ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»
PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
La sapienza poetica e filosofica sulla via che porta verso il secolo dei Lumi III
Tavarnuzze 14 ottobre 2021 – Bagno a Ripoli 3 novembre 2021
Firenze prima il 15 ottobre 2021 e Firenze seconda il 22 ottobre 2021
IL TRADIZIONALE RITUALE DELLA PARTENZA PREVEDE
LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PERCORSO DI STUDIO ...
Buona sera, ben tornate e ben tornati a Scuola.
In questo momento la preoccupazione nasce dal fatto che la brusca interruzione del nostro Percorso di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura [avvenuta all’inizio del mese di marzo dell’anno 2020] ha prodotto una frattura, si è creata metaforicamente parlando una lacerazione nel territorio del Seicento che stavamo e che stiamo ancora attraversando e, quindi, per ricucire lo strappo, in modo da riprendere il passo, è necessario avere un po’ di pazienza [e la pazienza è una virtù indispensabile in funzione dello studio e della cura]; di conseguenza, confido - e so di poter confidare - nella disponibilità di ciascuna e di ciascuno di voi: difatti, potremmo avere delle difficoltà sul piano della memoria nel momento in cui succederà di sentir citare argomenti che abbiamo studiato prima del blocco della Scuola in presenza, ma non ci dobbiamo scoraggiare.
Noi ci proponiamo di riprendere il passo da dove il nostro cammino è rimasto in sospeso con l’intento di ricucire la lacerazione che si è prodotta, e allora, senza ulteriori preamboli, ben tornate e ben tornati a Scuola sul sentiero di questa esperienza didattica di Apprendistato cognitivo che dal 1° ottobre 1984 opera nell’ambito della Scuola pubblica degli Adulti [e, quindi, questo è il 38° viaggio di studio in partenza].
E qualsiasi viaggio [reale o metaforico che sia] ha inizio come sapete con la partenza, e la partenza per un viaggio [la sua preparazione e il momento stesso del partire] corrisponde sempre a un “rito”. E il tradizionale “rituale della partenza” si ripete ogni anno e, come ben sapete, i rituali, in quanto ripetitivi, finiscono spesso per essere noiosi, ma sono insostituibili.
Il “rituale della partenza” è necessario prima di tutto per conoscere la “natura didattica” e gli “obiettivi formativi” del Percorso che stiamo per intraprendere: è sconsigliabile, soprattutto nel caso di un viaggio di studio [funzionale all’esercizio della lettura e della scrittura], partire senza sapere dove andare e per questo dobbiamo conoscere i motivi per cui stiamo frequentando la Scuola e perché la Scuola deve [dovrebbe] essere aperta a tutti secondo l’Articolo 34 della Costituzione.
Oltre a conoscere “la lista dei contenuti” di un Percorso didattico [anche se i contenuti, le cose da sapere, hanno la loro importanza] dobbiamo soprattutto essere consapevoli degli “elementi formali” che caratterizzano questo Percorso [e molte e molti di voi sono da anni al corrente di ciò che sto per dire, ma i rituali sono ripetitivi e la partenza è un rituale]. Dobbiamo essere al corrente di come si configura lo straordinario esercizio dell’Apprendimento: dobbiamo imparare a conoscere “il modo in cui impariamo” perché il compito primario della Scuola è quello di occuparsi di “coltura”, da cui deriva il termine “cultura”, e il termine “cultura” è analogo al termine “coltura” in quanto entrambe queste parole derivano dal verbo “coltivare” e il termine “cultura” non dovrebbe definire altro che il manifestarsi di questa evenienza che corrisponde al fenomeno dell’imparare a imparare, e la Scuola si frequenta a ogni età, per tutto l’arco della vita, per questo motivo perché «la persona [come dice l’incipit della Metafisica di Aristotele] è attratta permanentemente dal desiderio di conoscere» e questo è il principale motivo che dà un senso alla vita degli esseri umani: siamo persone vitali fino a quando coltiviamo la volontà di imparare.
Se è utile frequentare la Scuola per “imparare ad apprendere” dobbiamo, prima di tutto, sapere come si sviluppa il processo di Apprendimento per poterlo gestire in modo autonomo, e questa è la prima domanda che dobbiamo porci nel celebrare il tradizionale rituale della partenza: come si sviluppa il processo di Apprendimento? Molte e molti di voi lo sanno, ma le cose ripetute giovano all’Apprendimento, repetita iuvant, e i rituali sono ripetitivi e la partenza è un rito.
L’Apprendimento [l’attività dell’imparare] si sviluppa attraverso sei azioni privilegiate: conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare [che noi utilizziamo inconsapevolmente ma che dobbiamo imparare a governare nel miglior modo possibile]. Queste azioni non agiscono in ordinata successione [come, in modo funzionale, le abbiamo ora elencate] ma operano insieme alla memoria attraverso una serie di rapporti simultanei condizionati da vari fattori. Alle dipendenze di queste “sei azioni cognitive principali” ci sono, per corroborarne l’efficienza, altre quaranta azioni conseguenti [le cosiddette azioni cognitive sussidiarie che ora non elenchiamo]. Ebbene, l’intelligenza di una persona dipende da come sa ben utilizzare le azioni cognitive [dal suo Apprendistato cognitivo] e, di conseguenza, nel corso di ogni itinerario, di ogni Lezione, ci eserciteremo come stiamo già facendo ad attivare le principali azioni cognitive: quindi, si viene a Scuola per imparare a conoscere, a capire, ad applicarci, ad analizzare, a sintetizzare e a valutare; e quando si entra nel sistema [nell’Officina] dell’Apprendimento permanente, piuttosto che farsi interrogare, ci si deve domandare: che cosa è utile “conoscere”, che cosa è necessario “capire”, come ci si deve “applicare” e che cosa significa [sul piano dell’Alfabetizzazione funzionale e culturale] “analizzare”, “sintetizzare” e “valutare” per poter “investire in intelligenza” [per dedicarsi allo studio e alla cura di noi stesse e di noi stessi visto che studium e cura, in latino, sono sinonimi]? Procediamo con ordine [stellina per stellina].
