ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»
PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
La sapienza poetica e filosofica dal secolo della Scienza a quello dei Lumi 15-16-17 gennaio 2020
SULLA VIA CHE PORTA DAL SECOLO DELLA SCIENZA A QUELLO DEI LUMI
C’È LA CONDANNA DEL GIANSENISMO E LA RESISTENZA DI PORT-ROYAL
PER DIFENDERNE I PRINCIPI SPIRITUALI E POLITICI ...
Ben tornate e ben tornati a Scuola: buon anno di studio a tutte e a tutti voi che rendete possibile su questo territorio attraverso l’Associazione “Articolo 34” la presenza della Scuola pubblica degli Adulti.
Inizia, con il nono itinerario, la seconda parte di questo Percorso di Alfabetizzazione culturale che utilizza la Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura [comincia la seconda parte di questo viaggio che comprende tutta la stagione invernale fino alla prossima primavera] e, quindi, riprendiamo il nostro cammino sulla via che porta dal secolo della Scienza [il ‘600] a quello dei Lumi [il ‘700].
Per riprendere il passo è necessario innanzitutto con pazienza riannodare i fili del nostro discorso in modo che il ragionamento progressivo che mettiamo in atto favorisca, nell’intelletto di ciascuna e di ciascuno di noi, il buon funzionamento delle azioni dell’apprendimento: conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare e valutare che è l’obiettivo che deve perseguire ogni Percorso di Alfabetizzazione. Di conseguenza, dobbiamo ripetere una serie di parole-chiave [di nozioni] che già conosciamo, dobbiamo riproporre un certo numero di idee-cardine di cui abbiamo già compreso il significato e ci dobbiamo applicare in quell’utile esercizio che tecnicamente si chiama “il ripasso”, perché “repetita iuvant”, cioè dal ripetere le cose - finalizzate all’attività dell’apprendimento - se ne trae sempre giovamento nel momento in cui dobbiamo operare per investire in intelligenza.
Come sapete, dal mese di ottobre stiamo viaggiando in compagnia di Blaise Pascal il quale [come abbiamo studiato: ci siamo occupate e occupati del suo operato di geniale scienziato] a un certo punto della sua esistenza, a trent’anni, quando viene considerato il più esperto matematico europeo - dopo aver letto con grande emozione l’Epistolario di Paolo di Tarso commentato da padre Mersenne, vive un’esperienza appassionante, trascorre “una notte di fuoco” [quella del 23 novembre 1654], che descrive con queste parole [che abbiamo più volte ripetuto, e la prossima settimana ne scopriremo la fonte]: «Non so se ho sognato, ma non credo di aver sognato: ho vissuto in modo drammatico un incontro fiammeggiante col Dio di Gesù Cristo [Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non il dio dei saccenti], che mi diceva di seguire le indicazioni dei Vangeli », una folgorazione quasi come quella subita da Paolo di Tarso sulla via di Damasco. In ragione di questo ulteriore segnale [oltre che in merito ad una approfondita riflessione che sta investendo da tempo la sua interiorità], Pascal decide di frequentare regolarmente l’abbazia di Port-Royal che già frequentava periodicamente per far visita alla sorella monaca. Frequentare Port-Royal significa: studiare, meditare e attuare programmi di solidarietà verso il prossimo e, di conseguenza, per conoscere nei particolari le ragioni ideali e per capire correttamente il senso della scelta fatta da Pascal, nel corso degli ultimi itinerari dell’anno che è appena trascorso, abbiamo iniziato a studiare la storia delle due abbazie benedettine di Port-Royal: quella medioevale di Port-Royal des Champs fondata come ricorderete nella paludosa valle della Chevreuse da Matilde di Garlanda nel 1204 secondo lo stile di Ildegarda di Bingen, e quella moderna di Port-Royal de Paris. Adesso, per riprendere il filo del discorso dobbiamo necessariamente rievocare i principali avvenimenti legati alla storia di Port-Royal de Paris.
A distanza di quattro secoli dalla fondazione, nel 1609 una giovane [perché ha solo 17 anni] ma energica badessa, Mère Angélique [al secolo Jacqueline Arnauld] promuove come sapete il risveglio dell’abbazia di Port-Royal des Champs. Pur mantenendo il rigore della clausura che era stato imposto, come ricorderete, dalla bolla Periculoso di papa Bonifacio VIII nel 1298 per congelare la cosiddetta “Primavera ildegardiana” colpendo le rivendicazioni della “consorteria delle badesse”, un’imposizione riaffermata per decreto, più di due secoli e mezzo dopo, dal concilio di Trento, Mère Angélique decide di riformare il monastero mediante un programma che ristabilisce il rispetto della regola benedettina secondo lo stile legato alla parola-chiave “viridità” [dal latino “viriditas” che - come sapete - significa “disponibilità, salute, rigoglio”, termine utilizzato da Ildegarda di Bingen a compendio della regola benedettina per indicare quale debba essere l’impegno che le monache delle abbazie da lei fondate nella valle del Reno si devono assumere nei confronti del territorio, delle singole anime e della collettività] e noi siamo al corrente [lo abbiamo studiato prima della vacanza, rincontrando la straordinaria figura di Ildegarda] di che cosa significhi attuare in età medioevale e tornare ad attuare in età moderna questo programma.
