ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
Un secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi
11-12-13 e 20 ottobre 2023
IL TRADIZIONALE RITUALE DELLA PARTENZA PREVEDE
LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PERCORSO DI STUDIO ...
Ben venute e ben venuti a Scuola! Ben tornate e ben tornati a frequentare un Percorso di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura, un’esperienza che dal 1° ottobre 1984 propone un tirocinio di Apprendistato cognitivo nell’ambito della Scuola pubblica degli Adulti: e, quindi, questo è il 40° viaggio di studio in partenza.
E qualsiasi viaggio, reale o metaforico che sia, ha inizio come sapete con la partenza, e la partenza per un viaggio [la sua preparazione e il momento stesso del partire] corrisponde sempre a “un rito” e il nostro tradizionale “rituale della partenza” che si ripete ogni anno [ma, per loro natura, i rituali sono ripetitivi] potrebbe risultare noioso se non fosse insostituibile perché la sua celebrazione è un atto necessario prima di tutto per conoscere la “natura didattica” e gli “obiettivi formativi” del Percorso che stiamo per intraprendere: è sconsigliabile, soprattutto nel caso di un viaggio di studio [funzionale all’esercizio della lettura e della scrittura], partire senza sapere dove andare e per questo dobbiamo conoscere i motivi per cui stiamo frequentando la Scuola e perché la Scuola deve [dovrebbe] essere aperta a tutti come dispone l’Articolo 34 della Costituzione, e Articolo 34 è il nome dell’Associazione che - soprattutto per iniziativa di Valdemaro Morandi che ricordiamo con affetto come “fondatore” - è stato necessario costituire anche per poter richiedere gli spazi dove poter svolgere il nostro tirocinio di Apprendistato cognitivo.
E in un Percorso didattico che si propone di promuovere questo tipo di attività la lista dei contenuti da conoscere [e dei tempi e dei luoghi] ha certamente una rilevanza [in questo momento siamo a Napoli perché è in questa città che troviamo i primi contenuti riguardanti il nostro viaggio sul territorio del secolo dei Lumi] ma, prima di tutto, prima ancora che del contenuto, è importante essere al corrente dell’assetto formale [della forma del contenitore all’interno del quale devono stare i contenuti]: ciò comporta che si sappia come si configura lo straordinario esercizio dell’Apprendimento e, di conseguenza, è indispensabile imparare a conoscere “il modo in cui impariamo” perché il compito primario della Scuola è quello di occuparsi di “coltura” in quanto il termine “cultura” deriva dal verbo “coltivare”. Questo termine non dovrebbe definire altro che il manifestarsi del fenomeno “dell’imparare a imparare”, e la Scuola si frequenta a ogni età [per tutto l’arco della vita] principalmente per questo motivo perché «la persona [come dice l’incipit della Metafisica di Aristotele] è attratta permanentemente dal desiderio di conoscere» e la soddisfazione di questo bisogno è, come sapete, il principale motivo che dà un senso alla vita degli umani, e siamo persone vitali fino a quando coltiviamo la volontà di imparare, quando cessa in noi questa volontà ci allontaniamo dalla vita. Quindi, se è utile frequentare la Scuola per “imparare ad apprendere” dobbiamo, prima di tutto, sapere come si sviluppa il processo di Apprendimento per poterlo gestire in modo autonomo, e questa è la prima domanda che dobbiamo porci nel celebrare il tradizionale rituale della partenza: come si sviluppa il processo di Apprendimento? Molte e molti di voi sanno già rispondere a questo interrogativo ma, in primis, le cose ripetute giovano all’Apprendimento - «repetita iuvant», dicevano i Latini - e poi i rituali sono ripetitivi e la partenza è un rito, un rito che invita alla riflessionr.
