ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
La sapienza poetica e filosofica sulla via che porta verso il secolo dei Lumi III
23-24 marzo 2022 a Bagno a Ripoli e Tavarnuzze
a Firenze il primo gruppo il 25 marzo 2022 e il secondo gruppo il 1° aprile 2022
SULLA VIA CHE PORTA VERSO IL SECOLO DEI LUMI
S’INCONTRA UNA FILOSOFIA CHE PROPONE ALLA PERSONA NON TANTO DI CONOSCERE IL MONDO
MA PRINCIPALMENTE DI IMPARARE A ESSERE FELICE ...
Questo è l’undicesimo itinerario del nostro viaggio sulla via che porta dalla metà del Seicento al secolo dei Lumi [e questa Lezione precede la pausa pasquale].
Questa sera, oltre al REPERTORIO ... , avete ricevuto anche il testo del tradizionale Questionario di fine anno che, come potete constatare, è formato - per facilitarne l’utilizzo - da ben quattro riquadri contenenti una nutrita serie di parole-chiave [complessivamente 83 termini] emergenti nella Storia del Pensiero Umano del Seicento. Questi termini-significativi li abbiamo incontrati negli ultimi quattro anni sul territorio del Seicento ma sono parole longeve che hanno preso forma nei paesaggi intellettuali che abbiamo osservato, strada facendo, nel corso di quasi quattro decenni, perché il Seicento, come abbiamo ripetuto più volte, è l’epoca in cui molte parole-chiave della Storia del Pensiero Umano, già in uso da secoli [fin dall’antichità, da 2500 anni], assumono un significato “moderno” per diventare più funzionali a descrivere “l’attuale condizione umana”. Con questo Questionario anonimo - che porterete compilato dopo la vacanza pasquale - vogliamo comporre il catalogo delle parole che nei nostri quattro gruppi risultano più gradite alla nostra mente.
Nell’itinerario precedente, sulla scia di Isaac Newton [come ricorderete], abbiamo incontrato John Locke il quale con le sue opere - in particolare nei due trattati intitolati Saggio sull’intelletto umano [del 1690] e Pensieri sull’Educazione [1693] - mette in evidenza una serie di temi di vasta portata nella Storia del Pensiero Umano. Locke, per esempio, afferma che la sostanza delle cose non è conoscibile [oggi sappiamo molto su come è fatto l’Universo ma molto di più non sappiamo ancora]. E poi ci fa riflettere su un’altra questione fondamentale: viviamo davvero una vita esclusivamente alla ricerca dell’utile? E sappiamo che, sulla strada della conoscenza, c’è anche la ricerca della felicità: ebbene, dipende solo dai sensi la felicità come afferma Locke, e sempre, ciò che è utile, dà la felicità?
Queste domande - insieme a molte altre - se le pone il personaggio che stiamo per incontrare, Baruch o Benedetto Spinoza, ma prima di incontrarlo dobbiamo, come abbiamo detto quindici giorni fa, dedicare uno spazio a un altro personaggio [un altro gigante della Storia del Pensiero Umano evocato da Hobbes, da Newton e da Locke] del quale qualche anno fa [come ricorderete perché ha suscitato interesse e anche simpatia in noi] abbiamo studiato la vita e le opere: Tommaso Campanella. Perché incontriamo seppur brevemente Tommaso Campanella?
La formazione intellettuale di Hobbes, di Newton, di Locke [e di tutti i pensatori dell’inizio dell’Età moderna] comprende la conoscenza delle opere [che anche noi abbiamo studiato a suo tempo] di Tommaso Campanella [1568-1639] e, oltre a la celebre La città del Sole, al Trattato di Metafisica, alla Apologia pro Galileo, l’intelletto dei moderni [come Hobbes come Newton come Locke] viene stimolato soprattutto dal trattato intitolato Filosofia dimostrata in base ai sensi, in otto dispute. Con una veridica difesa di Bernardino Telesio. In quest’opera Campanella critica duramente gli accademici aristotelici [che definisce inconsapevoli ignoranti in quanto considerano le Opere di Aristotele come se fossero testi sacri, intoccabili] e difende la dottrina sensistica dello scienziato cosentino Bernardino Telesio, che abbiamo incontrato a suo tempo, in base alla quale «ogni conoscenza che si dà nel pensiero, nei giudizi e nelle dimostrazioni non solo deriva dalla sensazione ma altro non è che sensazione in forma modificata».
Campanella, come Bernardino Telesio, concepisce un nuovo modo [moderno] di studiare la Natura secondo il quale non si devono più chiamare in causa come fonti primarie di conoscenza solo le Opere di Aristotele, importantissime ma ormai datate, e tanto meno i testi delle Sacre Scritture, importantissimi perché rimandano alla fede ma non alla scienza. Campanella pensa che, sul piano della conoscenza, ci debba essere un confronto diretto con la Natura: egli vuole fare della Natura stessa l’oggetto di osservazioni empiriche [la Natura va conosciuta facendo esperienza dei suoi fenomeni che si manifestano con Leggi proprie]. Ecco che quest’opera del filosofo calabrese diventa una sorta di manifesto dell’empirismo moderno [e in questo viaggio dobbiamo tenerne conto come ne hanno tenuto conto i filosofi moderni - Hobbes, Newton, Locke - che abbiamo incontrato].
E come sappiamo anche questo scritto antidogmatico del monaco domenicano fra’ Tommaso Campanella [Filosofia dimostrata in base ai sensi.] viene utilizzato dal tribunale dell’Inquisizione come prova per fondare l’accusa di eresia contro di lui e per continuare a processarlo come se mettesse in discussione la Creazione divina. Tuttavia sappiamo anche che, dopo aver assai sofferto per le sue idee [ventisette anni di galera, spesso sotto tortura e con lunghi periodi di isolamento], Campanella muore facendo in tempo a rivendicare e a divulgare il suo modo di vedere le cose: quando Campanella muore, a Parigi nel 1639, sono passati appena sei anni dalla condanna di Galileo, Hobbes ha già cinquantun anni, Newton nascerà tre anni dopo e Locke ha sette anni e, quindi, Campanella, che viene tradizionalmente collocato tra i filosofi rinascimentali, in realtà è un precursore dell’empirismo moderno. Dobbiamo ricordare che nella primavera del 1623, quando è in galera da più di vent’anni, la sua Apologia pro Galileo, pubblicata a Francoforte nel 1622, e il suo trattato Filosofia dimostrata in base ai sensi, in otto dispute. Con una veridica difesa di Bernardino Telesio, pubblicato a Napoli nel 1591, circolano negli ambienti intellettuali di tutta Europa e nasce anche un movimento [sotterraneo] che opera per la sua scarcerazione.
