ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»
PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
La sapienza poetica e filosofica agli albori dell’età moderna 10–11-12 maggio 2017
SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA RINASCIMENTALE ALL’ALBA DELL’ETÀ MODERNA
SOFFIA IL VENTO DELLA RIFORMA ...
Questo è il ventiseiesimo itinerario del nostro viaggio di studio sul “territorio della sapienza poetica e filosofica rinascimentale agli albori dell’età moderna” e il nostro Percorso procede all’interno della Cappella Sistina nella quale siamo entrate e siamo entrati sei settimane fa per osservare le centinaia di immagini affrescate da Michelangelo sul soffitto di questo famoso edificio. In queste settimane abbiamo osservato le categorie dei Medaglioni, degli Ignudi, delle Cariatidi monocrome, delle Lunette, delle Vele, dei Pennacchi, delle Sibille e adesso dobbiamo puntare l’attenzione su un’altra categoria di immagini.
La categoria di immagini che appare più evidente sul soffitto della Cappella Sistina è quella che è stata definita con l’espressione: “uno sconcertante assortimento di Sibille e di Profeti”. Delle cinque Sibille ce ne siamo occupate e occupati la scorsa settimana e, quindi, questa sera tocca ai Profeti.
Le figure dei Profeti hanno un messaggio complessivo da trasmettere che riguarda la natura della “devozione” e le caratteristiche della missione della Chiesa. Il suggerimento viene dal papa Giulio II e il pittore, che lo condivide, è ben lieto di tradurlo in immagini con l’apporto di carattere filologico dato dal consulente librario. Afferma Giulio II in una delle sue Omelie: «Da San Paolo abbiamo imparato che la figura del Profeta rappresenta la devozione, e noi dobbiamo essere devoti come i Profeti che hanno preannunciato la venuta di nostro Signore Gesù Cristo…», e il papa [la revisione formale delle Omelie di Giulio II è di Fedra Inghirami] invita a domandarsi che cosa sia “la devozione” e in che modo il Profeta rappresenti “la devozione”. Paolo di Tarso definisce la natura della devozione dei Profeti con quattro coppie di parole-chiave: la voce e la libertà, la penna e la predilezione, la notizia e l’attesa, la strada e la volontà.
Le figure dei Profeti che Michelangelo ha dipinto sul soffitto della Cappella Sistina - figure che fanno riferimento al Libro che porta il loro nome il quale corrisponde alla denominazione e al programma della Scuola di scrittura che li ha redatti - sono sette: con quale criterio sono stati scelti tra i sedici Libri che costituiscono la Letteratura dei Profeti? Sono stati scelti i Libri che contengono un messaggio universale e in cui spicca maggiormente il carattere di tipo non sacrale bensì politico che il Profeta, di cui questo Libro porta il nome, dà al concetto di “devozione”.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste parole - attaccamento, venerazione, fedeltà, ubbidienza, o quale altra … - mettereste per prima accanto alla parola “devozione”?...
Scrivetela...
Il modo con cui i Profeti rappresentano “la devozione” lo descrive [come afferma Giulio II] Paolo di Tarso nel suo Epistolario e le affermazioni di Paolo costituiscono la base, l’humus intellettuale, su cui germoglia la Letteratura dei Vangeli e su cui prende forma la dottrina originaria del cristianesimo, e tanto la Letteratura dei Vangeli quanto la dottrina originaria del cristianesimo fanno costante riferimento ai Libri dei Profeti per delineare la figura di Gesù e le caratteristiche della missione della Chiesa.
Come abbiamo detto, Paolo di Tarso nel suo Epistolario definisce il movimento culturale del profetismo con quattro coppie di parole-chiave: la voce e la libertà, la penna e la predilezione, la notizia e l’attesa, la strada e la volontà. Queste parole rappresentano anche i punti fondamentali del programma missionario dell’apostolo Paolo di Tarso, e anche il termine “apostolo” è stato coniato da Paolo e, in greco, significa “inviato” [speciale] e Paolo vuole che questo termine richiami la figura del “profeta”. E adesso riflettiamo sulle parole con cui Paolo definisce il movimento del profetismo perché trovano un riscontro nei pannelli che raffigurano i Profeti sul soffitto della Cappella Sistina.
Che cosa significa secondo Paolo che il Profeta è “la voce e la libertà”? Significa che il Profeta dà voce all’esigenza che si rispetti la Legge perché “la Legge uguale per tutti” [la Legge di Mosè, la Torah] fornisce le regole utili alla convivenza, in quanto, senza il rispetto delle regole condivise, non c’è libertà e prevale l’arbitrio del più forte e del prepotente e, quindi, “il Signore salva se si rispettano le regole perché il Signore è giudice giusto” e queste due affermazioni si traducono con il nome di “Ezechiele” che significa “il Signore salva chi rispetta le regole” e con il nome di “Daniele” che significa “il Signore è giudice giusto”, e le figure del profeta Ezechiele e del profeta Daniele, dipinte da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, esprimono questi concetti.
Che cosa significa secondo Paolo che il Profeta è “la penna e la predilezione”? Significa che il Profeta ha in mano la penna per descrivere la predilezione che Dio ha per le sue creature, le quali, di conseguenza, devono nutrire il massimo rispetto per le cose create perché contrariamente il mondo si deteriora, e bontà e bellezza del creato vanno perdute e, quindi, “il Signore salva chi sa edificare e piantare” [preservando bontà e bellezza del creato] e questa affermazione corrisponde al nome di “Geremia” e la figura del profeta Geremia, dipinta da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, esprime la preoccupazione che si possa perseguire davvero questo obiettivo.
Che cosa significa secondo Paolo che il Profeta è “la notizia e l’attesa”? Significa che il Profeta, sebbene descriva una serie di catastrofi, porta sempre una buona notizia che genera l’attesa, e l’attesa [l’avvento] è la condizione essenziale perché la persona possa coltivare la fiducia necessaria a dare un senso alla vita e, di conseguenza, bisogna seminare la speranza perché “il giorno in cui il Signore manderà il suo Spirito è vicino”, e l’affermazione “il giorno del Signore è vicino” corrisponde al nome di “Gioele” e, quindi, la figura del profeta Gioele, dipinta da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, esprime questo concetto.
Che cosa significa secondo Paolo che il Profeta è “la strada e la volontà”? Significa che il Profeta deve essere sempre in cammino animato dalla volontà di procedere sulla strada che porta verso la salvezza sapendo che i frutti della salvezza maturano se c’è la volontà di rispettare i patti [la berit] e l’affermazione “il Signore salva chi rispetta i patti” corrisponde al nome di “Isaia” e, quindi, la figura del profeta Isaia, dipinta da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, esprime questo concetto [con le dita della mano sinistra forma la lettera ebraica ב [bet], il simbolo della berit, del patto].
