ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»
PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
La sapienza poetica e filosofica dal secolo della Scienza a quello dei Lumi 6-7-8 novembre 2019
SULLA VIA CHE PORTA DAL SECOLO DELLA SCIENZA A QUELLO DEI LUMI
LA RAGIONE SUGGERISCE DI ASCOLTARE CON IL CUORE
LA PROPRIA “ANSIA DI SENSO” ...
Ben tornate e ben tornati a Scuola. Stiamo viaggiando da un mese - questo è il quarto itinerario - sulla via che porta dal secolo della Scienza [il ‘600] a quello dei Lumi [il ‘700] e, come sapete, abbiamo iniziato il nostro Percorso in compagnia di due importanti personaggi della Storia del Pensiero Umano: Michel de Montaigne l’autore dei Saggi, che ci ha accompagnate e accompagnati nel viaggio dello scorso anno, e Blaise Pascal l’autore dei Pensieri.
I Saggi di Montaigne e i Pensieri di Pascal sono due opere fondamentali che hanno caratterizzato la Storia del Pensiero Umano dell’Età moderna; purtroppo sono due opere sconosciute alla stragrande maggioranza delle cittadine e dei cittadini, così come rimangono sconosciute la maggior parte di quelle opere alle quali diamo il nome di “Classici”, e sarebbe necessaria una vasta Campagna di Alfabetizzazione funzionale e culturale per colmare questa lacuna e il nostro Percorso persegue, nei limiti del possibile, questo intento.
Sappiamo [lo abbiamo studiato in queste prime settimane di viaggio] che queste due opere, i Saggi di Montaigne e i Pensieri di Pascal, sono entrate in relazione perché Pascal - in particolare nel testo di quattro Pensieri [il 63 il 64 il 65 e il 66, che abbiamo commentato nel corso dei primi tre itinerari] - critica Montaigne con ironia e anche con asprezza per il modo con cui Montaigne ha affrontato certi temi, ma, contemporaneamente, mette pure in evidenza la positività di molte sue affermazioni che Pascal condivide e con le quali sente di essere in sintonia; poi, come sapete, in una riga - quella che contiene il testo del celebre Pensiero 64 - Pascal, sotto forma di confessione, emette un giudizio emblematico e scrive: «Non in Montaigne, ma in me stesso, trovo tutto quello che vedo in lui.», una dichiarazione in cui il disappunto e l’attrazione s’incontrano e rivela che tra Montaignm in quanto scrittore dei Saggi, e Pascal, in quanto lettore e commentatore dei Saggi, esiste quella che è stata definita “una ambigua sintonia”, quella che non c’è, per esempio, tra il già vecchio Cartesio - nostro compagno di viaggio nell’ultima parte del Percorso dello scorso anno - e il giovanissimo Pascal, che sono contemporanei, ma questa è un’altra storia nella quale c’imbatteremo a breve.
Chi tra noi ha partecipato al viaggio dello scorso anno conosce abbastanza bene il signor Michel de Montaigne e conosce anche una serie di elementi formali e contenutistici della sua Opera, mentre di Blaise Pascal noi fino a questo momento conosciamo solo i suoi pungenti commenti in relazione ad alcuni aspetti dei Saggi di Montaigne ma di lui non sappiamo ancora nulla, ebbene: chi è Blaise Pascal? È arrivato il tempo di far conoscenza con questo personaggio e con i numerosi paesaggi intellettuali che ruotano attorno a lui a cominciare da quello che riguarda la sua città natale, ma procediamo con ordine.
Blaise Pascal oltre che come matematico, fisico, filosofo e teologo è famoso per essere stato un bambino prodigio, un bambino che a dieci anni, a memoria e in pochi secondi, è capace di dare il risultato di una divisione con il divisore a tre cifre, e nel 2001 è stato pubblicato un Saggio [scritto in inglese, non esiste una traduzione italiana] nel quale un gruppo di studiose e di studiosi hanno stimato che potesse avere un quoziente d’intelligenza pari a un punteggio di 185 [il quoziente d’intelligenza sta tra un punteggio minimo di 58 e uno massimo di 150, ma probabilmente Pascal avrebbe criticato questo esperimento effettuato su di lui e ne avrebbe dimostrato la poca validità in generale]. Blaise Pascal è nato a Clermont-Ferrand il 19 giugno 1623, e questa informazione è un invito a visitare questa città [anche Pascal è curioso di visitarla, e tra poco diremo per quale motivo]; Clermont-Ferrand è una città che si trova nel centro-sud della Francia ed è il capoluogo dell’Alvernia.
Clermont-Ferrand è oggi un centro industriale di circa 145mila abitanti, e le sue radici affondano nella storia perché è una città di origine gallica [corrisponde all’antica Gergovia citata da Giulio Cesare nel De bello Gallico] e conquistata da Giulio Cesare, insieme a tutta la Gallia, tra il 58 e il 50 a.C..
Nel 1095 si è tenuto a Clermont-Ferrand un concilio durante il quale il papa Urbano II [Oddone di Chatillon detto di Lagery], ha lanciato il famoso Appello di Clermont che viene ritenuto il proclama che ha dato inizio alla predicazione della Prima crociata, quella del 1099, di Pietro l’Eremita, di Goffredo di Buglione, e pretesto della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, che è stato nostro compagno di viaggio l’anno scorso, a cui abbiamo fatto visita insieme a Montaigne quando era ingiustamente recluso nel manicomio di Ferrara senza essere matto.