* Per investire in intelligenza è necessario “conoscere” il significato delle parole-chiave della Storia del Pensiero Umano, e nel corso di questi anni abbiamo conosciuto un ampio catalogo di parole-chiave [e le parole-chiave danno forma ai paesaggi intellettuali rendendoli osservabili e intelligibili].
* Per investire in intelligenza è necessario “capire” il significato delle idee-cardine della Storia del Pensiero Umano, e al termine dell’ultimo viaggio in presenza che abbiamo percorso, abbiamo per esempio compreso come, nella seconda metà del ‘600, il termine “condizione umana” sia fortemente influenzato, vincolato e subordinato al mancato riconoscimento del diritto-dovere delle persone all’Apprendimento permanente [in questi mesi la debolezza cognitiva delle persone sul piano della comprensione ha giocato un ruolo fortemente negativo nel contrasto alla pandemia].
* Per investire in intelligenza è necessario “applicarsi” costantemente nell’esercizio della lettura [quattro pagine al giorno per dieci minuti al giorno, in latino diciamo LEGERE MULTUM… che significa leggere poco ma costantemente e con la massima attenzione] ed è necessario anche “applicarsi” costantemente nell’esercizio della scrittura [quattro righe al giorno]: si legge e si scrive per dare fluidità al processo di Apprendimento [e, ancora una volta, ma i rituali sono ripetitivi, ricordiamo che cosa scrive in proposito l’eminente studiosa dei meccanismi cerebrali Rita Levi Montalcini: «La lettura giornaliera di almeno quattro pagine di buona Letteratura e la scrittura di almeno quattro righe contenenti un pensiero autobiografico sono esercizi che preservano l’elasticità dei neuroni, le cellule del cervello, contribuendo al mantenimento della salute della persona»]. “Leggere e scrivere” sono [come sappiamo attraverso l’attività di ricerca degli Osservatori preposti] due attività fortemente trascurate dalla stragrande maggioranza delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese: le persone che nella fascia tra i 18 e i 65 anni - la fascia “attiva” della popolazione - si dedicano costantemente a leggere sono il 13% e a scrivere sono l’11% e questo perché l’81% delle persone adulte non possiedono gli strumenti necessari per dedicarsi all’esercizio della lettura e della scrittura, e anche in Europa sono il 76% e nel Mondo l’85% le persone affette da debolezza cognitiva.
* Per investire in intelligenza è necessario “analizzare”, e questa azione consiste nel catalogare, nel mettere in ordine i pensieri che si formano ininterrottamente nella nostra mente: è necessario che la persona impari a fare ordine perché la mente produce pensieri a ciclo continuo e bisogna, oggi più che mai, evitare la confusione mentale imparando a gestire l’azione dell’analizzare altrimenti la persona si ritrova ad avere una testa ingorgata come un lavandino intasato.
* Per investire in intelligenza è necessario “sintetizzare” e questa azione consiste nella scelta [tra la scelta e la sintesi c’è uno stretto legame] di uno dei pensieri che abbiamo catalogato nella nostra mente facendo l’analisi, quello che ci sembra più significativo, scrivendolo in forma concisa [essenziale, contenuta]: un pensiero contenuto in quattro righe scritte [per raccontare, per descrivere, per informare, per esprimere, per interpretare, per argomentare] dà forma a un oggetto concreto, il testo, in cui si manifesta la nostra attività intellettuale.
* Per investire in intelligenza infine è necessario “valutare”, e valutare significa essere consapevoli di sovrintendere all’iter del nostro percorso di Apprendimento.
Ciascuna e ciascuno di noi, itinerario dopo itinerario, deve domandarsi: «Quante parole-chiave ho conosciuto, quante idee-significative ho capito, ho letto quotidianamente alcune pagine con attenzione, quanti pensieri ha catalogato la mia mente, e di quale pensiero ho fatto la sintesi scrivendolo?».
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In quale ordine di importanza - secondo le vostre esigenze di oggi - elenchereste questi obiettivi: conoscere le parole-chiave, capire le idee significative, applicarsi nella lettura, analizzare i propri pensieri, sintetizzare un pensiero scrivendolo, valutare il proprio apprendimento?...
Non rinunciate a scrivere il vostro parere in proposito perché esercitarsi a scegliere serve per tenere il passo sull’itinerario dell’Apprendimento...
Avete in mano e sotto gli occhi un fascicolo intitolato REPERTORIO E TRAMA ... che è lo strumento che ci consente [e, in questo momento, state facendo questo esercizio] di orientarci meglio sul nostro cammino per favorire l’azione di conoscere e di capire e che, inoltre, ci propone un compito [per sostenere l’azione dell’applicarci nell’uso dell’analisi, della sintesi e della valutazione].