Le figure dei Profeti Ezechiele, Daniele, Geremia, Gioele e Isaia, dipinti da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, sono rappresentative di questi pensieri che rientrano nel perimetro delle quattro coppie di parole-chiave [la voce e la libertà, la penna e la predilezione, la notizia e l’attesa, la strada e la volontà] che delineano, secondo l’Epistolario di Paolo di Tarso, la missione profetica che la Chiesa deve svolgere.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste quattro coppie di parole - la voce e la libertà, la penna e la predilezione, la notizia e l’attesa, la strada e la volontà - mettereste per prima?...
Scrivetela...
Come sappiamo, sopra il portone d’ingresso della Sistina c’è la figura del Profeta Zaccaria con il volto di papa Giulio II con in mano il Libro omonimo e su questa immagine ci siamo soffermate e soffermati sei settimane fa quando siamo entrate ed entrati nella Cappella.
Leggiamo un brano tratto da una delle ultime Omelie tenute da Giulio II nella Cappella Sistina. Il papa fa riferimento ai Profeti dipinti sul soffitto [Ezechiele, Daniele, Geremia, Gioele e Isaia] citando versetti tratti dai Libri che portano il nome di questi personaggi per delineare la missione “profetica” che la Chiesa deve avere.
LEGERE MULTUM….
Giulio II, Omelie
I Profeti che hanno annunciato la venuta del nostro Salvatore Gesù Cristo ci guardano e ci ammoniscono additando quale deve essere la missione profetica della Chiesa.
Ci dicono che il Salvatore «giudicherà i miseri con giustizia, prenderà decisioni eque per gli oppressi», e così deve fare la Chiesa. E del Salvatore «grande sarà il dominio per cui la pace non avrà fine, per cui gli esseri umani forgeranno le loro spade in vomeri per arare e le loro lance in falci per mietere», e questo deve predicare la Chiesa. Il Salvatore instaurerà la pace con la Natura e allora: «il lupo dimorerà con l’agnello, e un fanciullo li guiderà», e la Chiesa deve comportarsi come questo fanciullo. In una Natura riconciliata per merito del Salvatore non vi sarà posto per nessun tipo di malattia: «i ciechi vedranno, i sordi udiranno, gli zoppi salteranno e i muti grideranno di gioia», e anche la Chiesa deve gridare la gioia per la salvezza al mondo. A questa integrità umana data dal Salvatore: «la terra risponderà con il grano, con il vino nuovo e con l’olio», e la Chiesa deve invitare a condividere questi beni. Per merito del Salvatore «l’aridità e la siccità saranno bandite perché la terra sarà solcata dalle acque che la faranno fiorire come un giardino», e la Chiesa deve curare questo giardino. Insieme alla terra fiorirà anche il cuore delle persone, producendo quelle opere di giustizia la cui mancanza ha causato e causa tanti mali. E come può rinascere un cuore morto come un deserto arido? Questa possibilità impossibile sarà effetto dello Spirito di Dio, e dice il Signore: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. E porrò il mio spirito dentro di voi». Così rinnovata la comunità umana potrà «fare esperienza diretta della gloria di Dio e ne canterà all’unisono la magnificenza». I Libri dei Profeti che ci sovrastano sul soffitto di questo tempio annunciano che verrà un tempo di riconciliazione universale: con Dio, con la natura, tra le persone, e la Chiesa deve far proprio questo annuncio profetico. …
Dalla parte opposta dell’ingresso principale Michelangelo ha dipinto il Profeta Giona [il settimo Profeta] e la scelta fatta dal pittore, dal committente e dal consulente librario è strategica in finzione del messaggio complessivo da dare.
Il Libro di Giona, che nel pannello dipinto da Michelangelo non si vede [ma s’intuisce da che cosa viene rappresentato], è un’opera singolare composta molto probabilmente subito dopo l’esilio babilonese [dopo il 538 a.C. ] dai membri di una Scuola di scrittura che appartengono alla terza generazione degli esiliati, nati e cresciuti a Babilonia, che decidono di tornare in Palestina ed è un testo formato da appena quattro brevi capitoli [due pagine] strutturato secondo il genere letterario della parabola, una parabola contenente un messaggio che insegna un principio, il principio che “la fede non ha frontiere” e questa affermazione corrisponde al nome di “Giona”.
Il testo del Libro di Giona è un racconto didattico, narrato con una certa ironia [la stessa che troveremo poi nel Talmud], che mette in ridicolo il nazionalismo meschino, geloso e ammantato di stupidità di chi pensa che Dio non debba e non possa inviare a tutti, al di là di ogni confine, il suo messaggio di salvezza, un messaggio che può essere accolto favorevolmente.
Giona, per ordine del Signore, deve recarsi a Ninive, la capitale dell’Assiria, la nazione nemica per eccellenza, e deve avvertire gli abitanti della città che Dio li giudicherà con grande severità se non faranno penitenza e non s’incammineranno sulla via del Bene, ma Giona vorrebbe che il Signore cancellasse i niniviti dalla faccia della terra, e si rifiuta di farsi messaggero di pace e fugge. Dopo una serie di fatti drammatici succede che, durante il naufragio della nave su cui scappa, il Signore lo fa ingoiare da un grosso pesce, nella pancia del quale Giona riflette e prega con parole accorate tanto che il Signore, dopo tre giorni e tre notti, ordina al pesce di risputarlo sulla riva. E allora Giona decide di ubbidire all’ordine di Dio, va a Ninive e gli abitanti ascoltano il suo messaggio, rinunciano al loro comportamento malvagio e s’incamminano sulla via del Bene e il Signore li accoglie dispensando loro la sua misericordia, al che Giona, che si sente un privilegiato, non riesce a capire una cosa del genere, non tollera l’idea che, quello che ritiene il suo Dio, accolga tutti, anche se sono degli estranei e dei nemici. Ma Dio [si legge nel Libro di Giona] getta la sua luce su tutto il creato perché la sua benigna generosità non conosce frontiere e la fiducia nella possibilità di realizzare il Bene non deve conoscere ostacoli.
L’intento del pittore, del committente e del consulente librario è quello di stabilire un collegamento [esegetico] tra le figure affrescate dei Profeti e la Letteratura dei Vangeli per continuare a rafforzare l’idea dell’unitarismo [del travaso intellettuale tra le varie culture], per dare un significato alla missione salvifica di Gesù.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Un grosso pesce ha ingoiato e poi risputato il profeta Giona ma, bando alle metafore: voi quali tipi di pesce cucinate di solito?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Un collegamento [il più significativo] tra il Libro di Giona e la Letteratura dei Vangeli lo troviamo nel Vangelo secondo Matteo dal versetto 38 al versetto 41 del capitolo 12. Leggiamo questo brano prima di andare ad osservare e a descrivere i particolari del pannello nel quale Michelangelo ha affrescato l’immagine del profeta Giona.
LEGERE MULTUM….