Clermont-Ferrand è collocata in bella posizione geografica ai piedi di una serie di monti di origine vulcanica chiamati Puys, il più famoso dei quali è il Puy-de-Dôme, che si trova a 15 chilometri a ovest della città, sul quale si può salire in vetta [c’è una strada a pedaggio negli ultimi chilometri] e di lassù a 1465 metri si gode un bel panorama sull’Alvernia. Il centro storico di Clermont-Ferrand si raccoglie intorno alla cattedrale gotica, iniziata nel 1248 e dedicata a Nostra Signora dell’Assunzione [Santa Maria Assunta], ed è un maestoso edificio [incuriositevi!] che appare di un particolare colore scuro [la Cattedrale nera] a causa dei blocchi di lava usati per la sua costruzione [la pietra di Volvic], quasi ultimata in circa quarant’anni ma i lavori sono terminati del tutto solo nel 1884 [del resto anche per Santa Maria del Fiore a Firenze è successa la stessa cosa che è una costante nella storia della fabbricazione delle cattedrali]: un pregevole manufatto artistico di questo edificio, che merita attenzione, è rappresentato dalle vetrate del coro della seconda metà del ‘200, raffiguranti episodi della vita di alcune Sante e Santi. Un altro importante monumento di Clermont-Ferrand è la chiesa di Notre-Dame du-Port completata nel XII secolo: è una basilica romanica, edificata su un edificio ancora più antico, ed è il modello delle chiese romaniche dell’Alvernia, e costituisce una tappa tra le più interessanti del Cammino di Santiago di Compostela in Francia. Inoltre, nella periferia di Clermont-Ferrand, c’è il bellissimo borgo o quartiere di Montferrand che conta circa 700 abitanti, che consiste in un complesso unico di case gotiche e rinascimentali del XV e XVI secolo: è un luogo pieno di opere d’arte sotto il profilo architettonico.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida della Francia e navigando in rete fate una visita a Clermont-Ferrand e - a proposito di cultura occitana e di lingua provenzale - andate a scoprire che cosa sono le cosiddette “Benedizioni di Clermont-Ferrand”, buon viaggio…
Questo doveroso preambolo sul suo luogo di nascita ha permesso anche [virtualmente] a Pascal di soddisfare la sua curiosità in quanto della città di Clermont-Ferrand ha pochissimi ricordi perché ci ha vissuto solo tre anni a causa di un triste avvenimento, e non c’è mai più tornato neppure occasionalmente. Di conseguenza facciamo, con ordine, il punto della situazione.
Blaise Pascal ha vissuto solo tre anni a Clermont-Ferrand perché la sua mamma, Antoinette Bégon, nel 1626 muore a causa dei postumi di un parto difficile, quello della sua terza figlia, Jacqueline, e, di conseguenza, il padre di Blaise, Étienne Pascal, decide di trasferirsi dalla provincia nella capitale [a Parigi] anche per dare più possibilità di crescita e di studio per le sue figlie, Gilberte di sei anni, Jacqueline di un anno e, soprattutto, per curare meglio l’educazione di Blaise che ha tre anni, e che lui personalmente sta già istruendo in campo matematico, seguendo i criteri educativi che Montaigne ha esposto nei suoi Saggi: Étienne Pascal [1588-1651] è un matematico, laureato in giurisprudenza, che di mestiere fa il magistrato, ed è il presidente della Corte dei Tributi della città, il quale, dopo aver assunto in seguito alla morte della moglie una governante, poco tempo dopo, decide di sposarla [si tratta della signorina Louise Default, già amica e probabilmente anche amante di Jean de La Fontaine, il compositore delle celebri Favole. Étienne vende tutte le sue proprietà in Alvernia e si trasferisce a Parigi perché, sente anche lui, come intellettuale studioso di matematica e di fisica, l’esigenza di allargare le sue conoscenze [siamo nel secolo della Scienza e nella città capitale c’è un gran fermento in questa fase dell’Età moderna]: difatti Étienne Pascal, dopo essersi ben sistemato a Parigi con la famiglia, comincia a frequentare “il Circolo Mersenne” e porta con sé, via via che crescono, anche le sue figlie e suo figlio Blaise in modo che partecipino alle attività che ruotano attorno a questa singolare e importante istituzione intellettuale. È opportuno ricordare che padre Marin Mersenne [che abbiamo incontrato durante il viaggio dell’anno scorso, come molte e molti di voi ricorderanno] è un matematico, un teorico della musica, un filosofo, un esegeta, ed è stato il primo accorto lettore ed estimatore delle Opere di Cartesio [i due, come ricorderete, sono stati compagni nel collegio de La Fleche a Parigi, entrambi molto critici della scadente educazione che stavano ricevendo in questo rinomato istituto].
Padre Marin Mersenne, con grande abilità intellettuale, quando parla e quando scrive si presenta sempre come un teologo che difende l’ortodossia della dottrina tridentina [critica ad arte, facendole però rimanere al centro dell’attenzione, tutte le ideologie invise all’Inquisizione: lo scetticismo di Montaigne e di Charron, il panteismo di Giordano Bruno, il naturalismo di Bernardino Telesio, l’utopia apocalittica di fra’ Tommaso Campanella] e, di conseguenza, risulta insospettabile nei confronti della censura ecclesiastica, ma padre Mersenne, in realtà con prudente ambiguità, coltiva una mentalità aperta [è un precursore del movimento intellettuale libertino e di quello dell’esegesi moderna] e, mentre viaggia [perché viaggia molto], porta in giro le Opere [tutte messe all’Indice] del suo amico René Descartes, Cartesio, che vive prudentemente in Olanda, distribuendole a un certo numero di intellettuali europei in attività perché le leggano e discutano i temi di cui trattano.
