magìsteri Eirico di Auxerre e Remigio di Auxerre, e Eirico è il primo studioso che incontriamo nel “paesaggio intellettuale della Filosofia cristiano-latina ai suoi albori” ma dietro – o meglio, davanti – al personaggio di Eirico spuntano le figure dei suoi maestri e appaiono le immagini delle Scuole che ha frequentato e nelle quali si è formato intellettualmente.
Eirico di Auxerre [nato intorno all’841 e morto tra l’876 e l’880] è un monaco dell’abbazia benedettina di Saint-Germain, ed è stato discepolo di Lupo Servato a Ferrières dove ha acquisito delle competenze fondamentali per la sua formazione intellettuale e, quindi, prima di occuparci di Eirico, non possiamo non conoscere l’importante magister Lupo Servato [805-862], il quale ha compiuto i suoi studi nella Scuola della celebre abbazia di Fulda [come le ciliegie: una Scuola tira l’altra].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Germania che trovate in biblioteca [anche nella vostra biblioteca domestica], e navigando in rete, fate un’escursione a Fulda, città tedesca [di circa 65 mila abitanti] bagnata dall’omonimo fiume Fulda e situata nella verdeggiante regione dell’Assia: andate a localizzarla sull’Atlante geografico …
Fate visita – leggendone la storia – all’Abbazia benedettina di Fulda che è stata fondata nel 747 da San Sturmio [il quale, subito dopo, ha fatto visita a Montecassino] ed è stata poi resa grande da Carlo Magno…
Stavamo dicendo che Lupo Servato ha compiuto i propri studi nella Scuola dell’abbazia di Fulda sotto Gotescalco il Sassone e poi presso la Scuola di Tours fondata da Alcuino di York nel monastero di San Martino [della Scuola di Tours e di Alcuino di York ce ne siamo occupate ed occupati nel viaggio dello scorso anno scolastico]. Lupo Servato è stato in contatto con Rabano Mauro [che ha conosciuto a Fulda] e con tutti i principali esponenti della cultura del IX secolo: coloro i quali hanno tessuto la rete del movimento della Scolastica alle sue origini. Lupo Servato è stato abate e fondatore del Centro studi del monastero di Ferrières [dove la materia principale è la Filologia] e va ricordato perché è stato un grande filologo, un ricercatore di codici antichi e tardo-antichi, in particolare di quelli già contenuti nella biblioteca dell’abbazia di Ferrières in modo tale da poterli confrontare e correggere [si diceva di lui: «Come il lupo della foresta fiuta le pecore al pascolo da sbranare così Lupo di Ferrières, nelle biblioteche, fiuta i codici antichi da glossare»]; poi va ricordato perché è stato un esperto traduttore e glossatore delle Opere di Cicerone, di Tito Livio e di Valerio Massimo, e inoltre va ricordato perché è stato un valido insegnante che ha preparato una generazione di glossatori [annotatori, commentatori, chiosatori] tra i quali si è distinto Eirico di Auxerre del quale tra poco torniamo ad occuparci.
Ma prima c’è una curiosità di cui dobbiamo tener conto e che s’intuisce dalle Lettere [le Epistulae] di Lupo di Ferrières il quale ha lasciato un Epistolario [più di cento Lettere divise in mistiche e mondane] che sono una straordinaria fonte di conoscenza del periodo della Scolastica ai suoi albori. Ebbene, sappiamo che Lupo Servato ogni tanto si assentava dalla Scuola di Ferrières per recarsi presso l’Abbazia di Notre-Dame de Jouarre, tuttora situata nel dipartimento Senna e Marna, nella regione dell’Île-de-France: questa antica [e suggestiva] abbazia è ancora oggi abitata da una comunità di monache benedettine. Che cosa andava a fare Lupo Servato in questa abbazia, oltre agli esercizi spirituali? Certamente andava in visita di cortesia alla veneranda [benché ancora molto giovane tuttavia molto energica] badessa Ermentrude [che frequentava per corrispondenza la Scuola di Lupo di Ferrières] la quale, con le sue consorelle, da brava benedettina, costruiva molti laboratori artigianali e stava sperimentando la realizzazione di un formaggio che si chiama Brie, e noi ci domandiamo se Lupo Servato facesse da consulente: queste e questi intellettuali scolastici [come la badessa Ermentrude e come il magister Lupo Servato] oltre che delle “investigazioni culturali” si occupano volentieri anche delle “fermentazioni naturali”, che sono due facce della stessa medaglia, due modi similari per investire in intelligenza.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Francia che trovate in biblioteca [anche nella vostra biblioteca domestica] e navigando in rete fate visita all’Abbazia benedettina di Notre-Dame de Jouarre che mantiene le sue antiche forme architettoniche e naturalmente protegge, con la denominazione di origine controllata, le sue altrettanto antiche tradizioni alimentari…
Vi piace il Brie , qual è il formaggio che preferite?…
Basta un solo enunciato per rispondere, scrivetelo e buon appetito…
E ora torniamo ad occuparci di Eirico di Auxerre.
Eirico di Auxerre, dopo avere frequentato con profitto il Centro studi dell’abbazia di Ferrières diretto da Lupo Servato, si trasferisce nella città di Laon e s’iscrive alla Scuola diretta dal magister irlandese Elias l’Irlandese [del quale abbiamo pochissime notizie] che tiene un corso sul pensiero di Giovanni Scoto Eriùgena e, quindi, Eirico studia con grande interesse il sistema delle “quattro nature dell’Universo” e l’impianto triadico di Proclo contenuto nel Dionigi Areopagita [sono argomenti che conosciamo anche noi]. Poi Eirico è chiamato a dirigere la Scuola dell’abbazia benedettina di Saint-Germain ad Auxerre e, prima di tutto, si distingue come letterato e poeta latino e, lavorando nella biblioteca e allo scriptorium, mette insieme, sotto forma di Antologia, una ricca raccolta di autori classici latini con relativi commenti grammaticali e sintattici e quest’opera si rivela di grande importanza per dare impulso all’attività didattica della Scuola di Auxerre: si rimette in moto lo studio sistematico dei testi classici.