L’Apprendimento [l’attività dell’imparare] si sviluppa attraverso sei azioni privilegiate - conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare - che non agiscono in ordinata successione come, in modo funzionale, le abbiamo ora elencate, ma operano insieme alla memoria attraverso una serie di rapporti simultanei condizionati da vari fattori. Alle dipendenze di queste “sei azioni cognitive principali”, per corroborarne l’efficienza, ci sono altre quaranta azioni conseguenti [le cosiddette azioni cognitive sussidiarie che ora non elenchiamo]: ebbene, una persona è capace a investire in intelligenza quando sa utilizzare al meglio le azioni cognitive [soprattutto le sei azioni principali] e, di conseguenza, nel corso di ogni itinerario [di ogni Lezione] ci eserciteremo come stiamo già facendo ad attivare queste azioni. Quindi, si viene a Scuola per imparare a conoscere, a capire, ad applicare, ad analizzare, a sintetizzare e a valutare e, quindi, quando si entra nel sistema [nell’Officina] dell’Apprendimento permanente piuttosto che farsi interrogare, ci si deve domandare: che cosa è utile “conoscere”, che cosa è necessario “capire”, come ci si deve “applicare” e che cosa significa [sul piano dell’Alfabetizzazione funzionale e culturale] “analizzare”, “sintetizzare” e “valutare” per poter “investire in intelligenza [per dedicarsi allo studio, visto che studium e cura, in latino, sono sinonimi]”? E allora procediamo con ordine.
* Per investire in intelligenza è necessario “conoscere” il significato delle parole-chiave della Storia del Pensiero Umano, e nel corso di questi anni abbiamo conosciuto un ampio catalogo di parole-chiave [e le parole-chiave danno forma ai paesaggi intellettuali rendendoli osservabili e intelligibili: la parola crea].
* Per investire in intelligenza è necessario “capire” il significato delle idee-cardine della Storia del Pensiero Umano, e al termine del viaggio dello scorso anno [sul territorio del secolo dei Lumi] abbiamo compreso, come idea di fondo, che “la condizione umana” [la qualità della vita degli umani] è stata influenzata negativamente dal mancato riconoscimento del diritto-dovere delle persone all’Apprendimento permanente.
* Per investire in intelligenza è necessario “applicarsi” costantemente nell’esercizio della lettura [quattro pagine al giorno per dieci minuti al giorno, e il termine latino LEGERE MULTUM significa: leggere poco alla volta ma con cadenza regolare, usando la massima attenzione. L’acquisizione di questa buona abitudine quotidiana garantisce la possibilità di LEGERE MULTA: molte pagine nel giro di poco tempo]; inoltre, è necessario anche “applicarsi” costantemente nell’esercizio della scrittura [quattro righe al giorno]: si legge e si scrive per dare fluidità al processo di apprendimento e, ancora una volta, ma i rituali sono ripetitivi, ricordiamo che cosa scrive in proposito l’eminente studiosa dei meccanismi cerebrali Rita Levi Montalcini: «La lettura giornaliera di almeno quattro pagine di buona Letteratura e la scrittura di almeno quattro righe contenenti un pensiero autobiografico sono esercizi che preservano l’elasticità dei neuroni, le cellule del cervello, contribuendo al mantenimento della salute della persona». “Leggere e scrivere” sono [come sappiamo dall’attività di ricerca degli Osservatori preposti] due attività fortemente trascurate dalla stragrande maggioranza delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese [le persone che nella fascia tra i 18 e i 65 anni - la fascia “attiva” della popolazione - si dedicano costantemente a leggere sono il 13% e a scrivere sono l’11% e questo perché l’81% delle persone adulte soffrono di “debolezza cognitiva” e non possiedono gli strumenti necessari per dedicarsi all’esercizio della lettura e della scrittura].
* Per investire in intelligenza è necessario “analizzare”, e questa azione consiste nel catalogare, nel mettere in ordine i pensieri che si formano ininterrottamente nella nostra mente: è necessario che la persona impari a fare ordine perché la mente produce pensieri a ciclo continuo e bisogna, oggi più che mai, evitare la confusione mentale imparando a gestire l’azione dell’analizzare altrimenti la persona si ritrova ad avere una testa ingorgata.
* Per investire in intelligenza è necessario “sintetizzare” e questa azione consiste nella scelta [tra la scelta e la sintesi c’è uno stretto legame] di uno dei pensieri che abbiamo catalogato nella nostra mente facendo l’analisi, quello che ci sembra più significativo, scrivendolo in forma concisa, essenziale, contenuta: un pensiero contenuto in quattro righe scritte [per raccontare, per descrivere, per informare, per esprimere, per interpretare, per argomentare] dà forma a un oggetto concreto, il testo, in cui si manifesta la nostra attività intellettuale.
* Per investire in intelligenza infine è necessario “valutare”, e valutare significa essere consapevoli di sovrintendere all’iter del nostro percorso di apprendimento. Ciascuna e ciascuno di noi, itinerario dopo itinerario, deve domandarsi: «Quante parole-chiave ho conosciuto, quante idee-significative ho capito, ho letto quotidianamente alcune pagine con attenzione, quanti pensieri ha catalogato la mia mente, e di quale pensiero ho fatto la sintesi scrivendolo?».
