ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
Un secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi
22-23-24 novembre e 1° dicembre 2023
SUL TERRITORIO DEL SECOLO DEI LUMI
SI SVILUPPA L’IDEA DI DOVER SFUGGIRE AL DEGRADO
IMPOSTO DALL’INCIVILIMENTO …
Questo è il quarto itinerario del nostro secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi e questa sera, come ricorderete, abbiamo appuntamento con Jean Jacques Rousseau E dove lo possiamo incontrare Rousseau negli ultimi mesi [novembre, dicembre] dell’anno 1744? Lo possiamo incontrare a Parigi nel quartiere de Les Halles al Panier fleuri, la trattoria [e siamo diventate e diventati clienti anche noi di questa locanda] dove mangia spesso [quasi sempre il lunedì a pranzo quando il piatto del giorno è rognone di vitello con le cipolle] insieme a Diderot, d’Alembert, Le Breton e Condillac: i cinque discutono talmente animatamente che, intorno al loro tavolo, si forma un pubblico di ascoltatrici e ascoltatori i quali si divertono moltissimo a sentirli parlare e a vederli litigare [e, in realtà, si divertono a recitare teatralmente la loro parte: amano avere un pubblico che li guarda e che li ascolta!]. E quali sono le idee che sostiene Jean Jacques Rousseau a questo tavolo? [vi ricordo che del pensiero di Diderot, d’Alembert, Le Breton e Condillac che mangiano allo stesso tavolo di Rousseau ce ne siamo già occupate e occupati nel viaggio dello scorso anno].
Jean Jacques Rousseau - mentre pranza al Panier fleuri insieme a Diderot, d’Alembert, Le Breton e Condillac – sostiene, contrariamente ai suoi interlocutori, che la ragione ha un ruolo importante perché fa capire alla persona che è il sentimento a prevalere in lei piuttosto che l’intelletto: l’essenza della persona, sostiene Rousseau, è sentimentale prima che intellettuale. Che cos’è il sentimento per Rousseau?
Per Rousseau «il sentimento è un impulso spontaneo che rende la persona naturalmente buona, e i mali attuali che affliggono l’umanità - gli egoismi, le passioni, la distinzione in ricchi e poveri, in deboli e potenti, sfruttati e sfruttatori - derivano tutti dalla degenerazione che la persona ha subito da quando si è allontanata dal sentimento originario che è “lo stato di natura” proprio dell’Umanità.».
L’allontanamento dal sentimento originario, scrive Rousseau, ha prodotto la nascita della cosiddetta “società civile” e questo fatto ha causato il deterioramento della condizione umana; infatti, l’incivilimento, dato dallo scriteriato sviluppo economico e sociale, comporta la moltiplicazione dei bisogni inutili a scapito di quelli necessari ed essenziali e ciò produce uno scontro nefasto tra gli individui che vogliono disporre di sempre nuove ricchezze. Quindi, l’incivilimento, scrive Rousseau, comporta la moltiplicazione di inutili convenzioni [accordi, intese, norme] che servono solo a sancire il trionfo dell’ipocrisia perché, in realtà [e il corso della Storia lo dimostra, scrive Rousseau] queste inveterate consuetudini sono servite solo per far approfondire l’abisso scavato tra i ricchi e i poveri. Scrive Rousseau: «non è vero che l’incivilimento offre condizioni migliori a tutti; il numero dei ricchi aumenta di pochissimo con l’aggravante che diventano sempre più ricchi, mentre il numero dei poveri aumenta a dismisura con l’aggravante che diventano sempre più poveri e, per capire questo, basta guardarsi intorno, basta navigare a vista nella società civilizzata!». La civilizzazione porta con sé, scrive Rousseau, “il fenomeno della divisione del lavoro” e, di conseguenza, la riduzione dell’individuo a semplice ingranaggio di un enorme meccanismo che diventa sempre di più incontrollabile, e questo fenomeno produce la piaga terribile dell’urbanesimo: il concentramento di una massa di individui nelle città, che diventano, per mancanza di servizi , centri di corruzione fisica e morale.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Sulla scia di questi ragionamenti di Rousseau qual è, secondo voi, il male più grave che ha prodotto lo sviluppo sociale ed economico?…
Scrivete quattro righe in proposito…
E che cosa propone Rousseau perché la persona possa sfuggire al degrado imposto dell’incivilimento?
Rousseau - perché la persona possa sfuggire al degrado imposto dell’incivilimento - ritiene sia necessario organizzare “spazi di confronto e di riflessione” dove gli individui ripensino il loro ruolo sociale e si riapproprino del sentimento originario, in quanto, solo il ritorno al sentimento originario, solo la volontà di risalire allo stato di natura può assicurare la felicità al genere umano.
Naturalmente anche lui [mentre discute animatamente al tavolo del Panier freuri con i suoi interlocutori] si rende conto di quanto la sua proposta [di organizzare “spazi di confronto e di riflessione” dove il popolo possa meditare e ragionare sulla condizione umana] presenti concretamente molte difficoltà di realizzazione [il popolo - vittima del sistema di distrazione di massa - non è preparato a sostenere un ragionamento progressivo] e, anche per questo motivo, Rousseau decide di dover essere almeno per il momento più teorico, di smussare la sua intransigenza e di non mantenersi rigido nel definire il concetto di Natura.