Alla Scuola dell’abbazia di Saint-Germain ad Auxerre si sviluppa anche l’interesse per la “dialettica aristotelica ” [proposta dall’Isagoge di Porfirio] e, in qualità di maestro di dialettica, Eirico ha scritto una serie di “glosse ”[di annotazioni, di note esplicative, di postille, di commenti, di chiarificazioni: aveva imparato a fare il glossatore alla Scuola di Lupo di Ferrières e, quindi, utilizza le competenze acquisite], si applica da glossatore su una serie di opere molto importanti: sul De dialectica di Agostino di Ippona, sul De interpretatione di Aristotele, sull’Isagoge di Porfirio e, inoltre, su un’opera apocrifa attribuita ad Agostino, ma certamente non scritta da lui, intitolata Categoriae decem [Le dieci categorie]. Si pensava che quest’opera pseudo-agostiniana [sul modello dello Pseudo-Dionigi] fosse la traduzione latina [composta prima del 430] del trattato di Aristotele su Le categorie, mentre invece Eirico di Auxerre ritiene che Categoriae decem sia un libero adattamento de Le categorie di Aristotele svolto dallo stesso Agostino per dimostrare come la “logica aristotelica” possa essere fruttuosamente utilizzata per costruire una Filosofia cristiana e l’intento di Eirico è quello di attribuire ad Agostino il titolo di “filosofo”. Infatti fino ad ora [e ci avviamo verso la fine del IX secolo] non era consentito attribuire ad Agostino [e a nessuna autorevole figura di intellettuale cristiano specialmente se ecclesiastico] l’appellativo di “filosofo” perché risultava dispregiativo: il “filosofo” è colui [o colei] che “cerca” la Verità ma, secondo l’ideologia della cristianità ormai dominante, la Verità è “già data” e, di conseguenza, va solo “celebrata”, e la cristianità non può tollerare che al suo interno si possa contemplare il ruolo del “filosofo [circola ancora la mentalità che il “filosofo” sia pagano]” e, invece, Eirico di Auxerre nelle sue Glosse su Le dieci categorie ribadisce che l’autorevole vescovo di Ippona, Sant’Agostino, ha voluto elevare la funzione del “filosofo” perché il Cristianesimo deve fondare una propria Filosofia che sappia “esaltare la Verità” di cui il messaggio evangelico è portatore.
Le Glosse di Eirico di Auxerre contengono espressioni che corrispondono all’atto costitutivo della Filosofia cristiano-latina e, da questo momento, i pensatori cristiani [gli Scolastici] cominciano a fregiarsi del titolo di “filosofo” e ritengono che questo titolo vada attribuito, per le Opere che ha composto, ad Agostino che [a circa 450 anni dalla sua morte] diventa, sotto il patrocinio di Eirico di Auxerre, il “filosofo cristiano precursore”: da questo momento gli intellettuali della Scolastica iniziano a guardare al passato del Cristianesimo utilizzando la tradizione del linguaggio filosofico greco e latino, e si comincia ad affermare che dal II secolo ci sia stata una vera e propria “filosofia cristiana” a cominciare dai Padri Apostolici [Clemente Romano, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne] della quale fare tesoro.
Oltre ad Agostino e ad Aristotele, tra gli autori che hanno esercitato una maggiore influenza su Eirico, non va dimenticato [ancora una volta] Giovanni Scoto Eriùgena [da considerarsi a pieno titolo come un “filosofo cristiano” nonostante la serie di condanne per eresia che ha accumulato], dal quale Eirico desume la nozione di “natura” secondo la formula che: “Natura è tutto ciò che è e ciò che non è, compreso ciò che sta al di là della conoscenza sensibile [dunque anche Dio stesso può essere definito come “Natura increata e creante”].
Eirico di Auxerre si domanda come avvenga la conoscenza della Realtà e riflette sul fatto che l’Essere [la Natura dell’Essere, la Realtà universale] è composta da “essenze primarie e immutabili create da Dio insieme ai quattro elementi semplici ” [terra aria acqua fuoco, e sembra voglia portare in ambito cristiano anche la Filosofia pre-socratica] e, di conseguenza, la Realtà va progressivamente incontro al processo di dissoluzione però le sue componenti [essenze primarie ed elementi materiali] non muoiono ma si risolvono nella totalità da cui derivano, cioè si annullano nell’Essere: secondo questo ragionamento, le idee [gli universali] non possono che corrispondere a “nomi ” [per Eirico c’è identità tra nome e concetto] la cui comprensione, secondo la logica delle categorie di Aristotele, è sempre più ristretta e l’estensione sempre più larga fino ad arrivare al termine “Essere” che racchiude tutto [secondo la visione di Giovanni Scoto Eriùgena] e, quindi, le idee sono presenti nella mente della persona sotto forma di concetti [Eirico li chiama “nomi”] e gli universali sono “post rem [vengono dopo le cose]”. Pertanto, la conoscenza della Realtà avviene perché i concetti universali esistono nella mente della persona e la comprensione delle cose si realizza attraverso una trafila mentale secondo la quale dal “nome [dal termine ristretto]” si passa, mediante l’azione dell’intelletto, ad un’estensione sempre più larga fino ad arrivare al termine “Essere” che – sebbene sia quello meno comprensibile a causa della sua universalità – tuttavia racchiude tutto e garantisce il buon esito del processo della conoscenza particolare. Per esempio: come mai se vedo un gatto, mi rendo conto di vedere un gatto? [è il solito gatto di Pirobutirro che aleggia su di noi? Oppure è quello del canarino Titti?]. Ebbene, il fatto che io sia consapevole di vedere un gatto dipende dai “nomi ” [dagli universali che sono nella mia mente] perché il nome “gatto” rappresenta la specie, e la specie contiene il nome “animale” del quale sono consapevole perché rappresenta il genere, e il genere contiene il nome “essere vivente” del quale sono consapevole perché rappresenta la sostanza, e la sostanza contiene il nome “entità ” [creatura] del quale sono consapevole perché rappresenta la forma, e la forma contiene il nome “essenza” del quale sono consapevole perché rappresenta l’essere, e il nome “Essere” è il meno comprensibile ma è il più completo e il più esteso perché serve a designare, con un solo termine, tutti gli esseri e, difatti, l’Essere, che tutto racchiude, garantisce il buon esito della conoscenza particolare, e così, attraverso questa trafila logico-categoriale [che avviene simultaneamente concentrandosi in un unico pensiero], comprendo che ho visto un gatto.
