Prof. Giuseppe Nibbi La sapienza poetica e filosofica dell’età 25-26-27 febbraio 2015
SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ MEDIOEVALE
COMINCIA A DIFFONDERSI L’IDEA CHE LA PERSONA SIA UN MICROCOSMO ...
Con il diciottesimo itinerario del nostro percorso di studio sul “territorio della sapienza poetica e filosofica dell’Età medioevale” siamo sempre nell’ampio spazio in cui si sta sviluppando dall’XI secolo il pensiero della “Filosofia scolastica”, e noi come ben sapete ci troviamo da due settimane dinnanzi al “paesaggio intellettuale” di Ildegarda di Bingen. La letteratura biografica, la saggistica, il teatro, la filmografia si sono molto occupate in questi ultimi dieci anni in lungo e in largo di questo singolare personaggio: ha lasciato a desiderare, invece, la ricerca sul ruolo di Ildegarda di Bingen in relazione alla Storia della Filosofia scolastica.
Ildegarda di Bingen - così come tutte le altre donne che hanno lasciato un’impronta evidente nella Storia del Pensiero Umano medioevale [e ne abbiamo citate un certo numero che, per affinità di pensiero, costituiscono una corrente ben precisa] -, insieme alle altre pensatrici, è stata relegata nel capitoletto delle “donne visionarie”. Ed è necessario, quindi, ribadire che Ildegarda di Bingen, insieme alle altre donne pensatrici del Medioevo, fa parte a pieno titolo della Filosofia scolastica.
Al centro del pensiero di Ildegarda - emergente dalla sua opera intitolata Scivias [Conosci le vie] - c’è [come abbiamo studiato nelle scorse settimane, perché è anche vero che di questo aspetto se ne deve occupare l’Alfabetizzazione culturale e funzionale] il tema della libertà, o meglio, il tema “dell’essenza della libertà”. Ildegarda sostiene, a questo proposito facendo appello alla sua intelligenza pratica, che la “scrittura” [un’attività proibita alle donne, e alle monache in particolare, tanto è vero che Ildegarda inventa e utilizza un proprio alfabeto per descrivere il contenuto delle sue visioni che ha mantenuto segreto per anni] rende più libere le persone perché è un’attività che fa dilatare i confini dello Spirito. Secondo [la filosofa] Ildegarda, le persone sono recluse tanto nella grande prigione dell’esistenza, con tutte le loro sofferenze fisiche e psicologiche, quanto nelle maglie del sistema della servitù della gleba e, di fronte a queste criticità esistenziali, la “scrittura” serve per stabilire i limiti della libertà [le regole] e il modo in cui vengono fissate le regole che costituiscono l’essenza della libertà: senza regole condivise, codificate e scritte non c’è libertà.
Ildegarda parte da una rivendicazione di genere sulle “libertà materiali delle donne costrette alla subalternità” per estendere la riflessione al “tema della libertà esistenziale” per cui l’individuo che si crede libero perché [per la forza che ha, per il potere che ha, per il denaro che ha] ritiene di essere “libero di poter fare tutto ciò che vuole” è un “non libero” perché, sostiene Ildegarda in chiave teologica, è schiavo del peccato: è peccato grave [scrive Ildegarda - sotto forma di visione - interpretando la Sacra Scrittura] pensare ed agire come se la libertà consistesse nel poter imporre il proprio arbitrio senza riflettere su dove sia il limite della libertà e come questo limite debba essere fissato agendo prima di tutto, scrive e predica Ildegarda, in none della “carità [dell’amore solidale]” e non c’è libertà senza condivisione.
Un altro aspetto, riguardante la “libertà”, che Ildegarda affronta con determinazione - e di cui ci dobbiamo occupare questa sera - ha come oggetto il “farmaco che cura [tanto realmente quanto psicologicamente] i corpi sofferenti”, perché il “farmaco [il medicamento]” può [potrebbe], adattato alle singole esigenze della persona, liberare il corpo umano da quello stato di prigionia che è la malattia. La malattia, secondo Ildegarda, non è un “castigo [come l’ideologia medioevale sta obbligando a credere]” ma è “un fenomeno, scrive Ildegarda, che c’invita a riflettere sulla fragilità umana e ci permette di applicare i principi del catechismo fondati sulle opere di misericordia corporale e spirituale”.
Quindi, questa sera ci dobbiamo occupare delle opere “farmacologiche” di Ildegarda e della sua attività di “curatrice” che l’hanno resa celebre nei secoli. E, difatti, non è l’Ildegarda visionaria e “filosofa scolastica” quella sopravvissuta nel trascorrere del tempo, bensì quell’altra Ildegarda i cui Libri, all’epoca, sono stati tolti e nascosti dalla gran mole di Documenti inviati a Roma dai prelati di Magonza perché fosse dato inizio al suo processo di canonizzazione. Questi Libri - in particolare quello intitolato Cause e cure delle infermità - racchiudono la straordinaria testimonianza di “un’attività più terrena rispetto a quella celeste delle predicazioni ispirate da Dio”, mettendo in evidenza l’opera di erborista e di medica di Ildegarda, la quale, per la sua familiarità col corpo e con gli elementi della Natura, aveva ben motivo di suscitare inquietudine, soprattutto tra gli ecclesiastici, perché sembrava avvicinarsi ad un sapere sotterraneo, con venature un po’ diaboliche, una competenza che però - utilizzata in favore dei più deboli - riscuoteva la fiducia del popolo minuto.
Il ritratto di Ildegarda, nei secoli, ha finito per riassumersi nei termini di una contraddizione inevitabile: da una parte c’è “la santa”, la visionaria trasmettitrice della parola divina, celebrata da papi e da imperatori, e dall’altra c’è “la strega”, c’è la studiosa di un mondo misterioso, quello della malattia, un mondo da penetrare tanto in accordo con Dio quanto [forse, anche] in competizione con il Demonio.
Al temine dell’itinerario della scorsa settimana abbiamo puntualizzato che nel 1227, a quasi cinquant’anni dalla morte di Ildegarda, per i numerosi miracoli a lei attribuiti, il monastero di Rupertsberg invia a Roma la domanda per la sua canonizzazione, e il papa Gregorio IX, Ugolino dei Conti di Segni, incarica i prelati di Magonza di esaminare la vita e le opere della candidata: questi si mettono all’opera e, dopo aver raccolto una voluminosa documentazione sei anni dopo, nel 1233, la inviano a Roma, dove però viene messa da parte, viene archiviata, perché il papa e la curia sono impegnati a litigare con l’imperatore Federico II di Svevia [si stava perpetrando da tempo uno scontro tra papato ed impero e, prossimamente, dovremo tornare indietro per occuparci di questo tema], sicché Ildegarda ha dovuto aspettare il papa tedesco, Benedetto XVI, per essere presa in considerazione [è stata canonizzata il 10 maggio 2012 e proclamata Dottore della Chiesa il 7 ottobre del 2012] ma nel Trecento era già stata beatificata, e nel Seicento il suo nome era già stato inserito all’interno del calendario ecclesiastico come se fosse una santa.
Ci sono quasi mille pagine di Documenti che testimoniano la “santità” di Ildegarda di Bingen ma fra le opere che, a suo tempo [nel 1233], sono state inviate a Roma non figurano i due libri - rimasti celati nella biblioteca del monastero di Rupertsberg, intitolati Physica [Fisica] e Causae et curae [Cause e cure delle infermità] - ai quali è legata la fama di Ildegarda come “curatrice”, amata e venerata dalle persone più povere, più umili, più bisognose di cui Ildegarda si è sempre occupata. Perché i prelati di Magonza, nel 1233, non hanno inviato a Roma questi testi? Perché temevano che la procedura per la richiesta di canonizzazione di Ildegarda si sarebbe potuta trasformare in un processo per eresia: pensavano che queste opere potessero essere considerate scandalose, come se impegnarsi per curare le malattie, per alleviare le sofferenze umane fosse una cosa scandalosa, fosse un ostacolo alla santità. Il santo è taumaturgo solo se fa i miracoli, mentre se la santa fa la farmacista diventa una strega? Ildegarda s’imbestialisce quando sente parlare di miracoli ribadendo che soltanto Dio ha la facoltà di guarire mentre i religiosi e le religiose - secondo i dettami della Regola benedettina fondata sulle Opere di misericordia corporale e spirituale - devono operare, utilizzando tutti i prodotti del creato, per alleviare le sofferenze del prossimo. Nella Regola benedettina vengono codificate, nel XII secolo, le Opere di misericordia corporale e spirituale.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Ricordate le sette Opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti?... E le sette Opere di misericordia spirituale le ricordate: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare per i vivi e per i morti?... Quale di queste Opere state mettendo in pratica?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Su questo argomento sono stati prodotti molti oggetti artistici e su un catalogo che trovate in biblioteca e navigando in rete potete osservare la famosa tavola intitolata “Le Opere di Misericordia” dipinta intorno al 1504 per la Chiesa di San Lorenzo ad Alkmaar, nei Paesi Bassi, dal cosiddetto Maestro di Alkmaar... Visionate quest’opera riquadro per riquadro...