Infatti, in un primo momento, secondo lui, il concetto di Natura doveva equivalere a “qualcosa di primitivo” e, quindi, per “ritornare alla Natura” intendeva fosse necessario esortare la persona affinché, facendo appello alla propria volontà, potesse risalire al proprio “sentimento istintivo e immediato” e al proprio “stato di beata innocenza” che in teoria caratterizzava l’esistenza dell’essere umano alle sue origini. Ma Rousseau - consapevole che non basta far appello alla volontà senza il supporto dello studio - non è proprio convinto delle sue affermazioni [pungolato anche dalle osservazioni critiche dei suoi interlocutori]. Difatti, via via che riflette, si rende conto che non è utile annullare tutto il progresso, e si domanda quale aspetto del progresso umano sia utile, e conclude affermando che, senza dubbio, l’espressione migliore della civiltà è data dall’evoluzione del fenomeno della Cultura e, quindi, per instaurare i valori della Natura nella società, perché si possa coltivare il sentimento originario, è necessario potenziare lo sviluppo colturale. Senza innescare un processo educativo, afferma Rousseau, non potrà mai esserci una crescita umana qualitativa che possa favorire, in modo virtuoso, lo sviluppo civile ed economico del genere umano. Il processo educativo deve servire, scrive Rousseau, a creare un equilibrato legame tra la Natura e la Cultura perché se la Cultura soverchia la Natura svilisce il ruolo dei sentimenti a scapito della conoscenza perché, in prima istanza, la Natura si coglie sentimentalmente [un temporale, per esempio, e qualunque altro fenomeno naturale, mobilita in primo luogo i sentimenti poi entra in gioco l’intelletto, e così quando, sul piano della natura umana, incontriamo una persona il sistema della conoscenza - afferma Rousseau - è influenzato dai sentimenti che c’ispira].
Rousseau vuole affermare che la relazione tra la Natura [materia e sentimento] e la Cultura [spirito ed intelletto] deve mettere sia la persona che la società nella condizione di potersi liberare di tutto quello che c’è di artificioso e di meccanico nel sistema che si è venuto a creare, in modo che possa essere valorizzato ciò che c’è nella realtà di spiritualmente positivo. E, di conseguenza, afferma Rousseau,, la società civile ha bisogno di un progetto educativo di carattere “naturale” cioè di un programma istruttivo ed edificante che possa donare alla persona quella “freschezza di energie sentimentali” che il sistema corrotto e ingiusto creato dalla civilizzazione selvaggia - che ha lottizzato la Natura e svilito la Cultura - ha fatto appassire. Quando Rousseau parla dell’acquisizione di “energie sentimentali” intende dire che la persona deve imparare a curare e a gestire gli affetti, le emozioni, la sensibilità, la tenerezza, la passione perché l’essenza [la natura] della persona è sentimentale prima che razionale.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Scegliete una di queste “energie sentimentali” come le chiama Rousseau - l’affetto, l’emozione, la sensibilità, la tenerezza, la passione - e comunicate, scrivendo quattro righe in proposito, in quale situazione si è potuta sprigionare questa energia [che va gestita bene]...
Queste che abbiamo enunciato sono le idee di Rousseau che lui manifesta [con irruenza perché è un personaggio scomodo, e non è facile andare d’accordo con lui] al tavolo del Panier flueri e che, via via, mette per iscritto nei testi delle sue opere.
Rousseau si trova perfettamente a suo agio nell’ambiente dell’Illuminismo anche se la sua riflessione - critica nei confronti dell’intelletto razionale in nome della valorizzazione dell’intelletto sentimentale - lo porta su una strada [che, per ora, è solo un sentiero] che si dirige oltre l’Illuminismo stesso. E il suo intento è quello di far sì che la persona impari a operare una sintesi di pensiero in modo che possa coltivare il proprio intelletto sul piano razionale giovandosi del valore predominante che possiede l’elemento sentimentale. E ora, dopo aver messo in evidenza le idee di fondo del pensiero di questo personaggio, prima di scendere sul terreno dell’analisi, dobbiamo domandarci chi è Rousseau perché della sua vita non sappiamo ancora nulla: chi è Jean Jacques Rousseau?