Eirico di Auxerre è considerato – per quanto riguarda la “questione degli universali” – il fondatore della corrente detta “concettualistica”: il suo essere “filosofo [primo filosofo della Scolastica ai suoi albori?]” consiste nell’unire insieme per Glosse [per annotazioni, commenti e chiose] elementi di provenienza platonica e aristotelica con elementi tratti dal pensiero di Porfirio, di Agostino e di Giovanni Scoto Eriùgena.
Come abbiamo detto, Eirico di Auxerre ha maturato le sue competenze frequentando la Scuola di Lupo Servato a Ferrières e la Scuola di Elias l’Irlandese a Laon, e siccome [per utilizzare una frase diventata di uso comune] “il Medioevo è in mezzo a noi”: andiamo ad osservare – noi che stiamo viaggiando per itinerari intellettuali, dentro a scenari che possono sembrare impalpabili, fatti di parole-chiave e di idee-cardine – quello che il Medioevo ci offre materialmente in superficie e, a questo proposito, dobbiamo far visita a Ferrières e a Laon.
Ferrières-en-Gâtinais è un piccolo comune francese [di circa 3400 abitanti] situato nel dipartimento del Loiret, nella regione dell’Orléans, e qui sorge l’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo, fondata in Epoca carolingia dove, nella seconda metà del IX secolo, c’era il Centro studi fondato da Lupo Servato.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Francia che trovate in biblioteca [anche nella vostra biblioteca domestica] e navigando in rete [dove potete vedere delle belle immagini] fate una visita all’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo a Ferrières-en-Gâtinais, buon viaggio…
Mentre l’antica città di Laon – dove c’era la Scuola di Elias l’Irlandese – è il capoluogo del dipartimento dell’Aisne situato all’estremità nord-orientale dell’Île-de-France e si trova in bella posizione su una collina che domina la pianura. Laon [che ha circa trentamila abitanti] è l’antica Bibrax di origine celtica poi conquistata dai Romani [da Giulio Cesare nel 57 a.C.] che l’hanno chiamata Laudunum [la radice celtica “Dun” significa “fortezza”]. Laon comincia a cambiare aspetto dal 774 quando, sotto la guida del vescovo Gerfrid, si dà inizio alla costruzione della prima cattedrale detta la “Cattedrale carolingia” perché fu consacrata il 6 settembre dell’800, alla presenza di Carlo Magno [tre mesi prima della sua incoronazione imperiale].
Ebbene, la Scuola di Elias l’Irlandese trovava la sua collocazione nell’edificio di questa prima Cattedrale che era ben poca cosa rispetto a come si è trasformato questo monumento nei secoli: prima in edificio romanico [e se ne vedono ancora le strutture] e poi, dal 1155 [su impulso del vescovo Walter-Gauthier de Mortagne], in Cattedrale gotica [i cui lavori sono terminati solo ottant’anni dopo nel 1235], quella che si più ammirare oggi.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Laon è un notevole centro d’arte grazie soprattutto alla sua Cattedrale che è una delle più belle creazioni dell’architettura gotica: con la guida della Francia [che avete già utilizzato] e navigando in rete fate un’escursione a Laon e visitate la Cattedrale di Notre-Dame che, con le sue alte cinque torri campanarie, domina, dal centro storico della città, tutta la zona circostante, buon viaggio…
Eirico di Auxerre muore tra l’876 e l’880 e a dirigere la Scuola dell’abbazia benedettina di Saint-Germain viene nominato il più celebre dei suoi allievi, Remigio di Auxerre, nel momento in cui il pensiero di Eirico [il contenuto delle “Glosse su Le dieci categorie”] viene fortemente criticato dalle gerarchie ecclesiastiche [dai vescovi di Auxerre, di Laon, di Reims] che, per conto del papa di Roma, vegliano sull’ortodossia. La versione “concettualistica” di Eirico di Auxerre sulla “questione degli universali” non viene ritenuta confacente alla dottrina cristiana e Remigio deve contrastare questi attacchi, e lo fa con molta determinazione scegliendo la via del compromesso: non sono tempi questi in cui si possa fare gli eroi: c’è, infatti, uno scontro aperto per il controllo del territorio tra i feudatari imperiali e gli abati che dipendono dal papa e i feudatari non aspettano l’ora di mettersi a disposizione dell’autorità ecclesiastica per colpire, a nome del papa, qualche abate dichiarato eretico per poi impossessarsi dei beni del suo monastero; di conseguenza questo è un momento in cui per difendersi è necessario far valere, utilizzando anche l’arte della mediazione, le proprie competenze intellettuali, e Remigio di Auxerre agisce di conseguenza per garantire, in memoria di Eirico, la sopravvivenza materiale e l’autonomia culturale alla Scuola che dirige. Chi è, come agisce e che cosa produce Remigio di Auxerre?
Remigio di Auxerre [nato nel 841] sostituisce Eirico nella direzione della Scuola dell’abbazia benedettina di Saint-Germain e deve contrastare gli attacchi della gerarchia ecclesiastica romana che sulla “questione degli universali” non si è schierata ufficialmente ma non tollera che i magìsteri cristiani non sostengano la tesi “realistica o platonica”, la tesi “ante rem” secondo la quale le idee universali sono modelli [sono archetipi] creati da Dio prima della costituzione delle cose stesse e, quindi, esistenti da principio nella mente di Dio.
Remigio di Auxerre cerca, per mantenere la propria Scuola nell’ambito dell’ortodossia, di conciliare la tesi “concettualistica” di Eirico con la tesi “realistico-platonica” alla quale le gerarchie romane [e i giudici dei tribunali ecclesiastici] guardano con maggior favore e, facendo di necessità virtù, Remigio con molta abilità, con acume filosofico, “corregge” le tesi di Eirico e, addirittura, fa sì che sia lo stesso Eirico a “precisare meglio la sua linea di pensiero” in modo da farla stare in equilibrio sul filo dell’ortodossia.