A questo proposito [anche in relazione a questo oggetto cartaceo che deve essere stampato], come sapete dobbiamo sostenere una spesa [alcune spese] e, di conseguenza, a nome del direttivo dell’Associazione Articolo 34 devo comunicarvi che: riceverete circa 150 pagine di REPERTORIO E TRAMA ... e questo materiale viene fotocopiato presso la Scuola “Francesco Redi” di Bagno a Ripoli e ciò ha richiesto un contributo di 1600 €. [è prevista una produzione di circa 35.000 pagine!]. Inoltre (per contraccambiare con un gesto di solidarietà all’ospitalità che ci viene fornita nello Spazio-Soci della Coop. di Ponte a Greve) prevediamo di versare all’Associazione Il cuore si scioglie un contributo di 1000 €., e poi, sempre per solidarietà, prevediamo di donare un contributo all’Associazione AISLA di Firenze [che si occupa degli ammalati di Sclerosi Laterale Amiotrofica e Valdemaro Morandi è il Presidente onorario della nostra Associazione e continua a viaggiare insieme a noi], e di donare un contributo anche all’Associazione Messicana che sostiene l’attività delle donne dei forni a energia solare in Messico. Inoltre l’Associazione Articolo 34 deve obbligatoriamente stipulare (cosa già fatta) un’Assicurazione con un costo di 700 €.
Voi sapete già come può avvenire la copertura di queste spese: in questi anni, con l’approvazione dei gruppi scolastici è stato versato un contributo volontario di 15 €. [è un contributo volontario ma è necessario, e dalla prossima settimana lo potete versare in questo contenitore sotto l’occhio vigile di Giuseppe Verdi]; inoltre, per incrementare la raccolta [e per raggiungere gli obiettivi programmati] ogni settimana [volendo] potete mettete “uno spicciolo” in questo altro apposito contenitore [blu, il colore delle energie intellettuali]: con questi gesti abbiamo sempre prodotto il materiale necessario e [nel nostro piccolo] abbiamo coltivato la solidarietà: e il verbo “coltivare” detiene come sapete una posizione centrale nello svolgimento delle attività di Alfabetizzazione. E quindi, sulla scia del verbo “coltivare”, continuiamo a celebrare il tradizionale rituale della partenza.
Non c’è cultura senza Alfabetizzazione [si legge dal 1948 nei Documenti dell’UNESCO] e questo perché, come sapete, la parola “cultura” deriva dal verbo “coltivare” per cui questo termine descrive la possibilità che ha la mente di far germogliare e crescere le funzioni necessarie ad acquisire le competenze che servono per imparare: la cultura “non è una cosa” ma “è un modo di fare le cose”, quindi, di conseguenza quando si parla di “attività culturali [leggere un libro, frequentare la biblioteca, far visita a un museo, vedere una mostra, andare a teatro, partecipare a un concerto, osservare i monumenti di una città, esplorare il cielo e via dicendo]” si parla di “cultura” in senso lato perché questo termine va utilizzato [andrebbe utilizzato] solo per definire “il procedimento che porta la persona a saper utilizzare in modo efficiente le azioni dell’Apprendimento di cui abbiamo appena parlato, in modo che le varie attività alle quali la persona si dedica si possano tradurre in un investimento in intelligenza” [affinché la volontà di imparare, che ogni persona possiede, si concretizzi e dia frutti].
Nel corso del tradizionale e ripetitivo [ma necessario] rituale della partenza che stiamo celebrando, dobbiamo dire come antifona che negli ultimi tre anni [come ben sapete, con l’obiettivo di mettere in funzione le azioni cognitive e per esercitarci a investire in intelligenza] abbiamo viaggiato [prima di doverci fermare] sul territorio del Seicento, un secolo molto importante, il primo secolo della modernità, chiamato il Gran secolo.
Ebbene, anche se il nostro viaggio, nel titolo, fa riferimento al secolo dei Lumi [il Settecento, verso il quale ci stiamo dirigendo] siamo tuttavia ancora in cammino sul territorio assai vasto, per giunta, del Seicento: il secolo della Scienza, il secolo del Barocco [in architettura, in pittura, in scultura, in musica], il secolo del romanzo moderno, del teatro moderno, della favola, della fiaba, del dramma in versi, il secolo del pensiero filosofico ed educativo di Port-Royal [di cui molte e molti di voi conoscete i principi e la storia]: sto enumerando argomenti che abbiamo studiato [e che non possiamo ora riassumere brevemente].
Ebbene, il Seicento [il secolo in cui la modernità prende coscienza di sé] è l’epoca in cui molte parole-chiave della Storia del Pensiero Umano, già in uso da secoli, diventano “moderne”: che cosa vuol dire? Significa che molte parole-chiave vengono utilizzate dalle persone che si sono fatte carico di dare impulso alla Storia del Pensiero Umano in modo più funzionale per descrivere “la condizione umana” che, come sapete, è il tema dominante nel dibattito intellettuale del Seicento: “Come vivere, e quali caratteristiche ha la condizione umana, e può la persona aspirare, nel corso della sua esistenza, a trovarsi in pace con l’Universo e con se stessa?”, una tematica che Blaise Pascal [di cui abbiamo studiato la vita e le Opere prima che ci dovessimo fermare] pone con preoccupazione ma con un’efficacia straordinaria, in forma interrogativa in uno dei suoi Pensieri: «L’essere umano [si domanda Pascal] è consapevole di essere un nulla rispetto all’infinito? Ed è cosciente di essere un tutto rispetto al nulla? Purtroppo [afferma Pascal con il pessimismo della ragione facendoci riflettere sul fatto che l’Umanità non era preparata né materialmente né mentalmente ad affrontare ciò che è successo in questi ultimi due anni a livello planetario] l’essere umano, condizionato dal sistema di distrazione di massa che abitua l’individuo a non pensare, è ugualmente incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l’infinito dal quale è inghiottito. Occorre [ribadisce Pascal] che, di conseguenza, ogni persona venga educata a riflettere sulla sua condizione affinché possa superare lo stato in cui ancora si trova: quello della bestia in via di lentissima umanizzazione». E la persona [ciascuna e ciascuno di noi] è in grado di fare esperienza della propria condizione “umana” quando [e lo abbiamo capito riflettendo a suo tempo sui Saggi di Montaigne e sui Pensieri di Pascal], attraverso lo studio, diventa consapevole di quel miracoloso fenomeno che è “il pensiero in grado di pensare se stesso”, un atto che corrisponde all’interesse primario e alla vocazione più grande che ha l’intelletto di ciascun essere umano: l’atto che porta alla formazione della coscienza, alla presa di coscienza della propria condizione “umana”.