Nel 1624 un’epidemia di febbre malarica [o di colera o di peste, ma, come sapete, la valle della Chevreuse è un luogo malsano] colpisce un certo numero di monache del convento di Port-Royal des Champs che deve essere sgomberato, e Mère Angélique approfittando anche di un lascito che ha ricevuto, nel 1625, acquista una casa nella periferia di Parigi, nel faubourg Saint-Jacques, e apre un nuovo monastero che prende il nome di Port-Royal de Paris: inizia così la seconda parte della Storia di Port-Royal, quella moderna. Qui nel 1635 si stabilisce, come direttore spirituale invitato da Mère Angélique, Jean Duvergier de Hauranne, noto come l’abate di Saint Cyran [1581-1643], un colto monaco agostiniano molto critico nei confronti del metodo pastorale utilizzato dai Gesuiti, sebbene lui abbia studiato e insegnato a Lovanio nel Collegio universitario gestito dai Gesuiti, che considera troppo spregiudicato rispetto alle intenzioni del fondatore Ignazio di Lojola. A Port-Royal de Paris, attorno all’abate di Saint Cyran, si riuniscono tutti quegli intellettuali che come sapete avevano già frequentato, sull’altopiano della Chevreuse, dopo averla ristrutturata “la cascina dei granai” [les Granges] alla ricerca [di deserto] di spiritualità, di rigore morale, di misticismo e di “impegno evangelico” e nasce una vera e propria organizzazione: il gruppo dei “solitari di Port-Royal” coordinato da due intellettuali molto attivi nella promozione di iniziative di carattere educativo: Antoine Arnauld e Pierre Nicole.
Intanto i Gesuiti, che mal sopportano le critiche, denunciano l’adesione dell’abate di Saint Cyran e dei “solitari di Port-Royal” al pensiero del teologo e vescovo olandese Cornelis Jansen che conosciamo con il nome di Giansenio [l’abate di Saint Cyran e Giansenio sono stati colleghi a Lovanio nel Collegio universitario gestito dai Gesuiti]. Nel 1640 è stato pubblicato il Libro di Giansenio [che è morto due anni prima, nel 1638] intitolato Augustinus, in cui il vescovo Giansenio, commentando il pensiero filosofico di Sant’Agostino, affronta il tema del controverso rapporto tra la Grazia concessa per esclusiva volontà di Dio e la libertà umana, in modo da trovare un equilibrio tra la posizione protestante [secondo cui è la Grazia concessa da Dio a condizionare il comportamento della persona] e quella cattolica [secondo la quale è mediante il libero arbitrio che si ottiene o meno la Grazia di Dio]: quest’opera viene però subito preventivamente messa all’Indice per ordine del Sant’Uffizio, in attesa che il tribunale dell’Inquisizione emetta un giudizio.
Cornelis Jansen [1585-1638] è nato nei pressi di Utrecht dove ha studiato ed è stato ordinato sacerdote, ha insegnato all’Università di Lovanio e a Parigi, e poi è stato nominato vescovo di Ypres [Ieper in olandese e Yper in fiammingo], una città belga che oggi conta circa 35 mila abitanti, che si trova nella provincia delle Fiandre Occidentali che, come borgo, si è sviluppata nel X secolo [prima dell’anno Mille, in età carolingia] intorno a un mercato che si è venuto a trovare in posizione strategica tra Bruges e Lilla, dove dal XII secolo comincia a prosperare il commercio dei tessuti, la tela di Fiandra.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
E, seguendo il filo della tela di Fiandra, con la guida del Belgio e navigando in rete andate a fare un’escursione a Ypres, una città che, nel 1917, durante la prima guerra mondiale si è trovata ad essere teatro di quattro cruente battaglie ed è stata completamente distrutta [come mostrano le spettrali foto dell’epoca che sulla rete potete osservare], e successivamente è stata scrupolosamente ricostruita così com’era e, quindi, potete visitare il Mercato dei Tessuti [inserito dall’UNESCO nella lista dei patrimoni dell’Umanità], la Chiesa romanica di San Pietro [in stile mosano perché da queste parti scorre il fiume Mosa] e, naturalmente, la Cattedrale di San Martino [in stile gotico brabantino] sede, a suo tempo, della diocesi retta, dal 1636 al 1638, dal vescovo Giansenio [che è morto nel 1638 durante l’epidemia di peste che ha colpito la città perché si è prodigato nell’assistenza dei malati]. Buon viaggio a Ypres…
L’abate agostiniano di Saint Cyran è un convinto sostenitore delle idee di Giansenio avendo collaborato con lui all’Università di Lovanio e di Parigi, e Port-Royal - essendone il direttore spirituale - diventa il centro più attivo del movimento giansenista in Europa e per i Gesuiti è facile tacciare questa comunità di deviazionismo rispetto all’ortodossia cattolica.
Quali sono le idee teologiche e le proposte dottrinali di Giansenio che diventano patrimonio della comunità di Port-Royal e anche del pensiero filosofico di Pascal? Per Giansenio è Dio che dispensa unicamente e gratuitamente la sua Grazia, indipendentemente da qualsiasi iniziativa umana, e il modo di comportarsi della persona dipende dalla Grazia che, per fede, riceve da Dio e non per merito della sua intraprendenza personale.
I Gesuiti avversano questa idea che presuppone il concetto della predestinazione di stampo luterano e calvinista e, seguendo le direttive degli Esercizi spirituali di Ignazio di Lojola, il loro fondatore, sostengono che la persona si procura la Grazia divina mediante le iniziative che essa stessa mette in atto: i Gesuiti, infatti, sono molto attivi, si definiscono “un esercito efficiente in marcia” e impongono la loro visione soprattutto nei centri del potere a cominciare dalle corti europee.