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In quale ordine di importanza - secondo le vostre esigenze di oggi - elenchereste questi obiettivi: conoscere le parole-chiave, capire le idee significative, applicarsi nella lettura, analizzare i propri pensieri, sintetizzare un pensiero scrivendolo, valutare il proprio apprendimento? ... Non rinunciate a scrivere il vostro parere in proposito perché esercitarsi a scegliere serve per tenere il passo sull’itinerario dell’apprendimento ...
Avete in mano e sotto gli occhi un fascicolo intitolato REPERTORIO E TRAMA ... che è lo strumento che ci consente [e, in questo momento, state facendo questo esercizio] di orientarci meglio sul nostro cammino per favorire l’azione di conoscere e di capire, e inoltre ci propone un compito per sostenere l’azione dell’applicarci nell’uso dell’analisi, della sintesi e della valutazione.
E, a questo proposito anche in relazione a questo oggetto cartaceo che deve essere stampato, dobbiamo come sapete sostenere qualche spesa. Riceverete circa 150 pagine di REPERTORIO E TRAMA ... e questo materiale viene fotocopiato presso la Scuola “Francesco Redi” di Bagno a Ripoli e perciò è necessario versare un contributo a questo Istituto: lo scorso anno, così come l’anno precedente, il contributo versato alla Scuola è stato di 700 €. a fronte di una produzione di circa 28.000 pagine! Inoltre prevediamo di versare all’Associazione Il cuore si scioglie della Coop. un contributo di 1000 €., e poi prevediamo di donare un contributo all’Associazione AISLA per la ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, e di donare un contributo anche alla Cooperativa delle Donne dell’Associazione Mexiquemos. Inoltre l’Associazione Articolo 34 deve obbligatoriamente e ha già stipulato un’Assicurazione con un costo di 700 €. In questi anni per la copertura di queste spese [con l’approvazione dei gruppi scolastici] è stato versato un contributo volontario di 15 €: sebbene sia necessario è comunque - come prevede la Statuto dell’Associazione - un contributo volontario, e dalla prossima settimana lo potete versare in questo contenitore sotto l’occhio vigile di Giuseppe Verdi; inoltre, per incrementare la raccolta [e per raggiungere gli obiettivi programmati] ogni settimana, volendo, potete mettete “uno spicciolo” in questo altro apposito contenitore [blu, il colore delle energie intellettuali]: con questi gesti abbiamo sempre prodotto il materiale necessario e nel nostro piccolo abbiamo coltivato la solidarietà, ed è proprio sulla scia del il verbo “coltivare” che continua la celebrazione del rituale della partenza.
«Non c’è cultura senza Alfabetizzazione» come, dal 1946, si legge nei Documenti dell’Unesco, perché, come sapete, il termine “cultura” - che deriva dal verbo “coltivare” - indica la possibilità che ha la mente umana di acquisire le competenze che servono per imparare: «la cultura [si legge nei Documenti dell’Unesco] non è una cosa ma è un modo di fare le cose» e, quindi, il termine “cultura” [sinonimo di “coltura”] va utilizzato [andrebbe utilizzato] solo per definire “l’itinerario di apprendistato che porta la persona a saper utilizzare in modo efficiente le azioni dell’Apprendimento [di cui abbiamo appena parlato] in modo che le varie attività alle quali la persona si dedica [come, per esempio, leggere un libro, utilizzare la biblioteca, visitare un museo, vedere una mostra, andare a teatro, osservare i monumenti di una città, scrutare il cielo e via dicendo] si possano tradurre in un investimento in intelligenza [affinché la volontà di imparare, che ogni persona possiede, si concretizzi e dia frutti]”.
Ma il diritto all’Apprendimento permanente, come sappiamo, non è stato mai e non viene ancora riconosciuto come tale, e nel corso del Settecento, così come nel ‘600, tutte le pensatrici e i pensatori che abbiamo incontrato ribadiscono che la condizione della maggior parte delle persone è fortemente influenzata in senso negativo dal fatto che viene negato loro, senza che se ne rendano conto, questo diritto: un tema che continua a essere di stringente attualità perché a tutt’oggi il virus dell’ignoranza [che procura la debolezza cognitiva] continua a circolare indisturbato tra le cittadine e i cittadini adulti del Pianeta [e non si fa nulla per debellarlo sebbene la povertà intellettiva riguardi: in Italia l’81%, in Europa il 76% e nel Mondo l’85% della popolazione adulta].