All’inizio di luglio del 1623 fra’ Tommaso Campanella, recluso a Napoli nel carcere di Castel dell’Ovo, viene informato della morte [avvenuta l’8 luglio] del papa Gregorio XV - Alessandro Ludovisi, nato a Bologna da famiglia fiorentina nel 1554 ed eletto papa nel 1621 - e scrive immediatamente una Lettera aperta intitolata Pro conclavi admonitio [Monito per il prossimo conclave] e indirizza questo documento a due influenti cardinali elettori che Campanella stima, Scipione Borghese e Ludovico Ludovisi, il nipote del papa appena defunto che devo brevissimamente chiamare in causa per assegnarvi un compito per le vacanze: Gregorio XV aveva affidato [dopo averlo nominato cardinale] la sovrintendenza generale della curia [che conferiva pieni poteri nel governo temporale della città di Roma] al suo amatissimo e giovane nipote Ludovico Ludovisi che era un esperto collezionista d’arte e che crea, in Roma, la grandiosa Villa Ludovisi sugli antichi orti sallustiani.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida di Roma e navigando in rete andate a visitare Villa Ludovisi …
E il 6 agosto 1623 viene eletto papa proprio il cardinale Maffeo Barberini come auspicato da fra’ Tommaso Campanella nel suo scritto. Il cardinale Maffeo Barberini - nato a Firenze nel 1568 [è coetaneo di Campanella] in una famiglia che si è arricchita con i commerci - prende il nome di Urbano VIII e regnerà più di vent’anni fino al 1644, ed è il papa che stima e condanna Galileo, come abbiamo studiato a suo tempo.
Fra’ Tommaso Campanella aveva auspicato l’elezione a papa del cardinale Maffeo Barberini in quanto persona amante dell’arte e della scienza e poi perché nel 1616 si era espresso a favore di Galileo [nel momento in cui lo scienziato pisano viene convocato dal Sant’Uffizio] e poi fra’ Tommaso Campanella sa che il cardinale Barberini conosce e apprezza le sue Opere.
Il cardinale Maffeo Barberini, con il titolo di arcivescovo di Nazareth, ha soggiornato fino al 1608 a Barletta in Puglia nei territori spagnoli e non è escluso che, passando per Napoli, abbia anche fatto visita [come semplice frate] a Campanella prigioniero degli Spagnoli, a Castel dell’Ovo con la pena dell’ergastolo, per aver ordito una rivolta, andata fallita, per liberare la Calabria dal dominio spagnolo [e nel viaggio di cinque anni fa abbiamo studiato l’attività rivoluzionaria di Campanella nel sud]. Sta di fatto che Urbano VIII, appena eletto papa il 6 agosto 1623, inizia una trattativa riservata con il re Filippo IV di Spagna, una trattativa che dura nel tempo e che va a buon fine: il papa chiede al monarca spagnolo che fra’ Tommaso Campanella sia trasferito nelle prigioni dell’Inquisizione romana per essere processato come eretico. Infatti tre anni dopo il 5 luglio 1626 fra’ Tommaso Campanella, travestito da prete e sotto il falso nome di don Giuseppe Pizzuto, sotto scorta di due agenti travestiti da frati e incatenato, s’imbarca nel porto di Napoli su una nave che lo porta a Ostia e poi, lungo il Tevere, a Roma dove viene rinchiuso nella prigione del Sant’Uffizio sotto stretta sorveglianza. Starà in questa prigione romana [Castel Sant’Angelo] ancora per tre anni, in attesa di processo, durante i quali scrive una serie di memorie in difesa dei contenuti delle sue maggiori Opere, finché l’11 gennaio 1629, il tribunale dell’Inquisizione di Roma sollecitato dal papa, emette una sentenza che lo proscioglie e gli accorda la libertà. Fra’ Tommaso Campanella intraprende subito, per iscritto, una serrata trattativa con il Sant’Uffizio per chiedere la liberazione delle sue Opere dall’Indice, e il 6 aprile 1629 la sua richiesta viene accolta. A questo punto papa Urbano VIII assume fra’ Tommaso Campanella come consigliere per “le questioni astrologiche” [il papa ritiene sia più prudente non usare il termine “astronomiche” per non fomentare polemiche da parte dei molti nemici di Campanella] e in questo periodo s’intensifica la corrispondenza tra fra’ Tommaso Campanella e Galileo Galilei.
Dal 1631 fra’ Tommaso Campanella viene invitato a tenere nel seminario di Frascati una serie di Lezioni sulla Lettera ai Romani di San Paolo e poi quattro cicli di Lezioni di Filosofia naturale in cui propone il sistema di Bernardino Telesio e [come stiamo studiando] divulga la dottrina dell’empirismo.
All’inizio del 1634, però, arriva dal tribunale spagnolo di Napoli una richiesta di estradizione nei confronti di fra’ Tommaso Campanella con l’accusa di attentato alla sicurezza del Regno spagnolo in Italia. Campanella viene accusato di essere l’ispiratore di una congiura organizzata da Tommaso Pignatelli al fine di assassinare il Viceré spagnolo e di far scoppiare l’insurrezione. Fra’ Tommaso Campanella invia una memoria al tribunale napoletano dove dichiara di non aver nulla a che fare con questa cospirazione ma i giudici spagnoli rispondono ribadendo la richiesta di estradizione e, a questo punto, con il tacito coinvolgimento del papa e dell’ambasciata francese presso la Santa Sede, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 1634, travestito da frate minore, con il nome di fra’ Lucio Berardi, Campanella raggiunge Ostia e, via mare, fugge verso la Francia, sbarca a Marsiglia e il 15 novembre è a Lione dove scopre che i Libri contenenti i testi delle sue Opere principali sono tutti sul mercato.