E questa riflessione è ben presente [come abbiamo studiato nel Percorso precedente, prima della lunga pausa] nei programmi delle Piccole Scuole di Port-Royal nei quali, con un continuo tirocinio riguardante la didattica della lettura e della scrittura, si persegue l’obiettivo di arricchire il repertorio lessicale, grammaticale e sintattico della persona in modo che il suo linguaggio risulti “chiaro, levigato [poli (nitido) scrive Pascal nella sua lingua] e, di conseguenza, ben appreso”.
L’uso delle parole [e questo è un Pensiero di Pascal che avete scelto per primo nel Questionario finale di due anni fa] deve essere ben insegnato [è stata la battaglia di don Milani che noi dobbiamo continuare a combattere] per ben descrivere in modo chiaro la condizione umana, e le parole sono preziose perché “la parola crea”, ed è attraverso la parola che si sviluppa il pensiero, ed è il linguaggio che rende fecondo ogni investimento in intelligenza: il tema della condivisione della parola dovrebbe essere all’ordine del giorno nel momento in cui il linguaggio, sempre più impoverito a causa di un distorto utilizzo della tecnologia, è diventato un’arma per colpire più che uno strumento per intrecciare relazioni.
Una delle polemiche sostenuta da tutte le pensatrici e i pensatori del Seicento [a cominciare da Montaigne e da Pascal] riguarda il fatto che alla stragrande maggioranza delle persone viene negata senza che se ne rendano conto l’acquisizione del diritto-dovere all’Apprendimento permanente: un tema che continua a essere di stringente attualità perché a tutt’oggi, così come nel ‘600, il virus dell’ignoranza continua a circolare indisturbato tra le cittadine e i cittadini del Pianeta [per contrastare questo virus abbiamo, fin dalle origini dell’Umanità, un vaccino che si chiama “studium” che è sinonimo di “cura”].
Le pensatrici e i pensatori del Seicento intuiscono l’importanza dell’Alfabetizzazione funzionale e culturale, sanno che la persona, per essere autonoma, deve conoscere i propri limiti e prende forma un’idea importante, una delle idee più significative dell’Età moderna]: l’idea che la cultura [intesa correttamente come attività deputata alla coltivazione delle competenze che servono per imparare] è come «un viaggio senza fine che la persona compie alla scoperta della propria ignoranza »[ed è proprio la parola “ignoranza” che diventa la chiave per aprire le porte del sapere: si è persone sagge quando si è consapevoli della propria ignoranza] perché l’ignoranza [come continua a insegnarci Socrate attraverso i Dialoghi di Platone] ha in sé qualcosa di “dotto” e La dotta ignoranza, come ben sapete, è il titolo di un’opera scritta da Nicola Cusano nel 1449 che abbiamo incontrato qualche anno fa e sulla quale continuiamo a puntare l’attenzione perché ci sono opere esemplari che fungono da vaccini. Ebbene, l’ignoranza ha in sé paradossalmente qualcosa di “dotto” [e dobbiamo prenderne atto] nel momento in cui indirizza la persona verso lo studio [quando la persona prende coscienza di “sapere di non sapere”: si vaccina, e inizia a frequentare un’Officina di Apprendistato cognitivo] e, quindi, “l’ignoranza consapevole” è il requisito più idoneo per garantire la conoscenza perché costituisce il presupposto su cui si basa la nostra possibilità di imparare. L’ignoranza “consapevole” [umile, responsabile, diligente e coscienziosa] è un’opportunità attraverso la quale la persona si predispone all’Apprendimento “per imparare a imparare” [e questo è il motivo per cui si frequenta la Scuola] perché, come ben sapete, e come ripetiamo sempre nel corso della celebrazione del rituale della partenza, piuttosto che avere una testa “ben piena” è bene avere una testa “ben fatta”: quindi, il termine “ignoranza” va inteso non come un deprezzamento del conoscere ma come “una garanzia per apprendere” e, quindi, l’ignoranza [la dotta ignoranza, quando il virus si presta a stimolare anticorpi e a diventare vaccino] si presenta come un’opportunità, come un concetto che va puntualmente messo in evidenza nel rituale della partenza di ogni viaggio di studio.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In questi mesi di prolungata vacanza quali esperienze si sono presentate per voi [anche mediante l’utilizzo degli strumenti mediatici] come delle opportunità sul piano dell’Apprendimento: la lettura di libri, la scrittura di testi, la visione di film e di rappresentazioni teatrali, l’ascolto di opere liriche e di concerti, la visita con il supporto della rete a mostre o musei ?...