Giansenio non condivide questa mentalità e sostiene che “le azioni umane di successo in difesa o per proporre o peggio per imporre la religione cattolica non sempre sono davvero gradite a Dio”, ma i Gesuiti, che ragionano in modo manageriale, sostengono “una pastorale di compromesso” che possa assicurare alla Chiesa molti fedeli e, soprattutto si rivolgono a quelli che contano sul piano del potere offrendo, come rimedio ai peccati personali e collettivi i Sacramenti, e comincia a circolare “nel bel mondo” quello delle corti un motto: «Attraverso i Gesuiti, Dio perdona tutto! » Quindi affidiamoci a loro … e questo slogan fa indignare “i solitari di Port-Royal” che pensano ci siano azioni imperdonabili da sanzionare con severità: pensano alla tragedia delle guerre di religione e ai massacri compiuti con la conquista del Nuovo Mondo.
Giansenio, che in vita, come vescovo cattolico, si è impegnato a rilanciare il dialogo con i protestanti in particolare con i Calvinisti, vuole trovare un equilibrio tra le due confessioni per poter praticare una via di riconciliazione ecumenica e non fomentare lo scontro come vogliono i Gesuiti. Giansenio è un agostiniano e, come Sant’Agostino, ha una visione pessimistica della natura umana e sostiene che la ragione è ottenebrata dalla sua astuzia e, di conseguenza, propende per fare il Male piuttosto che per conoscere e fare il Bene ma, per Grazia di Dio [scrive il vescovo Giansenio], c’è stata la Redenzione, e la Grazia divina è entrata nella Storia e può procurare la guarigione definitiva per ogni persona; ma è evidente che la persona, usando il libero arbitrio, deve favorire l’azione salutare della Grazia, è evidente che la persona deve guadagnarsela la salvezza, ma i Sacramenti, che i Gesuiti - scrive il vescovo Giansenio - considerano “merce di scambio”, non possono dare automaticamente la Grazia, perché è Dio che decide se e come elargirla.
Per dare un fondamento teologico alle sue idee Giansenio propone l’esegesi delle Lettere ai Tessalonicesi e delle Lettere ai Corinti dove Paolo di Tarso spiega come i concetti di “exousia” [la potenza di Dio] e di “sophia” [la sapienza di Dio] si fondano insieme per formare il concetto di “Grazia” [charis, gratis-data] e il vescovo Giansenio, seguendo la dottrina di Paolo di Tarso, afferma che la persona è buona e misericordiosa non di per sé ma quando è toccata dalla Grazia di Dio e, quindi, i Sacramenti sono segni salvifici solo se Dio concede la Grazia: la persona deve, con fede, meritare la Grazia da Dio, e non dall’istituzione né tanto meno dal clero, e scrive il vescovo Giansenio parafrasando Sant’Agostino «la Chiesa deve essere impegnata a insegnare alle persone come guadagnarsi la Grazia da Dio e, di conseguenza, la Chiesa non può sostituirsi a Dio nel concedere la Grazia, che [secondo la dottrina di Paolo di Tarso sviluppata da Sant’Agostino] è dono esclusivo di Dio, non della Chiesa »: queste proposizioni sono sgradite al Sant’Uffizio che mette preventivamente all’Indice l’opera di Giansenio.
Queste idee del pensiero teologico del vescovo Giansenio, che abbiamo voluto e dovuto ripetere anche in funzione della comprensione dell’adesione di Pascal alla comunità di Port-Royal, sono contenute nei capitoli della prima parte dell’opera Augustinus mentre, in quelli della seconda parte, Giansenio si domanda che funzione abbia sotto il profilo della dottrina la Chiesa nella Storia della salvezza. Scrive il vescovo Giansenio: «La Chiesa deve avere una funzione dottrinale di carattere educativo e formativo [didattica e didascalica] perché non elargisce la Grazia ma deve educare la persona in modo che possa, utilizzando il libero arbitrio, riceverla gratuitamente da Dio, ed è attraverso l’educazione [e questo è il tema ricorrente presente in tutte le correnti della Storia del Pensiero Umano] che bisogna imparare a pentirsi, a usare pietà e misericordia, a esercitarsi nelle opere buone, nella meditazione, nell’ascesi. Per ricevere gratuitamente la Grazia è necessario che la persona si prepari intellettualmente curando il funzionamento della propria razionalità».
In linea con queste idee, a Port-Royal, nel 1645, il gruppo dei “solitari”, incoraggiati da Mère Angélique, promuove come sapete il programma delle “Petites Ecoles” le Piccole Scuole di Port-Royal, aperte a tutti.
Il programma delle “Piccole Scuole di Port-Royal” - che nascono con l’obiettivo di insegnare a ciascuna persona a coltivare la propria spiritualità - ha decisamente una base “razionalista” [siamo sulla via che conduce verso l’età dei Lumi]: la bontà, la pietà, la misericordia, l’amore di Dio va perseguito insegnando alla persona a “essere ragionevole”. Solo mediante “la ragionevolezza”, imparando a investire in intelligenza usando in modo opportuno le azioni dell’Apprendimento, la persona può elevare il proprio pensiero, può tonificare il proprio carattere, può sollevarsi dalla miseria e dalla fragilità spirituale.
I programmi didattici di Port-Royal sono all’avanguardia per lo studio della lingua, delle scienze, della matematica, e le Piccole Scuole di Port-Royal hanno perseguito la tesi didattica che ha anche elaborato Montaigne nei suoi Saggi: «È necessario formare una testa ben fatta, piuttosto che una testa ben piena».