Della vita di Jean Jacques Rousseau si conoscono molte cose, perfino troppe, perché anche lui ha creduto opportuno scrivere la propria biografia, e [come voi sapete] il secolo dei Lumi si caratterizza per essere un periodo fecondo per il genere letterario autobiografico, e questo avviene perché la modernità si è aperta con una riflessione sul “tema della condizione umana” che non può non contenere una componente di natura “autobiografica”. Rousseau ha dato il titolo di Le confessioni alla sua autobiografia, il cui testo, da principio [dal 1771-1772], inizia a circolare manoscritto [come molti altri Scritti di questo periodo in quanto la penna è ancora lo strumento tecnologico più utilizzato] perché contiene molti giudizi “impertinenti” sui personaggi del momento. Quest’opera viene pubblicata in volume dopo la sua morte e riscuote un immediato successo anche perché lo stile del testo di Le confessioni è quello del genere letterario del romanzo sia di carattere introspettivo che di valenza esteriore: un romanzo avvincente anche se non sappiamo se tutto ciò che l’autore racconta sia vero, ma questo particolare [e quando si racconta è facile debordare sul terreno della fantasia] fa aumentare il fascino di quest’opera. Noi ora, a scanso di equivoci [e anche per motivi di spazio e di tempo], ci occupiamo della biografia di Rousseau prendendo in considerazione i dati certi accreditati dalla ricerca, tenendo conto che ci troviamo di fronte a un personaggio particolarmente anticonformista che però ha seguito, per quanto riguarda la scrittura, la direttiva di d’Alembert: «Quando si scrive in chiave autobiografica [afferma d’Alembert] entra in gioco la memoria, regola il passo la ragione e poi ci mette sempre lo zampino anche, irrefrenabile, l’immaginazione». In più Rousseau, nello scrivere la sua biografia, alla memoria, alla ragione e all’immaginazione, ha aggiunto il sentimento, e la citazione colta, attingendo al patrimonio dei Classici. La Scuola non può esimersi dal proporre la lettura de Le confessioni di Rousseau, una delle autobiografie più riuscite della Storia della Letteratura: un’opera che - mediante una forma di “scrittura definita avvolgente” [che mira, quindi, a coinvolgere chi legge in quanto l’autore è abilissimo a solleticare la curiosità della lettrice e del lettore] - riunisce in sé la riflessione introspettiva sui temi della condizione umana, la narrazione delle più intime esperienze sentimentali e il racconto dettagliato [spesso supportato dall’immaginazione] dei fatti accaduti.
Le pagine più interessanti [e picaresche] sono quelle in cui l’autore, oltre alla sua esperienza esistenziale, racconta l’umile vita della variopinta umanità che lui ha incontrato durante i lunghi, “incantati” e avventurosi viaggi a piedi sulle sterrate strade del ‘700 attraversando le campagne svizzere, francesi, italiane, e poi quelle pagine in cui deve vagabondare - con animo inquieto e curioso - alla ricerca di un pasto a credito o di un lavoro per le strade di Torino o di Lione. E pagine altrettanto interessanti sono quelle in cui, una volta raggiunta la celebrità, non ha voluto caparbiamente far parte della gerarchia dei potenti, con i quali è entrato in contatto, affermando, e cercando di dimostrare che una simile graduatoria non ha un valore spirituale superiore a quello delle classi delle persone più umili.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In biblioteca potete richiedere il volume de Le confessioni di Jean Jacques Rousseau in modo da poterne osservare la forma: quest’opera, che Rousseau ha iniziato a scrivere nel 1765, è suddivisa in due parti che, a loro volta, contengono sei Libri ciascuna e il volume è corredato di un ampio apparato di Note che completano la comprensione del testo, un testo che porta chi legge a viaggiare sul territorio interiore dell’autore e su quello naturale, urbano e umano del secolo dei Lumi... È bene utilizzare il metodo del LEGERE MULTUM [quattro pagine al giorno consumate con costanza e con attenzione...] in relazione al fatto che nell’epoca dei Lumi si viaggia con lentezza, a piedi, sulle sterrate vie del Mondo...
E ora leggiamo il testo emblematico dell’incipit [che in realtà è un epilogo] de Le confessioni di Rousseau che viene introdotto da una citazione classica - «Intus et in cute» - tratta dalle Satire [dalla “Satira III”] di Persio [autore latino nato a Volterra nel 34 che - come ricorderete dal viaggio dello scorso anno - piace anche a Voltaire]. Rousseau vuole mettere in evidenza come “l’interiorità [intus] e la sensazione [in cute]” siano entrambe necessarie per alimentare lo spirito e la prassi autobiografica.
Jean Jacques Rousseau, Le confessioni
Intus et in cute [«Interiormente e dentro la pelle», Persio, Satire, III]
1. Mi accingo a un’impresa che non ebbe mai esempio e la cui esecuzione non avrà imitatori. Voglio mostrare ai miei simili un essere umano in tutta la verità della natura; e questa persona sarò io.
2. Io solo. Sento il mio cuore e conosco gli umani. Non sono fatto come nessuno di quanti ho conosciuto; oso credere che non sono fatto come nessuno di quanti esistono. Se non valgo di più, almeno sono diverso. Si potrà giudicare se la natura abbia fatto bene o male a spezzare lo stampo nel quale mi ha foggiato soltanto dopo avermi letto.