Scrivete quattro righe in proposito…
Come sapete, la nostra Scuola, a questo proposito, ha cercato di tenere aperto il canale dell’Apprendistato cognitivo e, dalla metà di gennaio fino alla seconda settimana di giugno di quest’anno 2021, in attesa di tornare a viaggiare in presenza ha promosso un Percorso sospeso da seguire in rete mediante il supporto dei nostri siti [non so quante e quanti di voi abbiano seguito gli undici itinerari di questo Percorso ma non ha importanza perché ciò non costituisce un impedimento].
Perché questo Percorso sospeso, intitolato La sapienza poetica e filosofica affidata agli animali, ha utilizzato come filo conduttore il testo di una Favola? Questa decisione è stata presa perché il nostro Viaggio, che era appena iniziato nell’ottobre 2020, è rimasto fermo causa pandemia - sulla via che dalla metà del Seicento conduce al secolo dei Lumi - proprio nel momento in cui avremmo dovuto affrontare il tema del genere letterario della “Favola”.
E ora, di conseguenza, dobbiamo riprendere il filo del discorso da dove si è interrotto e per questo motivo [per rammendare la falla] riprendiamo la nostra escursione sul territorio secentesco ripartendo proprio dal variegato e animalesco mondo della Favola prendendo atto del fatto che il Seicento non è solo il secolo della Scienza e del Teatro [come abbiamo studiato nel corso degli ultimi viaggi] e non è soltanto il secolo della Fiaba e del Dramma in versi [come studieremo strada facendo] ma è anche il secolo della Favola.
Sappiamo che per i fruitori altolocati del Seicento [come i monarchi, i nobili, gli ecclesiastici, gli alto borghesi] la Favola, così come il Teatro, è sinonimo di “divertimento” mentre per chi la scrive e la racconta il divertimento non è il fine della Favola ma è il mezzo per stimolare la riflessione sulla condizione umana che diventa il vero motivo che giustifica l’esistenza di questo significativo genere letterario e il personaggio [universalmente conosciuto, almeno di nome] legato al genere letterario della Favola che stiamo per rincontrare si chiama Jean de La Fontaine.
Jean de La Fontaine è, come sapete, il padre della Favola moderna, ed è stato proprio lui [nel gennaio scorso] a consigliarci, in attesa di riprendere a viaggiare in presenza, di promuovere un Percorso sospeso per proporre la lettura del testo di una Favola dove la Sapienza poetica e filosofica fosse affidata agli animali perché de te fabula narratur [ci ha ricordato La Fontaine] cioè: da sempre la favola parla di ciascuna e di ciascuno di noi. Infatti, da che mondo è mondo, questo genere letterario, attraverso la voce degli animali, parla degli esseri umani per invitarli a riflettere sulla loro condizione esistenziale, ma gli umani - a causa della loro debolezza cognitiva e del loro istinto predatorio - non hanno recepito l’insegnamento che, attraverso il genere letterario della Favola, deve contribuire a far emergere nel loro animo i valori dell’Umanesimo: l’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà, la misericordia.
E Jean de La Fontaine lo incontreremo nei due prossimi itinerari dove è protagonista, perché ora dobbiamo continuare la celebrazione del rituale della partenza che, come da tradizione, prevede un atto formale che si ripete ogni anno nel momento di prendere il passo: il Percorso sospeso su La sapienza poetica e filosofica affidata agli animali si è concluso con la richiesta di compilazione del consueto Questionario di fine percorso, e il Questionario conteneva un catalogo di venti parole-chiave, e i risultati del Questionario - al quale, sulla rete, hanno risposto 64 persone - sono contenuti nel sottostate riquadro, che riporta, secondo la grandezza dei caratteri, la quantità di consensi che hanno ricevuto le venti parole-chiave in questione.
E adesso puntiamo l’attenzione sul riquadro.
l'incontro il silenzio
la testimonianza la trasformazione
il ritorno
la sobrietà la regola il degrado l'alleanza
il grido il canto la strategia
il dilemma la stagione la voce la predica
[la dieta lo specchio l’astuzia l’impulso]
Le parole “l’incontro” e “il silenzio” hanno ricevuto il più alto numero di consensi seguite dalle parole “la testimonianza” e “la trasformazione” che hanno ottenuto molti consensi.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Se volete dare un giudizio e formulare un’interpretazione sul perché, secondo voi, queste quattro parole sono state le più scelte potete scrivere quattro righe in proposito…
Segue poi la parola “il ritorno” con un buon numero di consensi, poi si distinguono le parole “la sobrietà, la regola il degrado, l’alleanza,”. Poi le scelte hanno cominciato a diluirsi con le parole “il grido, il canto, la strategia”. Mentre sono state scelte poco le parole: “il dilemma, la stagione, la voce, la predica. E, infine, le parole “la dieta, lo specchio, l’astuzia, l’impulso” sono state messe tra parentesi per sottolineare il fatto che non sono state scelte da nessuno.
In questo riquadro [che contiene un piccolo assembramento di parole, ma gli assembramenti di parole-chiave non ci espongono al rischio di contagio ma, se mai, sono un presidio contro il virus dell’ignoranza che continua a circolare liberamente] si raccoglie la nostra riflessione lessicale collettiva sul pensiero della “sapienza poetica e filosofica affidata agli animali” e questa riflessione indica un punto di arrivo ma, soprattutto, le parole che sono state scelte di più fanno anche da battistrada per il nostro viaggio che sta per avere inizio sulla via che dalla metà del Seicento porta verso il secolo del Lumi.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Oggi, di queste parole – l’incontro, il silenzio, la testimonianza, la trasformazione - quale scegliereste per prima?...