Remigio di Auxerre, in veste di filosofo, compone [tra il 901 e il 902] un’opera intitolata Glosse marginali alla Dialectica di Agostino, e attribuisce questo scritto ad Eirico [lo Pseudo-Dionigi ha fatto scuola, la creativa impostura filologia è diventata ricorrente] e, con queste sue “Annotazioni in margine alle Glosse di Eirico”, Remigio – senza escludere la tesi “concettualistica-post-rem [per cui le idee universali sono “nomi” che stanno nella mente della persona]” – inserisce, mettendola bene in evidenza, la tesi “ante rem” secondo la quale “le idee universali sono modelli [sono archetipi] esistenti, da principio, nella mente di Dio Padre perché è Lui [in quanto “Natura increata e creante”, secondo il pensiero di Giovanni Scoto Eriùgena] il creatore delle Idee universali” e poi per opera di Gesù Cristo [del Logos “generato e non creato e della stessa sostanza del Padre”, secondo la linea del Concilio di Nicea] e per mezzo dello Spirito Santo [“che procede dal Padre e dal Figlio” e agisce come a Pentecoste, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli] le Idee universali vengono insufflate nella mente [nell’anima] della persona sotto forma di “nomi”, sotto forma di “concetti impregnati di Verità”. Per lungo tempo le Glosse marginali scritte da Remigio sono state attribuite a Eirico e la Scuola di Auxerre – scansata la condanna di eresia – ha continuato la sua proficua attività didattica.
Remigio di Auxerre, successivamente [siccome sa navigare con perizia nel mare agitato dallo scontro, che va montando sulla “questione degli universali”, fa anche carriera], viene chiamato a insegnare alla Scuola episcopale di Reims [intanto le Scuole cominciano a sorgere anche nelle cattedrali oltre che nei monasteri] e poi viene invitato ad insegnare a Parigi dove sta crescendo l’importanza di alcune Scuole che contribuiranno alla crescita economica e politica di questa città [e a Parigi Remigio muore nel 908]. Remigio di Auxerre ha fatto carriera non tanto per avere utilizzato alcuni stratagemmi filologici [per altro indispensabili per tacitare i fondamentalisti per nulla disposti a riflettere] ma perché si è distinto soprattutto per la sua grande erudizione in campo filologico: ha commentato e divulgato le Opere di Donato, di Prisciano, di Foca, di Eutiche, e di numerosi poeti latini, in particolare di Persio e di Giovenale [la satira cura le malattie morali].
In qualità di teologo Remigio di Auxerre ha studiato, analizzandoli nella loro forma, i testi del Libro della Genesi e del Libro dei Salmi commentando il lavoro esegetico che, su di essi, avevano svolto Ambrogio di Milano e di Agostino di Ippona.
Quando Remigio arriva a Parigi dicono di lui che: «Eirico aveva utilizzato solo il braccio sinistro di Aristotele e Remigio gli ha fornito anche quello destro di Platone», questo per affermare che nella Scuola di Auxerre si è compiuta una mirabile sintesi nella quale sembra che il pensiero di Platone prevalga ma, in realtà, è la Logica aristotelica che comincia ad influenzare il Mondo delle Idee e, quindi, a Remigio è stato attribuito il titolo di “maestro della sintesi di Auxerre”.
E ora [visto che questa sera abbiamo “l’escursione facile” e che “il Medioevo è in mezzo a noi”] è d’obbligo fare una visita ad Auxerre, il capoluogo del dipartimento della Yonne, che è una vivace città della Borgogna [di circa quarantamila abitanti] ricca di monumenti medioevali e adagiata sulla riva sinistra del fiume Yonne, al centro della zona dei rinomati vini Chablis [quelli migliori erano prodotti dalle vigne dei Benedettini, per questo la Scuola di Auxerre funzionava così bene: in vino Veritas]. Dal Ponte Paul-Bert sulla Yonne si gode un bel panorama della città sul quale risaltano gli edifici della rinascimentale chiesa di St-Pierre, dell’importante Cattedrale gotica di St-Étienne e il campanile di St-Germain: la chiesa di St-Germain faceva parte della famosa abbazia benedettina, la sede della Scuola diretta da Eirico e da Remigio, e questa abbazia è stata fondata nel VI secolo [quindi al tempo di Eirico e di Remigio l’abbazia di Auxerre aveva già più di trecento anni di vita] ed è stata costruita per accogliere le reliquie del vescovo San Germano, nato ad Auxerre e morto alla corte imperiale [bizantina] di Ravenna nel 448. Nella cripta del IX secolo della chiesa di St-Germain – a tre navate su basse colonne antiche, cinte da un deambulatorio – si possono osservare una serie di preziosi affreschi di età carolingia: davanti a questi dipinti hanno riflettuto Eirico e Remigio di Auxerre, ed è emozionante pensare di poter fare la stessa cosa ancora noi oggi.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Francia [che ormai avete in mano] e navigando in rete fate un’escursione a Auxerre, senza dimenticare le Caves [le cantine] dei vini Chablis per un assaggio, buon viaggio…
Si è detto che Remigio ha fornito il braccio platonico a Eirico che aveva utilizzato solo il braccio aristotelico e, di fronte a questa affermazione, ci viene in mente che anche Millemosche – protagonista con Pannocchia e Carestia di Storie dell’anno Mille – sta prestando il braccio [ma che combinazione!] ad un capitano di ventura [ricordate?] che ha perso l’arto, il destro, per il morso di un cavallo, e allora, senza tanti preamboli, andiamo a scoprire come funziona questa “protesi medioevale” mentre i nostri eroi stanno partecipando all’assedio di una città, dopo essersi arruolati nell’esercito mercenario che lo sta mettendo in atto, cercando di farlo durare più a lungo possibile; ma, proprio a causa del braccio dato in affitto, tra Millemosche e i suoi due compagni di avventura e di sventura, Pannocchia e Carestia – che intanto stanno costruendosi una casa con materiali di recupero [non si butta via niente nell’anno Mille] – nasce l’incomprensione. E, a questo proposito, sono due le Storie che ora leggiamo.