Si sa che il diritto-dovere all’Apprendimento permanente è strettamente legato al tema della Parola, e al fatto che l’uso delle parole deve essere ben insegnato: le parole sono preziose perché, come tante volte abbiamo detto, “la parola crea”, ed è attraverso la parola che si sviluppa il pensiero, ed è il linguaggio che rende fecondo ogni investimento in intelligenza. Nell’incipit [nel primo versetto] del Prologo del Vangelo secondo Giovanni - una delle opere più significative della Storia del Pensiero Umano che, in questi anni, abbiamo studiato in più contesti - si legge: «In principio era la Parola» [’Εν άρχη ήν ό λόgoς] e, se si interpreta l’affermazione contenuta in questo versetto in chiave puramente pedagogica [senza che ci si inoltri in campo religioso e filosofico], il valore didattico che se ne trae è notevole. Negli anni ’50 e ’60, in Italia [come abbiamo ribadito in partenza nel viaggio dello scorso anno], chi ha cercato di mettere in evidenza, con tutta la sua energia, il tema dell’importanza che ha, per la persona, la competenza nell’uso della Parola è stato don Lorenzo Milani [quest’anno, il 27 maggio, don Lorenzo avrebbe compiuto cento anni], e oggi, a cinquantacinque anni dalla morte, l’animatore della Scuola di Barbiana sarebbe fortemente contrariato nel sentire osannare la sua esperienza di educatore senza che poi ci sia, da parte di coloro che lui chiamerebbe dei “detestabili adulatori”, un impegno reale nel campo della promozione della didattica in modo che possa formarsi la comunità educante: una comunità che sia permanentemente in cammino sui sentieri della Storia del Pensiero Umano per far sì che ogni persona possa osservare, lungo il percorso sui territori del sapere, il maggior numero possibile di paesaggi intellettuali ricchi di parole-chiave da conoscere, da capire e sulle quali potersi applicare. «Io son sicuro [scrive don Milani] che la differenza fra il mio figliolo [montanaro analfabeta] e il vostro [studente cittadino] non è nella quantità né nella qualità del tesoro chiuso dentro la mente e il cuore, ma in qualcosa che è sulla soglia fra il dentro e il fuori, anzi è la soglia stessa: la Parola, il dominio sulla parola».
Ebbene, noi stiamo per partire per un secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi, e il nostro primo viaggio sulle vie di quest’epoca si è concluso, nel maggio scorso, in compagnia di Voltaire. Di Voltaire, come ricorderete, la Scuola ha consigliato e propiziato la lettura di tre racconti filosofici intitolati: Zadig, Micromegas e Candido [e mi auguro che in vacanza li abbiate letti, ma c’è sempre tempo per farlo!]. Tutte le pensatrici e i pensatori da noi incontrati durante il viaggio dello scorso anno ritengono sia necessario far sì che si arricchisca, nel modo più efficace possibile, il repertorio lessicale, grammaticale e sintattico di ogni persona in modo che il linguaggio risulti “ben appreso” e possa essere ben utilizzato. L’uso delle parole deve essere ben insegnato, e il tema della condivisione della parola dovrebbe essere all’ordine del giorno nel momento in cui il linguaggio, sempre più impoverito a causa anche di un distorto utilizzo della tecnologia, è diventato un’arma per ferire più che uno strumento per intrecciare relazioni “umane” … «Chi è maestra e chi è maestro [scrive nel 1966 don Lorenzo Milani in una delle sue “Lettere”, l’ultima che ha scritto a Gian Paolo Meucci] deve insegnare l’uso della ragionevolezza attraverso lo studio del significato delle parole, e io non fo altro che questo in modo che i miei ragazzi si possan giovare di un linguaggio che sia libero e indipendente; e libero e indipendente non significa disordinato o indifferente perché le persone debbon darsi regole utili e aver di molti interessi giusti e onesti. Lo studio del significato delle parole ha da servire da contrasto ai linguaggi correnti che la gente del popolo è costretta a subire e che son portatori di pessime attitudini che van cambiate e questo (tanto per fare alcuni esempi) vale per l’illeggibile linguaggio della burocrazia che non è di servizio, per quello subdolo della propaganda politica che non parla più di Politica, per quello ipocrita dell’ideologia che non fornisce linfa al pensiero, per quello del giornalismo prezzolato che non dà informazione, per quello superficiale della televisione che non procura un sano svago per le menti e per quello dissimulatore della pubblicità che non genera conoscenza ma semina ignoranza. Se è vero che la parola crea vuol dir che è grande la responsabilità tanto di chi ne insegna l’uso quanto di chi lo apprende».