Scrivetela...
Le intellettuali e gli intellettuali secenteschi sono convinti del fatto che la vera sfida del loro tempo [la sfida della modernità] sia la lotta per contrastare l’ignoranza: tanto “l’ignoranza endemica” del popolo analfabeta quanto “l’ignoranza sclerotica [data dalla rigidezza mentale] dei saccenti [di quegli accademici intenti solo a difendere una posizione dogmatica e altolocata della loro erudizione]”. E questo problema continua a sussistere, e noi sappiamo che oggi lo status di normalità a livello planetario è quello di lasciar correre indisturbato, in particolare tra la popolazione adulta, il virus dell’ignoranza [i numeri ufficiali dell’Unesco ci dicono che in Italia questo virus colpisce l’81% della popolazione adulta, in Europa il 76% e nel Mondo intero l’85%] per cui sul Pianeta azzurro domina indisturbata “la dittatura dell’ignoranza”.
Sul Pianeta azzurro domina indisturbata “la dittatura dell’ignoranza”: una situazione che è andata determinandosi perché la maggioranza delle persone vive una vita a bassa intensità intellettuale [la consuetudine di passare ore davanti al televisore non può che provocare la formazione di teste ben piene].
E poi sul Pianeta azzurro si è imposta “l’ignorantocrazia” [l’ignoranza al potere]: una situazione che si determina quando chi ricopre posti di responsabilità è in preda all’ignoranza, all’imbecillità, alla stupidità [e oggi, purtroppo, i rappresentanti dell’ignorantocrazia sono tanti, sono troppi e stanno in posti che non dovrebbero occupare].
La scarsa capacità nell’utilizzo delle azioni dell’Apprendimento, oggi come ieri, è causa dell’invadenza dell’analfabetismo e della conseguente impossibilità delle persone ad investire in intelligenza, per cui, nel suo insieme, il livello cognitivo della popolazione [in Italia, in Europa, nel Mondo] rimane molto basso: si parla di “debolezza cognitiva”, una malattia universalmente diffusa nei confronti della quale si continua a non prendere provvedimenti promovendo Percorsi permanenti di Alfabetizzazione funzionale e culturale. Le persone vengono sollecitate, quasi unicamente, nell’ambito dell’addestramento, per cui sono motivate a svolgere solo semplici azioni ripetitive, e questa funzione viene sostenuta dal mercato globale soprattutto per la vendita di prodotti tecnologici il cui funzionamento viene sempre più semplificato per adeguarlo ai bassi livelli intellettuali degli acquirenti e ciò contribuisce, a sua volta, a ridurre le capacità cognitive delle persone determinando il graduale impoverimento del linguaggio e la persistenza del pensiero corto.
Ma il tema dell’ignoranza [dell’analfabetismo di ritorno, come viene chiamato] riguarda anche “il [cosiddetto] ceto riflessivo” perché questa fascia, corrispondente in Italia a circa il 19% della popolazione adulta, non viene invogliata a curare la propria “coltura” [perché la cultura è una coltura che necessita di una continua cura], non viene incentivata a conservare e ad arricchire le proprie competenze alfabetiche, con la presenza sul territorio di Officine di Apprendistato cognitivo e questa categoria viene invitata [blandita] principalmente “a gremire le platee” dei numerosi eventi culturali che nelle città vengono proposti [frammentati in tempi ristretti] in forma di intrattenimento e di spettacolo. Ora, in questo [nell’intrattenimento, nello spettacolo] non c’è niente di male [anzi!], tuttavia sta di fatto che questo sistema non stimola la persona a rivendicare il proprio diritto-dovere all’Apprendimento permanente: infatti, paradossalmente, questo diritto non viene riconosciuto come tale ma viene percepito come se fosse un privilegio o un capriccio per pochi e non un bisogno di tutti che invoglia le persone a imparare a gustare il piacere insito nei processi di Apprendimento che conducono a cogliere la bellezza che come si dice “dovrebbe salvare il mondo”.
E, a questo proposito [anche a nome delle intellettuali e degli intellettuali del Seicento] è doveroso puntualizzare - nel momento in cui stiamo portando a termine il tradizionale rituale della partenza - che “la persona coglie il senso della bellezza [come si legge nelle Enneadi di Plotino, un’opera che abbiamo studiato a suo tempo] nel momento in cui impara [«Nell’atto dell’imparare si coglie la bellezza», e questa frase va scritta sulle porte di tutti i luoghi dove si fa “coltura”]” e, di conseguenza, la bellezza ci salva solo in concomitanza con “il fenomeno dell’imparare”, solamente nel caso in cui il concetto di bellezza viene messo in relazione con “il diritto-dovere delle genti all’Apprendimento permanente” [come è scritto nel Manifesto delle Piccole Scuole di Port-Royal che abbiamo frequentato negli anni scorsi] e, di conseguenza, è bello che si possa tornare a Scuola!
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
La parola “bellezza” rimanda a molti termini come: splendore, magnificenza, incanto, attrattiva, avvenenza, appariscenza, grazia ... voi quale altra parola sinonimo di bellezza volete aggiungere a questo elenco?...
Scrivetela perché risulta di buon augurio partire in bellezza...