Vangelo secondo Matteo 12 38-41
Alcuni maestri della Legge e alcuni farisei dissero a Gesù: «Maestro, vorremmo che tu ci facesti vedere un segno miracoloso». Gesù rispose: «Questa gente malvagia e infedele a Dio vuole vedere un segno miracoloso! Ma non riceverà nessun segno eccetto il segno del profeta Giona. Come Giona rimase nella pancia del grande pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo rimarrà sepolto nella terra tre giorni e tre notti. Nel giorno del giudizio gli abitanti di Ninive si alzeranno a condannare questa gente, perché essi cambiarono vita quando ascoltarono la predicazione di Giona». …
Il contenuto del pannello che raffigura il profeta Giona risente dell’eco di questo brano evangelico che avvalora il messaggio contenuto nel Libro di Zaccaria che sta all’inizio dell’affresco: la Chiesa deve cambiare vita, deve “risalire al Vangelo”, è necessaria una riforma strutturale e culturale. Il contenuto del pannello che raffigura il profeta Giona ha un significato semplice, in linea con il messaggio che invita al rinnovamento della Chiesa e che consiste nel richiamo a “risalire al Vangelo”.
In questo pannello non appare alcun Libro accanto al Profeta ma il grande pesce dipinto da Michelangelo ha comunque una valenza filologica, che cosa significa? Michelangelo dispone le gambe di Giona in modo che formino la lettera ebraica ה [he] che esprime anche il numero 5, lo stesso numero che, con le dita della mano, mostra anche il putto dipinto più in alto. Che cosa indica il numero 5? Il numero 5 evidenzia la significativa funzione filologica del pesce, e questo perché in greco, come sapete, il termine “pesce” si traduce “ictys”, una parola di cinque lettere [e che lettere!], una parola che forma un acrostico [una parola viene detta “acrostico” quando le sue lettere sono ciascuna l’iniziale di un termine che concorre a formare una sigla, una formula].
Se facciamo l’analisi dell’acrostico “ictys” ne ricaviamo una formula significativa: la lettera “i” corrisponde al nome “Iesoûs [Gesù]”, la lettera “c” corrisponde al nome “Christós [Cristo]”, la lettera “t” corrisponde al nome “Theón [di Dio]”, la lettera “y” corrisponde al nome “Yiós [Figlio]” e la lettera “s” corrisponde al nome “Sotér [Salvatore]”, e la formula “Iesoûs Christós Theón Yiós Sotér [Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore], evocata dal pennello di Michelangelo in forma allegorica [da Giona al pesce, dal pesce a Gesù Salvatore], ribadisce il messaggio complessivo dell’affresco: bisogna “risalire al Vangelo”. Alle origini della Chiesa, quando, ad Antiochia [è lì che nasce il cristianesimo, sul territorio dell’Ellenismo] i primi “cristiani” [è ad Antiochia che per la prima volta viene usato questo termine] utilizzano come segno di riconoscimento il simbolo del “pesce [ictys, come acrostico che significa “Iesoûs Christós Theón Yiós Sotér”]”, poi sarà Paolo qualche anno dopo a creare “l’emblema della croce” con il suo Epistolario ma, in principio, il simbolo cristiano è “il pesce [ictys]”.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Su un catalogo che trovate in biblioteca e navigando in rete osservate i pannelli, dipinti da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina, che raffigurano i Profeti...
La Chiesa deve cambiare vita, deve “risalire al Vangelo” ed è necessaria una riforma strutturale e culturale: questo è il messaggio che emerge dall’affresco dipinto sul soffitto della Cappella Sistina, e la Riforma - l’avvenimento che prende il nome di “Riforma protestante” - è dietro l’angolo, ed è un avvenimento non indolore.
L’idea della necessità di una riforma strutturale e culturale della Chiesa è sempre viva, fin dalle origini, all’interno di questa eterogenea istituzione. Il sistema feudale di stampo medioevale adottato dalla Chiesa ha inciso in modo negativo sull’istituzione e agli albori dell’Età moderna c’è un malcontento generale [è scontento anche papa Giulio II] per la corruzione e la troppa mondanità degli ecclesiastici, e per l’avidità finanziaria che riguarda la maggioranza dei vescovi che mantengono, e vogliono mantenere, privilegi di carattere feudale e si atteggiano a governare le diocesi come se fossero dei monarchi piuttosto che dei pastori. Come sappiamo, contro questi atteggiamenti antievangelici nascono esperienze riformatrici che vengono, di solito, represse con la violenza oppure, come nel caso dei seguaci del movimento fondato da Valdo di Lione [personaggio che abbiamo incontrato a suo tempo], altri ritengono opportuno [dal 1177 prende corpo la Riforma valdese] di appartarsi in zone meno ospitali del territorio [come le valli alpine] dove poter salvaguardare l’integrità del loro stile di vita improntato al Vangelo evitando per quanto era possibile, la persecuzione. Agli albori dell’Età moderna il malcontento si diffonde soprattutto nel centro Europa e nel nord Europa dove vive, in un austero monastero agostiniano, l’iniziatore della cosiddetta Riforma protestante, ma questo monaco, il magister Martin Lutero [Martin Luther], non è particolarmente influenzato dallo scontento che serpeggia nel mondo della cristianità.Chi è Lutero [Martin Luther]?
Martin Lutero è nato nel 1483 ad Eisleben [a circa cento chilometri a nord-ovest di Lipsia] in Sassonia, in una modesta famiglia contadina.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Germania e navigando in rete fate visita a Eisleben [una cittadina di circa 23 mila abitanti] che conserva, in forma di museo, le case dove Martin Lutero è nato ed è morto nel 1546…
Nonostante la loro modesta condizione il padre Hans e la madre Margarete vogliono che lui studi, e lo mandano a Erfurt una città, nel cuore della Turingia, dove Martin possa frequentare tutto il percorso scolastico [dalle elementari all’università]. Erfurt è una città da visitare in primo luogo per la sua ricchezza architettonica, difatti, è soprannominata “la città delle torri” e conserva un tipico aspetto medievale [grazie anche al fatto di essere stata poco danneggiata dalla seconda guerra mondiale] e nel periodo di massimo splendore [alla fine del 1300] a Erfurt si contavano ben 43 chiese, 36 monasteri e decine di palazzi gotici dalle facciate riccamente decorate tra cui quello del Mercato del pesce e quello dell’Università. Erfurt è una città in cui ha avuto un grande peso tanto la vita religiosa quanto quella culturale e, soprattutto, quella economica legata alla sua posizione favorevole lungo la cosiddetta Via Reale che collegava il fiume Reno con la Russia.
Il monumento più in vista di Erfurt [anche per la sua grandiosità] è il Duomo che è il risultato di un lungo lavoro che ha visto la trasformazione di questo edificio da basilica tardo-romanica, iniziata nel 1154, a capolavoro del gotico tedesco: sul fianco sinistro spicca il cosiddetto Triangel, il celebre portale a pianta triangolare con statue della Vergine e degli Apostoli e una Crocifissione nel timpano, mentre all’interno della basilica colpisce la particolare suddivisione dello spazio, infatti, il corpo della chiesa, a tre navate, ha grosso modo la stessa lunghezza del grande coro.