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Secondo voi, quale di questi linguaggi - burocratico, propagandistico, ideologico, giornalistico, televisivo, pubblicitario o quale altro - è maggiormente portatore di pessime attitudini, e quali sono, secondo voi, queste pessime attitudini?…
Scrivete quattro righe in proposito…
Nelle opere che abbiamo incontrato nel corso del viaggio dello scorso anno abbiamo visto affiorare una serie di parole-chiave e di idee-cardine che connotano l’età dei Lumi, e queste parole e queste idee sono state trasferite nel tradizionale Questionario di fine anno che serve per dare “una forma lessicale” al Percorso che abbiamo compiuto.
Il Questionario che avete compilato al termine del Percorso dello scorso anno comprendeva due aree: la prima contenente quattordici parole-chiave e la seconda contenente sette affermazioni-significative emergenti nella Storia del Pensiero Umano dell’età dei Lumi. Quali sono i risultati delle nostre scelte? I risultati del Questionario - al quale hanno risposto 114 persone - sono contenuti in due riquadri che riportano, secondo la grandezza dei caratteri, la quantità di consensi che hanno ricevuto le parole-chiave [nel primo riquadro] e le affermazioni significative [nel secondo riquadro].
E quindi puntiamo l’attenzione sul primo.
l’uguaglianza
il progresso
la tolleranza l’universalità
il cosmopolitismo l’indipendenza
la felicità la fraternità l’esperienza
la legalità la filantropia la sensazione l’utilità [la voluttà]
La parola “uguaglianza” è quella che ha ricevuto più consensi seguita dalla parola “progresso” che ha ricevuto anch’essa un alto numero di preferenze.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Se volete commentare questo risultato potete dare un giudizio scrivendo quattro righe in proposito: c’è da dire che un esito di questo genere è particolarmente significativo perché mette in evidenza che “il progresso” non può essere disgiunto dal valore de “l’uguaglianza”… Quale potrebbe essere, secondo voi, un campo in cui il rispetto del parametro dell’uguaglianza contribuirebbe a far progredire la società?...
Scrivete due righe in proposito...
Segue, con un buon numero di consensi, la parola “tolleranza”, e poi con un discreto numero di adesioni si distingue la parola “universalità”. Poi le scelte cominciano, seppur leggermente, a calare con le parole “cosmopolitismo e indipendenza”. Poi le scelte si diluiscono ancora con le parole “felicità, fraternità ed esperienza”. Mentre sono state scelte poco le parole “legalità, filantropia, sensazione e utilità”. E, infine, la parola “voluttà” è stata messa tra parentesi in quanto nessuna e nessuno di noi l’ha scelta, e credo sia necessario fare una breve riflessione: forse si è pensato che questa parola [derivante dal latino “voluptas”] sinonimo di desiderio, di piacere, di godimento, di eccitazione, di estasi - termini ben presenti nelle Opere del secolo dei Lumi - riguardasse più la sfera personale della persona e l’averla ignorata si giustifica con il fatto che si è voluta fare una scelta decisamente più orientata in senso politico e lo dimostra il risultato, che ora dobbiamo osservare, del secondo riquadro contenente sette affermazioni significative.
GOVERNARE SECONDO I PRINCIPI DEMOCRATICI
Riflettere sulla condizione umana
Favorire la comprensione tra umani
Proclamare la cittadinanza planetaria di ogni persona
Valutare la complessità umana
Prendere coscienza dell’identità terrena Curare la gestione dell’incertezza
Segue, con un buon numero di consensi, l’affermazione “favorire la comprensione tra umani”, e poi con un discreto numero di adesioni si distingue l’affermazione “proclamare la cittadinanza planetaria di ogni persona”. Poi le scelte cominciano a calare con l’affermazione “valutare la complessità umana” e, infine, le affermazioni “prendere coscienza dell’identità terrena” e “curare la gestione dell’incertezza” sono state scelte poco.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Se volete commentare questo risultato potete dare un giudizio scrivendo quattro righe in proposito ...