E adesso per leggere l’antifona finale con la quale ci avviamo a concludere il tradizionale rituale della partenza chiamiamo in causa una persona che, accanto alla parola “bellezza”, metterebbe prima di tutto la parola “silenzio”.
Come ricorderete, nel breve e spezzettato viaggio dello scorso anno siamo entrate ed entrati in relazione con Adriana Zarri [1919-2010], una persona particolare e piuttosto scomoda [della quale abbiamo celebrato il decennale della morte, il 18 novembre 2020], un’autrice che, per comporre, usa una forma di scrittura elegante e leggera ma anche alquanto tagliente, simile, per certi aspetti, alla scrittura in frantumi di Pascal.
Adriana Zarri è stata una teologa [una delle due donne che ha potuto, in veste di teologa, partecipare ai lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II], una polemista che ha condotto tante battaglie [quasi sempre in alternativa alle posizioni ufficiali della chiesa cattolica], tenendo una posizione molto critica soprattutto nei confronti del clericalismo tanto degli apparati religiosi quanto di quelli laici [e oggi il clericalismo, in particolare, viene denunciato dal pontefice in carica]. Ma Adriana Zarri - ed è in questa veste che noi l’abbiamo incontrata - è stata soprattutto dal 1975 un’eremita laica, “una solitaria” che ha vissuto in campagna in una cascina, il Molinasso, sulle colline intorno ad Ivrea, spesso [come abbiamo letto nei suoi scritti nel corso del Percorso precedente] in condizioni estreme, allevando animali, curando fiori, lavorando la terra, pregando, contemplando, cantando, leggendo in chiave esegetica e scrivendo.
Il Libro di Adriana Zarri che abbiamo preso in considerazione s’intitola Un eremo non è un guscio di lumaca ed è l’ultimo lavoro che ha prodotto [ha scritto molti Libri che trovate in biblioteca e dei quali abbiamo già, a suo tempo, consigliato la lettura] e che raccoglie una lunga serie di brani [noi ne abbiamo letto già un certo numero] che raccontano, in chiave esegetica [o, se vogliamo, “prendendo la vita con Filosofia attraverso un linguaggio poetico”] la sua esperienza di eremita fatta di “silenzio [utile per cogliere la bellezza] e di solitudine [che non è isolamento se vissuta con consapevolezza]”.
Per saperne di più su Adriana Zarri [e magari lo avrete già fatto] potete utilizzare la rete dove trovate molti siti che parlano di lei, delle sue attività e delle sue molte opere, io preferisco come ho già detto lo scorso anno, per non perdermi nell’aneddotica, dire le cose essenziali di questo scomodo ma straordinario personaggio che vale la pena conoscere perché oggi c’invita a riflettere sull’accoglimento di uno stile di vita che risulta efficace da praticare in tempo di pandemia e di resilienza.voce di
Non ci resta che ascoltare la voce di Adriana Zarri che fa da antifona per la nostra partenza: sicuramente avrebbe scelto anche lei le parole: l'incontro, la testimonianza, la trasformazione e, naturalmente, il silenzio.
LEGERE MULTUM….
Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca
Qualcuno mi chiede se - oltre a lavorare in cascina, a studiare e a pregare - ascolto anche la radio, e se guardo la televisione. Temo che darò molte delusioni a chi pensasse a un monaco come a un essere strano e sradicato, o così «penitente» da negarsi l’uso dei mezzi di comunicazione. Io ascolto e guardo. Possiedo una radio e un piccolo televisore a pile: dono prezioso di alcuni miei amici. Ascolto e guardo, sia pure con molta parsimonia. È evidente che restare in ascolto per ore - qualunque sia la trasmissione - mi sembrerebbe un modo per uscir da se stessi: per fare siepi di immagini e di suoni, chiudendo tutti i pertugi di silenzio, e impedendo a Dio di aprirsi un varco e di raggiungerci. Occorre però avere del silenzio - per apprezzarne la bellezza - un concetto vitale e non formale. Lo stormire degli alberi, il canto degli uccelli, lo scroscio dell’acqua non lo rompono. Neanche la musica lo rompe: lo rivela, perché il silenzio è come il bianco: non è un’assenza di colore: è la somma di tutti i colori, riassunti e unificati, quasi messi a tacere nella candidezza. Così il silenzio contiene ogni possibile parola. Non per nulla (e parlo da teologa) il silenzio, all’interno di Dio, si chiama Verbo, Logos, Parola.
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Il tradizionale, ripetitivo, e anche un po’ noioso, “rituale della partenza” si configura come un rito liturgico [e il termine “leitòurgos”, in greco, significa “opera di pubblica utilità”] e come sapete le liturgie sono cerimoniali ripetitivi anche perché “le opere di pubblica utilità” [le liturgie] hanno bisogno di una manutenzione continua, ed è proprio il nostro intelletto [l’intelletto di ogni cittadina e di ogni cittadino] ad aver bisogno di una manutenzione continua [persistente, ricorrente, assidua] perché è l’intelletto di ogni persona il bene culturale più prezioso da salvaguardare e per salvaguardare l’intelletto la cura è lo studio.
Adriana Zarri, nel significativo brano che abbiamo letto come antifona, fa implicitamente l’elogio della più celebre affermazione di Socrate il quale, come ben sappiamo, afferma che “la persona saggia sa di non sapere”, e questa affermazione può sembrare banale, ed è per questo motivo che va interpretata: per fugarne la presunta banalità.