Sempre utilizzando un catalogo che trovate in biblioteca e navigando in rete potete osservare le due formelle di gesso intitolate “Dar da magiare agli affamati” e “Insegnare agli ignoranti“ realizzate da Antonio Canova nel 1795 perché Abbondio Rezzonico le potesse mettere all’interno di uno spazio dove poter far scuola ai bambini del popolo: chi è Abbondio Rezzonico [l’illustre committente] e chi è Antonio Canova [il celebre autore]?…
Osservate le due opere, indagate sul ruolo del committente, ricercate notizie sull’autore...
Non si sa quando Ildegarda abbia scritto Cause e cure delle infermità e l’altro suo trattato scientifico intitolato Fisica, né sappiamo come abbia esplorato e in che modo abbia sperimentato le virtù terapeutiche di un gran numero di oggetti appartenenti al regno minerale, vegetale e animale [dalle mosche schiacciate e conservate nell’aceto di mele, al cuore di pavone cotto in acqua con l’issopo e una foglia di alloro, alla bile d’anguilla con basilico e becco d’avvoltoio]. Noi non conosciamo la metodologia seguita da Ildegarda perché il sapere di scienza e di rimedi naturali poteva apparire a molti diabolico, roba da streghe, e l’oculata badessa afferma, anche in questo caso, di essere ispirata da Dio nello svolgere la sua attività curativa [anche per mettersi al riparo da eventuali e molto probabili fallimenti anche perché è consapevole della debolezza materiale dei suoi farmaci mentre conta molto sulla loro potenza evocativa e psicologica data dal fatto che questi rimedi sono “scritti”].
L’opera intitolata Cause e cure delle infermità di Ildegarda di Bingen è formata da cinque Libri composti da decine di brevi paragrafi [ciascun paragrafo ha un suo titolo] nei quali l’autrice descrive i motivi per cui si sviluppa un determinato disturbo organico ed espone le terapie, i trattamenti e i rimedi di tutta una serie di malattie. Nei primi due Libri Ildegarda inserisce una serie di paragrafi in cui commenta l’evento della creazione secondo il Libro della Genesi guardandosi bene [non vuole guai] dall’uscire dall’esegesi dettata dall’ortodossia e all’inizio del terzo Libro scrive anche in modo lapidario: «Per le suddette infermità le medicine che seguono sono state indicate da Dio: salveranno l’uomo o egli morirà oppure Dio non avrà voluto salvarlo», come per dire “qui non si fanno miracoli e ciò che conta è la volontà di Dio”.
E adesso - anche riflettendo sull’accanimento farmacologico a cui oggi siamo soggette e soggetti [meno male, però, che i farmaci ci sono e auspichiamo che ce ne siamo sempre di più efficaci] - divulghiamo qualche ricetta di Ildegarda per guarire da malattie molto particolari come l’insensatezza e la smemoratezza [se poi siete curiose e curiosi potete sfogliare la sua opera in cui Ildegarda prescrive pozioni per tutti i mali possibili: nonostante i farmaci e i medicamenti che propone siano quasi tutti innocui e naturali, è meglio non provare di propria iniziativa]. Contro l’insensatezza, una malattia oggi assai diffusa, Ildegarda prescrive: «Se qualcuno avesse il cervello freddo, sì da diventare insensato, prendi alcune bacche di alloro e riducile in polvere. Procurati poi fior di farina e mescolalo alla polvere di bacche e poi all’acqua di cardo. Distribuisci, quindi, questo preparato su tutta la testa della persona inferma dopo avergli tagliato i capelli e coprila con un berretto di feltro». Mentre contro la smemoratezza [una malattia che, oggi, è spesso di gran comodità], contro la smemoratezza involontaria, perché a chi fa finta, spiega Ildegarda, di dimenticarsi le cose la ricetta non serve, Ildegarda prescrive: «Chi contro la propria volontà è smemorato, prenda ortica irritante e la pesti fino ad ottenerne il succo, vi aggiunga un poco di olio di oliva e, quando va a dormire, si unga il petto e le tempie con quel preparato e lo faccia spesso».
Come “visionaria” Ildegarda è ligia all’ortodossia e non dice una parola che non sia in linea con la dottrina ufficiale della Chiesa, mentre da “erborista” e da “scienziata” va invece oltre il sapere e la mentalità medioevale. In Cause e cure delle infermità arriva ad intuire la circolazione del sangue, scoperta da Harvey nel XVII secolo, e la pone in rapporto con gli astri, specie con il movimento della luna che funziona come una calamita. Leggendo il testo di Ildegarda si penetra in un universo “liquido”, dove la luna presiede a una circolazione incessante di flussi, di sangue, di bile, di umori, di flegmi, di muchi, e dove non c’è ritegno a trattare argomenti su cui il silenzio sarebbe stato la regola da osservare come, per esempio, il discorso sulla sessualità, un discorso che non trascura quella degli uomini e non teme di volgersi dalla parte delle donne intervenendo su fenomeni rimossi come quello del ciclo mestruale e dell’acquisizione del piacere. La vergine badessa benedettina Ildegarda, entrata in convento a otto anni, la si immagina priva dell’esperienza personale di una sua contemporanea che si chiama Eloisa [e che incontreremo a breve] e, invece, ci accorgiamo che ha una visione ben precisa del sesso legata al “vero amore” e, per “vero amore” Ildegarda intende che debba scaturire dall’affettività ma, soprattutto, che sia un incontro basato sul consenso da parte della donna. Così quando, poeticamente e anche con un po’ di nostalgia, Ildegarda descrive il piacere della donna scrivendo: «Come quando il sole, che teneramente, lievemente e costantemente pervade del suo calore la terra affinché dia frutto, così quando ella si unisce al suo amante, il calore del suo cervello che sente il piacere, preannuncia il gusto del piacere di quell’unione e l’effusione del seme», ebbene, con questa descrizione siamo di fronte ad una persona piuttosto emancipata e questo significa che in clausura, sebbene [si presume] non si faccia sesso, di sessualità se ne parla e ci si riflette sopra in termini appropriati e, soprattutto, [cosa proibitissima] si tratta l’argomento per iscritto.
Naturalmente anche l’ambiente, romantico e sensuale, in cui vive Ildegarda favorisce pensieri amorosi: Ildegarda vive nella valle del Reno e nessuna regione della Germania è nota fuori dai confini tedeschi quanto la Valle del Reno e, a renderla tale, hanno contribuito, per secoli, la Storia, la Letteratura, la Musica e le Arti figurative.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Germania e navigando in rete fate un’escursione nella Valle del Reno, in particolare nel tratto che va da Magonza [Mainz] a Coblenza [Koblenz] passando per Bingen e queste tre città le potete visitare…
Il paesaggio renano è talmente fitto di motivi d’interesse che è bene percorrerlo cominciando dalla carta geografica lasciandosi guidare dalla propria curiosità, buon viaggio...