In questi due riquadri si raccolgono le nostre riflessioni lessicali collettive sul pensiero della “sapienza poetica e filosofica dell’età dei Lumi” e il risultato che ne deriva indica un punto di arrivo ma, soprattutto, le parole “uguaglianza, progresso, tolleranza, universalità”, che sono state scelte di più nel primo riquadro, fanno anche da battistrada per il nostro viaggio che sta per avere inizio.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quale di queste parole – corrispondenza, identità, parità, somiglianza, affinità, equilibrio, o quale altra – mettereste per prima accanto al termine “uguaglianza”?...
Scrivetela, perché l’importanza che ha la Parola sulla strada che porta la persona a imparare a investire in intelligenza è fondamentale...
Le sette affermazioni significative su cui abbiamo riflettuto emergono nelle Opere delle pensatrici e dei pensatori dell’Illuminismo e naturalmente appaiono in filigrana anche nei testi dei racconti filosofici di Voltaire, in particolare in quello intitolato Candido, pubblicato nel 1759, del quale, al termine del viaggio scorso, abbiamo anche letto il finale in cui l’autore asserisce che il segreto della felicità sta nel “coltivare il proprio orto” e, con questa affermazione metaforica [da non considerarsi banale!] vuole proporre una filosofia pratica da esercitare con la Ragione che realizza i suoi obiettivi attraverso lo strumento fondamentale del linguaggio.
E ora, sempre nell’ambito della celebrazione del rituale della partenza, per “coltivare il nostro orto utilizzando una filosofia pratica”, cuciamo insieme due elementi: il nome allegorico di Candido e il fatto che dobbiamo partire da Napoli e, quindi, per attuare questa sintesi, utilizziamo l’opera di uno scrittore che ha usato la metafora di Candido soprattutto per allontanarsi da Napoli in modo da poter andare incontro al Mondo pur rimanendo profondamente legato alla sua città d’origine [sebbene, o proprio perché è una città che, allegoricamente, come lui ha scritto: “ferisce a morte”]: questo autore si chiama Raffaele La Capria [detto Dudù e, probabilmente, lo avete sentito nominare].
E allora, prima di conoscere meglio [nel prossimo itinerario] questo autore [morto nel giugno 2022 quasi centenario] diciamo che nel 2008 ha deciso di comporre un’antologia formata da quarantaquattro capitoli estratti dalle sue numerose opere narrative e saggistiche in modo da creare una sorta di autobiografia letteraria che ha intitolato Chiamiamolo Candido. Ora [anche come antifona al rituale della partenza che stiamo celebrando] leggiamo un brano tratto dal primo capitolo di questa antologia ripreso a sua volta da un’opera intitolata False partenze in cui La Capria spiega come l’esercizio della lettura e della scrittura possa essere un antidoto nei confronti della dittatura dell’ignoranza che favorisce l’insorgere e il perpetuarsi dei regimi dittatoriali che fanno credere ai loro sudditi che stanno vivendo “nel mondo migliore possibile”, ma questa è una falsità che la Letteratura si è sempre assunta il compito di smentire.
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In biblioteca potete richiedere Chiamiamolo Candido di Raffaele La Capria per leggerne quattro pagine al giorno, incuriositevi…
E ora leggiamo questo brano.
Raffaele La Capria, False partenze [brano inserito in Chiamiamolo Candido”]
Chiamiamolo Candido. Classe 1922. Nasce da una famiglia di media borghesia, in un ambiente di media cultura, in una città di media importanza: lui stesso di media intelligenza. Per una non trascurabile fatalità nasce con lui anche il fascismo. Nel 1938, in un clima del tutto irrazionale, pieno di urla e furore, Candido arriva all’età di ragione. È necessario insistere sulle deficienze della sua educazione? Retorica nelle piazze, frasi fatte sui muri, menzogne sui giornali eccetera. Al liceo (classico) nessun professore gli spiega Croce o Labriola. Quelli che parlavano chiaro sono stati messi a tacere da un pezzo, Candido non conosce nemmeno i loro nomi. Appartiene alla generazione senza maestri. E solo con molta fatica, dopo un cammino lungo e tortuoso, riesce a scoprire quei valori e quelle semplici verità che altri giovani, in paesi allora più liberi del nostro, imparavano direttamente sui banchi di scuola.