Il 5 febbraio 1635 fra’ Tommaso Campanella è a Parigi dove viene ricevuto, molto benevolmente, dal re Luigi XIII [molto soddisfatto di essere riuscito a fare un torto agli Spagnoli] il quale gli assegna anche una modesta pensione [«Che mi viene pagata sempre in modo discontinuo e in ritardo», scrive amareggiato Campanella]. A Parigi fra’ Tommaso Campanella cura, insieme al tipografo Dubray, una nuova edizione di tutte le sue Opere più importanti e compone una seconda stesura, più agile, del trattato Filosofia dimostrata in base ai sensi perché capisce che quest’opera, che precorre l’empirismo, suscita molto interesse nella comunità scientifica che si va formando nel Seicento e poi continua a tenere una fitta corrispondenza con molte persone [con papa Urbano VIII e con Galileo].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
A Parigi fra’ Tommaso Campanella entra anche in contatto con il cardinale Richelieu che si è molto divertito a leggere La città del Sole, ma fra’ Tommaso non sembra gradire i complimenti di questo personaggio… In funzione della didattica della lettura e della scrittura non può non venire in mente un incipit: «Il primo lunedì di aprile del 1625 ...», è la prima riga di un romanzo che s’intitola I tre moschettieri di Alexandre Dumas padre... Fra’ Tommaso Campanella si sarebbe divertito a leggere il testo di una narrazione a lui contemporanea...
Da quanto tempo non rileggete questo romanzo?... Potete richiederlo in biblioteca…
Il 21 giugno 1639 fra’ Tommaso Campanella, attorniato dai suoi confratelli, muore nel convento di rue Saint-Honoré dove ha alloggiato da quando si è trasferito a Parigi. Il convento dei domenicani di rue Saint-Honoré diventerà poi il convento di San Giacomo dove nel 1789 verrà fondato il club dei Giacobini, ma questa è un’altra storia della quale ce ne occuperemo a suo tempo.
La notizia della morte di fra’ Tommaso viene data dal padre priore [padre Sébastien] con questo scarno comunicato: «Oggi, 21 giugno 1639, il frate calabrese Tommaso Campanella è santamente spirato tra le preghiere dei confratelli in pace con Dio e con il mondo». E si capisce quale sia stata l’ultima volontà di fra’ Tommaso Campanella: essere ricordato con il termine “calabrese”, a monito dei potenti!
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Anche il nome di Tommaso Campanella è stato collocato dalle studiose e dagli studiosi di astronomia nell’alto dei cieli, infatti, gli è stato dedicato un asteroide che si chiama “Tommaso 4653” e navigando in rete lo potete anche osservare …
Fra’ Tommaso Campanella ha scritto anche numerose poesie per trasmettere le sue convinzioni religiose, filosofiche e politiche, e le Poesie di Campanella sono state pubblicate nel 1622 a Francoforte dall’editore Tobia Adami.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il volume con le “Poesie” di Tommaso Campanella lo potete richiedere in biblioteca e si possono leggere con l’utile ausilio delle note…
Il testo di una celebre poesia di Campanella viene considerato come se fosse il suo testamento religioso, filosofico e politico e s’intitola Io nacqui a debellar tre mali estremi. Quali sono i mali che fra’ Tommaso vuole debellare? Sono: la tirannide [il sistema feudale profondamente ingiusto che non riconosce i diritti della persona], la sofistica [il sistema accademico che non vuole e non sa divulgare il sapere tra le persone] e l’ipocrisia [il sistema ecclesiastico che spesso non è coerente con i valori del Vangelo]. Per fortuna, scrive Campanella, la Giustizia divina [Temi, la dea della Giustizia] mi ha insegnato i tre supremi principi - la Potenza, la Sapienza e l’Amore [gli attributi divini] - sui quali si basa la nuova filosofia, una filosofia, scrive Campanella, capace di contrastare i tre mali che fanno piangere il mondo perché producono tante sciagure [carestie, guerre, peste, invidia, inganno, ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno] e che alimentano l’egoismo [il cieco amor proprio] che è figlio dell’ignoranza, perché è proprio l’ignoranza la mala pianta [il virus] che, scrive Campanella, ci dobbiamo impegnare a debellare.
E ora leggiamo il testo di questa poesia, corredata dalle note per facilitarne la comprensione.
Tommaso Campanella, Io nacqui a debellar tre mali estremi
Io nacqui a debellar tre mali estremi [Io sono nato per debellare i tre mali più gravi]:
tirannide, sofismi, ipocrisia [la tirannide, la sofistica e l’ipocrisia];
ond’or m’accorgo con quanta armonia [e m’accorgo quanto armonicamente]
Possanza, Senno, Amor m’insegnò Temi [la Giustizia divina mi abbia insegnato
la Potenza, la Sapienza e l’Amore].
Questi princìpi son veri e sopremi [Questi tre princìpi sono le verità supreme]
della scoverta gran filosofia [della grande filosofia ora riscoperta],
rimedio contra la trina bugia [a rimedio della triplice menzogna],
sotto cui tu piangendo, o mondo, fremi [sotto cui tu, o mondo, fremi piangendo].
Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno [Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno],
ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno [ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno],
tutti a que’ tre gran mali sottostanno [da quei tre gravi mali discendono],
che nel cieco amor proprio, figlio d’ignoranza degno [e nel cieco amor proprio figlio degno dell’ignoranza]
radice e fomento hanno [quei tre gravi mali si fondano e trovano sostentamento].
Dunque a diveller l’ignoranza io vegno [Perciò io vengo a sradicare l’ignoranza].
Dal 1622 Campanella ribadisce che ogni persona ha diritto all’Apprendimento permanente e ha il dovere di contribuire alla promozione sul territorio di Officine di Apprendistato cognitivo che possano operare per “sradicare l’ignoranza” perché il virus dell’ignoranza continua a propagarsi nel Mondo sebbene un vaccino efficace esista da sempre: lo studio, perché lo studio è cura.