Con sorprendete acume intellettuale, Padre Mersenne tira le fila [fino al 1648, l’anno della sua morte] di un importante circuito culturale [gestisce una sorta di Accademia itinerante] e raccoglie osservazioni, considerazioni, critiche, analisi, obiezioni, ragionamenti, riflessioni su tutti i più importanti argomenti in discussione riguardanti la nascita della scienza moderna [di questo circuito fa parte anche Pierre Gassendi e altri importanti personaggi, come Thomas Hobbes, che incontreremo strada facendo e, inoltre, padre Mersenne è in corrispondenza, oltre che con Cartesio, con i più grandi ricercatori del tempo come Girard Desargues, Galileo Galilei, Pierre de Fermat, Evangelista Torricelli].
Quindi il giovanissimo Blaise Pascal, frequentando con il padre il Circolo Mersenne, cresce nel bel mezzo del dibattito in corso tra le più importanti personalità della cultura europea, e si forma nell’ambiente dove si confrontano tutte le correnti del pensiero scientifico in una fase particolarmente propulsiva dell’Età moderna e ne trae profitto a tal punto che, appena diciassettenne nel 1640, presenta ai membri del Circolo Mersenne, riuniti al gran completo, la sua prima opera: un Saggio sulle coniche [Essai pour les coniques].
Non è facile [e parlo per me] per chi non è addetto ai lavori e non ha competenze in materia, capire che «la sezione conica è una curva piana algebrica che si ottiene quando un piano s’interseca con un cono »[sulla rete mettendo in ricerca la dicitura “sezione conica” otteniamo delle immagini che ci fanno capire di che oggetto si tratta]. La “questione delle curve algebriche” è già stata studiata dal matematico Girard Desargues, amico fraterno di Étienne Pascal, e insegnante di Blaise finché l’allievo non ha superato ben presto il maestro, e l’argomento riguardante “le linee curve” in chiave algebrica è stato anche affrontato da Étienne Pascal [Blaise ci gioca fin da bambino con questi temi insieme al padre, sono i suoi giocattoli] il quale è autore di uno studio chiamato in italiano Lumaca di Pascal [“Limaçon” in francese, dal latino “limax” che significa “chiocciola”]: si tratta di “una curva algebrica piana” che ha la forma di un cuore ma più che altro assomiglia al guscio di una lumaca [ecco da dove deriva il nome] e le caratteristiche di questa forma geometrica erano già state studiate più di un secolo prima [per poterla raffigurare alla perfezione] dal pittore, incisore, matematico tedesco Albrecht Dürer che le ha descritte nel trattato Istruzione sulla misurazione, pubblicato nel 1525.
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Con l’ausilio dell’enciclopedia e navigando in rete andate a cercare la Lumaca di Pascal in modo da osservare le immagini che rappresentano questa figura geometrica: le formule algebriche che l’accompagnano saranno anche di impossibile comprensione ma il risultato grafico è fruibile per chiunque persona voglia osservare, quindi, fate questo esercizio…
E come si fa a non consigliare a questo punto [in linea con la didattica della lettura e della scrittura] la ricerca del testo - che trovate su un’antologia e navigando in rete - della poesia intitolata La Chiocciola di Giuseppe Giusti [1809-1850, Geppino, come lo chiamava Alessandro Manzoni, poeta del periodo risorgimentale, sepolto a Firenze nella Basilica di San Miniato al Monte]… Anche Étienne e Balise Pascal si sarebbero divertiti a leggere: «Viva la Chiocciola, Viva una bestia, che unisce il merito alla modestia. Essa all’astronomo e all’architetto forse nell’animo dettò il concetto del cannocchiale e delle scale: Viva la Chiocciola, caro animale … Viva la Chiocciola, bestia esemplare»… Ma andate a leggerli tutti i versi fluidi, umoristici, ironici e un po’ malinconici [secondo lo stile dell’autore] di questa composizione: «… tra la matematica, la geometria e la poesia un posso breve pare che ci sia …»…
Dallo studio di questo fenomeno, già studiato da Dürer, da Desargues e da Pascal padre, nasce “il teorema di Blaise Pascal” che definisce la questione in modo esaustivo perché dimostra che “la curva” è un ente a sé ben definito [e ci vuole metodo nel disegnare, nel costruire e nel fare le curve, e questo metodo dipende dalle caratteristiche dei coni], e questa scoperta precorre il cosiddetto concetto di funzione matematica.
Il Saggio sulle coniche del giovanissimo Pascal lascia sbalorditi anche i matematici più competenti, e appartato in un angolo della sala dove avviene la presentazione c’è anche Cartesio [che ha 44 anni e si considera il vecchio più sapiente di tutti] il quale, caustico, pronuncia il primo dei suoi giudizi non benevoli su Pascal: «Sei ancora un ragazzo [dice sornione Cartesio]! Va un po’ a ballare, vai alle feste, lascia perdere le coniche, occupati piuttosto delle curve delle ragazze che di quelle algebriche »[e si capisce che queste considerazioni poco eleganti denotano preoccupazione da parte di Cartesio che non sopporta di essere superato da qualcuno in matematica, soprattutto se è un giovane] e sulle labbra del giovane Pascal compare un sorriso apparentemente rispettoso, poi s’inchina: sa che si trova di fronte al più grande matematico del momento, il creatore della matematica analitica, e, quindi, il ragazzo - che si sa trattenere nonostante abbia un certo caratterino - per ora non risponde.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il Saggio sulle coniche di Pascal è un trattato algebrico di difficilissima lettura se non si è in possesso di competenze specifiche… Noi, però, molto più modestamente ma non senza interesse e curiosità, non possiamo rinunciare a prendere in considerazione la significativa figura geometrica del “cono”… Che cosa vi ricorda la ricorrente figura del “cono”?…
Scrivete quattro righe in proposito…
Il giovane Blaise Pascal - molto apprezzato da padre Marin Mersenne, e da molti membri del Circolo omonimo, per la sua precoce intelligenza - tace rispettosamente ma non è per nulla in soggezione nei confronti del grande Cartesio e, sebbene penserà anche a divertirsi, non demorde dalla sua vocazione di ricercatore.