Con lo scoppio della guerra lo ritroviamo al primo anno d’università: l’iscrizione serve a rinviare la chiamata alle armi. Può rinviarla fino al 1943, e intanto riesce a fare alcune significative esperienze letterarie, e si rende conto di quanto sia importante saper leggere. … Lo abbiamo chiamato Candido con un po’ d’ironia e con una certa indulgenza perché lo stesso candore si ritrova nella maggior parte dei suoi coetanei, e sarebbe facile, con il senno di poi, giudicarlo con sufficienza o condannarlo. Nonostante l’ottimismo della propaganda, egli non credeva di vivere nel migliore dei mondi possibili; ma merita ugualmente il suo nome perché credeva, e aveva capito, che la Letteratura poteva essere la chiave per capire chi era e in che mondo viveva, e anche che avrebbe potuto farlo uscire dall’isolamento storico morale e culturale in cui si sentiva confinato; lui che era un ragazzo di buona volontà, un sedicenne nell’anno sedicesimo del fascismo …
... continua la lettura ...
La figura di Candido in cui l’autore del brano che abbiamo letto si identifica rimanda alle intellettuali e agli intellettuali settecenteschi convinti del fatto che la vera sfida del loro tempo [la sfida del secolo dei Lumi] è la lotta per contrastare l’ignoranza [la debolezza cognitiva]: tanto “l’ignoranza endemica” del popolo analfabeta quanto “l’ignoranza sclerotica” [data dalla rigidezza mentale] dei saccenti [di quegli eruditi intenti solo a difendere una posizione dogmatica e altolocata, quelli che nel 1994 Karl Popper ha chiamato “gli intellettuali mediatici apparenti” perché amano apparire piuttosto che essere dimenticando che «è saggio chi sa di sapere di non sapere».]. E la supremazia de “gli intellettuali mediatici apparenti” fa sì che, oggi, lo status di normalità a livello planetario è quello di lasciar correre in particolare tra la popolazione adulta il virus dell’analfabetismo [della debolezza cognitiva] per cui nel Mondo continua a dominare indisturbata la dittatura dell’ignoranza e l’ignorantocrazia [gli ignoranti al potere].
La persona saggia “sa di non sapere” [sa che deve coltivare la dotta ignoranza] e in questa affermazione [a detta di Socrate che parla attraverso Platone] è contenuto “il massimo grado di perfezione e di difficoltà”: di “perfezione” [téleios, in greco] perché la cosa migliore che la persona possa fare nella vita è quella di dedicarsi allo studio [per dare completezza alla propria vita, e per darle un significato], e “la difficoltà” [àpistia, in greco] sta nel trovare sulla propria strada delle maestre e dei maestri [come ha scritto don Milani] che “considerino le nozioni un mezzo e non un fine”.
Questa affermazione ci permette [nel momento in cui stiamo preparandoci per partire] di dire che nel corso del nostro viaggio noi avremo a che fare con molte nozioni, enumereremo molti dati, citeremo molte date, visiteremo molti luoghi, osserveremo molti paesaggi intellettuali, faremo conoscenza con molti personaggi, imbastiremo molti ragionamenti e rifletteremo su molti temi, ma - come dicono i manuali di tecnologia dell’Apprendimento - dei contenuti di un Percorso didattico [di un viaggio di studio], in media, oltre il 70% va disperso e all’incirca il 30% rimane in modo frammentato nella nostra mente, quindi, di questa conversazione solo tre oggetti su dieci rimangono nella mia mente [ma è già una buona acquisizione]: questo perché [come ben sapete, ma i rituali sono ripetitivi] l’obiettivo principale dell’Apprendimento cognitivo non è quello di immagazzinare nozioni [le nozioni sono importanti e dobbiamo ritenere quelle utili] ma l’obiettivo dell’Apprendimento consiste nell’esercitare la mente all’ascolto, alla selezione, alla catalogazione, alla penetrazione in profondità [con “lo spirito di finezza”, come afferma Pascal] perché «il compito della Scuola consiste nel favorire la formazione di una testa ben fatta piuttosto che di una testa ben piena».
REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il materiale riguardante tutta l’attività didattica messa in atto in questo Percorso lo si trova contenuto su due siti: www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net…
Sui siti trovate il testo integrale della Lezione e potete ascoltare la registrazione della Lezione stessa; c’è inoltre una pagina facebook intitolata “a scuola con Giuseppe”...
Questi strumenti sono utili per favorire l’attività di studio, utilizzateli...