Campanella sul piano della conoscenza, nel suo trattato premonitore intitolato Filosofia dimostrata in base ai sensi, scrive che ci deve essere un confronto diretto con la Natura e che bisogna fare della Natura stessa l’oggetto di osservazioni empiriche: la Natura va conosciuta facendo esperienza dei suoi fenomeni che, secondo il pensiero di Bernardino Telesio, si manifestano con Leggi proprie [Iuxta propria principia]. Ebbene, queste che abbiamo descritto sono le radici dell’empirismo moderno che andavano rincalzate e la terra che le circonda sarchiata perché è da qui che attingono [Hobbes, Newton, Locke] gli scienziati del nord dopo aver però ricevuto l’impulso da quelli del sud [Telesio, Bruno, Campanella].
E l’eremita Adriana Zarri, che come sappiamo ha deciso di vivere a stretto contatto con la Natura, che cosa ha da dire a proposito del suo rapporto con la parola-chiave “esperienza”? Da filosofa Adriana Zarri sa bene che nella radice della parola greca “empeirikòs” c’è il termine “peîra” che significa “esperienza”, quindi, «empirico è ciò che si coglie e si conosce attraverso l’esperienza». Ascoltiamo la sua voce.
Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca
Per fare esperienza dei fenomeni che, nella Natura, si manifestano con leggi proprie oltre al lavoro - e all’interno del lavoro stesso - occorre l’ozio: meglio l’otium latino, che è un po’ studium, un po’ degustazione, un po’ contemplazione e amore. E forse non è un caso che l’apprezzamento del lavoro, e della sua esperienza empirica, sia nato nell’ambito monastico: perché forse è soltanto la preghiera che ci consente di scoprirlo, in tutta la sua densità. Io certo l’ho scoperto in questo modo. Ho sempre lavorato molto, e anche con gusto, ma era il lavoro mio, e un lavoro splendido come quello creativo. Scrivere una poesia, un racconto o una pagina di metafisica (ed è la stessa esperienza di intuizione, tradotta in diversi linguaggi) è qualche cosa di esaltante.
... continua la lettura ...
E ora, dopo aver chiarito [come era doveroso fare] l’importanza della speculazione di fra’ Tommaso Campanella sulla nascita dell’empirismo moderno, torniamo sui nostri passi sulla via che porta verso il secolo dei Lumi]: quindici giorni fa abbiamo incontrato John Locke il quale con il suo pensiero empirico propone temi che fanno discutere. Locke, per esempio, afferma che la sostanza delle cose non è conoscibile, che l’essere umano vive esclusivamente alla ricerca dell’utile, che la felicità dipende solo dai sensi e che solo ciò che è utile dà la felicita.
Ebbene, questi temi in forma interlocutoria se li pone anche il personaggio che stiamo per incontrare il quale assomiglia a frà Tommaso Campanella per le condanne che ha subìto a causa delle sue idee da parte di tutti gli apparati censori dell’epoca [tuttavia, per fortuna, con esiti fisicamente meno dolorosi rispetto a Campanella]. Questo personaggio, considerato un gigante nella Storia del Pensiero Umano, si chiama Baruch Spinoza. Chi è Baruch o Benedetto [Bento] Spinoza, e perché ci si presenta con due nomi: uno di tradizione ebraica e l’altro di carattere cristiano?
Baruch Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632 in una famiglia ebrea sefardita, emigrata nei Paesi Bassi dalla penisola Iberica, e questa affermazione ci obbliga a fare un preambolo in modo da conoscere, capire e applicarci meglio: infatti, dobbiamo ricordare che l’ebraismo europeo [come voi sapete ma è bene ripeterlo, perché repetita iuvant] si divide in due rami, ciascuno dei quali ha le sue sinagoghe in tutta Europa e spesso, a causa della loro diversità, i rapporti tra le due correnti non sono facili.
C’è il ramo degli ebrei sefarditi, e la parola “sefardita” deriva dal termine Sefarad, che in ebraico è il nome della Spagna, e i sefarditi [gli Ebrei iberici] sono migrati in Europa dal nord dalla Penisola Iberica dove stanziavano. Gli ebrei sefarditi rappresentano il gruppo più secolarizzato, più laico dell’ebraismo: sono borghesi, sono commercianti agiati, mondani per cultura e stile di vita, è gente piuttosto raffinata che vive a contatto con il mondo della Letteratura, della Musica e dell’Arte in generale, in sintonia con le correnti più avanzate della scienza moderna. La loro cultura si è formata in quel grande laboratorio di integrazione sociale e intellettuale che è stato il territorio dell’El-Andalus [la Vandalusia], la regione più a sud della Spagna governata per otto secoli dagli Arabi con l’apporto fattivo degli ebrei e dei cristiani: questa collaborazione [voluta dai governanti mussulmani] ha fatto di questa terra, tra l’anno Mille e il Cinquecento, la regione più ricca e culturalmente più avanzata d’Europa. La cultura integrata di questa terra [la fusione tra civiltà islamica, ebraica e cristiana] prende il nome di “cultura mudejiar” e nei nostri viaggi [di molti anni fa ormai] ne abbiamo studiato i caratteri soggiornando nella città di Toledo [molte e molti di voi ricorderete che abbiamo frequentato la celebre Scuola di Toledo intorno all’anno Mille dove le Opere di Platone e di Aristotele sono tornate in Europa tradotte in arabo e a Toledo sono state ritradotte in greco e in latino] e poi soggiornando nelle città di Cordova e di Granada.
L’altro ramo dell’ebraismo europeo è quello degli ashkenaziti, e la parola “ashkenazita” deriva dal termine Ashkenaz, che in ebraico è il nome della Germania, e gli ashkenaziti sono di origine tedesca o polacca e sono poveri e incolti, e rimangono chiusi nel perimetro della religione tradizionale che custodiscono gelosamente, e il loro stile di vita è tipico della tradizione contadina mitteleuropea.
Ebbene, la famiglia di Baruch Spinoza appartiene al ramo sefardita dell’ebraismo e gli ebrei sefarditi si sono spostati [sono fuggiti perché scacciati] a causa delle persecuzioni dei Re cattolici: prima scacciati dalla Spagna nel 1492 verso il Portogallo su decreto della “cristianissima” regina Isabella, e poi, scacciati anche dal Portogallo, sono emigrati verso il Nord Europa, fermandosi in Olanda dove era stato sancito il diritto alla libertà religiosa.