3. La tromba del giudizio ultimo suoni pure quando vuole; andrò a presentarmi davanti al giudice sovrano con questo Libro tra le mani. Dirò a voce alta: «Questo è quanto ho fatto, quanto ho pensato, ciò che io fui. Ho detto il bene e il male con la stessa franchezza. Non ho nulla taciuto di cattivo, nulla ho aggiunto di buono e, se mi è accaduto di usare qualche ornamento irrilevante, l’ho fatto solo per colmare un vuoto cagionato dalla mia mancanza di memoria; ho potuto supporre vero quanto sapevo che avrebbe potuto esserlo, mai quanto sapevo essere falso. Mi son mostrato quale io fui, spregevole e vile quando lo sono stato, buono generoso sublime quando lo sono stato: ho svelato il mio intimo come Tu stesso lo hai visto. Essere eterno, raduna intorno a me l’innumerevole schiera dei miei simili: ascoltino essi le mie confessioni, gemano delle mie indegnità, arrossiscano delle mie miserie. Ciascuno d’essi scopra a sua volta il proprio cuore ai piedi del Tuo trono con la stessa sincerità; e poi uno solo osi dirti: io fui migliore di quella persona». …
E allora, dopo aver letto l’incipit emblematico della sua autobiografia [in quanto scrive per affrontare preparato il Giudizio Universale], rievochiamo, a grandi linee, gli avvenimenti salienti della sua vita molto movimentata.
Jean Jacques Rousseau nasce a Ginevra il 28 giugno 1712 in una famiglia di modeste condizioni e di fede calvinista; ha un fratello maggiore di sette anni, François, di cui non si sa quasi nulla. La nascita di Jean Jacques coincide con la morte [il 7 luglio, per una complicazione legata al parto] di sua madre Suzanne Bernard. Scrive Rousseau ne Le confession:«Costai la vita a mia madre, una donna dai talenti splendidi per la sua condizione, e la mia nascita fu la prima delle mie sciagure. Non ho mai saputo come mio padre sopportò quella perdita, ma so che non se ne consolò mai». Il padre, Isaac [1672-1747], fa l’orologiaio [è stato anche - prima che Jean Jacques nascesse - a Costantinopoli a lavorare nell’orologeria del Sultano] ed è una persona provvista di una certa cultura [fa anche il maestro di danza]; possiede inoltre un carattere affettuoso e si prende cura dell’educazione di Jean Jacques durante i suoi primi dieci anni di vita: dopo avergli insegnato a leggere [«l’amore per la lettura»], a scrivere [«il gusto dell’uso della scrittura»], a far di conto [«a giocare con le meraviglie dei numeri»] e a scrivere la musica [«che mi ha sempre dato da vivere»], fa sì che Jean Jacques si formi sulle opere di Bossuet, di Fontenelle, di La Bruyère, di Molière e, soprattutto, di Plutarco di Cheronea [«“Gli opuscoli” di Plutarco sono stati la mia lettura preferita dalla quale ho appreso molto», scrive Rousseau]. Nel 1722 suo padre, per una causa di lavoro, litiga con un aristocratico e, siccome viene minacciato, è costretto a fuggire da Ginevra, per cui affida Jean Jacques al fratello della madre, lo zio Gabriel Bernard, e di conseguenza con suo padre, emigrato e nascosto nella cittadina svizzera di Nyon, avrà, d’ora in avanti, solo rapporti sporadici.
Lo zio lo fa studiare presso il pastore calvinista Lambercier, del quale Rousseau ha conservato un buon ricordo, mentre con la figlia del pastore ha avuto un pessimo rapporto. Nel 1724 Jean Jacques - dopo una breve esperienza come praticante presso il cancelliere di tribunale Masseron [ma non è portato per questo lavoro] - trova un posto come apprendista nella bottega dell’incisore Abel Du Commun dove rimane fino a sedici anni. Ma nel 1728, nonostante abbia dimostrato di avere una certa attitudine per quest’arte, abbandona Ginevra e inizia una vita di vagabondaggio [e qui bisogna leggere Le confessioni per seguirlo sulle vie del secolo dei Lumi] finché capita ad Annecy, in Savoia, dove, con la mediazione di un parroco che lo ospita, entra in contatto con Madame de Warens [Françoise-Louise Éléonore de la Tour du Pil baronessa de Warens, 1699-1762] - che Jean Jacques nel testo di Le confessioni chiama “maman” [anche se Éléonore ha solo tredici anni più di lui] - la quale [personaggio piuttosto controverso] vive, dopo aver fatto annullare il suo matrimonio con il barone di Warens, del quale conserva il titolo, nella tenuta di Les Charmettes, in una grande casa con parco, a poca distanza dalla città francese di Chambéry.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Dal 1810 [per volere del proprietario George Marie Raymond] la tenuta di Les Charmettes è stata aperta al pubblico e la casa è stata trasformata in Museo dedicato alla memoria di Madame de Warens e di Jean Jacques Rousseau... Dal 1905 questo luogo storico è di proprietà del comune di Chambéry e lo potete visitare con una guida della Francia e navigando in rete...
Madame de Warens dal calvinismo si è convertita al cattolicesimo e opera [ricevendo da Roma anche dei finanziamenti in proposito e un appannaggio da casa Savoia] per diffondere la fede cattolica in quest’area di confine tra la Francia cattolica e la Svizzera calvinista.
Jean Jacques con Madame de Warens instaura subito un buon legame affettivo di carattere filiale, e lei nel 1728 lo manda a Torino presso il collegio dell’Ospizio dello Spirito Santo a fare un corso da catecumeno perché si converta al cattolicesimo: lui accetta controvoglia ma si fa battezzare come cattolico [c’è da dire che a Torino - dove dopo il battesimo alloggia presso la famiglia Govone - ne combina parecchie e qui, in proposito, bisogna leggere Le confessioni].