E ora non ci resta che partire, e da dove inizia il nostro cammino lo abbiamo anticipato già a maggio: siamo a Napoli e, dal viaggio dello scorso anno, sappiamo che questa città è stata una delle grandi capitali del ‘700, e a Napoli, nel febbraio scorso [dopo averlo prima incontrato a cena dal barone d’Holbach] abbiamo fatto conoscenza con quel prolifico e straordinario creatore di invenzioni che è Raimondo di Sangro principe di Sansevero e con Carlo III di Borbone che ha ben governato la città; nel prossimo itinerario, incontreremo un’altra figura [contemporanea ai due personaggi che abbiamo citato] che ha contribuito alla fama settecentesca della città partenopea: si chiama Giambattista Vico e quando ha composto la sua biografia ha scritto: «Ho raccontato [scrive Vico] la mia vita non come uno storico ma come se fossi un filosofo sul modello tanto del Discorso del metodo di Cartesio quanto seguendo la mia memoria immaginativa». Che cosa significa?
Ce lo facciamo spiegare, per concludere, da Raffaele La Capria che nella sua antologia biografica intitola Chiamiamolo Candido riporta, come introduzione, un capitolo tratto dal saggio Lo stile dell’anatra, dove descrive il concetto di “memoria immaginativa” sia in riferimento a se stesso, sia indirettamente a Giambattista Vico e sia in relazione a ciascuna e ciascuno di noi perché “la memoria immaginativa” è un fenomeno che riguarda ogni persona e, in proposito, esiste un luogo molto amato nel quale la memoria immaginativa ha preso forma nella mente della persona condizionandone il modo di pensare.
Raffaele La Capria, Lo stile dell’anatra [brano introduttivo in “Chiamiamolo Candido”]
A Palazzo donn’Anna [con una guida di Napoli e navigando in rete andate a osservare e a leggere la storia di questo straordinario monumento partenopeo...] che sorge sul mare di Posillipo ho trascorso gli anni dell’infanzia e della mia prima giovinezza. Sembra fatto di sughero, lo stesso con cui si fanno i presepi. La pietra di tufo con cui è costruito, corrosa dal mare, dal vento e dal salmastro, le grotte, le nicchie, le finestre e i grandi archi della facciata aperti sul golfo danno a questa grande dimora secentesca ora l’aspetto di romantica rovina, ora di cosa naturale, scoglio rupe o promontorio, ora di forma architettonica con il movimento e la vita del sontuoso barocco napoletano. E fu un grande architetto, il Fanzago, il suo ideatore e costruttore. In questo palazzo ho vissuto la parte formativa della mia vita, quella che mi ha reso quale oggi sono, tutte le mie esperienze, le prime e quelle successive, sono nate lì. Lo conosco fin nelle viscere, in ogni più recondito meandro, anche se ancora oggi in qualche aspetto mi resta misterioso. I suoi segreti non mi interessano più, ma segreti io credo ne custodisca, e qualcuno ho tentato di decifrarlo nei libri che ho scritto.
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Per tutte e per tutti noi esiste un luogo che abbiamo amato che genera la nostra memoria immaginativa che diventa una forza creativa che si agita in noi.
Tra quindici giorni vedremo che ruolo gioca la memoria immaginativa all’interno del romanzo più celebre che Raffaele La Capria ha composto: di che cosa parla e chi è Raffaele La Capria? Ma, soprattutto, ci occuperemo di come nella mente di Giambattista Vico - il personaggio che da Napoli ci aiuterà a prendere il passo sul territorio del secolo dei Lumi - il fenomeno della “memoria immaginativa” è diventato un vero e proprio concetto filosofico su cui riflettere in partenza.
Ebbene, nel momento in cui si conclude la celebrazione del ripetitivo ma necessario “rituale della partenza” bisogna procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé, consapevoli che - dal primo passo che facciamo [in questo straordinario viaggio che è la vita] - noi non dobbiamo mai perdere la volontà d’imparare anche quando, a volte, il cammino si fa faticoso e la strada è impervia. Ma voi sapete che, quando il cammino si fa faticoso e la strada diventa impervia, proprio allora i panorami che il Percorso ci offre risultano più belli, e la loro visione sollecita la ragione a farsi illuminare dall’intelletto in modo che si possa percorrere la via dell’Apprendimento permanente con la necessaria consapevolezza tanto dei nostri limiti quanto delle nostre competenze.
E, per promuovere un tirocinio di Apprendistato cognitivo, la Scuola è qui e il nostro vagabondaggio intellettuale [come dicevano le viaggiatrici e i viaggiatori del XVIII secolo] sta per iniziare, e deve iniziare con un augurio: l’augurio di un buon viaggio di studio a tutte e a tutti voi!...