Antoine Arnauld e Pierre Nicole sono i due intellettuali che hanno scritto un’opera pubblicata nel 1662 che raccoglie i programmi delle “Piccole Scuole” e che s’intitola Arte di pensare o Logica di Port-Royal. La via che conduce verso l’età dei Lumi passa per Port-Royal, transita paradossalmente [ma la strada su cui procede la Storia del Pensiero Umano è lastricata di paradossi] per il centro dove, in Europa, si coltiva maggiormente il misticismo. A Port-Royal si sostiene che il misticismo deve sempre svilupparsi nell’ambito della ragionevolezza per evitare ogni forma di fanatismo, di esaltazione, di invasamento, di faziosità. Il misticismo [chiariscono a Port-Royal] è un atteggiamento intellettuale che riguarda tanto la devozione religiosa, come, per esempio, quello dell’opera Scivias di Ildegarda di Bingen, quanto la riflessione laica, come, per esempio, quello delle Enneadi di Plotino.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste tre espressioni riguardanti il misticismo - tensione al divino, attitudine contemplativa, desiderio di spiritualità - mettereste in evidenza per prima?…
Scrivetela…
Il pensiero e l’attività dei “solitari di Port-Royal”, su denuncia dei Gesuiti, subisce la sorte del giansenismo perché, come abbiamo detto, nel 1640 l’opera Augustinus di Giansenio viene messa all’Indice per ordine del Sant’Uffizio, ed è un provvedimento contenuto in una bolla firmata da papa Urbano VIII [con il quale abbiamo già avuto a che fare nel viaggio di due anni fa] il quale non smentisce la misura preventiva presa dal Sant’Uffizio, la avalla, ma anche invita a procedere con prudenza. Sta di fatto che i papi - come ora Urbano VIII - si rivelano sempre utili in funzione della promozione della didattica, in particolare, della didattica della lettura e della scrittura…Ma procediamo con ordine.
Nel 1640 viene pubblicata l’opera Augustinus di Giansenio [che è morto due anni prima senza aver mai divulgato in forma ufficiale le proprie idee per evitare ripercussioni] e questo Libro, su denuncia dei Gesuiti spagnoli, viene subito messo all’Indice per ordine del Sant’Uffizio, e il papa che firma il provvedimento è Urbano VIII con una bolla, intitolata In eminenti, nella quale il pontefice scrive che quest’opera va studiata a fondo in modo che il tribunale dell’Inquisizione possa dare un giudizio ben ponderato perché il vescovo Giansenio, sebbene dialoghi con i Calvinisti [e questo è scorretto, afferma il papa], tuttavia cerca di dare una risposta alla spinosa questione del controverso rapporto tra la Grazia, concessa per esclusiva volontà di Dio, e la libertà umana [perché se Dio concede la Grazia esclusivamente a chi vuole Lui, la libertà umana dove va a finire? Bisogna riflettere su questo tema e trovare un equilibrio]. Urbano VIII è il cardinale Maffeo Barberini, di famiglia fiorentina, che viene eletto nel 1623 e regna per più di un ventennio [fino al 1644. «Li lunghi pontificati so’ i più sciagurati e i pontificati annosi so’ sempre perniciosi», scrive Pasquino] ed è un papa “tra i più strani” [«Urban è strano, prima te perdona poi te taja la mano», scrive Pasquino] perché a volte prende posizioni molto tolleranti [come nella bolla che abbiamo appena citato, nella quale consiglia prudenza nonostante lui abbia studiato nel Collegio Romano dei Gesuiti e sono proprio i Gesuiti ad aver denunciato il pensiero di Giansenio e alla Santa Sede non converrebbe inimicarseli], mentre altre volte assume atteggiamenti di decisa condanna senza appello [è il papa che, dopo aver dialogato quasi fraternamente con Galileo incoraggiandolo nelle sue ricerche, ne firma la condanna e - siccome pensa che lo scienziato lo abbia chiamato “asino” nel Dialogo dei Massimi Sistemi - ne pretende l’abiura pena la morte nel 1633]. Altre volte poi Urbano VIII arriva a compiere azioni, tanto buone quanto cattive, di grande spregiudicatezza, come quando, nel 1626, raggirando il Sant’Uffizio, riesce - compiendo una buona azione - a far scarcerare Tommaso Campanella dal carcere di Napoli e poi, nel 1634, gabbando il re di Spagna, favorisce la fuga del filosofo in Francia per non farlo nuovamente arrestare, o quando nel 1634 - compiendo una pessima azione - si rifiuta di concedere la grazia (con la g minuscola) a Giacinto Centini - nipote del cardinale Felice Centini - che, insieme a due frati negromanti, aveva compiuto un rito di magia nera per causare la morte del pontefice e, anche se il rito non ha funzionato, i tre sono stati “perdonati e trattati pietosamente” dal papa nel senso che i due frati sono stati impiccati e Centini decapitato e, solo successivamente, sono stati tutti e tre bruciati sul rogo in Campo de’ Fiori. E le cose curiose da raccontare su Urbano VIII sarebbero molte e, difatti, ne diremo ancora qualcuna.
Ma il motivo con rimpianto per cui abbiamo tirato in ballo questo papa è che - in un Percorso in funzione della didattica della lettura e della scrittura come questo - non possiamo fare a meno di ricordare che Urbano VIII viene citato da Alessandro Manzoni, nella versione definitiva dei Promessi Sposi del 1840, come pontefice regnante durante i fatti narrati. Il mio rimpianto consiste nell’aver rinunciato a far combaciare la lettura e lo studio del testo dei Promessi sposi con il percorso di questo viaggio ma, dopo aver ben pensato e fatto i conti, è risultato che ci sarebbero voluti almeno quattro anni scolastici [quattro viaggi] per tenere insieme in modo esaustivo il romanzo manzoniano e la Storia del Pensiero Umano del ‘600, e questo lungo arco temporale risulterebbe in chiave didattica un po’ troppo dispersivo.