Il giovane Baruch studia in Sinagoga, nella sinagoga sefardita o portoghese di Amsterdam, che è la più antica della città e che, dal punto di vista architettonico, è un capolavoro in stile rinascimentale. Dal 1671 al 1752 ad Amsterdam, nel quartiere ebraico, sorgono altre quattro sinagoghe ashkenazite [l’Olanda accoglie anche gli ebrei ashkenaziti che, per motivi economici, migrano da est verso ovest].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Ad Amsterdam ci sono una decina di Musei importanti come quello famoso dedicato a Vincent Van Gogh, ma è consigliabile visitare - con l’aiuto di una guida e navigando in rete – l’interessante “Museo della Bibbia” e il “Museo storico ebraico” inaugurato nel 1987 e costruito unendo in un unico complesso architettonico gli edifici delle quattro antiche sinagoghe della comunità ashkenazita [costruite dal 1671-1752] che si trovano a due passi dalla sinagoga [portoghese] sefardita dove ha studiato Baruch Spinoza… È anche doverosa una visita a “la Casa museo di Anna Frank”, e Anna Frank va ricordata anche perché ha scritto dieci minuti al giorno, e questo non ce lo dobbiamo dimenticare!… Avete letto il Diario di Anna Frank?… Risulta che troppe persone non lo abbiano mai letto, e risulta che sono ancora troppi gli individui irresponsabili che si sentono autorizzati a dileggiare questa persona senza rendersi conto, per debolezza cognitiva, di ciò che stanno facendo…
Come ha inizio la formazione intellettuale del giovane Baruch Spinoza?
Il giovane Baruch Spinoza dal 1639 [è l’anno della morte di Campanella e Baruch ha sette anni] studia con impegno in Sinagoga per diventare rabbino. Non è attratto dall’attività mercantile e non è portato per il commercio che era l’attività, piuttosto redditizia, della sua famiglia, mentre è interessato allo studio delle esegesi della Sacra Scrittura, e più le interpretazioni sono sottili, sono complicate, più è attratto. Sulla scia dello studio talmudico delle interpretazioni bibliche il suo campo di indagine si estende allo studio della Cabala e della Filosofia scolastica medioevale [argomenti ai quali ci siamo dedicate e dedicati anche noi a suo tempo].
Nella assai rinomata Scuola Umanistica ebraica della Sinagoga di Amsterdam, in questi anni [nei decenni della prima metà del Seicento], ci sono sette classi e tanto la disciplina quanto gli orari di studio sono molto rigidi, ma questa severità era ben tollerata dagli studenti per il fatto che ci sono insegnanti di grande talento, e Baruch viene positivamente influenzato da colui che viene considerato il suo primo grande maestro, il rabbi Saul Levy Morteira. Baruch, in classe col rabbi Morteira, si stacca dalle fantasticherie magiche e dai sogni esoterici e mitici della Cabala perché il rabbi Morteira è un esegeta che interpreta razionalmente la Bibbia [siamo sulla via che porta verso il secolo dei Lumi], definendo tutti gli interventi soprannaturali del testo biblico come allegorici, non reali ma composti in senso metaforico. Il concetto di Dio presentato dal rabbi Morteira non è quello di una divinità magica, mitica e antropomorfica, ma quello di un Ente supremo da avvicinare e studiare in chiave teoretica, filosofica, intellettuale. Il rabbi Saul Levy Morteira è un veneziano di origine, la sua famiglia viene dal Portagallo e, oltre a tutta la Filosofia razionalista ebraica, insegna a Baruch anche l’italiano e gli fa studiare le opere di Giordano Bruno e di frà Tommaso Campanella.
Pensate che noi abbiamo la fortuna di incontrare il rabbi Saul Levy Morteira, e dove sta, dove lo troviamo? Lo troviamo [abita lì] alla Galleria degli Uffizi perché lo ha immortalato, in uno stupendo ritratto, un certo Rembrandt.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Se capitate alla Galleria degli Uffizi non dimenticate di osservare, nella sala 49 [dei pittori olandesi del XVII e XVIII secolo], il ritratto de il cosiddetto Vecchio rabbino di Rembrandt che rimanda al rabbi Saul Levy Morteira, il più importante maestro di Baruch Spinoza…
Potete osservare quest’opera anche richiedendo in biblioteca un fascicolo contenente le opere di Rembrandt, e navigando in rete… Che cosa vi colpisce in questo ritratto?…
Scrivete quattro righe in proposito…
Al compimento del diciottesimo anno di età Baruch Spinoza decide di dare un orizzonte ancora più ampio alla sua formazione intellettuale.
Dal 1650 il diciottenne Baruch Spinoza, per avere un orizzonte culturale più ampio, decide di studiare il latino [che continua a essere la lingua internazionale della cultura] e sceglie come insegnante un maestro laico [non confessionale], Franciscus Van den Ende, un medico che coltiva idee libertine [e il “libertinage” è una corrente di pensiero che abbiamo studiato recentemente], un ex gesuita che si presenta agli occhi del giovane Baruch come un personaggio affascinante, come effettivamente è. I nuovi studi che arricchiscono la cultura del giovane Baruch lo portano ad aprire un dibattito polemico con i rabbini-capi della Sinagoga [quelli che hanno incarichi di natura sacerdotale] i quali coltivano idee tradizionaliste e sono molto formalisti e conservatori, e sono poco disponibili al confronto di idee: all’interno dell’ebraismo c’è una netta differenza di mentalità tra i rabbini che esercitano il ruolo di maestri [aperti all’innovazione e razionalisti] e i rabbini che esercitano il ruolo sacerdotale [tradizionalisti, formalisti e conservatori].
Dal 1654 al 1656 il giovane Baruch, sempre sotto la giuda di Van den Ende, scopre che, oltre alle opere dei Classici e a quelle di due giganti come Giordano Bruno e Tommaso Campanella, ci sono anche quelle di Cartesio, di Pascal, di Francesco Bacone, di Hobbes, nelle quali si divulgano i principi delle scienze moderne e soprattutto invitano allo studio della matematica. Nel 1656 il giovane Baruch Spinoza presenta in Sinagoga le idee che ha maturato attraverso i suoi studi, e auspica una riforma della dottrina dell’ebraismo in senso moderno, laico, razionalista [una visione che si sta sviluppando in tutta Europa]. Che cosa sostiene?