In questa città Martin Lutero ha studiato fino a laurearsi nel 1507 in giurisprudenza.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Germania e navigando in rete fate una visita a Erfurt che ha ospitato tanti personaggi importanti che abbiamo incontrato in questi anni: Johann Sebastian Bach [dal 1703 al 1708] ha suonato in diverse chiese della città, mentre Goethe, Schiller, Herder, Wieland hanno soggiornato a Erfurt prima di trasferirsi [nel 1772] a Weimar ma questa è un’altro storia che a suo tempo racconteremo ancora…
Nel 1502 Martin Lutero si diploma e si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e durante l’estate - in base ad una vocazione che coltiva da alcuni anni - entra nel Convento degli Agostiniani Eremitani, e comincia a studiare teologia. Nel 1507 viene ordinato sacerdote, assume il titolo di magister e di dottore in teologia e nell’autunno del 1508 viene mandato dal suo ordine nel Monastero di Ognissanti a Wittemberg a insegnare, e il primo corso che tiene è sull’Etica Nicomachea di Aristotele.
Wittemberg è la città della Sassonia che fa da culla alla Riforma luterana, ed è un porto sul fiume Elba. L’Elba - che nasce nei Sudeti, in Boemia [la terra degli Hussiti, di Jan Hus, e tra poco ne parleremo] - è un fiume navigabile [lungo 1165 km] collegato a una grande rete di canali tutti percorribili sui quali circolano merci e idee.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Utilizzando un Atlante geografico [ce n’è almeno uno in tutte le biblioteche domestiche, e la rete pullula di carte geografiche] ci si può divertire a navigare sull’Elba, e da Wittemberg si può arrivare ad Amburgo sul mare del Nord e, attraverso un canale, a Lubecca, sul mar Baltico …
A Wittemberg c’è la [così detta] Chiesa del Castello sulla cui porta, il 31 ottobre 1517, Lutero ha affisso, secondo la tradizione, Le 95 Tesi cioè la Disputa per chiarire l’efficacia delle indulgenze. In questa chiesa è sepolto Lutero insieme a Filippo Melantone altro illustre magister e riformatore.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
A Wittemberg ha soggiornato il pittore Lucas Cranach il Vecchio [1472-1553] che qui ha dipinto molti dei suoi capolavori [per le chiese riformate] ed è stato pure borgomastro della città... Utilizzando un catalogo e navigando in rete potete osservare le opere di Cranach il Vecchio che sono decisamente rinascimentali [compresi i ritratti di Lutero e della sua famiglia]…
Dobbiamo tener conto del fatto che, da oltre un secolo, il tema della riforma della Chiesa è considerato il problema-cardine della cristianità e dobbiamo ricordare due grandi movimenti popolari [perché la Riforma protestante non nasce dal nulla].
Due grandi movimenti popolari hanno caratterizzato la Storia del Pensiero tra il XIV e il XV secolo: quello dei Lollardi in Inghilterra guidato da Jonn Wycleff [morto nel 1384], e soprattutto da quello degli Hussiti in Boemia, che prende il nome da Jan Hus, sacerdote e magister di teologia all’Università di Praga.
Jan Hus subisce un torto gravissimo: nel 1414 viene invitato a esporre le proprie idee al Concilio di Costanza [dove si doveva trovare una soluzione allo scisma d’Occidente, c’erano tre papi in carica] e lì viene arrestato e viene condannato al rogo nel 1415. La sua morte provoca in Boemia lo scoppio di una sanguinosa rivolta contro la Chiesa di Roma e contro l’imperatore Sigismondo che ha tradito Hus. Questa rivolta, di stampo contadino, assume anche le caratteristiche di lotta per l’autonomia nazionale del popolo boemo.
La Chiesa hussita si rende indipendente da Roma e, nel 1419, il Sant’Uffizio è costretto a trattare con gli Hussiti [il papa è Oddo Colonna, Martino V] che chiedono vengano ufficialmente riconosciuti “I [cosiddetti] quattro articoli di Praga”: la libertà per i predicatori di leggere e spiegare il Vangelo in lingua boema, la Comunione sotto le due specie del pane e del vino, il divieto agli ecclesiastici di possedere beni, la confessione pubblica per chi danneggia la comunità.
Le idee di Jan Hus viaggiano sull’Elba per mezzo dell’attività di predicatori chiamati “Fratelli boemi” e le idee della Riforma boema penetrano nella mentalità del cristianesimo dell’Europa centrale.
Wycleef prima, e Jan Hus dopo, operano per una riforma morale [culturale] e per una riforma delle istituzioni ecclesiastiche [strutturale], e ritengono sia necessario un ripensamento dei concetti della fede e soprattutto dei dogmi che la Chiesa romana ha istituito più per ragioni di potere che per motivi pastorali.
Jan Hus, come magister di teologia, dalla cattedra dell’Università di Praga, insegna che l’autorità, in materia di fede, è data dalla Sacra Scrittura, dal testo dei Libri della Bibbia e dai testi della Letteratura dei Vangeli, quindi, l’autorità, in materia di fede, non appartiene né al magistero papale né al Sant’Uffizio perché la redenzione della persona è opera della libera iniziativa della grazia [la karis] di Dio, e l’amore di Dio lo si riceve in base alla fede che matura nell’intimo della propria coscienza indipendentemente dall’osservanza anche minuziosa delle pratiche esteriori, ed è necessario, quindi, “ricostruire la semplicità delle origini e risalire al Vangelo”.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Repubblica Ceca e navigando in rete andate a Praga sulla Piazza della Città Vecchia che è il centro del centro di Praga, una piazza che ha un fascino particolare perché, a cominciare dal Medioevo, è interamente definita da edifici di varie epoche che sono il risultato unitario di diverse e complesse sovrapposizioni architettoniche… Nella vasta area della piazza spicca l’imponente monumento di bronzo a Jan Hus [pomnìk Jana Husa] di Ladislav Šaloun [nello stile di Auguste Rodin] inaugurato il 6 luglio 1915 per ricordate il 500° anniversario del rogo di Jan Hus, e le praghesi e i praghesi, quel giorno, lo hanno ricoperto di fiori…
A Wittemberg, nel 1508, si respira questa aria di carattere riformatore e Lutero, oltre all’influsso dell’umanesimo di Erasmo da Rotterdam respira gli influssi della “brezza boema dell'Elba” che soffia da sud-est.