Non possiamo non ricordare, in funzione della didattica della lettura e della scrittura, l’opera descrittiva e riflessiva di un celebre viaggiatore: Wolfgang Goethe [1749-1832]. Goethe, che molte volte abbiamo incontrato nei nostri viaggi, negli anni dal 1814 al 1815 vuole stabilire un rapporto con il mondo medioevale cristiano perché era un aspetto che lui aveva trascurato e anche ripudiato e per questo motivo compie un viaggio nella valle del Reno, un territorio ricco di testimonianze cristiano-medioevali. Dal 1817 al 1818 vengono pubblicati su una Rivista letteraria tre racconti, ispirati dai ricordi di viaggio di Goethe nella valle del Reno, intitolati: La festa di San Rocco a Bingen, Giornate autunnali in Renania e Arte e antichità sul Reno, il Meno e il Nekar.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Potrebbe esserci nelle nostre biblioteche pubbliche il testo di “La festa di San Rocco a Bingen” di Wolfgang Goethe… Provate a fare una richiesta nella biblioteca che frequentate e, se va a buon fine, potete leggere qualche pagina di questo racconto…
Noi adesso ci dedichiamo alla lettura di una pagina di Storie dell’anno Mille [un testo che abbiamo letto ormai quasi per intero e, a questo punto, è d’obbligo arrivare alla fine] e, la scorsa settimana, abbiamo lasciato Millemosche in navigazione a cavallo di un tronco nelle acque di un fiume [Millemosche si è buttato in acqua senza saper nuotare per sfuggire alla lebbrosa Menegota] - e questo fiume potrebbe anche essere il Reno - mentre Pannocchia e Carestia lo seguono di corsa lungo la riva facendo una fatica terribile, e si sa che - in linea di massima - i fiumi arrivano al mare o, per lo meno, in qualche posto arrivano sempre.
LEGERE MULTUM….
Tonino Guerra Luigi Malerba, Storie dell’anno Mille
TUTTI I FIUMI ARRIVANO IN QUALCHE POSTO
Il fiume è diventato grandissimo tanto che non si vede da una riva all’altra. Si sente già nell’aria un odore di alghe e di pesce. Questo significa che il mare non è lontano.
Infatti Pannocchia e Carestia a un tratto si fermano. La terra sulla quale stanno camminando si allontana sempre più dall’acqua e sembra quasi che ritorni indietro per lasciare spazio a una enorme distesa verdastra che arriva fino all’orizzonte.
Pannocchia si pianta sui piedi e guarda lontano proteggendosi gli occhi con la mano.
«O mi sbaglio o questo è il mare».
«Ecco, lo sapevo che andava a finire nel mare questo fiume, che gli venga la lebbra».
«Questo lo sapevo anch’io. Tutti i fiumi finiscono nel mare».
... continua la lettura ...
Ma Millemosche non affoga: chi lo salva? Lo sapremo prossimamente, e forse, secondo Ildegarda, Millemosche è stato concepito “durante una luna accompagnata da molti rovesci di pioggia” e Carestia forse, secondo Ildegarda, è stato concepito “quando la luna splende nell’eccessiva calura estiva o nei giorni della canicola” e Pannocchia forse, secondo Ildegarda, è stato concepito “al tempo in cui cadono le foglie” Che cosa stiamo dicendo? Stiamo facendo delle ipotesi strampalate o queste considerazioni, per quanto stravaganti, devono essere, comunque, oggetto di riflessione? Nelle sue opere “visionarie” Ildegarda mette al centro lo Spirito Santo mentre nelle opere “scientifiche” [“Physica” e “Causae et curae”] l’autrice mette al centro “il corpo umano” e, tacitamente, polemizza con la gerarchia che rimuove il tema del corpo come se non fosse un valore per poi predicare che, a suo tempo, il corpo risorgerà: facendo capire che, quindi, è meglio morire prima possibile. I documenti della gerarchia, poi, impongono alle monache di censurare il loro corpo, che deve essere utile solo a esercitare macerazioni e devastazioni, ad auto-punirsi, per raggiungere più in fretta la morte e il regno di Dio, mentre Ildegarda - proprio perché è destinato a risorgere - considera il corpo come un oggetto da descrivere attentamente in modo da prevenire e sconfiggere l’intervento della malattia perché la malattia allontana il corpo dalla vita data da Dio e dall’armonia in cui è stato creato.
Fin dall’inizio di Causae et curae [Cause e cure delle infermità] la creatura umana emerge nella sua piena fisicità e come parte inscindibile dal Tutto dell’Universo e Ildegarda descrive come la persona sia inevitabilmente circondata dagli elementi e dal firmamento: dal sole, dalle stelle, dalla tempesta, dal tuono, dal fulmine, dalla grandine, dalla neve, dalla pioggia, dai venti, dalla rugiada, dai dodici segni dello zodiaco e dai pianeti e, soprattutto, dalla luna. E come la creatura umana viene indagata nelle sue singole parti così ogni elemento naturale è descritto nella sua composizione e nelle sue varietà, ognuna delle quali - venendo a contatto con il corpo umano - agisce determinando un certo effetto: Ildegarda con mentalità aristotelica sperimenta il rapporto tra causa ed effetto e, fra poco, ci occuperemo delle fonti della formazione di Ildegarda a questo proposito.
L’elemento che, secondo Ildegarda, condiziona la persona umana fin dal suo concepimento è la luna, la quale, funzionando come una grande calamita, modifica - attraendoli con maggiore o minore intensità - il livello dei liquidi presenti nei corpi degli esseri umani [sangue, bile, flegma, muco], degli animali e in tutta la Natura. Si capisce che le monache dei monasteri ildegardiani passano - tutte le volte che è possibile - le loro serate ad osservare, nelle sue varie fasi, la luna, e probabilmente anche ad indagare che effetto fa la presenza della luna in quella forma su di loro. Secondo Ildegarda il carattere fisico e psicologico di una persona viene determinato in relazione al ciclo lunare e nelle ultime pagine dell’ultimo Libro, il quinto, di Causae et curae [Cause e cure delle infermità] Ildegarda descrive, secondo il giorno del suo concepimento, dal primo giorno di luna nuova fino al trentesimo, quali caratteristiche fisiche e psicologiche la persona viene ad assumere.
Leggiamo queste pagine per riflettere su come Ildegarda abbia pazientemente indagato sulle caratteristiche degli esseri umani, maschi e femmine, non solo per cercare di codificare come gli eventi cosmici possano influire sulla natura umana ma, soprattutto, per invitare le persone ad indagare sui loro [presunti e reali] modi di essere, al fine di rafforzare i lati positivi e di modificare gli aspetti negativi del loro carattere perché avere di fronte la gamma dei buoni e dei cattivi caratteri fa riflettere e aiuta [dovrebbe aiutare] gli individui a migliorarsi.
Queste pagine possono sembrare ripetitive e noiose da leggere per la forma di “catalogo” in cui sono scritte, ma nel contenuto, che potrebbe sembrare solo fantasioso, presentano una vasta gamma di caratteri che emergono da un’equazione [chiamiamola così] che Ildegarda - a seconda dell’influenza lunare - formula tenendo conto del livello, e quindi dell’incidenza, di alcuni elementi liquidi fondamentali: il Sangue, la Bile rossa, la Bile nera, la Flemma. I caratteri della persona concepita in quel determinato giorno del ciclo lunare sarebbero determinati dall’equilibro o dallo squilibrio degli elementi liquidi dei genitori, tuttavia, Ildegarda ci tiene a dire che tutto dipende comunque dalla volontà di Dio. Leggiamo [attenzione: manca un “felice”].
LEGERE MULTUM….
Ildegarda di Bingen, Causae et curae [Cause e cure delle infermità]
Qualcosa sul concepimento
Le persone concepite durante una luna accompagnata da molti rovesci di pioggia sono spesso attratte dall’acqua per annegarvi. Chi viene concepito quando la luna splende nell’eccessiva calura estiva, è facilmente attratto dal fuoco per bruciarvi. Chi, poi, viene concepito nei giorni della canicola [in Agosto], essendo questi giorni che mordono, è facilmente mangiato dalle fiere. La persona concepita al tempo in cui cadono le foglie cade facilmente dagli alberi o da altri luoghi elevati.
La prima luna
La persona concepita nella prima luna [s’intende il primo giorno della luna nuova e così via fino al trentesimo], quando la luna riceve la sua luce dal sole, se è maschio, sarà superbo e duro, e non amerà altri che chi lo teme e lo onora, troverà piacere nel parlar male dei suoi simili, del loro onore e dei loro beni. …Se è femmina vorrà sempre essere onorata, sarà amata più dagli estranei che dai suoi familiari, si trascurerà e amerà sempre i nuovi arrivati, ma con i suoi familiari sarà cattiva e di loro non si curerà.