Baruch Spinoza sostiene che la Legge di Mosè [la Toràh], così come l’hanno codificata i rabbini nel corso dei secoli, con tutti quei cavilli spesso disumani e innaturali, non può venire da Dio. La Legge di Dio, secondo Spinoza, si accorda [come la pensa anche Locke] con la Legge naturale [la dottrina della Toràh corrisponde alla Legge morale della natura] e, di conseguenza, l’ebraismo ha bisogno di una profonda revisione, deve rinnovarsi alla luce della moderna filosofia. Le idee di Spinoza suscitano un grande scandalo e, con un decreto di scomunica, viene espulso dalla Sinagoga e dalla città, e gli si vieta di avere rapporti con altri ebrei e, di conseguenza, si trasferisce in un villaggio alla periferia di Amsterdam, assume il nome di Benedetto [Benedictus de Spinoza o Bento d’Espinoza] e, per guadagnarsi da vivere, dopo aver seguito un corso di apprendistato, comincia a fare un lavoro che gli piace e gli dà soddisfazione: il tornitore di cristalli, il pulitore di lenti da vista, visto che gli occhiali stanno diventando un oggetto di uso comune. E, siccome non gli è permesso incontrare gli ebrei, inizia a frequentare le piccole comunità cattoliche, calviniste ed ebraiche del dissenso e raduna attorno a sé un gruppetto di studenti, di discepoli, con i quali fonda una comunità [una specie di sinagoga o una sorta di parrocchia laica] che ha le caratteristiche di una Scuola il cui programma comprende, oltre allo studio della matematica, l’apprendimento e la pratica della meditazione e della riflessione interiore.
Nel 1660 Spinoza si trasferisce in un villaggio vicino a Leida e comincia a scrivere le sue opere [Breve trattato su Dio, l’essere umano e il suo bene, Principi della filosofia di Cartesio, Emendazione dell’intelletto. Pensieri metafisici] e nel 1670 va ad abitare in un quartiere periferico dell’Aja e lì inizia a comporre [sempre scrivendo in latino] il suo capolavoro filosofico, una delle opere più importanti nella Storia del Pensiero Umano che, pubblicata postuma [nel novembre del 1677], viene comunemente chiamata Ethica [L’Ethica di Spinoza] ma il suo titolo completo è piuttosto complesso e lo vogliamo trascrivere tutto intero - Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, distinta in cinque parti nelle quali si tratta I. Di Dio, II. Della natura e dell’origine della mente, III. Della natura e dell’origine degli affetti, IV. Della schiavitù umana e delle forze degli affetti, V. Della potenza dell’intelletto e della libertà umana - e questa titolazione ci fa capire che Spinoza mira a creare una mediazione tra il finito e l’Assoluto e aspira a costruire un rapporto tra l’etica e la metafisica [e di quest’opera ce ne occuperemo dopo la vacanza].
Intanto il cerchio dei suoi discepoli si allarga e, tra loro, ci sono anche i fratelli de Witt, autorevoli esponenti del partito democratico, per i quali Spinoza, a sostegno della loro lotta antimonarchica, scrive il Trattato teologico-politico un’opera che, in questo momento di grandi scontri, viene stampata quasi clandestinamente e subisce la condanna da parte delle correnti più reazionarie tanto cattoliche quanto calviniste; in questo trattato Spinoza sostiene che la libertà di filosofare va garantita dallo Stato alle sue cittadine e ai suoi cittadini perché se viene tolta si determina il decadimento civile e morale dello Stato stesso, perché lo Stato è un Ente che deve assicurare l’autonomia di pensiero alla persona e non reprimere il pensiero. Purtroppo negli scontri violenti tra fazioni avverse, nel 1672, con grande afflizione da parte di Spinoza, i fratelli de Witt vengono uccisi.
Dal 1674 l’Ethica di Spinoza, nella sua versione completa, comincia a circolare manoscritta facendo aumentare l’interesse di molte persone, intellettuali e non, per una filosofia che invita a coltivare la libertà dello spirito. Spinoza è una persona che cerca di essere coerente con ciò che pensa e che scrive, e ha scelto di vivere in solitudine e in uno stato di dignitosa povertà, donando ciò che ha in più del necessario a chi ha più bisogno di lui, e rinunciando a molti contributi in denaro, a suo vantaggio, da parte di suoi discepoli più ricchi. Spinoza rifiuta una cattedra all’Università di Heidelberg propostagli dal grande elettore del Palatinato dicendo che, per un uomo pubblico, diventa difficile, poi, mantenere una coerenza nella ricerca della libertà spirituale.
Negli ultimi anni della sua vita Spinoza si è guadagnato la fama di “santo laico”, però, è anche necessario salvaguardare questo personaggio dalle molte leggende riguardanti la sua persona, leggende che molti intellettuali romantici hanno fatto fiorire: c’è infatti una tradizione mitica poco attendibile che deforma la figura di Spinoza il quale non è vissuto in miseria e neppure nell’oscurità e nell’isolamento, e non è stato un solitario eremita e, sebbene abbia amato la contemplazione mistica, non ha passato la vita separato dal mondo e non ha mai avuto un carattere da asceta rigorista e scontroso. In realtà Spinoza è un personaggio schivo ma non asociale, anzi, ha vissuto con intensa partecipazione tutti i dibattiti religiosi e sociali che si sono sviluppati in Europa e in Olanda in questo periodo così travagliato della storia secentesca, ha avuto relazioni politiche e intellettuali di alto livello e non ha disdegnato affatto la compagnia delle persone di buon umore e amanti della vita.
Spinoza non ha disprezzato mai l’utilità e il piacere delle cose, anzi fa della ricerca della felicità la base della sua filosofia e proprio per questo sceglie di vivere in modo semplice e frugale, senza superbia, con umorismo per essere libero dagli impedimenti in una società fanatica, intollerante, lacerata da aspri contrasti, e si pensi che è la migliore società d’Europa! Dal 1670 sono per lui anni di sofferenza perché contrae la tubercolosi ma, tuttavia, affronta la malattia con serenità e, in questo, trova conforto nella lettura dei Pensieri di Pascal. Baruch Spinoza muore il 21 febbraio 1677, a 45 anni, dopo aver chiesto un brodino e dopo aver fatto una fumatina di tabacco con la sua pipa, e questa è leggenda o è verità? [E chi lo sa, fatto sta che a l’Aja la pipa di Spinoza è in vendita].