E, di conseguenza, ho ritenuto opportuno di dover semplificare confidando nella vostra competenza di lettrici e di lettori e, quindi, non mi resta che chiedervi: da quanto tempo non rileggete i Promessi sposi di Alessandro Manzoni? Non posso pensare che non abbiate mai più letto questo romanzo dai tempi della Scuola quando veniva imposto un po’ troppo pedissequamente per cui veniva disprezzato più che gustato, e che vi siate affidate e affidati solo alle innumerevoli e di tutti i generi sceneggiature cinematografiche e televisive, che nulla hanno a che fare con l’esercizio della lettura. Ebbene, questo sarebbe il momento adatto per fare questo esercizio, quattro pagine al giorno facendo ben attenzione a entrare in sintonia con la lingua manzoniana che, sebbene abbia il dono della comprensibilità, è pur sempre frutto di uno stile appartenente a un genere particolare, quello del romanzo storico dell’800; questo sarebbe il momento per dedicarsi alla lettura di questo romanzo perché gli avvenimenti di cui tratta stanno sul territorio che stiamo attraversando, difatti è ambientato in Lombardia durante il dominio spagnolo tra il 1628 e il 1631, l’anno della fine dell’epidemia di peste, e poi andrebbe letto perché uno dei temi fondamentali di quest’opera è proprio quello della “Grazia divina” [la grande protagonista del romanzo] di cui abbiamo parlato finora [Alessandro Manzoni coltiva idee gianseniste? È un argomento su cui si continua a discutere e la risposta è positiva].
Papa Urbano VIII viene citato nel capitolo XXVII del romanzo dove c’è un nucleo narrativo che riguarda “la guerra per la successione al Ducato di Mantova e Monferrato” e questo perché l’autore è consapevole del fatto che le sue lettrici e i suoi lettori non ne sanno niente di Storia del ‘600 [così come anche noi] e, quindi, ritiene necessario compiere un’opera di Alfabetizzazione, e per questo motivo Alessandro Manzoni va lodato, non denigrato, come spesso hanno fatto i critici saccenti. E poi, in questo capitolo, l’autore, oltre a farci conoscere le qualità di Donna Prassede che sta ospitando Lucia, ci fa incontrare Don Ferrante [«Uomo di studio, al quale non piaceva né di comandare né d’ubbidire»] e, attraverso questa figura, Manzoni ci fa sapere, anche con una certa ironia, quali sono gli interessi culturali [ed è interessante andarli a scoprire] di un uomo di studio del ‘600, in possesso di «una raccolta di libri considerevole, poco meno di trecento volumi, tutta roba scelta», quindi …
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Per cominciare a entrare in contatto con i Promessi sposi – e penso che questo romanzo sia in tutte le biblioteche domestiche – potete leggere il capitolo XXVII, e poi, potete partire, remando, da «Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno …»…
Volendo poi – sempre facendo riferimento a papa Urbano VIII [in modo da non far torto, in funzione della didattica della lettura e della scrittura, agli autori contemporanei] – ci sarebbe anche da leggere il romanzo [del 1985] di Pasquale Festa Campanile [1928-1986] intitolato La strega innamorata in cui la protagonista, la strega Isidora, s’innamora, ricambiata, di questo pontefice, e nasce tra i due una delicata storia d’amore…
Ora, però, vi leggo l’incipit del capitolo XXVII dei Promessi sposi tanto per incoraggiarvi a leggerlo integralmente sperimentando anche il ritmo della prosa manzoniana, quanto per mettere in evidenza come Alessandro Manzoni sia consapevole della necessità di contrastare l’analfabetismo e l’ignoranza [Manzoni sarebbe entusiasta dell’Articolo 34 della Costituzione, ma si domanderebbe tristemente come mai non lo si attui con una legislazione che promuova Percorsi di Alfabetizzazione, in modo che “gli ignoranti” - che sono le persone per cui lui vuol scrivere - possano leggere e conoscere la Storia].
LEGERE MULTUM….
Alessandro Manzoni
Promessi sposi Capitolo XXVII
Già più d’una volta c’è occorso di far menzione della guerra che allora bolliva, per la successione agli Stati del duca Vincenzo Gonzaga, secondo di quel nome; ma c’è occorso sempre in momenti di gran fretta: sicché non abbiam mai potuto darne più che un cenno alla sfuggita. Ora però, all’intelligenza del nostro racconto si richiede proprio d’averne qualche notizia più particolare. Son cose che chi conosce la Storia le deve sapere; ma siccome, per un giusto sentimento di noi medesimi, dobbiam supporre che quest’opera non possa esser letta se non da ignoranti, non sarà male che ne diciamo qui quanto basti per infarinarne chi n’avesse bisogno. …
Del papa Urbano VIII - il pontefice regnante durante i fatti narrati dai Promessi sposi - si potrebbe parlare per ore, noi mettiamo ancora in evidenza un particolare che ci serve per incontrare, tra poco un altro papa.
Ma torniamo ancora brevemente a Urbano VIII. Succede che questo papa, oltre alla pratica di fiutare e di fumare il tabacco, con minaccia di scomunica, all’interno della Basilica di San Pietro e della Cattedrale di Siviglia dove il fumo del tabacco si mescolava a quello dell’incenso, condanna con vigore “il nepotismo” ma poi non resiste [le tentazioni le hanno anche i papi] a nominare cardinali i due figli [i nipoti Francesco e Antonio] di suo fratello Carlo, e poi nomina pure cardinale suo cognato Lorenzo Magalotti [il fratello della moglie di suo fratello] dando inizio [scrive Pasquino] alla pratica del “cognatismo”, ma di cognate ne parleremo tra poco quando , come abbiamo detto, incontreremo un altro papa che sta sul nostro cammino. In ultimo, possiamo ancora dire che papa Maffeo Barberini va comunque apprezzato, se non altro, per aver fatto lavorare Gian Lorenzo Bernini e altri artisti importanti, e per aver sollecitato a scrivere opere [ospitandoli a Palazzo Barberini] letterati e poeti [come Marcello Sacchetti, Gabriello Chiabrera, Alessandro Tassoni, ed è poeta e letterato praticante anche lui, autore di un certo numero di opere]; poi va lodato per aver vietato ai Conquistatori europei, pena la scomunica con la bolla Commissum Nobis, di ridurre in schiavitù gli indigeni del Paraguay, del Brasile e delle Indie Occidentali [il fatto è che questo divieto non è mai stato rispettato da nessuno e nessuno dei colonialisti europei è stato mai scomunicato nonostante i molti crimini commessi].