Quando Socrate afferma [attraverso i Dialoghi di Platone] che “la persona saggia sa di non sapere” fa un’affermazione nella quale è contenuto «il massimo grado di perfezione e di difficoltà»: di “perfezione” [téleios] perché la cosa migliore che la persona possa fare nella vita è quella di dedicarsi allo studio per dare completezza alla propria esistenza, e per darle un significato, e “la difficoltà” [àpistia] sta [afferma Socrate] nel trovare sulla propria strada [lui insegna agli angoli delle strade] delle maestre e dei maestri che “considerino le nozioni un mezzo e non un fine” [difatti oggi Socrate, attraverso la penna di Platone, direbbe che la prevalenza della macchina dell’informazione rispetto alla mancata diffusione di un sistema di apprendistato cognitivo produce effetti deleteri]. Questa affermazione socratica ci permette, nel momento in cui stiamo preparandoci per partire, di dire che nel corso del nostro viaggio noi avremo a che fare con molte nozioni, enumereremo molti dati, citeremo molte date, visiteremo molti luoghi, osserveremo molti paesaggi intellettuali, faremo conoscenza con molti personaggi, imbastiremo molti ragionamenti e rifletteremo su molti temi, ma - come dicono i manuali di tecnologia dell’Apprendimento - “dei contenuti di un Percorso didattico [di un viaggio di studio], in media, oltre il 70% va disperso e all’incirca il 30% rimane in modo frammentato nella nostra mente”: quindi, di questa conversazione solo “tre oggetti su dieci” rimangono nella mia mente [ma è già una buona acquisizione], e questo perché [come ben sapete, ma i rituali sono ripetitivi] l’obiettivo principale dell’Apprendimento cognitivo non è quello di immagazzinare nozioni [le nozioni sono importanti e dobbiamo ritenere quelle utili], ma l’obiettivo dell’Apprendimento consiste nell’esercitare la mente all’ascolto, alla selezione, alla catalogazione, alla penetrazione in profondità [con “lo spirito di finezza”, come afferma Pascal] perché «il compito della Scuola consiste nel favorire la formazione di una testa ben fatta piuttosto che di una testa ben piena».
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il materiale riguardante tutta l’attività didattica messa in atto in questo Percorso lo si trova contenuto su due siti: www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net…
Sui siti trovate il testo integrale della Lezione e potete ascoltare la registrazione della Lezione stessa; c’è inoltre una pagina facebook intitolata “a scuola con Giuseppe”...
Questi strumenti sono utili per favorire l’attività di studio, utilizzateli...
E a questo punto siamo pronte e pronti per affrontare la partenza su una strada che [anche se ci troviamo nella piana parigina] si presenta però in salita: siamo a Parigi alla metà del Seicento in una metaforica zona grigia, vale a dire dentro a una vasta area che - sul territorio che stiamo per attraversare - corrisponde a un significativo ed esteso paesaggio intellettuale, e questo ampio paesaggio intellettuale contiene in primo luogo la storia delle due abbazie e del pensiero di Port-Royal [un nome che è comparso più di una volta nel corso della celebrazione del rituale della partenza]: questo costituisce un argomento che, come molte e molti di voi ricorderanno, abbiamo studiato nel corso del viaggio del 2019-2020 che si è interrotto a causa del doveroso blocco di tutte le attività scolastche [le Lezioni di questo viaggio le trovate comunque scritte e registrate sui nostri siti e le potete leggere, rileggere e riascoltare]. Tuttavia - in partenza - ci troviamo di fronte al danno che la pandemia ha provocato anche nei confronti di un’esperienza educativa come la nostra perché ora non è possibile riproporre nel suo insieme un argomento di così vasta portata dal quale - con questa lunga vacanza - la nostra memoria si è inevitabilmente allontanata, ma noi dobbiamo, nel riprendere il passo, accettare il fatto che nel nostro abito mentale si è prodotta una lacerazione e, di conseguenza, risulta necessario fare un rammendo e, quindi, ripartiremo svolgendo una, seppur breve, attività [rapsodica] di ricucitura che ci deve portare a rincontrare il signor Jean de La Fontaine con cognizione di causa in modo da poterci domandare: chi è Jean de La Fontaine [e anche lui intercetta l’eco proveniente da Port-Royal]?
Al celebre scrittore Stendhal un giorno viene chiesto: «Chi è il più grande poeta di Francia?» e lui risponde: «Il più grande poeta di Francia è Jean de La Fontaine, l’autore delle Favole».
Probabilmente ricorderete che Jean de La Fontaine, nel momento in cui la nostra attività didattica in presenza si è interrotta, per presentarsi e darci appuntamento per l’itinerario successivo, si è sentito in dovere di suggerirci, in due versi, la morale [se di morale si può parlare] di una delle sue Favole che leggeremo per intero nel prossimo itinerario.
Scrive La Fontaine:
«Il saper parlare con voce dolce e con parole belle
consente a volte di salvar la pelle» …
Ebbene, su queste parole la pandemia ha fermato il nostro viaggiare in presenza e ora da queste parole ci rimettiamo in marcia e, quindi, sperando di poter udire voci dolci e di poter sentire parole belle prendiamo il passo sulla via che conduce dalla seconda metà del Seicento verso il secolo dei Lumi sapendo che bisogna procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé, consapevoli che - dal primo passo che facciamo in questo straordinario viaggio che è la vita - noi non dobbiamo mai perdere la volontà d’imparare.
La Scuola è qui, il viaggio è iniziato e, quindi, buon viaggio di studio a tutte e a tutti voi!...