Il pensiero di Baruch Spinosa si sviluppa su alcuni presupposti fondamentali a cominciare dal metodo matematico di Cartesio che lui considera il modello di partenza per la comprensione filosofica del mondo, ma è anche attratto fortemente dal misticismo di Guelinx, di Malebranche [due personaggi che abbiamo incontrato a suo tempo qualche viaggio fa] e soprattutto trova uno stimolo nelle idee contenute nei Pensieri di Pascal. Spinoza pensa che lo scopo del conoscere non sia tanto la comprensione del mondo ma ritiene che l’obiettivo del conoscere sia quello di far sì che la persona si avvicini alla felicità [e quando una persona è felice è anche in grado di conoscere il mondo]. Per Spinoza la felicità si identifica con la libertà spirituale e perciò invita la persona a liberarsi dai falsi idoli [tanto religiosi quanto profani] imposti dai sistemi di distrazione di massa [ed ecco la Lezione di Pascal che conosciamo]. Più la persona diventa spiritualmente libera e più si avvicina alla felicità! Più la persona impara ad acquisire un pensiero autonomo e più si configura nella sua mente l’idea della felicità. Quindi l’itinerario conoscitivo che propone Spinoza si pone come un percorso di carattere ascetico [e non è casuale il fatto che ci stia accompagnando Adriana Zarri].
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Acquisire la conoscenza di quale argomento vi ha rese e resi particolarmente felici?…
Scrivete quattro righe in proposito...
Nel novembre del 1677 i discepoli di Spinoza fanno pubblicare tutte le sue opere, e l’Ethica - che è il suo capolavoro filosofico - suscita, da subito, un grande interesse. Come si configura l’itinerario filosofico di Baruch Spinoza? Per rispondere a questa domanda è necessario avere una mente fresca e, quindi, del pensiero di Spinoza contenuto nell’Ethica ce ne occuperemo la prossima volta.
Adesso, per concludere, ci occupiamo di un argomento che potrebbe sembrare in contrasto con ciò che abbiamo detto finora ma, in realtà, c’è un nesso che lo stesso Spinoza sarebbe lieto di cogliere perché come tutte e tutti i veri mistici e i veri asceti non è né bacchettone, né integralista, né ipocrita, né tartufo. Ebbene, in questo momento, nel primo grande secolo moderno, il Seicento, s’incontrano [sulla via che conduce verso il secolo dei Lumi] figure che investono in intelligenza e compongono opere ricche di ragionamenti profondi, ma, specialmente gli scienziati, a volte, desiderano - come tutte e tutti noi, del resto - trattare argomenti che apparentemente possono sembrare meno impegnativi.
Baruch Spinoza, come abbiamo studiato, pensa che la Filosofia debba insegnare alla persona soprattutto a essere felice, e la persona è sempre più felice, ritiene Spinoza, nella misura in cui si libera dagli idoli imposti dai sistemi di potere affinché, attraverso divertimenti alienanti, le persone non pensino, non riflettano, non curino il loro spirito con lo studio e, quindi, non condivide l’affermazione di Locke, il quale, in nome dell’empirismo, dichiara che la felicità viene esclusivamente dall’utile e la si raggiunge solo attraverso i sensi. Però Spinoza, che è un autentico asceta mistico, non disdegna la fruizione della bontà delle cose del Creato, per cui, se la diffusione delle bevande alcoliche [per esempio] è uno strumento utile a vantaggio dei regimi autoritari per procurare la distrazione di massa [situazione - la diffusione dell’alcolismo - che va combattuta] ciò non significa, afferma Spinoza, che non si possa e non si debba godere, con la dovuta moderazione, di un buon bicchiere di vino! “In vino veritas” [sostengono i filosofi classici] ma anche “in vino felicitas” nel senso che produce, alcune volte durante il corso dell’anno, una benefica euforia, cantata da un personaggio nostro conterraneo che stiamo per incontrare: uno scienziato che desidera anche trattare un argomento apparentemente meno impegnativo rispetto ai suoi studi naturalistici e, forse, anche, in un certo senso, attinente.
Questo scienziato contemporaneo di Spinoza - che vive in Toscana ed è nato ad Arezzo nel 1626 e muore a Pisa nel 1698 - si chiama Francesco Redi [e una delle Scuole, quella di Bagno a Ripoli che da anni ci ospita, ha preso il suo nome] ed è un medico, un naturalista, un seguace della Scuola di Galileo Galilei. Francesco Redi è un entomologo e si occupa dello studio degli insetti e del loro modo di riprodursi che veniva considerato un fenomeno un po’ magico e misterioso: Redi dimostra che gli insetti si riproducono facendo le uova e, nel 1668, pubblica un trattato fondamentale in materia intitolato Esperienze intorno alla generazione degli insetti.
Ma Francesco Redi ha anche fama di poeta, una fama legata a un ditirambo intitolato Bacco in Toscana. Il ditirambo è una forma poetica corale che si cantava nel culto di Dioniso, una forma poetica che sta all’origine della Tragedia greca [tragos-oidos, il canto del caprone], e il testo di un ditirambo si presenta ricco di metafore riguardanti l’argomento di cui tratta [Redi fa parlare Bacco, facendosi pure burlare, in forma allegorica: e dice che si può bere più abbondantemente del solito solo sei volte l’anno, e la gondola è una damigiana, e la meta è il porto di Brindisi, e che si deve bere sempre per augurare il buon pro, e la mandola e la viola di Arianna completano eroticamente il piacere del bere, e “la cuccurucù” è una danza propiziatoria].