Blaise Pascal nel 1642, dopo molte prove, presenta al Circolo Mersenne “una macchina aritmetica”, vale a dire, la capostipite della calcolatrice [Pascal ha precorso la disciplina informatica], un oggetto che prende subito il nome di “pascalina”: l’impianto teorico del progetto di attuazione di questo strumento all’avanguardia lo documenta nel testo di un’opera intitolata Il trattato sugli ordini numerici, e questa sua attività di studioso gli procura, ad appena diciannove anni, una grande fama a livello internazionale.
Nel 1646 Pierre Petit, un ingegnere amico di Pierre Gassendi, porta dall’Italia la notizia che uno scienziato, nato a Faenza e in attività a Firenze come collaboratore di Galileo, Evangelista Torricelli [1608-1647], autore di alcuni Trattati molto importanti dove ha codificato una serie di Leggi fisiche fondamentali, ha sperimentato con successo la presenza del “vuoto”, un fenomeno di cui non si ammetteva l’esistenza in natura. Evangelista Torricelli, in collaborazione con Vincenzo Viviani, per compiere questo esperimento, ha utilizzato un tubetto di vetro contenente del mercurio, un minerale capace di creare la pressione idrostatica, e con questo sistema apparentemente semplice scopre e misura “la pressione atmosferica”: l’oggetto in questione prende il nome di “Tubo di Torricelli” che dal 1667 viene chiamato “barometro”, dal greco “bàros” che significa “peso”.
Pierre Petit chiede a Pascal di aiutarlo a ripetere l’esperimento di Torricelli e questa esperienza, alla quale partecipa anche Étienne Pascal, riesce, e Blaise la ripete molte volte per conto proprio in condizioni diverse, e alla fine documenta l’esperienza scrivendo il Trattato sul vuoto. Poi lavora sulla meccanica dei fluidi e per documentare gli interessanti risultati dei suoi esperimenti scrive il trattato Sull’equilibrio dei fluidi.
Cartesio - che in proposito ragiona ancora come Epicuro, secondo il quale «Natura horror vacuit »[la Natura ha orrore del vuoto] - ritiene che il mercurio lascia libero uno spazio nel tubo e che questo spazio viene riempito da “una [presunta] materia sottile sconosciuta” [insomma, non vuole ammettere l’esistenza del vuoto nonostante dubiti che non possa esistere],: ci fa un po’ sorridere che una testa pensante come Cartesio si sforzi di ragionare, nei confronti degli studi scientifici ben documentati di Pascal, ancora come i Presocratici [che avrebbero stimato la ricerca pascaliana], e in una Lettera a padre Mersenne, suo abituale corrispondente Cartesio scrive: «Quel giovane Pascal, il vuoto, ce l’ha nel cervello e ha troppa fretta di avere successo, vorrebbe brillare come il sole ma non è altro che una luna di pomeriggio». Si capisce che Cartesio - il quale si fa perfino poeta per attaccare il giovane Pascal - è geloso della precoce competenza di questo ragazzo [e la gelosia di Cartesio nei confronti dei suoi presunti concorrenti, specie se più giovani, è ben documentata].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Voi possedete ancora un barometro?… Ormai i barometri – con la diffusione delle previsioni del tempo in diretta – sono diventati oggetti di antiquariato e, forse, a questo punto, potete scrivere quattro righe per raccontare la storia del barometro che avete in casa...
Mettete la giusta pressione anche alla vostra scrittura…
Nel 1646 si verifica qualcosa che, gradualmente, fa cambiare la vita di Pascal. Ma prima di occuparci di questo fatto dobbiamo tornare sui giudizi piccati di Cartesio nei confronti del giovane Pascal quando scrive: «Quel giovane Pascal, vorrebbe brillare come il sole ma non è altro che una luna di pomeriggio», e questa affermazione [sembra che Cartesio abbia scritto questa considerazione per collaborare alla stesura di questo itinerario] c’invita a considerare il fatto che stiamo leggendo come ben sapete il Libro di Italo Calvino intitolato Palomar, pubblicato nel 1983. Sappiamo che questo titolo corrisponde al nome del protagonista, il signor Palomar [un nome simbolico che richiama un potente telescopio], e sappiamo anche che l’attenzione del signor Palomar si orienta nella direzione dei molti fenomeni che gli capitano sotto gli occhi perché, come Montaigne, decide di osservare “le cose della vita” scrutandole nei minimi particolari per cercare di interpretarle nel tentativo, come pretende di fare Pascal, di mettersi in equilibrio con l’Universo, e questo tentativo presenta non poche difficoltà.
Di racconto in racconto, il signor Palomar si concentra ogni volta su un avvenimento isolato come se non esistesse al mondo altro accadimento, ma succede che più circoscrive il campo dell’esperienza più questo campo si amplia al proprio interno aprendo [come direbbe Pascal] “prospettive vertiginose” che, tuttavia, non danno la possibilità di trovare la verità, però permettono a chi osserva e a chi riflette di conoscere un po’ meglio se stessa e se stesso perché la conoscenza di se stessi serve a regolare la propria vita, e dare una regola alla propria vita è opportuno.
Adesso andiamo a cogliere i pensieri del signor Palomar sul fenomeno [che tutte e tutti noi osserviamo quando ci capita] de “la luna di pomeriggio” che è la metafora in chiave astronomica e con un afflato poetico che Cartesio ha utilizzato per apostrofare “l’evanescente [secondo lui] giovane Pascal”, e allora affidiamoci alle divagazioni del signor Palomar [alla puntigliosa descrizione del fenomeno prodotta da Italo Calvino] in modo che, quando ci capiterà di vedere la luna di pomeriggio o di mattina, possiamo fare qualche riflessione e formulare qualche considerazione invece di rimanere indifferenti perché “la luna di pomeriggio quasi nessuno la guarda”.