Jean Jacques è un ragazzo molto irrequieto che ama viaggiare ed esercitare numerosi mestieri oltre a quello [che gli ha sempre dato da vivere] del maestro e del copista di musica, inoltre non smette mai di leggere e di studiare [frequentando i luoghi di coltura nei quali s’imbatte] seguendo la sua spiccata curiosità e, dopo aver lasciato Torino, prima di tornare dalla sua benefattrice passa da Nyon a trovare suo padre che si è risposato, poi visita Frigurgo, Losanna, Vevey, Neuchâtel, Boudry, dove incontra un sedicente archimandrita della chiesa ortodossa greca al quale fa da interprete accompagnandolo a Berna e a Soletta dove si accorge che costui è un finto monaco, è un impostore.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Viaggiando sull’Atlante e navigando in rete potete ripercorrere i vagabondaggi del giovane Rousseau e potete visitare le città che ha toccato e di cui parla nel testo de Le confessioni...
Quando Jean Jacques [ormai cresciuto] torna da Madame de Warens succede che il loro rapporto, da filiale, si trasforma in un’intensa relazione amorosa [«...era come se avessi commesso un incesto», scrive Rousseau ne Le confessioni]. Jean Jacques, nella tenuta di Les Charmettes, trova per qualche anno un po’ di quiete e si dedica con impegno a perfezionare la sua formazione, studia la Logica di Port-Royal, le opere di Cartesio, di Leibniz, di Loche, di Malebranche, e si esercita in geometria, in latino, in storia, in geografia, in astronomia.
La relazione tra Jean Jacques e Madame de Warens via via si affievolisce [nascono dissapori] e dura fino al 1738, fin quando, dopo essere tornato da un viaggio a Montepellier [dove va a farsi visitare da un cardiologo, e dove intraprende una breve e intensa relazione amorosa con Madame de Larnage che ha conosciuto durante il viaggio], al ritorno scopre che Éléonore si è trovata un nuovo giovane favorito: tuttavia Jean Jacques non si scompone e rimane a Les Charmettes fino al 1740 quando si allontana definitivamente da Madame de Warens e parte per Lione dove trova lavoro come precettore dei figli di un magistrato, e scrive la sua prima opera Il progetto per l’educazione di Madame de Sainte-Marie.
Nel 1742 decide di trasferirsi a Parigi dove, per guadagnarsi da vivere, fa il copista di musica [progetta e mette in atto anche un nuovo sistema di trascrizione musicale e comincia a comporre come musicista]. Poi viene assunto come valletto [che è un posto ambito] al servizio dell’ambasciatore francese a Venezia [il conte Montaigu], e lo segue nella città lagunare ma, giunti a Venezia, litiga con il suo datore di lavoro [sull’atteggiamento più severo che dovrebbe tenere nei confronti della poco democratica Repubblica Veneta] e, rotto il contratto, se ne torna a Parigi, dove, nel 1744, al Panier fleuri, incontra Condillac, Diderot, d’Alembert, Le Breton e, come sappiamo, fa gruppo con loro.
Ma al Panier fleuri fa anche conoscenza con Thérèse [Marie-Thérèse Le Vasseur, 1721-1801], una ragazza, nata a Orléans, che sta svolgendo in questa locanda uno dei suoi numerosi lavori, quello di cameriera oltre a quello di sarta, di lavandaia, di donna delle pulizie [Thérèse proviene da una famiglia modesta ma non povera, il fatto è che lei vuole vivere in modo indipendente mantenendosi con il proprio lavoro e si dà da fare].Thérèse Le Vasseur [o Levasseur] diventa, dal 1744 fino alla morte di Jean Jacques nel 1778, la compagna di vita di Rousseau [e sul rapporto tra Thérèse e Jean Jacques molto è stato detto e moltissimo è stato scritto]. Lui ha sempre ostentato pubblicamente con orgoglio [facendo insospettire le studiose e gli studiosi] il fatto di avere una relazione con questa donna “proletaria”: questo termine si addice a Thérèse nel vero senso della parola, per il fatto che avrebbe partorito cinque figli [almeno così sembra perché la documentazione è piuttosto scarsa] che ufficialmente sarebbero creature concepite nel corso della sua convivenza con Jean Jacques il quale, paradossalmente, si vanta [e lo scrive con atteggiamento provocatorio] di essersi sempre coerentemente disinteressato di questi bambini, anzi, ribadisce di essersi interessato solo del loro collocamento presso lo Spedale degli Innocenti di Parigi.