LEGERE MULTUM….
Tonino Guerra Luigi Malerba, Storie dell’anno Mille
IL RE DI TUTTO IL MONDO
Pannocchia e Carestia si sono messi a costruire una casa con i sassi buttati giù dagli assediati per difendersi dagli assalti. Prendono due sassi per volta e vanno piano piano a disporli uno sull’altro in una zona appartata alla periferia delle tende. Non gli hanno voluto dare una tenda, e loro si fanno su una casa con i muri il tetto e il resto.
Buttano dello sterco fresco di cavallo nelle fessure e così le pietre si cementano tra loro e il muro diventa robustissimo. La calce fa ridere in confronto allo sterco fresco di cavallo. Anche quello di vacca è buono ma non è la stessa cosa.
Ogni tanto si fermano e vanno a guardare il lavoro da una certa distanza e così si rendono conto che il muro cresce sia per il dritto che per il traverso.
«Ho sentito dire che ci sono delle case con due piani, uno di sopra e uno di sotto».
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TUTTE LE LORO DONNE
Non erano tutte rose fiorite. Un capitano compra un braccio e poi gli lascia fare quello che vuole lui, questo non è possibile. Dal terzo giorno in poi Millemosche è legato alla schiena del comandante e il suo braccio destro tiene in mano una spada pesante. Stanno esercitandosi in un duello e il capitano gli grida di spostare il braccio a destra e a sinistra, vuole che impari a duellare e ogni tanto gli dà dei pugni in testa che gli fanno tremare il cervello. Dopo le esercitazioni si mangia, cioè mangia il capitano. Il capitano è uno che mangia sempre. Si sveglia alle otto e mangia e mentre mangia ordina quello che vuole mangiare alle dieci e alle dieci decide quello che deve mangiare da lì a due ore.
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Remigio di Auxerre è stato chiamato ad insegnare a Reims, dove lui si reca con molto piacere, perché in questa città c’è una Scuola vescovile assai rinomata: le Scuole cominciano a sorgere anche a ridosso delle Cattedrali, su iniziativa dei vescovi, nel cuore delle città, infatti i vescovi cominciano a contendere il potere intellettuale agli abati dei monasteri che sorgono in campagna ai margini delle grandi foreste.
Entrando in contatto con la Scuola di Reims facciamo un piccolo salto in avanti nel tempo, avanziamo fino alla seconda metà del X secolo, perché dobbiamo incontrare un personaggio che quasi tutte e tutti voi conoscete e che è stato con noi anche in occasione dell’ultimo itinerario [quello conviviale] del viaggio scorso conclusosi ai primi di giugno, ma molti aspetti significativi che riguardano la vita e l’opera di questa singolare figura non li abbiamo ancora studiati perché lo abbiamo sempre incontrato fuori dal paesaggio intellettuale che lo ospita: quello della “Filosofia cristiano-latina ai suoi albori” [davanti al quale ci troviamo in questo momento].
Alla fine del X secolo il magister più seguito dagli allievi della Scuola episcopale di Reims è un giovane monaco benedettino che, ancora adolescente, aveva lasciato il monastero di Aurillac perché, per la sua attitudine agli studi, era stato affidato dal suo abate al Conte Borrell II di Barcellona [di passaggio al monastero perché era in viaggio], il quale lo ha preso con sé, lo ha portato fino a Parigi [il Conte era in viaggio per affari] e poi, al suo ritorno in Catalogna, lo ha affidato ad Hattone, il vescovo di Vich [o Viche, vicino a Tarragona, vicino al confine con i Califfati arabi della penisola Iberica dove avvengono interessanti interscambi culturali]; da qui il giovanissimo monaco [dotato di una grande curiosità e di una gran voglia di viaggiare e di studiare] si è mosso per frequentare [all’incirca dal 960] le Scuole arabe di Cordoba e di Toledo dove ha studiato, insieme ad intellettuali arabi ed ebrei, sui testi di Aristotele, giunti nella penisola Iberica - in Occidente - attraverso l’espansione islamica, e ha presto maturato solide competenze [soprattutto sul piano matematico e scientifico] per cui quando il Conte Borrell II [nel 962] va a Roma a trovare il papa [quel bel tipo di Giovanni XII] porta il giovane monaco con sé. A Roma incontrano anche l’imperatore Ottone I il quale sta cercando un precettore per suo figlio Ottone II, e il giovane monaco, per la sua erudizione, viene scelto per questo incarico e accompagna Ottone II a studiare alla Scuola vescovile di Reims finché [nel 973] l’arcivescovo di Reims, Adalberone di Laon, lo nomina magister e il giovane monaco [che non ha ancora venticinque anni] inizia, e lo farà fino al 982, ad insegnare la Logica aristotelica alla rinomata Scuola di Reims: questo personaggio [del quale abbiamo tracciato il curriculum] si chiama Gerberto ed è nato ad Aurillac tra il 945 e il 950 [sulla sua data di nascita si fanno molte ipotesi], e molte e molti di voi sanno quale importante ruolo abbia svolto questo singolare personaggio ai vertici della Chiesa di Roma.
Aurillac [ne abbiamo già proposto la visita a giugno ma sui luoghi si può e si deve ritornare] è una cittadina dell’Alta Alvernia, è un centro agricolo [famoso per i formaggi] che si trova nei pressi dei monti del Cantal. Aurillac è attraversata dal fiume Jordanne e il punto migliore per osservare le sue antiche e pittoresche case è proprio il pont Rouge [il ponte Rosso] sul Jordanne nei pressi del quale c’è una bella statua, opera dello scultore David d’Angers, che raffigura proprio Gerberto d’Aurillac.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Fate visita [o tornate in visita] ad Aurillac con la guida della Francia e navigando in rete…
Gerberto d’Aurillac è una figura molto importante perché il 2 aprile dell’anno 999 è stato eletto papa, ha preso il nome di Silvestro II, ed è stato il pontefice che ha traghettato la Chiesa dal primo al secondo millennio.