La seconda luna
Chi viene concepito nella seconda luna, se è maschio, possiede una viva fantasia e una mente ampia per il sapere e un’indole salda; sarà trattato con rispetto dai suoi simili, ma quando vi sarà motivo di temere si lascerà prendere facilmente dal panico.… Se è femmina, sarà assennata e ricercherà molte cose, sarà operosa e si preoccuperà di sé e degli altri, e vorrà essere amata, ma non potrà esserlo; sarà tormentata dalla malinconia e si scoraggerà facilmente.
La terza luna
Chi viene concepito nella terza luna, se è maschio, sarà probo, ma la sua probità non gli varrà a nulla, perché egli dipenderà da altri e si occuperà più degli affari altrui che dei propri; si interesserà più agli estranei che ai suoi conoscenti, amerà Dio, ma non nelle opere, e si perderà facilmente nel suo onore. …Se è femmina, avrà sventura e sfortuna nelle cose del mondo, ma rivolgerà lo stesso a Dio i suoi sospiri; le sue vene soffriranno frequenti, ma sopportabili infermità.
La quarta luna
Chi viene concepito nella quarta luna, se è maschio, sarà sciocco e si farà facilmente ingannare dagli altri, tuttavia, sarà di buon cuore e avrà fortuna, sì che diverrà orgoglioso, ricco e rispettato. …Se è femmina, sarà degna di lode e cara ai suoi simili e con questi si troverà in armonia.
La quinta luna
Chi viene concepito nella quinta luna, se è maschio, sarà probo e fidato, audace e perseverante, nonché sano nel corpo. … Se è femmina, avrà caratteri maschili, sarà litigiosa e piena d’astio e, comunque, proba.
La sesta luna
Chi viene concepito nella sesta luna, se è maschio, sarà di buon cuore e avrà una natura attraente, ma per nulla maschile, e sarà delicato come una donna. … Se è femmina, sarà proba e onesta e cara ai suoi simili.
La settima luna
Chi viene concepito nella settima luna, se è maschio, sarà sciocco e privo di saggezza, per quanto si reputerà saggio, senza esserlo; ai suoi simili non sarà caro; avrà vene forti, ma quando si ammala diventa sofferente e avvilito. … Se è femmina, sarà arrogante, ma sciocca e priva di saggezza, collerica e sgradita ai suoi simili.
L’ottava luna
Chi viene concepito nell’ottava luna, se è maschio, sarà avveduto, casto e moderato in tutto quel che farà, e aiuterà i suoi simili. … Se è femmina, sarà amabile, gradevole, amante dell’eleganza e proba; ma non amerà i maschi.
La nona luna
Chi viene concepito nella nona luna, se è maschio, si spaventerà facilmente, e sarà lussurioso. … Se è femmina, sarà pudica e amerà gli uomini con costumatezza.
La decima luna
Chi viene concepito nella decima luna, sarà probo, onesto, robusto, felice e sano. … Se è femmina, sarà proba, cara e gradita ai suoi simili come un giglio, onesta e felice.
La undicesima luna
Chi viene concepito nell’undicesima luna, se è maschio, sarà collerico e infelice, non amerà le donne e non sarà sano. …Se è femmina, sarà collerica, operosa e maldicente, e tuttavia proba.
La dodicesima luna
Chi viene concepito nella dodicesima luna, se è maschio, sarà confuso e volgerà la sua mente ora a questo ora a quello, amerà e sarà attratto da luoghi e cose sconosciute, e ogni suo comportamento sarà inviso ai suoi simili, e diventerà afflitto. Se è femmina, non avrà un’indole stabile, sarà incolta, né vorrà migliorarsi con l’insegnamento; sarà invisa ai suoi simili.
La tredicesima luna
Chi viene concepito nella tredicesima luna, se è maschio, sarà sgarbato, timoroso e infido, avrà piacere nel parlar male dei suoi simili e diventerà facilmente frenetico. … Se è femmina, non sarà amabile, ma perfida, e farà mostra di dare buoni consigli, per trarre in inganno.
La quattordicesima luna
Chi viene concepito nella quattordicesima luna, se è maschio, sarà superbo e presuntuoso, avrà una vita laboriosa e sino alla morte lavorerà per il suo onore e genererà molti figli. … Se è una femmina, sarà umile e non cercherà il suo onore, perché già ne dispone, e lo manterrà integro; sarà laboriosa, sana nel corpo, ma non potrà essere amata.
La quindicesima luna
Chi viene concepito nella quindicesima luna, se è maschio, vivrà nell’onore e nella felicità, e in ogni cosa intrapresa avrà successo e non fallirà, che siano opere buone o opere cattive, essendo stato concepito nella pienezza della luna. … Se è femmina, sarà degna di lode e attratta dalle novità, sarà onorata e nelle cose che riguardano Dio si perderà facilmente, se non renderà onore a Dio.
La sedicesima luna
Chi viene concepito nella sedicesima luna, se è maschio, avrà costumi ordinari, che non saranno graditi ad alcuno, anzi saranno invisi; non avrà successo alcuno in quel che intraprende, e ciò nonostante avrà così tanta fierezza, che nella vita non patirà penuria alcuna. … Se, invece, è femmina, sarà sciocca e incostante, ma troverà il sostentamento della vita grazie alla sua fierezza.
La diciassettesima luna
Chi viene concepito nella diciassettesima luna, se è maschio, sarà stolto e avrà scarso sapere, tuttavia, si renderà in qualche modo utile e i suoi simili si divertiranno con lui come con un bambino, ed egli sarà amato. … Se è femmina, sarà sciocca, litigiosa e collerica, ma, talvolta, anche di animo buono, e per questo piacerà; sarà afflitta da convulsioni, che la priveranno del senno.
La diciottesima luna
Chi viene concepito nella diciottesima luna, se è maschio, diverrà un ladro e avrà piacere a rubare, e come ladro verrà riconosciuto. Egli non possiederà terre, perché dalla terra di norma non vorrà avere nulla, come campi, vigne o simili, ma vorrà sempre e solo prendere agli altri ciò che non gli appartiene. … Se, invece, è una femmina, sarà subdola, avrà il carattere di una volpe e di norma non dirà quello che ha in cuore; seguendo il suo cuore malvagio ingannerà invece gli uomini probi con le parole e, quando le sarà possibile, li porterà alla morte. E sana nel corpo, ma sarà talvolta afflitta da pazzia.
La diciannovesima luna
Chi viene concepito nella diciannovesima luna, se è maschio, sarà semplice e per nulla subdolo, e sarà caro ai suoi simili, non vivrà nell’abbondanza, se altri non lo aiuteranno a raggiungerla. … Se è femmina, sarà sciocca e, comunque, gradita ai suoi simili; fallirà facilmente in ogni cosa intrapresa, se altri non le verranno in soccorso.
La ventesima luna
Chi viene concepito nella ventesima luna, se è maschio, sarà virile, malvagio, ladro e assassino, e ne trarrà piacere. … Se, invece, è femmina, sarà traditrice e distruttrice, e un’avvelenatrice che avvelenerà volentieri i suoi simili; e diventerà lunatica.
La ventunesima luna
Chi viene concepito nella ventunesima luna, se è maschio, sarà vacuo nella mente e nei sensi e pieno di ogni tristezza; egli non saprà provvedere a se stesso in alcuna occasione, ma sarà come uno stolto che smarrisce la via; egli si asciugherà interiormente e diventerà triste, ma non potrà essere consolato. … Se è femmina, sarà amata dai suoi simili, ma sarà timorosa e inquieta e incapace di correggersi, e potrebbe quasi morire di paura se anche solo un fanciullo la minacciasse; la tristezza graverà la sua mente.
La ventiduesima luna
Chi viene concepito nella ventiduesima luna, se è maschio, sarà doppio e in guerra si comporterà come chi non combatte valorosamente; di fronte ai suoi simili si comporterà in base a quel che gli apparirà vantaggioso e nel modo che riterrà vantaggioso, e come cambia il vento, così sarà il suo animo; tuttavia, sarà piuttosto probo, ma non sarà molto amato dai suoi simili. …Se è femmina, il suo carattere sarà vano e vacuo, ma attrarrà i maschi proprio in virtù del suo carattere e non a causa della fornicazione; mentirà volentieri.