Martin Lutero è uno scrupoloso monaco agostiniano che fa riferimento al pensiero di Agostino di Ippona [morto nel 430] autore delle Confessioni, de La città di Dio, del Trattato sulla Trinità. Agostino [che abbiamo incontrato a suo tempo] è un personaggio travagliato che si pone il problema di come aprire la propria coscienza a Dio visto che l’essere umano è una creatura debole dal punto di vista morale e tende a seguire la via del male piuttosto che quella del Bene, e si domanda, quindi, come la persona possa essere degna del dono della fede. Abbiamo studiato le Confessioni di Agostino, un’opera nella quale, come sappiamo, l’autore mette in evidenza come la ragione e la passione s’intrecciano creando momenti di tragica angoscia esistenziale e momenti di effusione gioiosa per la vita.
Martin Lutero si forma intellettualmente sulle Opere di Agostino [le Confessioni, La città di Dio, il Trattato sulla Trinità], sulle Opere della Scolastica e dell’Umanesimo, e ha una predilezione per il pensiero e le Opere di Francesco Petrarca [ricordate che Petrarca, nell’ascesa al Mont Ventoux del 26 aprile 1336, porta con sé nello zaino le Confessioni di Agostino], e poi Lutero studia - secondo la tendenza del momento, su indicazione di Erasmo da Rotterdam - le Lettere di Paolo di Tarso. Dall’Epistolario di Paolo di Tarso, in particolare dalla Lettera ai Romani, Lutero comincia a trarre delle considerazioni di tipo teologico che diventano delle Tesi.
Lutero pensa che la salvezza non possa essere il frutto delle opere degli esseri umani ma dipenda esclusivamente dalla grazia rigeneratrice di Dio ricevuta dalla persona con la fede [ci si salva per fede, scrive Paolo].
Pensa che la fede sia un dono di Dio che si riceve solo se c’è un rinnovamento totale della coscienza e, quindi, le opere buone non sono altro che una conseguenza esteriore di un rinnovamento interiore [le opere buone dipendono dalla fede, scrive Paolo].
Pensa che la volontà di collaborare all’opera di salvezza di Dio con le proprie opere rischi di diventare un’operazione ipocrita, e anche un’operazione di mercato se la persona escogita di compiere un po’ di opere buone per guadagnarsi dei meriti perché non c’è merito senza una rigenerazione totale del proprio animo.
Lutero ragionando di questo passo scrive Le 95 Tesi, ma è probabile che non le avrebbe mai pubblicate se non ci fosse stata “la questione delle indulgenze” perché questi concetti li stava insegnando da qualche anno all’Università commentando la Lettera ai Romani di Paolo di Tarso. Come sapete la concessione di indulgenze per la liberazione delle anime del Purgatorio, accompagnata da offerte di denaro alla Chiesa, era diventata, da qualche secolo, una pratica costante, con un conseguente abbassamento del livello spirituale della fede cristiana e questa pratica aveva assunto, agli albori dell’Età moderna, un carattere scandaloso e irriverente perché era diventata una vera e propria grande operazione di speculazione finanziaria, un comodo espediente per fare denaro e su questa questione la Chiesa di Roma aveva anche perso il controllo. Furbi predicatori inducevano nel popolo ignorante e beota il convincimento che il pagamento di una determinata tariffa garantisse l’indulgenza indipendentemente da ogni disposizione dell’animo. Ma lo scandalo diventa insopportabile quando entrarono in gioco le banche che anticipano agli ecclesiastici le somme di denaro richieste per prendere in appalto la vendita delle indulgenze come se si fosse trattato di una merce come un’altra e naturalmente sulle indulgenze si lucrano forti guadagni, e poi anche i Principi e i feudatari esigono una percentuale sulle vendite per permettere la predicazione delle indulgenze sul loro territorio.
La goccia che fa traboccare il vaso, in Germania, è il lancio di una grande concessione di indulgenze fatto da papa Leone X [Giovanni de’Medici, successore di Giulio II] per il 1514. A crescere è il malcontento della borghesia tedesca che vede forti somme di denaro spostarsi dal mercato della Germania alle casse vaticane a Roma. I due gestori di questa operazione si dimostrarono di una rozzezza eccezionale: il primo gestore è il predicatore domenicano Hans Tetzel che presenta la concessione delle indulgenze come se fosse [dice Lutero] “un mercato di bestiame”. Il secondo gestore è la famosa banca Fugger che riduce l’operazione ad uno spettacolo vergognoso. Martin Lutero, da austero monaco agostiniano, critica questo spettacolo vergognoso e diventa il punto di riferimento della protesta [dei protestanti], ed essendo un magister segue un classico metodo accademico: scrive le sue Tesi per aprire una discussione su questo tema, e poi, la vigilia di Ognissanti del 1517, le rende pubbliche affiggendole, come si faceva con i proclami scolastici, alla porta della Cattedrale. Martin Lutero, da intellettuale scolastico qual è, si offre a discutere pubblicamente le sue Tesi con l’idea di aprire un dibattito, e non vuole certo dividere la Chiesa.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste parole – perdono, grazia, assoluzione, remissione, o quale altra... - mettereste per prima accanto alla parola “indulgenza”...
Scrivetela...
Le Tesi di Lutero contengono argomenti che fanno riflettere ma che, fondamentalmente, sono i soliti argomenti che, da cento anni, sostengono coloro i quali caldeggiano la Riforma morale, culturale e strutturale della Chiesa.
Da principio Leone X, preso dalla sua mania delle cerimonie fastose e delle riunioni mondane, sottovaluta la cosa e dice che si tratta di “Beghe di quei moralisti dei frati tedeschi”, ma intorno alle idee di Lutero si coagulano tutta una serie di interessi. Gli interessi culturali per la riforma della Chiesa di coloro che hanno una mentalità come quella di Erasmo da Rotterdam. Gli interessi economici della borghesia germanica che pensa a uno Stato Tedesco che possa difendere gli affari di questa classe sociale. Gli interessi dell’aristocrazia feudale che vuole mettere le mani sui pingui beni del clero. Anche le masse popolari sono infiammate da questo clima e partecipano alla rivolta contro Roma.
Quando il 15 giugno 1520 arriva da Roma la bolla di scomunica contro Martin Lutero lui può permettersi di bruciarla sulla pubblica piazza in mezzo agli evviva dei suoi studenti per cui gli avvenimenti precipitano e la conseguenza logica di un gesto come questo [bruciare una bolla di scomunica papale] avrebbe dovuto essere, come succedeva solitamente, una condanna al rogo, come eretico, per Lutero. Ma il grande feudatario Federico di Sassonia, che avrebbe dovuto agire come braccio armato dell’Inquisizione, esita a intervenire contro Lutero, sia perché è stato esortato a non farlo da Erasmo da Rotterdam, sia perché in coscienza sente di condividere le idee contenute ne Le 95 Tesi di Lutero, e poi sa che Lutero è un monaco e un magister irreprensibile e, quindi, non vuole commettere un’ingiustizia.