E ora torniamo ad occuparci della sorte dell’opera Augustinus, del giansenismo e, di conseguenza, anche della sorte di Port-Royal.
Dopo un lungo procedimento, durato più di un decennio, cinque tesi contenute nell’opera Augustinus di Giansenio vengono dichiarate eretiche dal tribunale dell’Inquisizione [Giansenio, essendo morto prima della pubblicazione del suo Libro, non viene condannato come eretico, ma lo si ritiene comunque reo di gravi errori teologici e dottrinari] e, di conseguenza, nel 1653, papa Innocenzo X [Giovan Battista Pamphili] condanna il giansenismo con la bolla Cum occasione, e di conseguenza anche l’esperienza di Port-Royal viene messa all’Indice e questa condanna non scoraggia Pascal, anzi fa aumentare il suo convincimento e la sua volontà di aderire all’esperienza di Port-Royal.
Innocenzo X, papa dal 1644 al 1655, è il successore di Urbano VIII, ed è un avvocato che viene eletto col veto della corte francese che sostiene i Barberini, e questo periodo della Storia della Chiesa di Roma è stato chiamato [dalle studiose e dagli studiosi] “l’epoca della lotta delle tre famiglie” perché a disputarsi il potere sono le famiglie Pamphili, Barberini e Farnese. Ed è questo un periodo di spregiudicato “nepotismo”: i papi - sebbene ufficialmente e sfacciatamente neghino e condannino questo fenomeno - promuovono e fanno fare carriera a tutti i loro famigliari maschi, ma Innocenzo X si distingue perché, seguendo in parte l’esempio del suo predecessore, la persona a cui accorda più favori [facendo sparlare tutta Roma, e tutta Europa] è la cognata: donna Olimpia Maidalchini [e, da questo momento, sono le cognate - e non le badesse, piuttosto malviste - ad assumere un ruolo nella Storia della Chiesa di Roma, quindi, attenzione alle cognate!]. Le cronache parlano di una donna avida di denaro e di potere, particolarmente intrigante, che passa la maggior parte del suo tempo all’interno dei palazzi vaticani [è lì a pranzo, a cena, a volte, per non saltare colazione, non torna neppure a dormire a casa sua, dicono le cronache!], e tutti i parenti maschi di donna Olimpia sono diventati cardinali.
Perché stiamo raccontando questi avvenimenti? Perché è evidente che presso le Chiese locali, soprattutto dove ci si impegna per “risalire al Vangelo”, ci si domanda se i vertici vaticani siano credibili [e nelle periferie non può che fiorire il dissenso]: “i solitari di Port-Royal” e Blaise Pascal che sta entrando a far parte di questo gruppo, si domandano con quale autorità morale si firmino documenti che condannano un’opera di valore, tanto sul piano teologico che dottrinale, come Augustinus di Giansenio [«Forse il vescovo Giansenio si occupava poco delle sue cognate?», ironizza in modo interlocutorio Pascal e, caustico, aggiunge: «A Port-Royal si crede nella Grazia di Dio, non nelle grazie delle cognate»].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
A proposito, se avete delle cognate e dei cognati, per mettere in evidenza le loro buone qualità [solo in questo caso], potete scrivere quattro righe di elogio…
I solitari di Port-Royal diramano “un manifesto per Giansenio” redatto da Antoine Arnauld [che è professore alla Sorbona e, dopo aver preso gli ordini religiosi, assume il ruolo che aveva l’abate di Saint-Cyran] nel quale si legge: «Si condanna Giansenio sostenendo falsamente che abbia negato l’efficacia dei Sacramenti. Giansenio non la nega affatto ma dichiara che i Sacramenti sono efficaci solo se c’è la Grazia di Dio, perché, di per sé, i Sacramenti, non danno la Grazia, che si acquista solo per volontà di Dio, non per volontà della Chiesa. Se una persona, in prima istanza, non ha gratuitamente ricevuto la Grazia di Dio - come scrive San Paolo nelle Lettere ai Tessalonicesi e nelle Lettere ai Corinti - i Sacramenti sono solo dei segni esteriori inefficaci, soggetti a compra e vendita. La bolla papale Cum occasione, scritta da mano gesuitica, sostiene che è il potere ecclesiastico e clericale ad amministrare i Sacramenti in nome di Dio e che la Grazia si acquisterebbe solo per tale via, ma, sul piano della dottrina, è più corretto pensare, come ha scritto il vescovo Giansenio, che “ci si salva unicamente per fede nella Grazia di Dio”».
Naturalmente l’esercito dei Gesuiti quasi compatto [c’è solo una minoranza che non si schiera contro] denuncia il testo di questo “manifesto” con l’accusa di connivenza, da parte dei solitari di Port-Royal, con le idee luterane e calviniste e, di conseguenza, il pensiero e tutta l’attività di Port-Royal viene condannata dal Sant’Uffizio con la dicitura di “covo di eresia, interdetto ai fedeli cattolici”. Tanto la monarchia francese quanto tutto il sistema feudale, due ordinamenti che non sopportano “i sovversivi solitari di Port-Royal”, ben lieti di questa condanna papale, fomentata dai Gesuiti, e qui ha inizio, contro la repressione che la bolla innesca, la lunga e tenace resistenza di Port-Royal.