Non si sa come sia andata veramente questa faccenda: si hanno poche notizie riguardanti questi bambini [senza documenti] e il loro numero [sono cinque, sono tre, è uno, non sono mai esistiti?]. E poi tutti gli studi su Rousseau, specialmente quelli pubblicati nell’ultimo mezzo secolo, riportano un dato che fa riflettere sulla fertilità di Jean Jacques perché è stato accertato che la malattia più grave che lo affligge riguarda una ben precisata affezione alle vie urinarie [la stènosi, la chiusura dell’uretra] che sarebbe insorta quando da bambino, nella casa del pastore Lambercier [al quale, come sapete, era stato affidato dallo zio] sarebbe stato violentato, psicologicamente e soprattutto fisicamente, dalla figlia del pastore [una ragazza un po’ disturbata] e questa violenza gli avrebbe procurato l’impotenza e, di conseguenza, come avrebbe fatto Jean Jacques a fecondare Thérèse? Su questo argomento preferisce sorvolare [probabilmente si vergogna per la sua menomazione] e, con la complicità di Thérèse, ritiene di dover raccontare un’altra storia.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Ancora una volta si può puntare l’attenzione sul testo de Le confessioni in cui Rousseau scrive molte pagine sulla sua relazione con Thérèse, che dura più di trent’anni: è una cronaca veritiera quella che riporta oppure ha voluto comporre un romanzo, che è un genere letterario in cui l’immaginario gioca sempre un ruolo notevole?... Sta di fatto che - in sede editoriale, a più riprese - dal volume de Le confessioni sono state estrapolate e raggruppate in volume autonomo le pagine che danno forma al romanzo che racconta la Storia d’amore tra Jean Jacques e Thérèse: un romanzo che però merita di essere letto facendo scorrere le pagine de Le confessioni di Rousseau nella loro interezza…
Nel 1744, come sappiamo, Rousseau entra in contatto con Condillac, Diderot, d’Alembert, Le Bareton, il barone Grimm, Madame d’Epinay, che è l’amante del barone Grimm.
Nel 1744 Rousseau inizia anche a frequentare la casa del barone d’Holbach, e nel settembre del 1745, proprio nel salone del palazzo del barone, mette in scena una sua opera lirica [della quale scrive testo e musica] intitolata Le muse galanti, che poi allestisce anche in altri palazzi parigini [una settimana dopo, per esempio, quest’opera viene replicata in casa di Monsieur de la Poplinière]. Rousseau, che è stato educato nell’arte musicale fin da bambino da suo padre, si è guadagnato da vivere per la maggior parte della sua vita facendo il copista di musica ed è stato un discreto compositore e le opere che ha composto [se ne conoscono sette] appartengono al genere dell’opéra-ballet: uno stile caratterizzato dall’alternarsi di parti cantate, parti recitate e numeri danzati.
Le muse galanti è un’opera formata da un prologo [in cui sono protagoniste le Muse e le Grazie] e da tre atti dedicati ciascuno a un poeta: il primo atto è dedicato a Esiodo [inizialmente era dedicato a Tasso ma la censura - che considera la poesia di Torquato Tasso troppo erotica - ha obbligato Rousseau a cambiare personaggio e quindi lui ha dovuto ripiegare su Esiodo] e la musica di questo atto ha un carattere “drammatico, elevato e forte”; il secondo atto è dedicato a Ovidio e la musica ha un carattere sentimentale ed esprime tenerezza e affetto [sulla figura di Ovidio i censori non hanno avuto nulla da obiettare dimostrando tutta la loro ignoranza perché se c’è una poesia erotica è proprio quella di Ovidio ma si vede che “l’erotismo pagano e antico” di Ovidio non era considerato riprovevole come quello “cristiano e moderno” di Tasso]; il terzo atto è dedicato ad Anacreonte [e ciò che abbiamo detto per Ovidio vale anche per Anacreonte perché, avendo questo celebre poeta del VI secolo a.C. cantato nelle sue Odi il culto di Dioniso in chiave edonistica, meritava certamente di essere censurato, ma i comportamenti dei censori sono spesso incoerenti] e nella musica di questo atto Rousseau esprime la gaiezza “ditirambica” della lirica corale greca. Purtroppo di questa composizione ci è pervenuto solo il primo atto dedicato a Esiodo, il resto dell’opera è andato perduto.
Ma la composizione migliore e più nota di Rousseau s’intitola L’indovino del villaggio composta nel 1752 [la prima rappresentazione, il 18 ottobre 1752, è avvenuta nel Castello di Fontainebleau al cospetto di Luigi XV e di Madame Pompadour e al termine il re ha ordinato a Rousseau di presentarsi a corte il giorno successivo perché lo avrebbe nominato “poeta di corte”, ma lui non si è presentato]. L’indovino del villaggio è un intermezzo-buffo in un atto con tre personaggi: Colette, la ragazza protagonista [un soprano], Colin, l’amante da cui è stata abbandonata [un tenore] e l’indovino [un basso buffo o un baritono]. La trama è semplice: Colette, nell’aria iniziale, canta il suo rammarico per essere stata abbandonata da Colin e si affida all’indovino, il quale, in quando grande conoscitore dei sentimenti umani e abile nell’uso dell’intelletto sentimentale [e qui Rousseau mette in musica un concetto del suo pensiero filosofico, che conoscete], con un espediente - basato su “la ragione sentimentale” - riesce a far riunire i due amanti. La cosa più significativa che si deve mettere in evidenza è che Rousseau è stato influenzato nella composizione di quest’opera dal grande successo che ha avuto a Parigi, nel gennaio del 1752, la riedizione de La serva padrona [intermezzo-buffo in un atto del 1733] di Giovanni Battista Pergolesi [straordinario autore che abbiamo incontrato nel viaggio dello scorso anno] e poi si deve anche mettere in evidenza che L’indovino del villaggio ha ispirato il primo singspiel [recita-cantata dalla trama simile] musicato da Wolfgang Amadeus Mozart nel 1768 intitolato Bastiano e Bastiana.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
L’intermezzo-buffo L’indovino del villaggio di Rousseau è un’opera che non si può ascoltare facilmente, mentre per quanto riguarda Bastiano e Bastiana di Mozart l’ascolto [dopo esservi meglio informate e informati su questa composizione] è garantito da molte registrazioni accessibili anche navigando in rete... Incuriositevi...