Gerberto è stato, prima di tutto, una notevole figura di erudito [studioso di Aristotele, di Porfìrio, di Boezio] che si è dedicato ai problemi scientifici [ed è stato un precursore nel movimento della Scolastica], e nell’opera intitolata De rationali et ratione [Sul razionale e sull’uso della ragione] vuole risolvere il problema della conoscenza razionale giungendo a operare una distinzione tra le “sostanze razionali pure” conoscibili solo con la ragione e le “sostanze sensibili” soggette al mutamento e quindi alla corruzione.
Nell’opera intitolata De rationali et ratione [Sul razionale e sull’uso della ragione] Gerberto d’Aurillac [in virtù delle competenze che ha acquisito nelle Scuole di Cordoba e di Toledo] mostra di saper maneggiare non solo gli strumenti [le categorie] della Logica aristotelica, ma anche di conoscere bene “la distinzione tra potenza e atto”, cioè di conoscere i contenuti della Metafisica di Aristotele e, difatti, ne insegna i concetti-cardine nelle Lezioni che tiene alla Scuola di Reims. A Reims Gerberto va ben oltre il mandato di maestro di Logica che ha ricevuto e le sue Lezioni sconfinano su un terreno considerato ostile all’ideologia della cristianità [che considera Aristotele un pericoloso sabotatore della figura del Dio cristiano, personale e provvidenziale], per cui Gerberto comincia ad essere ritenuto un personaggio un po’ “diabolico [un mago]” e, in proposito, sono fiorite tutta una serie di leggende su di lui. In realtà il magister Gerberto d’Aurillac sta rinnovando i contenuti e il metodo di trasmissione delle arti del quadrivio: la matematica, la geometria, la musica e l’astronomia, anche perché entrando in contatto con la cultura araba ha acquisito nuove conoscenze matematiche [utilizza le cifre arabe per fare i calcoli, cosa impossibile con i numeri romani] e ha assimilato nuove conoscenze astronomiche [scrive un trattato sull’uso dell’astrolabio], e queste conoscenze, nuove per l’arretrata società carolingia e considerate pericolose dal mondo ecclesiastico, le espone in molti scritti. Nonostante sia un intellettuale piuttosto “sospetto” Gerberto prosegue nella sua carriera ecclesiastica: diventa abate dell’importante abbazia di San Colombano a Bobbio [in provincia di Piacenza] e poi, nel 991 viene nominato arcivescovo di Reims e, infine, prima di essere eletto papa, arcivescovo di Ravenna.
Sarebbe davvero un peccato [questa sera che stiamo percorrendo una sorta di Tour de France] non prevedere un’escursione a Reims, anche solo per visitare due dei suoi molti monumenti. Reims è una città [con di più di 180 mila abitanti] situata nel dipartimento della Marna, nella regione della Champagne-Ardenne, ed è di origine pre-romana e il suo nome ha una radice celtica, deriva dal popolo dei Remi: Giulio Cesare, nel 57 a.C., ne ha fatto la capitale della Gallia con il nome di Durocortorum [così la cita nel “De bello Gallico”]. Reims è un’importante città d’arte collocata sulla riva del fiume Vesle ed è stata teatro, nei secoli, d’importanti avvenimenti storici [e potete documentarvi in proposito]. A noi, in questo viaggio, interessa visitare la Cattedrale di Notre-Dame, uno dei capolavori del gotico maturo e poi St-Remi [San Remigo], la chiesa dell’antica abbazia, costruita sulla tomba di San Remigo, uno dei santi carolingi per eccellenza: Remigo, vescovo di Reims, ha fatto convertire il re merovingio dei Franchi Clodoveo alla religione cristiana [con l’aiuto della regina Clotilde, già convertita]. Il re Clodoveo è stato battezzato il 25 dicembre del 496 nella Basilica pre-romanica sulla quale poi, in diverse fasi, sorgerà la Cattedrale di Reims e la leggenda vuole che lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, portasse al vescovo Remigo la santa Ampolla contenente l’olio santo e, quindi, la Cattedrale di Reims è diventata il luogo per la consacrazione dei successivi re di Francia.
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Utilizzando la guida della Francia e navigando in rete fate un’escursione a Reims e visitate la Cattedrale di Notre-Dame e la Chiesa di St-Remi…
In margine dobbiamo sapere che nella zona della Basilica di St-Remi si possono visitare [e fare degli assaggi] anche le “Caves de Champagne”, le quattro principali Cantine [gli stabilimenti di fabbricazione] dove si produce il famoso “vino spumeggiante”. La fama del vino della Champagne si diffuse, dal X secolo, in tutta Europa, per merito degli scambi commerciali, ma solo alla fine del XVII secolo il monaco dell’abbazia di Hautvilliers, Dom Pérignon, è riuscito ad ottenere una fermentazione naturale durante la quale il vino spumeggia mantenendo la limpidezza [prima “mussava” male e rimaneva torbido] e, grazie alla “cuvée”, cioè all’uso di uve di diversi vitigni, ha ottenuto un ricco “bouquet”.
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Avete fatto un brindisi recentemente [per brindare vanno benissimo gli spumanti italiani]: con chi e a che cosa avete brindato?…
Scrivete quattro righe in proposito…
Ancora a proposito di San Remigo: sapete che nel centro di Firenze, ubicata nell’omonima piazzetta che sta fra piazza Santa Croce e piazza della Signoria, c’è la Chiesa di San Remigio? Questo edificio è stato costruito sulla struttura di uno “spedale” che, dal IX secolo, ospitava i pellegrini francesi in viaggio verso Roma.
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Fate visita [questa volta in modo reale] alla Chiesa di San Remigio di Firenze utilizzando una guida della città per saperne di più…
E ora riprendiamo il passo sul nostro sentiero specifico.
Il fatto che Gerberto d’Aurillac abbia potuto essere eletto papa si spiega con il favore riscosso presso la corte degli Ottoni, gli imperatori della casa di Sassonia: è stato scelto giovanissimo come precettore di corte da Ottone I, come abbiamo detto, e ha curato la formazione intellettuale di Ottone II e poi di Ottone III.