Noi ora [per non disperdere le informazioni in molti rivoli] dobbiamo fare un salto in avanti [e poi torniamo da Pascal nel momento in cui, nel 1654, decide di entrare nel gruppo dei solitari di Port-Royal], perché è giusto didatticamente raccontare nella sua interezza [seppur brevemente e a grandi linee] la Storia della lotta che i due monasteri di Port-Royal hanno sostenuto contro i poteri feudali ed ecclesiastici prima di soccombere.
Le “Petites Ecoles” [Le Piccole Scuole di Port-Royal, aperte a tutti nel momento in cui i poteri ecclesiastici e feudali preferiscono che le persone rimangano ignoranti e analfabete] hanno resistito fino al 1660, poi sono state chiuse d’autorità con la forza. Luigi XIV [il Re Sole] ha perseguitato con durezza il movimento di Port-Royal, tanto per far piacere ai papi quanto perché teme qualunque forma di dissenso e, nel 1705, ottiene dal papa Clemente XI [Gian Francesco Albani, di Urbino], l’autorizzazione [vuole il consenso scritto per mettersi la coscienza a posto] di chiudere i due monasteri di Port-Royal: le monache e i solitari vengono cacciati e dispersi con la forza, ma lo spirito evangelico e pedagogico di Port-Royal sopravvive, e questa resistenza [condotta sulla via che porta verso l’età dei Lumi] non è stata infruttuosa per gli sviluppi culturali e politici successivi.
Nel 1710, Luigi XIV [sempre lui] ordina - per stroncare la tenace resistenza di Port-Royal - di abbattere le due abbazie, che vengono rase al suolo, spogliate dei loro simboli e persino i cimiteri annessi ai due monasteri vengono profanati. Il potere assoluto fa demolire le strutture ma non riesce a distruggere i principi di ordine morale e i concetti intellettuali che la lunga esperienza di Port-Royal [che noi abbiamo studiato] ha seminato.
Che cosa rimane, oggi, di Port-Royal? Vi ho preannunciato, nell’ultima Lezione dello scorso anno, che avremmo disegnato un itinerario per viaggiare nel mondo di Port-Royal da compiere tanto sul territorio reale che in modo virtuale. Ebbene, a Parigi, possiamo andare alla scoperta dei luoghi di Port-Royal de Paris, e possiamo farlo percorrendo la rue Saint-Jacques.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
La rue Saint-Jacques [la via di San Giacomo] di Parigi potete percorrerla su una pianta della città che trovate su qualunque guida cartacea e navigando in rete… Partendo da l’Ile de la Cité [l’Isola della Senna, che è ben identificabile], dopo esser passate e passati davanti a Notre-Dame e dopo aver attraversato la Senna, vi trovate in rue Saint-Jacques e potete percorrerla a piedi fino a raggiungere, dopo circa un chilometro, la chiesa – fondata nel 1180 ma oggi in forma seicentesca - di Saint-Jacques de Haut-Pas [di Altopascio], qui siete nella zona di Port-Royal… In questa chiesa è stato sepolto [nel 1643] l’abate di Saint-Cyran, e vicino a questa chiesa c’era il monastero raso al suolo nel 1710… Se, con una guida di Parigi e navigando in rete, andate a visitare questo monumento potrete scoprire molte cose interessanti legate a ciò che stiamo studiando, incuriositevi…
Sapete già che la via di Saint-Jacques [di San Giacomo] si chiama così perché questa antica strada [la via più importante della rive gauche], nel Medioevo, era seguita dai pellegrini che iniziavano il viaggio che li avrebbe portati al santuario di Santiago de Compostela, in Galizia. Poi è necessario uscire da Parigi per vedere ciò che resta di Port-Royal des Champs e, in parte, ne abbiamo già parlato.
La zona da visitare si trova nel dipartimento dell’Yveline, di cui il capoluogo è Versailles, e bisogna raggiungere la cittadina di Chevreuse, antico borgo dominato da un castello. Di qui ha inizio il “Giro delle valli della Mérantaise e del Rhodon” dove s’incontrano i paesi di Saint-Rémy-lès-Chevreuse e di Magny-les-Hameaux e, a poca distanza da queste località, ci sono i resti dell’abbazia di Port-Royal des Champs della quale c’è rimasto ben poco ma il luogo [soprattutto se si conosce la Storia, come scrive Manzoni] conserva il suo fascino: siamo nel vallone del Rhodon e dell’abbazia restano soltanto pochi ruderi del chiostro, della chiesa e del cimitero, mentre poco distante si trova “la cascina de les Granges” che è stata ristrutturata e trasformata nell’800 in Museo per mettere in evidenza che il giansenismo di Port-Royal proclama il rigore morale, il ritorno alle virtù del Cristianesimo delle origini, la diffusione delle idee democratiche e il desiderio di un progresso da promuoversi attraverso lo studio [con la Scuola aperta a tutti] che porti al ben-essere della persona. Il Giro continua nella valle del Rhodon fino al piccolo borgo di Dampierre-en-Yvelines dove c’è da visitare il bel castello del '600 e poi, camminando per un breve tratto in aperta campagna, si raggiunge la rustica chiesa di Saint-Lambert, che domina, solitaria, la valle del Rhodon e nel cimitero, accanto alla chiesa, c’è una modesta piramide di pietra: qui, nel 1712, dalla furia devastatrice del papa e del re, sono state gettate, in una fossa comune, le ossa di tutte le persone - di Mère Angelique, di molte monache e di molti solitari - che erano sepolte a Port-Royal des Champs quando è stata rasa al suolo e profanata. Qualcuno, nel 1944, ha issato una croce, accanto alla piramide, sulla quale è scritto: «A la personne humaine», in ricordo delle vittime più umili e anonime che sono morte in tutte le guerre.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Utilizzando una guida della Francia e navigando in rete percorrete questo itinerario che invita a riflettere sulle ragioni per cui Blaise Pascal decide di diventare “un solitario di Port-Royal”, buon viaggio…
La condanna del giansenismo è un ulteriore motivo che porta Blaise Pascal a entrare a far parte del gruppo dei “solitari” e, dal dicembre del 1654, comincia a frequentare le Lezioni tenute all’abbazia di Port-Royal de Paris da vari esperti.