LEGERE MULTUM….
Italo Calvino, Palomar
Luna di pomeriggio.
La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse.
È un’ombra biancastra che affiora dall’azzurro intenso del cielo, carico di luce solare; chi ci assicura che ce la farà anche stavolta a prendere forma e lucentezza? È così fragile e pallida e sottile; solo da una parte comincia ad acquistare un contorno netto come un arco di falce, e il resto è ancora tutto imbevuto di celeste. È come un’ostia trasparente, o una pastiglia mezzo dissolta; solo che qui il cerchio bianco non si sta disfacendo ma condensando, aggregandosi a spese delle macchie e ombre grigiazzurre che non si capisce se appartengano alla geografia lunare o siano sbavature del cielo che ancora intridono il satellite poroso come una spugna.
... continua a leggere ...
Ma voi direte: e Pascal - che, in quanto ragazzo prodigio ha un bel caratterino - non risponde ai giudizi ben poco benevoli di Cartesio? Pascal risponde inviando un messaggio a Cartesio tramite padre Mersenne, il quale come sappiamo è in corrispondenza con Cartesio [ed è da questa corrispondenza che noi attingiamo queste notizie] e, quindi, lo prega di riferire a Cartesio il suo pensiero, quando ha occasione di scrivergli, e Mersenne scrive a Cartesio quanto segue: «Lui [Blaise Pascal] tiene conto del valore delle tue Opere da cui ha molto appreso, ma non vorrebbe che quel tuo insistere sui limiti della gioventù dipendesse dal fatto che ti senti ormai vecchio come, in effetti, è vecchia la mentalità della generazione degli accademici nati nel secolo scorso »[Cartesio è nato nel 1596, tra lui e Pascal - che si sente figlio di un nuovo secolo, un secolo molto più moderno rispetto al ‘500 - ci sono 27 anni di differenza e, quindi, appartengono, effettivamente, a generazioni diverse]. Conosciamo già il linguaggio “tagliente” di Pascal nei confronti di Montaigne, ma Montaigne [che Pascal sente più vicino a sé] rispetto a Cartesio - che è il padre della Matematica moderna - non è altro che “uno scrivano di provincia”, quindi, ci vuole della supponenza per rivolgersi al grande Cartesio con questo tono, ma il signor Palomar, in proposito, ci ricorda che tra giovani e vecchi c’è sempre stata “una frattura generazionale” e sente di dover riflettere su questo fenomeno e, di conseguenza, ascoltiamo ancora le sue considerazioni anche su questo tema “del prendersela con i giovani”.
LEGERE MULTUM….
Italo Calvino, Palomar
Del prendersela coi giovani.
In un’epoca in cui l’insofferenza degli anziani per i giovani e dei giovani per gli anziani ha raggiunto il suo culmine, in cui gli anziani non fanno altro che accumulare argomenti per dire finalmente ai giovani quel che si meritano e i giovani non aspettano altro che queste occasioni per dimostrare che gli anziani non capiscono niente, il signor Palomar non riesce a spiccicare parola. Se qualche volta prova a interloquire, s’accorge che tutti sono troppo infervorati nelle tesi che stanno sostenendo per dar retta a quel che lui sta cercando di chiarire a se stesso.
... continua a leggere ...
Pascal ad un certo punto della sua vita comincia a riflettere sulle impronte [sono impronte profonde - come abbiamo visto - di carattere scientifico] che lui sta lasciando a mano a mano che procede negli studi e nella ricerca, ma non riesce a riconoscersi pienamente in questo suo lascito razionale: è soddisfatto, fin da bambino, per il successo che ha ottenuto come matematico: è orgoglioso delle sue competenze intellettuali fino a diventare arrogante, e anche molto arrogante, caustico con i sapienti e prepotente con i mediocri; ma l’inquietudine lo attanaglia perché essendo intelligente capisce che la matematica, se ci permette di conoscere la realtà esteriore, non riesce a soddisfare il bisogno che la persona ha di confrontarsi con la realtà esistenziale, con la propria interiorità [ha ragione Montaigne?]. Ebbene, a questo proposito, quale particolare avvenimento - anche un po’ drammatico, sebbene a lieto fine - costituisce il primo passo che determina gradualmente, nel 1646, un cambiamento nel modo di pensare di Blaise Pascal?
Nell’inverno del 1646 succede qualcosa che poi, gradualmente, determina un cambiamento nella vita e nel modo di pensare di Blaise Pascal: suo padre Étienne, mentre si trova con la famiglia a Rouen in Normandia per una missione di lavoro, che dura da qualche anno, come Ispettore della Corte dei Tributi, cade, scivolando sul ghiaccio, e si rompe una gamba, e rompersi una gamba nel 1646 non è cosa da poco; per fortuna ha la possibilità di essere assistito e curato, prima a Rouan poi a Parigi, da due medici che iniziano a frequentare assiduamente, per tre mesi quasi giornalmente, la casa dei Pascal finché Étienne si rimette in piedi; questi due medici [impegnati in azioni filantropiche: curano gratuitamente chi non ha i mezzi] sono i fratelli Adrien e Jean Deschampes. Questi due esperti [per l’epoca] chirurghi fanno parte di un gruppo di intellettuali laici che si è costituito attorno all’abate Jean de Saint-Cyran, che è l’animatore spirituale dell’abbazia di Port-Royal, ed è un sostenitore delle idee di un vescovo e teologo olandese, Cornelis Jansen, che conosciamo col nome di Giansenio [morto da poco, nel 1638].