La ventitreesima luna
Chi viene concepito nella ventitreesima luna, se è maschio, sarà benevolo e mite, accetterà volentieri un buon consiglio, ma non saprà proteggersi dal male che viene dalla perfidia dei suoi simili; non mancherà di felicità, ma la conserverà a stento. … Se è femmina, sarà pudica e tutti l’ameranno per il suo pudore; ma per quel che riguarda l’onore, sarà irriflessiva, ma non subdola; tuttavia, sarà piuttosto felice.
La ventiquattresima luna
Chi viene concepito nella ventiquattresima luna, se è maschio, sarà incline alla maldicenza, accorto e sempre teso ad arricchire solo se stesso; sarà avaro e non farà nulla per i suoi simili. … Se è femmina, sarà avveduta e scaltra, e ai suoi simili sembrerà buona, ma non farà nulla per loro; soffrirà talvolta del male del dragoncello.
La venticinquesima luna
Chi viene concepito nella venticinquesima luna, se è maschio, sarà superbo ed empio, e sarebbe avveduto se la superbia e l’empietà non disperdessero la sua avvedutezza così come il vento disperde la polvere. Egli è come chi vuole più di quel che ha, cioè come una nave che non vuole stare in acqua; la sua superbia tornerà a suo svantaggio ed egli sarà inviso ai suoi simili. … Se è femmina, sarà bella in volto e si farà grande della sua probità, ma non sarà proba, infatti, quando si cercherà la probità in lei, non la si troverà; per questo, sarà odiata e cadrà per la sua superbia.
La ventiseiesima luna
Chi viene concepito nella ventiseiesima luna, se è maschio, sarà avveduto e rifletterà bene prima di fare qualsiasi cosa; sarà colpito facilmente dagli attacchi di febbre e vivrà a lungo. Se è femmina, sarà avveduta, ansiosa, costante e casta; sarà, tuttavia, afflitta facilmente dal flegma.
La ventisettesima luna
Chi viene concepito nella ventisettesima luna, se è maschio, sarà pavido e smemorato, cadrà facilmente in preda al terrore e, tuttavia, sarà probo e si renderà utile e sarà amato dai suoi simili; sarà oppresso facilmente dalla malinconia. … Se è femmina, sarà virtuosa, sì da essere amata dai suoi simili.
La ventottesima luna
Chi viene concepito nella ventottesima luna, se è maschio, sarà contorto nel carattere e nel comportamento e agirà come se fosse pazzo, ma avrà senno e sapere a sufficienza e, tuttavia, non potrà essere amato; egli incorrerà facilmente nella pazzia. Se è femmina, sarà fatua e stolta e avrà modi molesti, né potrà essere gradita ai suoi simili.
La ventinovesima luna
Chi viene concepito nella ventinovesima luna, se è maschio, sarà curioso e avrà un’indole e un comportamento stravaganti, amerà i nuovi costumi nel vestire e nelle usanze, nonché la gente nuova e inaffidabile; nel corpo avrà facilmente umori velenosi. …Se è femmina, sarà indolente e vanitosa e con i suoi modi e il suo comportamento attrarrà i maschi; sarà debole di stomaco.
La trentesima luna
Chi viene concepito nella trentesima luna, se è maschio, sarà povero e, se fosse nobile, scenderà sempre più in basso e non sarà felice; nel corpo deperirà facilmente, nelle forze e nella carne. … Se è femmina, sarà povera e incline alla maldicenza e starà più volentieri con gli sconosciuti che con le persone note.
Termina qui questo libro. Chi scrive sia libero da rimproveri.
Tutto dipende dalla volontà di Dio. Tutti dicano Amen.
In queste pagine - che possono sembrare ripetitive e noiose da leggere – troviamo il più ampio quadro antropologico dei caratteri della gente del Medioevo [non siamo cambiati molto], vi troviamo elencate ben settantuno modi di essere del carattere di una persona: viene da pensare che anche Sigmund Freud abbia attinto a questo catalogo.
E adesso dobbiamo domandarci: come nasce la passione e come si sviluppa la vocazione di Ildegarda per l’erboristeria, per la farmacia, per la medicina, per la scienza? Queste discipline hanno una lunga storia e noi su questo tema abbiamo delle competenze, acquisite nel corso di questo viaggio: abbiamo preso atto che, in Età medioevale, è stata coltivata l’arte medica e, in proposito, abbiamo incontrato a metà gennaio la figura di Avicenna con le sue Opere di medicina [l’interesse per la medicina arriva in Occidente attraverso la cultura arabo-islamica], e poi abbiamo fatto visita alla Scuola medica salernitana, gestita da donne, le “Mulieres salernitanae”, tra le quali spicca il personaggio di Trotula de Ruggiero vissuta a Salerno attorno al 1050. Trotula de Ruggiero [ricordate?] compone un’opera intitolata De passionibus Mulierum Curandarum [Sulle malattie delle donne] e si ipotizza che Ildegarda conosca quest’opera.
Di sicuro sappiamo che Ildegarda ha acquisito le sue competenze “scientifiche” attraverso un’opera depositata in molte biblioteche abbaziali e quest’opera noi abbiamo già avuto occasione di incontrarla in un altro contesto: ora la ritroviamo nel suo ambiente specifico, nel “paesaggio intellettuale di Ildegarda di Bingen. L’opera in questione è un trattato intitolato De medicina animae [La medicina dell’anima] scritto da un monaco - inizialmente agostiniano e poi benedettino - che si chiama Hugone de Folieto. Chi è Hugone de Folieto?
Nel rispondere a questa domanda dobbiamo nominare alcuni personaggi che incontreremo da vicino prossimamente quando, come abbiamo già detto, torneremo indietro per studiare una serie di avvenimenti che sono accaduti negli anni appena precedenti e contemporanei alla vita di Ildegarda [abbiamo lasciato indietro alcuni significativi paesaggi intellettuali] e non potevamo mescolare le cose: l’Età medioevale è particolarmente ricca di personaggi e di avvenimenti e per suonare la musica di questo periodo dobbiamo usare la fisarmonica: estendere il mantice e poi restringerlo per poi estenderlo nuovamente per permettere all’aria di produrre il suono.
Il trattato De medicina animae [La medicina dell’anima] si è ben conservato perché una serie di copie manoscritte sono state custodite presso la celebre abbazia di San Vittore dove è stato abate il famoso Ugo di San Vittore [1100 circa-1141] autore di molte opere importanti tra cui il Didascalicon, un trattato di pedagogia su come imparare a studiare le Arti, ad approfondire la Teologia e a fare l’esegesi della Sacra Scrittura.
L’abbazia di San Vittore è stata fondata nel 1108 da una comunità di monaci di tendenza agostiniana, fuori Parigi, in un’ansa della Senna. Nel XII secolo l’abbazia di San Vittore è stata la sede di un’importante Scuola teologica, la Scuola di San Vittore, che ha cercato di operare una sintesi tra il misticismo di Bernardo di Clairveaux che incontreremo prossimamente, il pensiero dialettico di Abelardo [che incontreremo a breve] e il pensiero naturalistico della Scuola di Chartres, ora, di questa sintesi non possiamo dire altro.
A San Vittore lo stile di vita dei monaci, a differenza di ciò che succede a Cluny, è molto frugale: si coltiva un severo misticismo contemplativo [per curare l’anima] impostato su una solida cultura materiale [per la tutela del corpo]: ecco perché, nella biblioteca di San Vittore, è stato ben conservato un trattato come il De medicina animae [La medicina dell’anima] che tende a tutelare il corpo in funzione della cura dell’anima.