Francesco Redi scrive questo ditirambo nel 1685 in onore del vino toscano, ed è chiaro che in Toscana Bacco si trova molto bene e sappiamo anche che Spinoza [e non solo lui] apprezza il vino italiano, un prodotto [in competizione con quello francese] molto noto in tutta Europa nel corso del Gran secolo.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Sappiamo che è salutare per la circolazione bere una modica quantità di vino rosso a pranzo e a cena: quale vino vi piace in particolare?…
Scrivete quattro righe in proposito, e prosit!…
E concludiamo leggendo sobriamente [bisognerebbe cantarlo] l’elogio di Bacco in Toscana.
Francesco Redi, Bacco in Toscana
Vino vino a ciascun bever bisogna se fuggir vuole ogni danno:
e non par mica vergogna, tra i bicchieri, impazzir sei volte l’anno.
E non per caso, o sol per gentilezza, tracanno questo e poi quest’altro vaso;
e sì facendo del nevoso cielo non temo il gielo, e né mai nel più gran freddo
m’imbacucco nel cappotto come ognor vi s’imbacucca dalla linda sua parrucca
infino ai piedi … il troppo segaligno e freddoloso dottor Francesco Redi.
Questi strani copogiri d’improvviso mi fan guerra? Parmi proprio che la terra
sotto i piè mi si raggiri. E se la terra comincia a tremare, mi salvo in mare.
E vo’ a varare la gondola più capace e ben fornita, ch’è la nostra favorita.
Su questa nave temprata di cristallo, e che non teme del mar cruccioso il ballo,
ire voglio per mio diporto fin di Brindisi nel porto, e carca di brindisevol merce
questa mia barca galleggia sicura nel diluvio come l’arca.
Navighiamo fino a Brindisi, Arianna, che è bell’andar per barca in mare
verso la sera di primavera! Venticelli e fresche aurette, dispiegando ali d’argento
sull’azzurro pavimento tesson danze amorosette,
e al mormorio de’ tremuli cristalli sfidano ognora i naviganti a i balli. Su voghiamo, navighiamo,
navighiamo infino a Brindisi: dolce Arianna vogaforte ché la ciurma non si stanca,
anzi lieta si rinfranca, e se brindisi io fo è perché faccia il buon pro.
Arianuccia vaguccia, belluccia, cantami un poco e ricantami tu sulla mandola
la cuccurucù. Passa e voga, vogaforte. Arianuccia leggiadribelluccia
cantami un poco cantami un po’ … cantami un poco e ricantami tu sulla tua viola
la cuccurucù. Arianuccia vagucciabelluccia cantami un poco e ricantami tu
sulla tua viola la cuccurucù, la cuccurucù, la cuccurucù! …
Naturalmente dopo la pausa pasquale saremo sobrie e sobri quando conosceremo l’itinerario filosofico di Spinoza e quello di un altro importante personaggio che incontreremo.
Adesso per celebrare la Pasqua come è tradizione concludiamo facendo riferimento a papa Gregorio Magno il quale, nell’anno 590, ha redatto - nel secondo Libro dei suoi Dialoghi - la Regola di San Benedetto che corrisponde a un progetto politico [una giornata che prevede quattro ore per lavorare, quattro ore per studiare, quattro ore per pregare e per riflettere, quattro ore per prendersi cura di sé e degli altri, otto ore per riposare] che attuato concretamente ha risollevato le sorti dell’Europa dopo “la [cosiddetta] caduta dell’Impero romano d’Occidente”, e con la crisi pandemica che stiamo ancora vivendo a livello planetario per cui si sente spesso ripetere che “niente sarà più come prima”, e con una guerra in corso che mette a rischio la pace in Europa e nel mondo, e la siccità incombente, ebbene, sul significato del “benedetto progetto politico gregoriano” bisognerebbe promuovere una riflessione universale. Noi, ora, ne ricordiamo solo un frammento: scrive papa Gregorio Anicio nei suoi Dialoghi.
Gregorio Magno, Dialoghi
La luce che risplende nelle tenebre dell’ignoranza è generata dallo studio, e chi studia comincia a risorgere. …
E, di conseguenza, “studiare” [cioè prendersi cura della propria anima, del proprio intelletto e del proprio corpo] è un gesto pasquale per eccellenza da coltivare con impegno per rivendicare il nostro diritto-dovere all’Apprendimento permanente. Studiare è cominciare a risorgere perché lo studio è cura e perché il desiderio di apprendere stimola il sistema immunitario, e rinfranca e ritempra lo spirito indirizzandolo all’uguaglianza, alla giustizia, alla solidarietà, alla misericordia e alla pace.
Quindi, consapevoli del fatto che la Scuola è qui e che il viaggio continua [mercoledì 20 aprile a Bagno a Ripoli, giovedì 21 aprile a Tavarnuzze, venerdì 22 aprile per il primo gruppo di Firenze, venerdì 29 aprile per il secondo gruppo di Firenze] scenda su di noi l’augurio di una buona Pasqua di studio perché “chi studia comincia a risorgere”…
QUESTIONARIO
PER INVESTIRE IN INTELLIGENZA ...
parola per parola … idea per idea ...
Leggi con attenzione le parole contenute nei quattro riquadri, sono termini che emergono in particolare sul territorio del Seicento ...
Fai la tua scelta …
la genialità la beatitudine la formazione l’infinito l’autorità
l’immortalità la grazia la povertà la consapevolezza la partecipazione
l’attualità la pienezza la concretezza la concordia l’astuzia la forza
la tensione la confutazione l’ordine il principio
Scegline non più di tre ........................................................................................................................................
l’incomprensione la misericordia l’assoluto il condizionamento la diffusione
l’intuizione la bontà il rigore la conversione la tecnica
la rivelazione la coscienza l’ingegno l’invenzione la cattiveria
il diritto il limite la cura il convento il trattato il simbolo la macchina
Scegline non più di tre..........................................................................................................................................
la sfida il castello la struttura la scala l’apologia l’energia
la teoria la spiegazione l’indifferenza l’ambizione la lontananza la divisione
l’utilità la molteplicità la creatività il realismo l’equilibrio l’illuminazione
Scegline non più di tre ........................................................................................................................................
la sensazione il metodo l’ambiguità l’intuizione la laicità
la corporeità l’utopia il dubbio il dogma la critica l’estasi l’esegesi
la scopertala traduzione la visione la matematica l’esperimento la poesia
la medicina la legge la politica la dialettica la necessità
Scegline non più di tre ......................................................................................................................................................