Rousseau ha un ruolo modesto come compositore mentre come “esperto in campo musicale” ha dato un contributo a quest’arte così, come filosofo, ha lasciato un segno evidente nella Storia del Pensiero Umano, ma procediamo con ordine.
Nel 1749 Rousseau, per la sua competenza in campo musicale, riceve l’incarico da Diderot e d’Alembert di redigere per l’Encyclopédie le definizioni [ne scrive ben centottanta] riguardanti il termine “musica”, e poi viene invitato a definire la voce “economia politica”: in proposito, scrive un trattato, ma con tutti gli enciclopedisti Rousseau ritiene di dover polemizzare, e critica aspramente il modo in cui viene condotta questa imponente impresa intellettuale ed editoriale: non è facile andare d’accordo con lui che obietta su tutto pur essendo dotato di uno spirito propositivo.
Nel 1750 l’Accademia di Digione, che ha indetto un concorso sul tema “Il progresso delle scienze e delle arti ha contribuito a migliorare i costumi?”, gli assegna il primo premio per il provocatorio Discorso sulle scienze e le arti nel quale Rousseau sostiene che il progresso scientifico, così come è stato concepito, non ha aumentato la felicità delle persone ma ha incrementato la corruzione in ogni epoca e ha indebolito la virtù umana perché il progresso materiale non comporta un miglioramento morale. Il progresso della scienza e dell’arte [scrive Rousseau] ha avuto una ricaduta solo sulla vita raffinata e lussuosa delle classi privilegiate, e il lusso conduce alla ricerca egoistica del vantaggio personale e al disinteresse per il bene comune.
Rousseau [con un ragionamento che porta inevitabilmente a fare una riflessione critica su questo tema tipico del secolo dei Lumi] ribadisce l’idea che la scienza e la cultura hanno assunto un’impronta negativa nella Storia dell’Umanità perché l’apparato scientifico e quello culturale sono nati dall’orgoglio umano [non dal sentimento di solidarietà] e si sono sviluppati mediante l’uso dell’astuzia della ragione che ha soffocato la benevolenza, per cui “scienza e cultura così gestite” non servono, scrive Rousseau, per una crescita armonica della società ma solo a mascherare l’oppressione dell’individuo e a soffocare il sentimento di libertà nascondendo l’immoralità e l’ingiustizia.
Quest’opera dà a Rousseau la notorietà, e gli procura una fama che lui, però, coerentemente, non intende sfruttare, anzi rifiuta qualsiasi proposta vantaggiosa di cui potrebbe usufruire, e la sua reazione è quella di andare ad abitare con Thérèse in una modesta soffitta e di continuare a guadagnarsi da vivere con il lavoro di copista di musica. Il comportamento di Rousseau è basato sull’anticonformismo: contesta apertamente lo stile di vita dei salotti, irride il modo lezioso in cui si tengono le pubbliche relazioni, conduce un genere di vita alternativo nel vestire, nel mangiare, nel comunicare. Nel 1754 scrive un’altra opera importante: Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini in cui dimostra che le disuguaglianze non derivano dallo stato di Natura [la Natura è buona] ma è la società che crea le sperequazioni sociali istituzionalizzando l’ingiustizia [nasce in quest’opera il mito del “buon selvaggio” che avrà un grande successo sul piano letterario].
Nel 1755 ritorna con Thérèse a Ginevra, sua città natale, dove chiede di essere riammesso nella chiesa calvinista, ma non resiste molto a Ginevra perché le autorità della città diffidano di lui. Nel 1756 Rousseau torna in Francia e con Thérèse va ad abitare nel comune di Montmorency [in Val-d’Oise nella regione dell’Île-de-France] in una casetta, detta l’Ermitage, nel parco del castello di Le Chevrette, ospite di Madame Louise d’Epinay che è una sua grande ammiratrice.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Francia e navigando in rete fate un’escursione nella cittadina di Montmorency [di circa 22mila abitanti] dove si può visitare la “Collegiata di San Martino [in rete c’è una ricca documentazione su questo monumento]” e, naturalmente, si può fare visita al “Museo Jean Jacques Rousseau”, situato nel parco del castello di Le Chevrette… Incuriositevi...