Hugone de Folieto, che è stato definito uno “scienziato” ed è contemporaneo di Ildegarda di Bingen, è nato a Fouilloy [latinizzato in Folieto] un piccolo paese nella regione della Piccardia nel nord della Francia, ed è stato un monaco agostiniano a Corbie, poi è passato all’ordine benedettino e diventa priore dell’abbazia di Amiens [abbiamo visitato la città di Amiens ai primi di dicembre con la sua famosa cattedrale di Notre-Dame che risulta essere la più grande cattedrale di Francia, una delle più grandi d’Europa]. Hugone de Folieto nel 1140 è stato nominato cardinale da papa Innocenzo II ma lui non avrebbe voluto questo titolo: è lontano da Roma tanto geograficamente quanto psicologicamente e considera una punizione piuttosto che un privilegio entrare a far parte della gerarchia dello Stato pontificio. Ma dobbiamo sapere [sappiamo già che c’è una profonda spaccatura tra la Chiesa delle abbazie che parla di “riforma” e la curia romana che parla di “repressione”] in quali circostanze Hugone de Folieto diventa suo malgrado cardinale, sappiamo che ai vertici della Chiesa si verificano spesso forti fibrillazioni: eventi di carattere scismatico.
Il 13 febbraio del 1130 [è una giornata davvero particolare di 885 anni fa] muore il papa Onorio II [Lamberto Scannabecchi di Fagnano], di buon ora, alle cinque del mattino. Alle dieci del mattino in San Gregorio al Celio si riuniscono i cardinali e poco prima di mezzogiorno hanno già eletto il nuovo papa: è Gregorio dei Papareschi, appartenente ad una delle famiglie romane dominanti, insieme a quella dei Pierleoni, due famiglie in aperto conflitto tra loro. Gregorio dei Papareschi prende il nome di Innocenzo II ed è una persona in gamba: è un politico competente, è un esperto diplomatico ed è stato legato pontificio in Francia e in Germania e in questa veste ha partecipato, nel 1122, alla stipula del Concordato di Worms tra il papa e l’imperatore [al quale bisognava tenere testa], un accordo che conclude una fase della cosiddetta lotta per le investiture [ce ne dobbiamo ancora occupare e ce ne occuperemo prossimamente].
E, quindi, dal rapido conclave del 13 febbraio del 1130, sembra uscita la persona adatta per fare il papa, ma le cose, nelle ore successive [questa è davvero una giornata particolare] si complicano perché al Celio, a eleggere papa Innocenzo II, c’erano solo quindici cardinali su trentanove elettori: e gli altri ventiquattro dov’erano? Gli altri ventiquattro cardinali, alle ore quindici dello stesso giorno [è veramente una giornata intensa quella del 13 febbraio del 1130], si riuniscono nella basilica di San Marco e poco prima delle diciassette eleggono papa il cardinale Pietro Pierleoni della famiglia nemica acerrima dei Papareschi, il quale assume il nome di Anacleto II. Il Pierleoni, papa Anacleto II [il papa delle ore 17], appoggiato dal re normanno Ruggero di Sicilia [con il quale era già d’accordo] s’impadronisce di Roma entro le ore diciotto. A questo punto il Papareschi, papa Innocenzo II [il papa di mezzogiorno], prende una rapida decisione e al galoppo, in sella a un veloce destriero, giunge al porto di Ostia dove s’imbarca sul vascello delle ore diciannove e, con il vento in favore, prima della mezzanotte è già a Pisa. È stata davvero un giornata memorabile quella del 13 febbraio del 1130.
Innocenzo II Papareschi [il papa di mezzogiorno] il giorno successivo parte dal porto di Pisa e naviga fino in Francia, sbarca a Marsiglia, e si trasferisce a Etampes dove lavora [sappiamo che è un abile diplomatico] per convocare il concilio ecumenico in modo da emarginare Anacleto II Pierleoni [il papa delle ore 17] il quale se ne sta asserragliato a Roma, protetto dall’esercito del re Normanno di Sicilia. Il concilio si riunisce a Etampes: siete mai state, siete mai stati a Etampes?
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
La cittadina di Etampes si trova nell’Ile de France, a 50 chilometri a sud di Parigi, a metà strada tra Chartres e Fontainebleau, è situata nella valle della Chalouette e dalla Juine, e ci sono molti monumenti interessanti… Utilizzando l’enciclopedia, la guida della Francia [ancor meglio quella di Parigi] e navigando in rete fate una visita a Etampes, buon viaggio…
Ebbene, a Etampes, nel settembre del 1130, si tiene il concilio e sono presenti tutti i rappresentanti dei grandi Ordini monastici. Per tutte le congregazioni monastiche [che hanno trovato un accordo] e che rappresentano la Chiesa delle abbazie parla Bernardo di Clairveaux, il quale, nel nome dell’autorità del Concilio dichiara Innocenzo II, Gregorio dei Papareschi, papa legittimo e denuncia Anacleto II, Pietro dei Pierleoni, come antipapa e lo dichiara privo di legittimità. Come possiamo constatare siamo in pieno “scisma”, uno dei tanti, questo è quello che agita profondamente la Chiesa dal 1130 al 1139.
Il dettato del concilio di Etampes [settembre 1130], elaborato da Bernardo di Clairveaux, viene accolto da quasi tutta la Cristianità e si forma una coalizione che vede il re di Francia, il re d’Inghilterra, il re di Spagna, il re di Germania e d’Italia, Lotario, schierati contro il re normanno Ruggero di Sicilia. Questa coalizione, nel 1131, riporta Innocenzo II a Roma ma l’antipapa Anacleto II non si dimette e viene a crearsi una situazione paradossale: Innocenzo II s’insedia nella basilica lateranense di San Giovanni protetto dall’esercito della coalizione dei regni europei e Anacleto II si barrica in San Pietro protetto dall’esercito normanno, e questo stato di cose dura fino al 1138 quando Anacleto II muore e, poche ore dopo, la famiglia Pierleoni, sempre sotto la protezione dei Normanni di Sicilia, ai quali non sembra vero portare scompiglio in Europa, elegge subito un nuovo antipapa, il cardinale Gregorio dei Conti, che prende il nome di Vittore IV. Di conseguenza viene subito convocato un altro concilio che si tiene a Roma in Laterano dove il portavoce degli Ordini monastici Bernardo di Clairveaux impone ancora una volta la linea della Chiesa delle abbazie: Vittore IV - bollato come antipapa - ubbidisce e, rimettendosi alla decisione del concilio, si dimette, e così finisce lo scisma, nel 1139. Nel 1140 Innocenzo II [Gregorio Papareschi] torna ad essere l’unico papa legittimo e ritiene opportuno nominare cardinali un certo numero di abati dei grandi monasteri che lo hanno sostenuto e hanno scongiurato lo scisma, ed è in questa occasione che Hugone de Folieto nel 1140 diventa cardinale.
Hugone de Folieto [piuttosto disgustato, come abbiamo detto] accetta per ubbidienza in nome dell’unità della Chiesa, però dà tacitamente un segno di disapprovazione verso la curia romana perché non si muoverà mai dalle sue abbazie che considera lo zoccolo duro della Chiesa e non ha mai partecipato ad alcun conclave, e sono stati ben cinque i conclavi che ha disertato, non vuole correre il rischio di essere eletto papa, ma in realtà nessuno lo ha mai sollecitato a partecipare. Hugone de Folieto è un cardinale che per più di trentenni vive come un monaco e agisce da scienziato [lavora, prega e studia, secondo la Regola benedettina e si occupa anche di ornitologia], muore intorno al 1174, e non conosciamo neppure la data precisa della sua morte, ma “è solo un dettaglio, di fronte all’eternità” avrebbe risposto Hugone in coerenza con il suo stile di vita, che è lo stile di vita di Ildegarda: lo stile di coloro che si riconoscono nella Chiesa delle abbazie.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Nel 2009 la regista tedesca Margarethe von Trotta ha girato un film, intitolato “Vision”, su Ildegarda di Bingen che potete vedere in rete, buona visione...
Le abbazie, le badie, i monasteri, i conventi sono situati spesso in luoghi molto suggestivi: siete state e siete stati ultimamente in visita ad una di queste strutture ?...
Scrivete quattro righe in proposito…
Ma ora occupiamoci del trattato intitolato De medicina animae [La medicina dell’anima] che ha un posto importante nella Storia del Pensiero Umano perché è l’opera di un monaco-cardinale che agisce per dare unità e autorevolezza alla Chiesa, e nel suo lavoro c’è già in incubazione il pensiero dell’età moderna e questo ci fa capire che, con la Filosofia scolastica, le Idee dell’età moderna, per dirla con Platone, stanno da secoli, in potenza [per dirla con Aristotele], nel pensiero della Scolastica.