Questa vertenza viene rimessa alla riunione della Dieta di Worms dell’anno successivo, siamo nel 1521, alla presenza del nuovo imperatore Carlo V. Davanti a questo parlamento Lutero ribadisce con assoluta fermezza i principi contenuti nelle sue Tesi, e rifiuta di ritrattare le sue idee e di sottomettersi all’autorità del papa, e l’imperatore, che non vuole contraddire il papa, decide, con l’Editto di Worms, di condannare Lutero e i suoi scritti. Ma Federico di Sassonia decide di intervenire per evitare l’arresto di Lutero e lo fa rapire da un reparto dei suoi cavalieri e lo fa condurre nel castello di Wartburg, un posto tranquillo e sicuro sotto la sua protezione. Durante il suo soggiorno a Wartburg, Lutero, per dare modo a tutti di intendere la Sacra Scrittura, traduce i Libri della Bibbia in volgare, e questa è un’opera molto importante nella Storia letteraria e linguistica del popolo tedesco.
Lutero aspira più alla riforma delle coscienze che a quella delle strutture esteriori, ma ben presto si accorge che bisogna fare i conti con la realtà, con la situazione politica e sociale che si è venuta a creare. E, quindi, Lutero dove gestire anche la riforma istituzionale per evitare soprattutto i tumulti popolari [contro le chiese, i preti, i conventi], che a lui, amante dell’ordine, sembrano irresponsabile anarchia.
Di conseguenza attua le riforme del culto e degli ordinamenti ecclesiastici mediante tutta una serie di Decreti: viene abolito il latino dalla liturgia, la parte centrale della Messa diventa la lettura della Bibbia, viene introdotto il canto corale di Inni da parte dei fedeli, e Lutero si improvvisa, oltre che teologo, anche poeta e musicista e compone molti Inni in tedesco. I Sacramenti, secondo la Scrittura, si riducono a tre: il Battesimo, la Penitenza e l’Eucaristia. Se la salvezza viene dalla fede i sacramenti hanno efficacia solo se, chi li riceve, ha fede, e questo esclude la funzione mediatrice del sacerdozio perché è la fede che salva la persona, non la mediazione del sacerdote. Vengono abolite le gerarchie e, partendo dal principio biblico del sacerdozio universale dei credenti, viene abolita la distinzione tra il clero e i laici. Viene abolito il celibato ecclesiastico e anche Lutero nel 1525 si sposa con Katharina von Bora [1499-1552], ex monaca cistercense, e avranno sei figli.
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In biblioteca e sulla rete potete fare la conoscenza con l’interessante figura di Katharina von Bora...
Lutero pensa che lo Stato sia necessario, che il cristiano debba ubbidire alle Leggi dello Stato, anche se la vita spirituale ha e deve avere una sua autonomia. La Riforma luterana è stata anche promossa dalle autorità e sono state le autorità civili, come l’elettore di Sassonia, a far applicare e rispettare i Decreti di Lutero perché sono serviti ai feudi e alle città tedesche per emanciparsi politicamente da Roma.
Cogliamo l’occasione per fare anche una visita a Worms dove, nonostante sia stato messo al bando dall’imperatore Carlo V, Lutero non ha cessato di sostenere le sue Tesi. Worms è una città di circa 73 mila abitanti del Palatinato Renano posta sulla riva sinistra del Reno: è di origine celtica, poi è stata città romana, poi burgunda, poi libera città dell’Impero, sede di sinodi ecclesiali e di diete imperiali e ricca di monumenti tra i quali spicca il Duomo di St-Peter, uno dei più significativi edifici romanici europei, capolavoro dell’architettura renana.
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Con la guida della Germania e navigando in rete fate un’escursione a Worms nella valle del Reno, buon viaggio...
Le 95 Tesi di Lutero vengono sintetizzate in un motto: «Sola fides et sola Scriptura »[conta solo la Fede e la Sacra Scrittura], ed è un presupposto forte che contiene un invito a “risalire al Vangelo”, un presupposto che, però, può diventare un dogma.
Nello sviluppare l’idea che “bisogna risalire al Vangelo” il pensiero di Lutero presenta delle contraddizioni che Erasmo da Rotterdam mette in evidenza e sulle quali i continuatori della Riforma rifletteranno.
Lutero sostiene che “risalire al Vangelo” significa negare il valore della Tradizione cristiana, quindi, bisogna rimuovere la Patristica, la Scolastica e i riti della Chiesa perché tutto quello che viene dopo i Vangeli non ha valore dottrinale. Erasmo ribatte che non si può ignorare l’eredità intellettuale della cultura cristiana, è un patrimonio che va comunque studiato [conosciuto, capito] sebbene con spirito critico. Lutero sostiene che ci si salva per fede e, quindi, le opere meritorie non portano la salvezza ma sono il segno della salvezza già avvenuta, e l’opera buona consiste nel far bene il proprio lavoro. Erasmo ribatte dicendo che questa affermazione è giusta però è necessario tener conto della qualità e del tipo di lavoro che viene svolto [l’etica del protestantesimo ha contribuito fortemente, come vedremo, allo sviluppo del Capitalismo]. Lutero sostiene che Dio, in quanto presciente e onnipotente, esclude il libero arbitrio ed è Dio che predestina le persone alla salvezza o alla dannazione, e «Tutto quello che Dio fa, come scrive Agostino, è giusto proprio perché è Dio che lo fa», e alla persona rimane la libertà di avvicinarsi a Dio rinunciando a ogni tentativo di vantare un’iniziativa o un merito proprio, e Lutero, in risposta ad Erasmo che critica questa sua posizione “pessimistica”, scrive nel 1525 un trattato che s’intitola De servo arbitrio. Come abbiamo già ricordato qualche settimana fa, Erasmo aveva scritto nel 1524 il trattato intitolato De libero arbitrio nel quale mette in evidenza come Lutero da una parte sottolinei la libertà dello spirito da ogni imposizione dogmatica affermando che i dogmi devono essere aboliti perché lo spirito è libero mentre, dall’altro lato, però, afferma la completa soggezione della persona al volere di Dio.
C’è da dire che tanto Lutero quanto Erasmo, prima di esprimere la loro posizione sull’arbitrio [libero o servo che sia] raccolgono un gran numero di citazioni dai Libri della Bibbia a favore di entrambe le possibilità per sollecitare il dibattito perché il tema è: fino a che punto siamo liberi di decidere sul nostro destino?
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Potete scrivere quattro righe in proposito su questo tema: quali sono gli elementi che condizionano le nostre scelte?...