Ora, mentre stiamo procedendo sul nostro cammino, ci si presentano di fronte in forma interlocutoria una serie di importanti paesaggi intellettuali e sappiamo, difatti, che il nome di Port-Royal corrisponde a un argomento molto evocativo così come è significativo il tema dell’influenza del pensiero della corrente giansenista in epoca moderna e, di conseguenza, dobbiamo procedere con ordine e con metodo e, quindi, prima di osservare, come faremo prossimamente e in modo organico, il paesaggio intellettuale di Port-Royal e quello del pensiero giansenista per arricchire il quadro delle nostre conoscenze con risposte che richiedono uno spazio e un tempo adeguato, ora [per non perdere il filo di Arianna in mano a Teseo nel labirinto] proseguiamo il nostro itinerario sulla scia della biografia di Pascal.
La famiglia Pascal al completo [Étienne, Gilberte, Jacqueline e Blaise], attraverso le interessanti e coinvolgenti conversazioni con i fratelli Deschampes, prende contatto [ogni membro secondo le proprie attitudini caratteriali] con l’esperienza di Port-Royal [e, a suo tempo, ci documenteremo in proposito su questa esperienza di carattere mistico e solidale], e poi ogni membro della famiglia Pascal comincia a frequentare l’abbazia per seguire ciascuno con interessi diversi le attività che vi si svolgono. E in Blaise, che è stato finora un ragazzo preso dalla matematica, dalla fisica e dalla scienza in generale, nasce un nuovo interesse per la filosofia, per l’esegesi, per la morale e sul tema del rapporto tra la ragione e la fede e, quindi, inizialmente il suo, nei confronti dell’esperienza di Port-Royal, è un interesse prettamente di carattere culturale.
Nel 1651, quando Étienne Pascal muore, Jacqueline, la più giovane della famiglia, dopo aver assistito il padre con particolare dedizione [scoprendo di avere una vocazione per portare aiuto al prossimo sofferente in nome di Gesù Cristo], decide di entrare nel convento benedettino delle suore di Port-Royal. Jacqueline, in quanto novizia benestante, deve anche devolvere al convento la parte della sua eredità, e Blaise, sorpreso dalla scelta della sorella, cerca di sconsigliarla dal farsi suora.
Lui, intanto, ha compiuto ventotto anni e le sue condizioni di salute non sono buone perché soffre di tutta una serie di disturbi [probabilmente dalla famiglia della madre ha ereditato la tubercolosi] che condizionano la sua esistenza, e i medici, come cura, gli ordinano di “divertirsi”, e inizia per Blaise quello che viene chiamato “il periodo mondano” della vita di Pascal. Blaise comincia a frequentare quella che viene chiamata “la buona società”, stringe amicizia con molti intellettuali libertini [i quali però non sempre sono disposti a perder tempo nel divertimento], ed entra anche in quell’ambiente frivolo e superficiale che “sopravvive” [come lui dice] a ridosso della corte di Francia, e acquista una conoscenza diretta di questo mondo che gli appare insulso. Difatti, questo ambiente lo annoia profondamente e fa peggiorare le sue condizioni di salute, mentre invece riesce “a respirare meglio” [come lui scrive] quando, una volta al mese, può andare a far visita a sua sorella Jacqueline nell’abbazia di Port-Royal situata nel periferico faubourg de Saint-Jacques [e, trovandola sempre di buon umore, lui comincia a pensare che Jacqueline abbia fatto la scelta giusta nel farsi suora], ed effettivamente in questo luogo si respira un’altra aria, un’aria più pura come quella di alta montagna.
Intanto un giorno [siamo nel 1652] gli capita tra le mani una copia dell’Epistolario di Paolo di Tarso che, a suo tempo, gli aveva regalato padre Mersenne che era ormai morto da tre anni nel 1648 [nel 1650 muore anche Cartesio di polmonite a Stoccolma, e Pascal quando riceve la notizia si rattrista per non aver avuto con questo insigne personaggio un buon rapporto, e riconosce di non aver voluto dialogare con lui come, invece, avrebbe dovuto fare e ammette che la sua supponenza di ragazzo geniale è stata perniciosamente superiore alla giustificabile gelosia di Cartesio]. Blaise, che non aveva mai aperta la copia dell’Epistolario di Paolo di Tarso preso com’era dai suoi impegni in campo matematico [nonostante la sorella Jacqueline gli avesse più volte consigliato di studiare la Letteratura paolina] comincia a leggere i testi delle Lettere di Paolo commentati da padre Mersenne, e rimane colpito da “la potenza eversiva” [così la definisce] di questa Letteratura proto-evangelica [che anche noi abbiamo studiato in questi anni in diversi contesti].