Hugone de Folieto, nel suo trattato De medicina animae [La medicina dell’anima], definisce l’Essere umano come un microcosmo [ed è la stessa definizione che usano, più di tre secoli dopo, in pieno Rinascimento, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e Pietro Pomponazzi, tre personaggi che rincontreremo a suo tempo]. Il definire l’Essere umano come un microcosmo significa che ogni persona è un mondo intero [che in ogni essere umano c’è l’intero Universo], per cui l’individuo è formato da un impasto di materia naturale e di materia spirituale, è un amalgama di corpo e di anima [ed è su questa concezione dell’essere umano che si forma Ildegarda].
Queste idee, che Hugone sintetizza nel suo trattato, penetrano e si sviluppano in molti campi di azione tipici del XII secolo: uno di questi campi d’azione è l’Architettura, difatti, le sue idee servono anche per concepire la realizzazione di quell’organismo che è la cattedrale gotica [questo oggetto lo abbiamo visto concepire in potenza in un frammento di Gerberto d’Aurillac alla metà del novembre scorso] e, difatti, la cattedrale risulta essere l’oggetto più rilevante che nasce dall’impasto tra la materia naturale e la materia spirituale. Ed è per questo motivo che, quando entriamo in una cattedrale gotica, proviamo delle sensazioni e delle emozioni che ci fanno percepire, se si possiedono le competenze intellettuali necessarie, il concetto di microcosmo e l’idea di amalgama tra il corpo e l’anima. La cattedrale - progettata e costruita razionalmente, mediante la Ragione, il Logos - con le sue altezze e con i suoi giochi di luci e di ombre è una macchina psicologica che ci fa sentire piccole, piccoli [micron], ma la sua ampia superficie, che non possiamo contenere tutta in uno sguardo, è tuttavia un mondo [un kosmos] che si lascia conquistare ed è un ambiente che, gradatamente, penetra dentro di noi perché questo vasto spazio è un luogo dell’Anima [della psiche] e coincide con la nostra interiorità. Avete notato come tre elementi fondamentali - l’Anima, l’Ordine del Mondo e la Ragione - che caratterizzano la disputa tra le correnti della Scolastica si materializzino nei grandi oggetti [le abbazie, i castelli, le cattedrali, le città, e tutti i manufatti artistici] che caratterizzano il Medioevo [è tanto che non entrate in Santa Croce?].
Hugone de Folieto, nel suo trattato De medicina animae [La medicina dell’anima], puntualizza in termini scientifici che cosa comporta per la persona essere un microcosmo. La persona, scrive Hugone, essendo un microcosmo [avendo tutto il mondo, materiale e spirituale, in se stessa], è un laboratorio, così come è un laboratorio l’abbazia. Anche l’abbazia [come la cattedrale, e ancora di più della cattedrale] è un organismo dove si amalgamano la materia naturale e la sostanza spirituale, dove il corpo e l’anima trovano il loro luogo d’incontro, e dove l’esteriorità e l’interiorità scoprono un loro possibile equilibrio: sarà forse per questo che, spesso, quando visitiamo un’abbazia proviamo un senso di quiete, una sensazione di tranquillità, una tendenza all’equilibrio e un’aspirazione all’armonia?
Hugone de Folieto, nel suo trattato De medicina animae [La medicina dell’anima], puntualizza in termini medici [e questa è la parte della sua opera che ha avuto più eco nel mondo della cultura] che cosa comporta per la persona essere un microcosmo, che cosa implica avere tutto il mondo, l’Universo intero, in se stessa. Il corpo umano - afferma Hugone, secondo una tradizione che come sappiamo parte nel V secolo a.C. dall’isola di Cos con Ippocrate - funziona in virtù del sistema dei quattro umori. La parola “umore” in greco corrisponde al termine “chymos” quindi il sistema dei quattro umori si chiama Tetra-chymia, e c’è qualcosa di pitagorico in questo termine: la Tetraktys è il triangolo pitagorico che contiene la decade, che corrisponde alla totalità, alla pienezza. Come è congegnato il sistema della Tetra-chymia secondo Hugone de Folieto? Quali sono, sul piano naturale e sul piano dei corpi, le corrispondenze umorali? [Ora ci accingiamo a studiare questo argomento così come lo ha studiato Ildegarda].
Nel corpo, afferma Hugone, ci sono quattro umori: il Sangue, la Bile rossa, la Bile nera e la Flemma. Questi umori, sostiene Hugone, sono legati al ciclo delle quattro stagioni: la Primavera è il tempo del Sangue, l’Estate è il tempo della Bile rossa, l’Autunno è il tempo della Bile nera e l’Inverno è il tempo della Flemma. Poi gli umori, sostiene Hugone, sono legati alle quattro età della vita: l’Infanzia è l’età del Sangue, la Giovinezza è l’età della Bile rossa, la Maturità è l’età della Bile nera e la Vecchiaia è l’età della Flemma. Inoltre gli umori, sostiene Hugone, sono legati anche al clima: il Caldo-umido è associato al Sangue, il Caldo-secco è associato alla Bile rossa, il Freddo-secco è associato alla Bile nera e il Freddo-umido è associato alla Flemma. E, sul piano dei temperamenti dell’anima [l’anima è considerata il contenitore dei caratteri], quali sono le corrispondenze umorali? C’è l’umore Sanguigno, c’è l’umore Collerico, c’è l’umore Melanconico e c’è l’umore Flemmatico. E gli umori, sostiene Hugone, a loro volta corrispondono agli elementi del Cosmo: l’umore Sanguigno è in relazione al Fuoco, l’umore Collerico è in relazione all’Aria, l’umore Melanconico è in relazione all’Acqua e l’umore Flemmatico è in relazione alla Terra.
Gli umori, afferma Hugone, corrispondono anche agli elementi dell’anima intellettiva [al pensiero umano]: l’umore Sanguigno è in simmetria con l’Intelletto, l’umore Collerico è in simmetria con la Mente, l’umore Melanconico è in simmetria con l’Ingegno e l’umore Flemmatico è in simmetria con la Ragione. Naturalmente gli umori, sostiene Hugone, influenzano le capacità applicative dell’anima intellettiva [le facoltà del pensiero]: l’umore Sanguigno influisce sulla Conoscenza, l’umore Collerico sulla Comprensione, l’umore Melanconico sull’Inventiva e l’umore Flemmatico sulla Valutazione. Gli umori, sostiene Hugone, corrispondono anche alle capacità psicologiche dell’anima intellettiva: l’umore Sanguigno ispira la Sottigliezza, l’umore Collerico sprona alla Purezza, l’umore Melanconico favorisce la Mobilità e l’umore Flemmatico asseconda la Stabilità.
Hugone de Folieto [tanto da scienziato quanto da teologo: lui non fa distinzione] pensa che nella lettura del Mondo [in quanto scienziato] e della Sacra Scrittura [in quanto teologo] ci siano quattro sensi: il letterale, l’allegorico, il morale e l’anagogico [il termine “anagogia” in greco significa “elevazione” e fa riferimento all’elevazione dell’anima nella contemplazione delle cose divine, e anche all’interpretazione in senso spirituale di un testo]. I quattro sensi della lettura del Mondo e della Sacra Scrittura a che cosa corrispondono secondo Hugone? Il senso letterale corrisponde al corpo, il senso allegorico all’anima, il senso morale alla terra e il senso anagogico [l’elevazione] al cielo.
Come si fa a non rimanere affascinati da questo sistema che porta in sé gli elementi fondamentali della sapienza di Socrate, di Platone e di Aristotele che, in Età scolastica, rappresentano tre “profeti”? Hugone de Folieto afferma che è necessario cercare un equilibrio tra tutte le componenti del sistema della Tetra-chymia [dei quattro umori] in modo da produrre ordine interiore ed esteriore per poter aspirare ad entrare nell’Ordine cosmico.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale umore prevale in voi in questi giorni: quello sanguigno, quello collerico, quello melanconico o quello flemmatico ?…
Basta una parola per rispondere, scrivetela…
Il De medicina animae [La medicina dell’anima] è un testo pedagogico scritto per l’abbazia, a “edificazione dei monaci e delle monache”, difatti si presenta sotto forma di Lettera. Per favorire il buon funzionamento degli umori - l’essere umano li sperimenta tutti e quattro - sono previsti dei rimedi che vengono assegnati per creare l’equilibrio del sistema ed è qui che entra in scena Ildegarda e anche molti monaci non identificati e molte monache sconosciute. I rimedi vengono assegnati da Hugone con un criterio allopatico per cui i contrari sono curati dai contrari [contraria contrariis curantur]: è il sistema su cui si basa l’omeopatia.