Sul piano pedagogico Lutero propone un’istruzione di carattere popolare in quanto tutti devono poter accedere all’apprendimento per sentirsi liberi da ogni dogmatismo, e grande è stato nell’Europa protestante lo sforzo di alfabetizzazione in lingua madre per leggere il Vangelo e farlo parlare alla propria coscienza. Erasmo loda il programma educativo di Lutero [tutti devono imparare a leggere, a scrivere e a far di conto] ma critica le sue scelte di carattere antiumanistico [un po’ dogmatiche, e Erasmo ironizza sul fatto che, nel suo intimo, Lutero è rimasto un frate agostiniano]: viene abolito lo studio del latino, del greco, della cultura classica, della Filosofia patristica e di quella scolastica [poi, naturalmente, il protestantesimo si riapproprierà dello studio di questi apparati]. Erasmo scrive: «Se è un limite far schiacciare dalla cultura dell’Umanesimo [greca e latina] il messaggio cristiano, è anche un limite non tener conto della cultura dell’Umanesimo perché la trasmissione del messaggio cristiano ha le sue radici nella tradizione dei classici».
La Storia del Pensiero Umano [avrebbe detto Giulio II a Lutero se fosse stato ancora vivo] è come un filo teso, un filo fatto di parole e di idee, e su questo filo dobbiamo imparare a stare in equilibrio, e difatti, i pensatori evangelico-protestanti rifletteranno e daranno vita ad una Filosofia [naturalmente di stampo umanistico] della Riforma.
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Tra le varie opere meritorie che avete compiuto qual è stata la più difficile da realizzare?...
Scrivete quattro righe in proposito...
E ora siamo arrivate ed arrivati al centro dell’affresco di Michelangelo, e le storie raffigurate nell’ampia fascia centrale, tratte dal Libro della Genesi, rappresentano, senza dubbio, la sezione più celebre dell’opera a cominciare dal racconto della creazione.
Il primo pannello illustra il primo versetto del Libro della Genesi: «In principio Dio creò il cielo e la terra», e nella figura dipinta da Michelangelo, il Creatore appare nell’atto di separare il Cielo con le mani. Questo atto, l’atto del separare, è uno di quei gesti con i quali Dio compie la Creazione.
I racconti mitici sulla “Creazione” si sviluppano [e questo è utile da sapere in funzione della didattica della lettura e della scrittura, quindi, dobbiamo riflettere] secondo quattro modelli operativi: la Creazione avviene attraverso la nascita cioè “la discendenza [tôledôt]”, la Creazione avviene in seguito a “una separazione” come conseguenza di una lotta tra dèi e mostri primordiali, la Creazione avviene per opera di “un demiurgo” [di un vasaio che plasma la materia] e infine la Creazione avviene mediante “la parola”. Questi modelli [rappresentati tutti e quattro nella fascia centrale del soffitto della Cappella Sistina] sono presenti nel testo del Libro della Genesi e sono stati combinati e fusi insieme per sottolineare l’unicità e la potenza dell’azione del Creatore.
A noi ora - in relazione al primo pannello dipinto da Michelangelo nella fascia centrale dell’affresco del soffitto della Sistina - interessa riflettere sul secondo modello: quello della “separazione” [e adesso andiamo oltre i dati in possesso del pittore, del committente e del consulente librario, i quali intuivano fonti non però in loro possesso].
Questo modello di Creazione [per separazione] entra nel testo del Libro della Genesi per imitazione del principale Poema babilonese sulla Creazione intitolato Enuma elish [Lassù, nell’alto dei cieli]. Gli scrivani ebrei in esilio a Babilonia [quelli della seconda generazione] hanno conosciuto il testo di quest’opera letteraria, l’hanno studiato con interesse e, con perizia, l’hanno utilizzato tanto nella forma quanto nel contenuto.
Il contenuto di questo poema ruota intorno alla lotta del dio Marduk contro Tiamat, la divinità femminile dell’abisso. Questa lotta cruenta si conclude con la sconfitta di Tiamat e il suo cadavere viene diviso in due, e questa “divisione” dà origine al Cielo e alla Terra.
Il tema della separazione degli elementi è proprio di molte cosmogonie e ricorre puntualmente anche nel capitolo 1 del Libro della Genesi [dove Dio separa la luce dalle tenebre, il giorno dalla notte, le acque dall’asciutto, i giorni della settimana, e via dicendo].
Una buona parte del testo dell’Enuma elish è stato ritrovato, nel 1873, in sette tavolette - le sette Tavolette di Ninive - scritte con caratteri cuneiformi di circa 156 righe ciascuna, tra le rovine della biblioteca di Assurbanipal nella città di Ninive. Le studiose e gli studiosi erano già in possesso di un’altra versione della stessa epopea, scritta tanto in babilonese quanto in sumero, scoperta qualche anno prima a Sippar, su una tavoletta del sesto secolo a.C..
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In quale occasione avete compiuto il [creativo] gesto di separare?...
Scrivete quattro righe in proposito...
E adesso - di fronte al pannello michelangiolesco dove il Creatore appare nell’atto di separare il Cielo con le mani [e Michelangelo, Giulio II e Fedra Inghirami non hanno avuto la fortuna di conoscere direttamente l’Enuma elish] - è interessante leggere un brano tratto dalle sette Tavolette di Ninive dove c’è il mitico racconto della drammatica lotta tra Marduk e Tiamat che riporta il pensiero [piuttosto cruento] dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi sulla “Creazione per divisione”: un pensiero che è stato assimilato sapientemente, e più ottimisticamente, dagli scrivani d’Israele in esilio a Babilonia e che è penetrato nel testo del primo capitolo del Libro della Genesi.
LEGERE MULTUM….
Enuma elish, Tavolette di Ninive [VI sec. a.C.]
Quando lassù, in alto, i Cieli ancora non avevan nome, Apsu, il genitore, e Tiamat,
la genitrice, si congiunsero nel Caos, e diedero vita a una stirpe di mostruosi draghi.
Passarono parecchie ère prima che nascessero nuove generazioni di dèi giovani e belli.
Uno di questi, Ea, dio della saggezza, provocò e uccise Apsu.
Tiamat, allora, preparò la vendetta contro Ea. L’unico dio che osò opporsi a Tiamat fu il figlio di Ea, Marduk.
Alleati di Tiamat erano i suoi undici mostri. Marduk si affidò ai sette venti,
alla sua faretra e ai suoi archi e, salendo sul carro della tempesta, si protesse
con una formidabile corazza di maglia e si spalmò sulle labbra un protettivo unguento vermiglio,
dopo essersi legato al polso un’erba che lo rendeva invulnerabile
da ogni veleno; e si cinse il capo di fiamme. Prima del combattimento Tiamat e Marduk
si scambiarono maledizioni, sfide ed incantesimi. Quando vennero alle mani,
Marduk subito imprigionò Tiamat nella sua rete, le fece penetrare nel ventre uno
dei suoi venti perché le strappasse le viscere, poi le spezzò il cranio e scaricò su di lei tutte le sue frecce.
Legò il corpo con catene e, vittorioso, si eresse sopra la nemica vinta. Incatenò anche gli undici mostri
e li gettò in una cupa prigione dove divennero gli dèi delle tenebre, strappò loro le Tavolette del destino, le legò sopra le sue,
e sezionò il corpo di Tiamat in due parti, come si separano le valve di un mollusco.