Dopo la delusione della sua esperienza mondana, che gli ha lasciato nell’animo solamente un senso di grande disgusto, Blaise Pascal comincia a prendere in considerazione il fenomeno de «la profonda inquietudine [così scrive] che si manifesta nella mia interiorità» e [seguendo l’invito di Montaigne che consiglia, come sapete, alle lettrici e ai lettori dei suoi Saggi di «imparare a guardarsi dentro coscienziosamente»], scrive: «mi dispongo a osservare con attenzione la mia accentuata inclinazione all’inquietudine non solo con la ragione ma, anche e soprattutto, stando a sentire la mia ansia di senso con il cuore». Sulla via che porta dal secolo della Scienza a quello dei Lumi il giovane Blaise Pascal afferma che la ragione [e lui è una persona che la sa far funzionare bene la ragione] gli suggerisce di ascoltare la sua “ansia di senso” con il cuore. La ragione, a servizio del grande matematico, lo indirizza verso “la concordia”. La lettura dell’Epistolario di Paolo di Tarso, commentato da padre Mersenne - il quale nell’incipit del suo Commento scrive che «la ragione ha suggerito a Paolo di ascoltare la sua “ansia di senso” con il cuore» - apre a Pascal un mondo nuovo, e gli suggerisce un modo nuovo di concepire la realtà, e lo colpisce soprattutto il concetto [così come Paolo di Tarso lo concepisce] che emerge dalla parola “debolezza”: quindi, lui - che ha sempre agito manifestando la forza, la presunzione, la sicurezza del suo sapere e della sua competenza fino a diventare arrogante - si domanda se sia proprio “l’arroganza” [il bisogno di soddisfare la propria arroganza] la causa della sua insoddisfazione esistenziale.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di questi termini - prepotenza, superbia, alterigia, presunzione, sfrontatezza, boria, insolenza, tracotanza - mettereste per primo accanto al termine “arroganza”?…
Allenatevi a fate una scelta, sapendo che: scegliere su un catalogo di parole il termine sul quale si concentra maggiormente la vostra attenzione è un utile esercizio di sintesi [scegliere è sintetizzare], abituatevi a investire in intelligenza…
Che cosa o chi vi fa venire in mente la parola “arroganza”?…
Scrivete quattro righe in proposito…
La lettura dell’Epistolario di Paolo di Tarso, con il commento di padre Mersenne, apre a Pascal un mondo nuovo, e gli suggerisce un modo diverso di concepire la realtà: che cosa scopre in questo repertorio di tanto significativo per lui?
Questo argomento - che alla fine di questo itinerario introduciamo e cominciamo a trattare - è considerato strategico nell’inversione di rotta del pensiero di Pascal [nel suo passare dalla matematica alla filosofia, all’esegesi, alla teologia, alla morale] ma di solito, nei manuali, si fa solo un accenno a questo tema che invece merita di essere analizzato sebbene nelle sue linee generali per capire [e lo diciamo con una metafora pascaliana] quali sono le radici della pianta sulla quale fiorisce e fruttifica il suo pensiero.
Che cosa scopre Balise Pascal nel testo dell’Epistolario di Paolo di Tarso commentato da padre Mersenne di tanto significativo per lui da definirlo il contenitore di “un pensiero eversivo”? Blaise, che ha avuto un’educazione religiosa molto blanda [il suo catechismo è stato il Manuale dei principi di Euclide] all’interno di una famiglia dove si pratica un tiepido cristianesimo, si rende conto che la tradizione evangelica ha avuto poca incidenza in una società che proclama di avere un’identità cristiana. Il primo testo dell’Epistolario di Paolo di Tarso commentato da padre Mersenne su cui si ferma la sua attenzione è quello della Prima Lettera ai Corinti, e a Pascal basta la lettura di questo testo per dare un senso alla sua inquietudine.
La Letteratura paolina è un apparato di cui, in questi anni, abbiamo affrontato lo studio tanto come tema specifico quanto come argomento di supporto in determinati contesti [ultimamente - come molte e molti di voi ricorderanno - abbiamo utilizzato una serie di aspetti specifici di questa Letteratura per leggere quella grande icona che è “Il soffitto della Cappella Sistina”]; ebbene, ora, nel contesto che vede come protagonista Blaise Pascal, ci accingiamo a riflettere sul testo della Prima Lettera ai Corinti.
Blaise Pascal dal commento di padre Mersenne impara che la Prima Lettera ai Corinti è stata scritta da Paolo di Tarso tra l’anno 54 e il 56 a Efeso e dal testo [vi ricordo che la Letteratura paolina è scritta in greco] si capisce che questa Lettera era stata preceduta da un’altra: lo dice Paolo al versetto 9 del capitolo 5 dove scrive: «Vi ho già scritto che non dovete avere nulla a che fare con chi vive nell’immoralità.» [raccomanda ai suoi pochi interlocutori di non dare coperture all’immoralità praticata dalla maggioranza dei componenti della comunità di Corinto], ma questa Lettera “prima della prima” è andata perduta [e questi particolari appassionano Blaise Pascal facendo crescere in lui l’interesse per l’esegesi, per “l’attenta lettura” dei testi, e il termine “esegesi”, in greco, significa “leggere con attenzione” per poter conoscere e interpretare].
Lo schema della Prima Lettera ai Corinti è semplice e il leggerla non presenta difficoltà e occorre poco tempo, infatti questo testo si compone di 16 capitoletti, che occupano circa 18 pagine appena. Blaise, dal commento di padre Mersenne, impara che quando Paolo viene informato sulle situazioni “incresciose” createsi nella comunità di Corinto [l’immoralità viene tollerata, viene meno la solidarietà, la celebrazione della “cena del Signore” diventa un rito abitudinario dove ci sono sperequazioni tra ricchi e poveri] - situazioni che contrastano con la nuova qualità della vita che la risurrezione di Gesù ha determinato - lui [Paolo], fortemente indignato, per commentare gli avvenimenti così come gli sono stati raccontati comincia a scrivere non in modo sistematico ma componendo [spiega padre Mersenne nel suo “Commento”] un insieme di “saggi” scritti con diversi generi letterari tipici della cultura ellenistica.