A questo punto, per una maggiore comprensione [di fronte ad una situazione piuttosto complessa e ricca di avvenimenti], il nostro discorso va supportato con alcune notizie che riguardano il quadro storico e politico [un quadro che, cronologicamente, va dal 962 al 1024], in cui si assiste alla sottomissione del papato all’impero: una situazione che, in particolare, nuoce alla Chiesa di Roma e, in generale, non giova alla cristianità latina, e purtroppo poi, la scomparsa prematura di Ottone III e di Gerberto d’Aurillac non ha permesso la realizzazione di un progetto di “rinnovamento” della società occidentale che questi due personaggi avevano in mente di realizzare.
Dopo la deposizione di Carlo il Grosso nell’888 il Sacro Romano Impero viene smembrato definitivamente e nascono cinque grandi regni – di Germania, di Francia, d’Italia, di Borgogna e di Provenza – e un certo numero di piccoli regni minori i cui sovrani vengono eletti dai Conti e dai Marchesi che sono diventati ormai i veri padroni del potere, e ognuno di questi re pretenderebbe di essere riconosciuto imperatore [dagli altri monarchi o dal papa] di un impero che, nei fatti per il momento, non esisteva più. Questo frazionamento politico [accompagnato da continui tentativi per il ristabilimento dell’unità dell’impero] comporta una situazione di permanente conflittualità tra i feudatari che non favorisce lo sviluppo di una coscienza europea. Questa ambizione a predominare, piuttosto che a collaborare, fa sì che i grandi feudatari siano sempre in lotta tra loro finché, in questo scontro che avviene su più fronti, non prevalgono i signori della Casa di Sassonia.
Tra i feudatari tedeschi – dopo anni di scontri e di divisioni [dall’888 al 936] – prende il sopravvento Ottone I di Sassonia che, nel 936, viene proclamato re di Germania e, dopo aver conquistato il Regno d’Italia sconfiggendo il marchese d’Ivrea Berengario II, riesce, facendosi incoronare da papa Giovanni XII nel 962, a far risorgere il Sacro Romano Impero [più piccolo di quello di Carlo Magno, manca il Regno di Francia ormai diventato Stato indipendente]. Per indebolire i feudatari Ottone I, detto il Grande, affida ai vescovi il governo delle città, staccandole dai feudi, cosicché ai signori laici rimane solo il territorio della campagna [il contado] e nasce una nuova categoria di feudatari ecclesiastici: i vescovi-conti. Sotto il governo dei vescovi-conti le città progrediscono ma questa situazione produce due gravi conseguenze: la rivalità tra feudatari laici e feudatari ecclesiastici [che produce una conflittualità permanente sul territorio], e la nascita della corruzione dei vescovi e degli abati: infatti l’imperatore sceglie i feudatari ecclesiastici badando solo alla loro fedeltà e alle loro capacità politico-amministrative e non alle loro doti religiose e morali; non aspetta che il papa abbia eletto il vescovo per poi concedergli il feudo cittadino ma nomina gli individui che vuole lui e il papa poi deve comunque consacrarli vescovi e questa situazione snatura profondamente il ruolo della gerarchia ecclesiastica [sale il tasso di immoralità sul territorio dell’impero carolingio, un’immoralità che contagia anche molte strutture ecclesiastiche]. Inoltre Ottone I, a Roma, dove spadroneggia, fa anche valere la propria autorità nell’elezione del Pontefice e questo fatto gli aliena le simpatie delle potenti famiglie romane e il favore del popolo romano ma, tuttavia, con l’uso della forza, gli imperatori sassoni [Ottone I, Ottone II, Ottone III ed Enrico II – la dinastia della Casa di Sassonia – governa dal 962 al 1024] sottomettono l’autorità della Chiesa a quella dell’Impero.
In questo contesto il 2 aprile 999, con il favore di Ottone III e l’opposizione delle potenti famiglie romane e anche del popolo romano, Gerberto d’Aurillac viene eletto papa col nome di Silvestro II. Durante il suo pontificato, insieme all’imperatore di cui è amico e consigliere [ne è stato il precettore], prepara un piano di rinnovamento [la “renovatio imperii”] che è un progetto economico, sociale e soprattutto culturale per migliorare la condizione delle persone che vivono nel Sacro Romano Impero.
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Quale di queste parole – innovazione, svecchiamento, restauro, ripristino, rigenerazione, ristrutturazione, modifica – mettereste per prima accanto al termine “rinnovamento”?…
Scrivetela…
Purtroppo Ottone III nell’anno 1002 muore e l’anno seguente, dopo un breve pontificato [999-1003] anche Silvestro II muore. Il papa “mago [i suoi nemici lo chiamavano così]” era tornato a Roma da pochi mesi perché nel 1001 era dovuto fuggire a Ravenna a causa dell’ostilità nei suoi confronti della potente famiglia dei Crescenzi che gli aveva aizzato contro il popolo. Silvestro II muore il 12 maggio del 1003, non senza sospetti di avvelenamento, ed è sepolto in San Giovanni in Laterano.
Nel 1684, per volere di papa Innocenzo XI [Benedetto Odescalchi, il papa che si scontra con Luigi XIV, il Re Sole], la tomba di Silvestro II viene aperta [perché si manifestavano cose strane intorno a questa tomba], e il corpo viene trovato ancora intatto, vestito dei paramenti pontificali, con le braccia incrociate sul petto, con la tiara sul capo, ma appena il corpo di Gerberto d’Aurillac viene esposto all’aria [puff..] si muta, istantaneamente, in polvere: rimangono i paramenti, la tiara e il grosso anello sul quale è incisa una significativa ed emblematica dicitura «Sic transit gloria mundi: memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris [Così passa la gloria del mondo: ricordati uomo che sei polvere e in polvere ritornerai]». Gerberto d’Aurillac, alias Silvestro II, era davvero anche un po’ mago, e ne ha voluto dare un’ultima conferma in questa occasione? Questa è una bella domanda alla quale, prossimamente [fra tre settimane], dobbiamo dare delle risposte con l’ausilio delle “cronache” del tempo.