Una di quelle parti la usò per formare il firmamento, e impedire che le acque superiori cadessero sulla terra;
e l’altra parte per creare le fondamenta della terra e del mare.
Creò anche il sole, la luna, i pianeti minori e le costellazioni, che affidò alla custodia della sua gente.
[C’è affinità tra il testo dell’Enuma elish e il testo dell Genesi]…
La figura tragica di Tiamat - sconfitta, uccisa e spezzata [divisa in due] - è l’immagine più significativa di tutto il Poema ed è la metafora della condizione di degrado in cui si trova la Terra al momento della sua creazione.
Il corpo di Dio, dipinto da Michelangelo nell’atto “di separare” [di creare separando], è raffigurato secondo il modello della grande statua del Laocoonte, scoperta a Roma [e ne abbiamo parlato di questa scoperta] due anni prima che iniziasse il progetto di dipintura del soffitto della Sistina, e Michelangelo non rinuncia mai a pensare come uno scultore.
Il secondo pannello dell’ampia fascia centrale del soffitto raffigura “la Creazione degli astri e delle piante”, in cui Dio [che viene raffigurato due volte] crea, nella figura a destra allargando le braccia e indicando gli astri «il sole per il giorno e la luna per la notte». La luna [a destra nell’immagine] non è stata dipinta da Michelangelo ma è dello stesso colore dell’intonaco, ed è una scelta che produce un bell’effetto speciale [sull’immagine del Dio creatore degli astri torneremo la prossima settimana e non abbiamo questa immagine in REPERTORIO... , abbiamo l’immagine di Dio che crea la vegetazione ed è piuttosto curiosa].
Naturalmente l’attenzione di chi guarda questo pannello è rivolta soprattutto al modo in cui è stata posizionata la figura di Dio a sinistra. Michelangelo lascia scoperto il fondo-schiena del Creatore che compare avvolto in un manto purpureo, e c’è ancora chi crede che il pittore abbia voluto rivolgere un gesto volgare nei confronti del papa come se il Signore dell’Universo mostrasse il sedere a Giulio II.
Michelangelo [in accordo con il papa e con Fedra Inghirami] mette in evidenza che Dio, creando il Sole, la Luna e, in particolare, creando la Natura [il mondo vegetale], vuole metaforicamente offrire la possibilità alle creature di entrare in intimità con Lui mostrando familiarmente parti del corpo che di solito si tengono nascoste [le natiche, così come i piedi non si mostrano se non si è in confidenza] e, se mai, dal punto di vista della dottrina si potrebbe dire che questa idea ha qualcosa di panteistico, come se Dio si volesse identificare con la Natura da Lui creata.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Su un catalogo che trovate in biblioteca e navigando in rete osservate i pannelli, dipinti da Michelangelo nella fascia centrale del soffitto della Cappella Sistina, che raffigurano Dio che divide il Cielo e Dio che crea gli astri e le piante...
Dio che crea gli astri non è raffigurato ... ma ce ne occuperemo la prossima settimana ...
Concludiamo leggendo un pensiero di Martin Lutero tratto da un’opera che s’intitola Discorsi a tavola, e che vede anche come protagonista la moglie di Lutero, Katarina von Bora. I due hanno formato una coppia ben affiatata, e le amiche e gli amici li prendevano un po’ in giro dicendo che “così succede quando un monaco agostiniano e una suora cistercense decidono di mettere in comune le virtù di due ordini religiosi così austeri e severi”.
Discorsi a tavola [pubblicata nel 1566] è una raccolta di detti di Lutero composta da Johannes Mathesius che, tra il 1540 e il 1541, mangiava spesso a pranzo o a cena con Martin e Katarina. Dice Lutero in uno dei suoi detti in cui si dimostra particolarmente ottimista.
LEGERE MULTUM….
Johannes Mathesius, Discorsi a tavola
Se anche sapessi che il mondo finirà domani, pianterei ugualmente il mio albero di mele. …
Forse per noi, nella realtà in cui viviamo, piantare un albero di mele è comunque complicato, tuttavia cogliamo il significato allegorico di questa affermazione, un’affermazione che c’invita a “non perdere mai la volontà di imparare” e azzardo una previsione: penso che il mondo non finirà domani e neppure tra una settimana [stiamo assistendo proprio ora alla Creazione sul soffitto della Sistina, ci sono anche le immagini del diluvio ma è un avvenimento che non corrisponde alla fine del mondo] e, di conseguenza, la Scuola è qui, non perdete il penultimo itinerario di questo viaggio.
E, quindi, anche se sapessimo che il mondo finirà domani non dobbiamo perdere la volontà di imparare e se mai, anche se sapessimo che il mondo finirà domani, dovremmo comunque domandarci: perché?
Intanto compiliamo il tradizionale questionario di fine anno per dare, con le nostre scelte, una forma al territorio che abbiamo attraversato…
PER INVESTIRE IN INTELLIGENZA ...
parola per parola … idea per idea ...
Alla fine di questo viaggio riflettiamo su alcuni aspetti del territorio della
Sapienza poetica e filosofica agli albori dell’età moderna
che abbiamo attraversato...
Leggi il catalogo delle Virtù rinascimentali [che si ricava da “Il libro del cortegiano” di Baldassar Castiglione] ...
la modestia il coraggio la dolcezza l’intraprendenza la curiosità la tenacia
la franchezza la semplicità la laboriosità la prudenza la costanza l’affidabilità
la cortesia la correttezza la spontaneità la dignità la coerenza la volontà
la sensibilità la responsabilità l’umiltà la razionalità la tolleranza
la disponibilità la lealtà la fedeltà la solidarietà la sincerità l’onestà la calma
... scegline non più di tre e scrivile qui …
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Leggi il catalogo delle dieci Sefirot [le comunicazioni] che collima con dieci parole-chiave
della cultura neoplatonica presenti nelle Opere di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola,
parole che corrispondono agli ideali di vita di Michelangelo, ideali che traduce nelle sue Opere ...
intelletto comprensione sapienza energia bontà
bellezza splendore vittoria fondamento generosità
... scegline due e scrivile qui …
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I tre temi rinascimentali per eccellenza riguardano l’Anima [Psiche], l’Universo [Kosmos]
e la Ragione [Logos] ...
Scegli [facendo una crocetta nel riquadro] una di queste affermazioni...
□ L’Anima [la Psiche] è la parte fremente dell’Intelletto nella quale operano le azioni
dell’apprendimento in funzione dello studio ...
□ La forma dell’ Universo [il Kosmos] equivale alla conoscenza che si ha dell’Universo stesso
la cui comprensione è data dallo studio ...
□ La Ragione [il Logos] mediante lo studio deve diventare consapevole delle sue potenzialità
e dei suoi limiti in modo da acquisire le competenze necessarie per praticare la giustizia
secondo la Legge uguale per tutti ...