Il testo del De medicina animae [La medicina dell’anima] è formato da 22 capitoli: mancano i capitoli sui rimedi perché Hugone si è occupato della teoria ed ha spronato monaci e monache ad occuparsi della pratica per realizzare le Opere di misericordia corporale e spirituale.
Ora leggiamo due pagine del De medicina animae [La medicina dell’anima].
LEGERE MULTUM….
Hugone de Folieto, De medicina animae [La medicina dell’anima]
Fratello carissimo, mi preghi di trasmetterti quanto sulla medicina dell’anima cominciai a scrivere, conformemente al medico Giovanni, poiché credi sia utile a molti. Penso che il sistema [proposto] potrà conservare l’anima incolume e nello stesso tempo garantire la salute del corpo, insegnando anche quanto possa giovare o nuocere sia alla prima che al secondo.
Gli antichi chiamavano l’Essere umano microcosmo, cioè piccolo mondo, per la somiglianza della sua figura all’intero cosmo. Inoltre sia la composizione del corpo umano sia la costituzione del mondo possiedono grande armonia, cosicché il cielo si assimila alla testa, l’aria al petto, il mare al ventre e la terra alle estremità del corpo.
Dio risiede in cielo e la mente umana ha sede nel capo; in Dio sono tre Persone, Padre Figlio e Spirito Santo, e nella testa risiedono tre potenze: intelletto, ragione e memoria.
Nel cielo stanno pure due grandi luminari, il sole e la luna, così nella testa due occhi illuminano il firmamento del volto. Il sole e la luna, illuminando il dì e la notte, assicurano alle persone col loro chiarore il lume cognitivo delle cose; similmente, gli occhi con la loro acutezza fissano le immagini delle cose e, annunciandole in tal modo alla ragione tramite l’intelletto, ci rendono certi di ciò che vediamo.
E come nell’aria volano le nubi così avviene dei pensieri nel petto che, talvolta, ci portano il chiarore della letizia, talaltra l’oscurità della tristezza; o vi insorgono i venti delle tentazioni, che turbano l’animo: così nell’aere squarciato balena il lampo dell’ira, seguìto dal fuoco dell’odio, una combustione dell’animo che tanto danneggia tutto ciò che trova sotto di sé. Ma come a volte le piogge, le nevi o la grandine trattengono le tempeste così un saggio rimprovero placa quelle dell’animo. E come l’acqua si raccoglie nel mare, così fanno nel ventre gli umori. …
Quattro sono gli elementi del cosmo: fuoco, aria, terra e acqua. Quattro umori ha il corpo umano: sangue, collera rossa, collera nera e flemma. Quattro anche i tempi dell’anno: primavera, estate, autunno e inverno. Il fuoco è di natura calda e secca, l’aria calda e umida, la terra fredda e secca, l’acqua fredda e umida. Così il sangue è caldo e umido, la collera rossa è calda e secca, la collera nera è fredda e secca, il flemma freddo e umido. La primavera pure è calda e umida, l’estate calda e secca, l’autunno freddo e secco, l’inverno freddo e umido. Gli elementi dunque corrispondono agli umori, e gli umori alle stagioni. Ma si può ugualmente dire per similitudine, che l’anima ha i suoi elementi: si può paragonare al fuoco la sottigliezza dell’intelletto, all’aria la purezza della mente, alla terra la stabilità della ragione, all’acqua la mobilità dell’ingegno.
In modo simile l’animo si serve dei quattro umori: col sangue mostra la dolcezza, con la collera rossa l’amarezza, con la collera nera la tristezza e con la flemma la compostezza della mente. Dicono infatti i medici che i sanguigni sono dolci, i collerici amari, i melanconici tristi e i flemmatici composti negli atteggiamenti.
Similmente vi è dolcezza nella contemplazione, amarezza nel ricordo dei peccati, tristezza nel commetterli, compostezza nel purgarsene. Anche l’anima si dice abbia le sue stagioni: la carità sta per il calore dell’estate, il torpore della tentazione per il freddo invernale, la temperanza e la moderazione per l’autunno e la primavera.
Sii dunque temperato nel cuore e moderato nell’azione, poiché l’anima che custodisce il proprio equilibrio vive in salute. …
Questo brano è molto significativo e si capisce perché la forma e il contenuto del trattato De medicina animae [La medicina dell’anima] abbiano attirato l’attenzione di Ildegarda e di molte altre persone che agiscono sul territorio della Scolastica. Il sistema degli umori, della Tetra-chymia di Hugone de Folieto, è entrato nel dibattito filosofico scolastico ed è servito per riflettere sui temi dell’Anima [Psiche], dell’Ordine del Mondo [Kosmos] e della Ragione [Logos].
Le ultime righe del brano che abbiamo letto dal De medicina animae [La medicina dell’anima] sono esemplari [Ildegarda le condivide pienamente]: «Sii dunque temperato nel cuore e moderato nell’azione, poiché l’anima che custodisce il proprio equilibrio vive in salute». Ebbene, la temperanza [la modestia], la moderazione [la sobrietà] e l’ equilibrio [l’armonia] sono le virtù basilari esaltate dall’Etica di Aristotele: Hugone de Folieto le propone come cura per la salute dell’Anima cristiana, e il pensiero di Aristotele sta per occupare il centro della scena sul palcoscenico della Filosofia scolastica.
Ildegarda muore il 17 settembre 1179, all’età di ottantadue anni, nel monastero di Eibingen da lei fondato assistita dalla sue consorelle e da Gilberto di Gembloux, il suo segretario che, alla morte di Volmar, ne aveva preso il posto. Gilberto di Gembloux scrive: «In cielo, nelle prime ore dell’alba, quando la vergine Ildegarda rese a Dio l’anima beata, apparvero due luminosissimi archi di diverso colore. Tra i due archi risplendeva una luna enorme che dissipava le tenebre notturne. Nella luce lunare si vedeva una croce di colore rosso splendente, dapprima piccola, ma poi sempre più grande, fino a raggiungere dimensioni gigantesche». E poco dopo le esequie, ci fa sapere Gilberto, come già era accaduto con Giuditta di Sponheim, anche dalla tomba di Ildegarda si leva un profumo meraviglioso che rapisce i sensi di tutti i presenti, ed è lo stesso profumo, ci fa sapere Gilberto, che il 16 maggio di quindici anni prima dal corpo di Ildegarda si era diffuso in tutto il monastero dopo che la badessa aveva avuto una visione durante la quale aveva pronunciato queste parole: «Il Signore dona la sua salvezza a chi ha molto amato!». Era il 16 maggio 1164 e Ildegarda percepisce in modo misterioso, ci fa sapere Gilberto, prima della divulgazione della notizia, che, nel convento del Paracleto a Nogent-sur-Seine, è morta Eloisa [questa corrispondenza è impressionante!].
Tutte e tutti noi conosciamo - per lo meno a grandi linee - la travolgente storia d’amore di Abelardo ed Eloisa, ma sapete quale ruolo rivestono queste due figure nell’ambito della Filosofia scolastica? Ma prima di occuparci di Abelardo ed Eloisa [lasciamo che si amino un po’ in santa pace per ora] dobbiamo dedicare la nostra attenzione al Libro di maggior successo del Medioevo: di che Libro si tratta? Sapete che non ricordo più il titolo! Sarà bene che faccia la cura prescritta da Ildegarda contro la smemoratezza!
Mi viene in mente però che questo libro conferma che non si deve mai perdere la volontà d’imparare e che l’azione dell’apprendimento è impregnata di erotismo [l’Eros platonico], così come l’aria, questa sera, è intrisa del profumo che scaturisce dal corpo di Ildegarda, un profumo allegorico che rapisce i sensi di tutte e di tutti noi: mughetto, gelsomino o quale altro?
Il viaggio continua, la Scuola è qui…