Il testo della Prima Lettera ai Corinti [come spiega padre Mersenne nel suo “Commento”] insegna a Pascal come si andava formando e come si stava sviluppando una comunità di credenti, con tutto il suo dinamismo e anche con tutte le sue crisi allarmanti, e con tutte le sue divisioni e contraddizioni interne perché [e questo Blaise non se l’aspettava] non è mai esistito un idilliaco cristianesimo delle origini così come si predicava al popolo, ma la nascita del cristianesimo ha subito le contraddizioni della storia e della società [e qui Pascal, finora digiuno di cultura letteraria evangelica, comincia a riflettere guardandosi intorno]. Dal testo della Prima Lettera ai Corinti [spiega padre Mersenne nel suo “Commento”] emerge soprattutto un’importante fattore di carattere filosofico che attrae Blaise: un carattere che si colloca diciamo oggi nel solco del movimento dell’esistenzialismo. Paolo [come spiega padre Mersenne nel suo “Commento”] dopo tanti entusiasmi e speranze afferma che il Vangelo [l’annuncio della buona notizia della risurrezione di Gesù], ahimé, non trasforma dall’oggi al domani la mentalità delle persone, e non la trasforma soprattutto quando la società in cui le persone vivono non si occupa, non coltiva o è addirittura avversa ai “valori dell’Umanesimo”: la “buona notizia della risurrezione di Gesù” viene accolta se trova un terreno favorevole, quindi, chi si preoccupa di diffonderla deve anche ingaggiare una lotta costante e intensa per modificare comportamenti e giudizi egoistici [Pascal comincia a capire il messaggio di Port-Royal], ma in questa lotta è molto facile risultare sconfitti ed essere, di conseguenza, abbattuti. Questo stato d’animo [“l’ansia di senso” come la chiama padre Mersenne, e Pascal utilizza questo termine per definire la sua inquietudine] che emerge in quasi tutte le Lettere di Paolo - il sentirsi abbattuti a causa delle continue sconfitte pur sapendo di combattere con impegno e onestà per un giusto ideale - colpisce Pascal, soprattutto quando apprende che Paolo, preso dalla rabbia per la sconfitta pur sapendo di agire per una giusta causa, sbotta dicendo: «Se continuate a comportarvi così, in modo indegno, allora Gesù è risorto invano e voi, di questo passo, fate in modo che Cristo sia in agonia fino alla fine dei secoli», questa frase s’incide nella mente di Blaise Pascal che la codifica nei suoi Pensieri ed è diventata una frase emblematica [la storia della Letteratura ne ha approfittato]; quindi Pascal, a contatto con il messaggio paolino, comincia a pensare e a constatare che i cristiani in generale non si comportano da Cristiani e “abbandonano Cristo in agonia” e questo è avvenuto fin dalle origini, e Pascal comincia a pensare che tutto debba ancora cominciare e che la Storia sia tuttora soggiogata dal peccato originale, non sa ancora che questo è un pensiero di Sant’Agostino, e lo scoprirà, a breve, a Port-Royal, come vedremo a suo tempo.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In tutte le case c’è un volume della Bibbia e si consiglia di leggere [e di rileggere] il testo della Prima Lettera ai Corinti perché la prossima settimana continueremo a indagare su che cosa scopre Pascal in quest’opera, e ciò che apprende gli è utile per formulare un proprio pensiero contenuto in una lunga serie di pensieri…
Pascal, dopo aver letto sei versetti dal capitolo 3 della Prima Lettera ai Corinti, riflette [seguendo il “Commento” di padre Mersenne] sul fatto che Paolo denuncia il comportamento di quel gruppo di persone che, a Corinto, si erano aggregate piene di fede e di speranza e di carità, per annunciare la “buona notizia della risurrezione di Gesù” [il Vangelo] e, in breve, queste persone hanno cessato di essere una “comunità”, hanno cessato di praticare la solidarietà fraterna [l’agape], per trasformarsi in una associazione qualunque all’interno della quale sono nate molte “correnti contrapposte” in forte disaccordo tra loro. Paolo se la prende con coloro che vogliono esaltare troppo la vita dello Spirito e così disprezzano ciò che spetta al corpo, e se la prende con coloro che danno troppa importanza all’apparire dei corpi e così mettono in secondo piano ciò che spetta allo Spirito. Se la prende con il legalismo rigorista degli scrupolosi ed è molto severo con chi confonde la libertà col disordine, col “fa ciò che vuoi”, ed è severissimo con chi vuole vedere nel contenuto della “buona notizia” [del vangelo] ciò che corrisponde ai propri gusti e ai propri interessi personali.
E ora per concludere leggiamo i sei versetti dal capitolo 3 della Prima Lettera ai Corinti che costituisce il primo frammento su cui Pascal si sente chiamato a riflettere: in quanto sapiente si sente chiamato in causa dal testo perché la ragione gli suggerisce che la matematica aiuta a conoscere la realtà ma gli suggerisce anche che non lenisce l’inquietudine esistenziale.
LEGERE MULTUM….
Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Corinti 3, 18-23
Nessuno inganni se stesso. Se qualcuno pensa di essere sapiente in questo mondo, diventi pazzo, e allora sarà sapiente davvero. Dio infatti considera pazzia ciò che il mondo crede sia sapienza. Si legge nel Libro di Giobbe: Dio fa cadere coloro che dicono di essere sapienti nella trappola della loro astuzia. E ancora nei Salmi leggiamo: Il Signore conosce i pensieri di coloro che dicono di essere sapienti. Sa che non valgono nulla. Perciò non vantatevi di appartenere a qualcuno, perché tutto vi appartiene: Paolo, Apollo, Pietro, il mondo, la morte, il presente e il futuro: tutto è vostro, voi invece appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio. …
Questo è solo il primo frammento della Prima Lettera ai Corinti su cui Pascal si sente chiamato a riflettere e decide di accettare la sfida: «Se qualcuno pensa di essere sapiente in questo mondo, diventi pazzo, e allora sarà sapiente davvero», queste parole lo affascinano perché capisce che per raggiungere questo obiettivo deve studiare nuovi argomenti ai quali non ha ancora dedicato attenzione.
Pascal è convinto del fatto che, nella vita, per contrastare “l’ansia di senso” bisogna procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé in modo da essere sempre consapevoli che non dobbiamo mai perdere la volontà d’imparare: per questo la Scuola è qui e, di conseguenza, il viaggio continua…