Pascal si appassiona nello studio della Letteratura Patristica e dei Detti dei Padri del deserto [due argomenti che, in questi anni, abbiamo affrontato in molti viaggi] e, dopo essere diventato un esperto esegeta [soprattutto sui testi delle Opere dei Padri Apologisti: Giustino di Efeso (†165), Tertulliano di Cartagine (†240), Clemente Alessandrino di Atene (†216), Origene di Alessandria (†254)], si mette al lavoro e dal 1656 sul Bollettino di Port-Royal cominciano ad essere pubblicate una serie di Lettere che - raccolte tutte insieme - diventano un’opera apologetica [a chi scrive Pascal?]. La parola greca “apologia” significa “difesa” e Pascal decide di operare intellettualmente per difendere il pensiero giansenista e l’attività spirituale, materiale e politica di Port-Royal, e per questo Pascal studia, e senza conoscere il suo retroterra culturale [la lettura dell’Epistolario di Paolo di Tarso, dell’Augustinus di Giansenio, delle Opere dei Padri Apologisti e del fenomeno dei Padri del deserto] risulta difficile poter leggere le sue opere: come si fa a dire “leggete i Pensieri di Pascal”, un opera, di non facile lettura, alla quale ci stiamo avvicinando, senza avere le chiavi necessarie per far aprire nella nostra mente gli sportelli della comprensione.
Ma, prima dei Pensieri, c’è un’altra opera interessante da studiare di Pascal scritta con metodo e spirito apologetico in difesa della dignità intellettuale di Port-Royal e ce ne occuperemo nel corso del prossimo itinerario [non perdetelo perché poi - come da calendario - faremo una pausa].
Ora, per concludere, dobbiamo sapere che, oltre a studiare, i solitari di Port-Royal, insieme alle monache del convento diretto da Mère Angélique, devono lavorare [siamo in un monastero benedettino e vige la regola per ciascuna e per ciascuno di quattro ore di lavoro manuale, oltre a quattro ore di studio, a quattro ore di riflessione e preghiera, e a quattro ore di cura propria e del prossimo]. Qual è l’attività manuale [quali sono i lavori] che devono sostenere, insieme alle monache, i solitari di Port-Royal de Paris, Pascal compreso?
Il monastero di Port-Royal de Paris si trova nel faubourg Saint-Jacques che, sebbene sia alla periferia di Parigi, è comunque in aperta campagna e le attività principali dell’abbazia - per il suo sostentamento e per il sostegno agli indigenti [le molte persone che non hanno protezione sociale] - sono l’allevamento delle pecore e delle oche. Quotidianamente c’è un lunga fila di persone all’ingresso del monastero di Port-Royal de Paris [e la scena ve la potete immaginare] dove vengono distribuiti: il latte, la lana e i formaggi.
E i formaggi dove ci portano? Ci portano all’esperienza del signor Palomar, il protagonista [che ormai ben conoscete] del Libro dal titolo omonimo di Italo Calvino del 1983 che stiamo leggendo, e adesso il signor Palomar [un nome simbolico che richiama un potente telescopio] è intenzionato a puntare su “i formaggi” la sua meticolosa attenzione perché questi meravigliosi prodotti che fanno parte delle “cose buone della vita”, come direbbe Montaigne, vuole osservarli scrutandoli nei minimi particolari nel tentativo [come pretende di fare Pascal] di entrare, anche per mezzo dei formaggi, in rapporto con l’universo ma anche questo tentativo presenta molte difficoltà e lascia sempre il signor Palomar [e anche il signor Montaigne prima e il signor Pascal dopo] nel dubbio, ma il dubbio è utile perché stimola, deve stimolare la riflessione e la volontà di imparare [e di assaggiare no?]. Leggiamo.
LEGERE MULTUM….
Italo Calvino, Palomar
Il museo dei formaggi.
Il signor Palomar fa la coda in un negozio di formaggi, a Parigi [nel faubourg Saint-Jacques?]. Vuole comprare certi formaggini di capra che si conservano sott’olio in piccoli recipienti trasparenti, conditi con varie spezie ed erbe. La fila dei clienti procede lungo un banco dove sono esposti esemplari delle specialità più insolite e disparate. È un negozio il cui assortimento sembra voler documentare ogni forma di latticino pensabile; già l’insegna «Spécialités froumagères» con quel raro aggettivo arcaico o vernacolo avverte che qui si custodisce l’eredità d’un sapere accumulato da una civiltà attraverso tutta la sua storia e geografia.
... continua la lettura ...
E, per quanto riguarda l’allevamento delle oche, che succede a Port-Royal?
Ebbene, anche per rispondere a questa domanda, bisogna procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé, quindi, consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, non mancate la prossima settimana perché la Scuola è qui, e anche tra lo starnazzare delle oche di Port-Royal il viaggio continua…