Adesso invece dobbiamo, sinteticamente, dare una risposta ad altri due interrogativi: come mai, questa sera, abbiamo compiuto un tour [una sorta di Tour de France] per propiziare la visita ad alcune importanti Cattedrali [e voi andate a visitarle!] – di Laon, di Auxerre, di Reims – anche se, però, queste [e tutte le altre] grandi Cattedrali gotiche, nel momento in cui stiamo viaggiando, non sono state ancora costruite? [E lo saranno fra qualche secolo]. Per rispondere a questa domanda dobbiamo utilizzare una riflessione del magister Gerberto d’Aurillac il quale, nell’opera De rationali et ratione [Sul razionale e sull’uso della ragione], scrive una significativa proposizione dimostrando di essere, più che un “mago”, una persona dall’intelligenza lungimirante. Leggiamo.
LEGERE MULTUM….
Gerberto d’Aurillac, De rationali et ratione [Sul razionale e sull’uso della ragione]
Il beneficio che noi, gente di studio, traiamo dalla disputa “sul razionale e sull’uso della ragione” ci deriva dal travaglio intellettuale a cui la nostra mente è sottoposta in modo che si attui la dilatazione dello spazio del nostro pensiero e questa circostanza, secondo la dialettica aristotelica, favorisce l’esercizio in atto della ragione e ci fa riflettere sul fatto che, essendo la nostra ragione in atto, necessariamente deve avere molteplici possibilità in potenza per cui c’è da credere che la dilatazione dello spazio in atto oggi sul piano intellettuale contenga in potenza le idee che porteranno alla dilatazione dello spazio materiale che saranno in atto domani. …
E che cosa sono le Cattedrali [che Gerberto non ha mai visto] se non uno degli atti concreti [quello più visibile dal XII secolo] della dilatazione dello spazio materiale che stava in potenza nel fenomeno della dilatazione dello spazio mentale messo in atto con gli investimenti in intelligenza dei secoli precedenti [nel X secolo] prodotti, secondo Gerberto d’Aurillac, in virtù dei vivaci dibattiti intellettuali e delle animate polemiche culturali sulla “questione degli universali” e “sul corretto uso della ragione”? Sul percorso del nostro viaggio le Cattedrali sono presenti in potenza e così – rispetto ai personaggi che stiamo incontrando e che ci accompagnano – noi abbiamo la fortuna di poterle concepire in potenza e di poterne usufruire in atto.
La seconda domanda a cui dobbiamo rispondere è: perché la Scuola di Auxerre di Eirico e di Remigio, e la Scuola di Reims di Gerberto d’Aurillac – che questa sera abbiamo frequentato – sono importanti? La Scuola di Auxerre e la Scuola di Reims sono importanti perché hanno consolidato il ruolo della Ragione rispetto alla Fede, hanno propiziato l’inizio del movimento della Filosofia cristiano-latina e hanno introdotto nel quadro delle “quattro nature dell’Universo” disegnato da Giovanni Scoto Eriùgena la dialettica aristotelica: Platone era già presente sul “palcoscenico della Scolastica alle sue origini”, adesso, con la “Filosofia cristiano-latina ai suoi albori” entra in scena anche Aristotele e ne vedremo delle belle sul piano degli investimenti in intelligenza.
Come si articola il procedimento della “dialettica di Aristotele”, e che rapporto c’è tra la potenza e l’atto? [E li abbiamo citati molte volte questi due termini questa sera]. Nel prossimo itinerario sarà ancora Gerberto d’Aurillac a fornirci delle spiegazioni in proposito: sul tema della “dialettica”.
Intanto la fondazione di un sapere filosofico sui principi della Ragione, indipendenti dal sapere teologico che vuole mantenere la Fede al primo posto, porta verso la prima importante divisione nell’ambito della Filosofia cristiano-latina e nascono e si sviluppano due correnti di pensiero: quella dei “dialettici [che privilegia la Ragione]” e quella degli “anti-dialettici [che mette al primo posto la Fede]”. Se le daranno di santa ragione a colpi di argomentazioni e lo vedremo-
E che cosa ne sanno Millemosche, Pannocchie e Carestia del rapporto che c’è tra la potenza e l’atto? Per concludere questo peripatetico itinerario: leggiamoci sopra.
LEGERE MULTUM….
Tonino Guerra Luigi Malerba, Storie dell’anno Mille
COSTRUIRE LA CASA
Pannocchia e Carestia a un certo punto sono rimasti con pochi sassi e allora vanno sotto le mura del castello a fare cagnara. Urlano contro le sentinelle nemiche che vi venga la lebbra e altri sacramenti e allora quelle si arrabbiano e gli buttano addosso una grandinata di sassi mentre loro si allontanano alla svelta. Dopo un po’ vanno a raccogliere i sassi e ricominciano a tirare su i muri della casa. Millemosche si stufa di stare lì senza far niente. Una volta tenta anche di aiutarli col braccio sinistro perché con quello destro qualcuno potrebbe fargli la spia e dirlo al capitano, ma loro prendono i sassi che gli offre e li rimettono nello stesso posto dov’erano prima. E allora lui se ne va via da solo perché non trova più nessuno che parla con lui.
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L’OCCHIO DEL PADRONE
Il principe di Roccaprebalza entra nella tenda del capitano e lo trova seduto a tavola che sta mangiando un’oca. Millemosche è legato alle sue spalle e adopera la mano destra con bravura. Il capitano, che ha l’occhio sempre attento alla porta, si alza in piedi di scatto tirandosi dietro anche Millemosche con la forchetta in mano, poi con la sinistra cerca di buttare a terra tutte le ossa e gli altri avanzi della mangiata. E intanto manda giù il boccone alla svelta mentre Millemosche dà la mano al principe e il principe gli dà la sua credendo di darla al capitano. Ma c’è qualcosa che non va e poi ci sono altre cose che non vanno.
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Non abbandoneremo Millemosche in questa situazione incresciosa.
Una buona notizia è invece che siamo entrate ed entrati nell’anno Mille e il mondo non è finito e, di conseguenza, il nostro Percorso di Alfabetizzazione culturale e funzionale può continuare con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé e con la consapevolezza del fatto che non si deve mai perdere la volontà d’imparare.
Il viaggio continua, e mille e ancora mille…