Rousseau però non rimane molto tempo ospite di Madame d’Epinay perché quei due “birbantelli” di Diderot e del barone Grimm [che è l’amante di Louise d’Epinay] lo sfottono ironizzando sul fatto che si fa ospitare e mantenere in un posto “di lusso” che lui dovrebbe ripudiare, e così Jean Jacques, per coerenza, torna a Parigi. Nel 1758 Rousseau scrive la Lettera a d’Alembert, un pamphlet “contro gli spettacoli attuali” che lui ritiene “insipidi, stupidi, volgari e ispiratori di corruzione” e si scaglia contro le idee dei filosofi parigini «improntate al materialismo e all’ateismo, e basate su un gretto razionalismo che conduce contraddittoriamente [scrive Rousseau] tanto all’ottimismo più credulone che allo scetticismo più immaturo»: in proposito, i filosofi parigini rispondono e si apre una violenta polemica che è stata definita produttiva sul piano del dibattito intellettuale anche se sono volate parole grosse.
Poi scrive la Lettera sulla Provvidenza in cui attacca Voltaire che negava l’influsso della Provvidenza divina nella Storia [in relazione al terremoto di Lisbona del 1755, un avvenimento e una questione che abbiamo trattato nel viaggio dello scorso anno, come ricorderete] e ha inizio uno scontro epocale tra Rousseau e Voltaire in cui i due se ne dicono di tutti i colori ma sostenendo anche di non poter fare a meno l’uno dell’altro.
Rousseau cerca l’isolamento per mettere in evidenza la propria unicità [i filosofi parigini dicono che soffre di un complesso di persecuzione] e la sua auto-emarginazione dà però linfa alla sua creatività e scrive una serie di opere importanti: Giulia o la nuova Eloisa [1761], Emilio o dell’educazione [1762] e Il contratto sociale [1762].
Giulia o la nuova Eloisa è un romanzo epistolare che ottiene un grande successo e un apprezzamento generale: nel titolo Rousseau si riferisce all’infelice storia d’amore che, in epoca medioevale, lega Eloisa al suo maestro, il filosofo Abelardo. Quest’opera si compone di 163 Lettere [scritte da sei personaggi, e Giulia è la protagonista, la nuova Eloisa] che danno forma a una narrazione che abbraccia un periodo di circa dodici anni, ambientata a Vevey [in Svizzera ai piedi delle Alpi] che risulta essere ancora particolarmente coinvolgente perché i sentimenti che Rousseau mette in scena, descrivendo senza finzioni il modo in cui si manifestano, sono sempre attivi nell’animo della persona, e poi quest’opera sul piano linguistico va oltre il campo dell’Illuminismo entrando in un terreno di cui Rousseau prepara la fioritura.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il volume di Giulia o la nuova Eloisa lo potete richiedere in biblioteca: questo romanzo epistolare merita di essere letto [o riletto] perché l’autore oltre a mettere in scena i sentimenti [in chiave già romantica] vuole anche ribadire con un tema di carattere illuminista che è sempre necessario, soprattutto in amore, conservare il dominio sulle proprie passioni attraverso la ragione... Avete dovuto dominare una passione mediante la ragione?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Leggiamo un frammento tratto da Giulia o la nuova Eloisa.
Jean Jacques Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa
«Come è cambiato il mio stato in pochi giorni! Quante amarezze si mescolano alla dolcezza di avvicinarmi a te! Quante tristi riflessioni mi assediano! Quante traversie mi fanno aver timore dei miei timori! Mia cara, che fatale dono del cielo è un’anima sensibile! Chi l’ha ricevuto non deve aspettarsi che pene e dolori sulla terra.
Il trastullo dell’aria e delle stagioni, il sole o le nebbie, il cielo coperto o sereno regoleranno la sua sorte, e sarà lieto o triste secondo i venti. Vittima dei pregiudizi, troverà in regole assurde un invincibile ostacolo ai giusti voti del suo cuore. Sarà castigato perché ha rette opinioni su ogni cosa, e perché giudica secondo verità e non secondo retrive convenzioni. Cercherà la suprema felicità senza ricordarsi che è un essere umano e, di conseguenza, il suo cuore e la sua ragione saranno eternamente in guerra dentro di lui, e desideri sterminati gli prepareranno eterne privazioni.
Questa è la crudele situazione in cui mi tengono il destino che m’opprime, i sentimenti che m’innalzano, e tuo padre che mi disprezza, e tu che sei l’incanto e il tormento della mia vita. Senza di te, fatale bellezza! non avrei mai provato l’intollerabile contrasto di grandezza in fondo all’anima e di bassezza nella fortuna; sarei vissuto tranquillo e morto contento, senza degnarmi di notare il rango da me occupato sulla terra. Ma averti vista e non poterti possedere, adorarti e non poter vivere insieme produce uno strano e inconcepibile effetto! Forse il soggiorno che abito contribuisce a tanta malinconia: è triste, ma così è tanto più conforme allo stato dell’anima mia, non potrei abitarne uno più piacevole con altrettanta pazienza.
Una fila di sterili rocce cinge il pendio e la mia abitazione, resa ancor più tremenda dall’inverno. Nei violenti trasporti che mi agitano non riesco a star fermo: corro, m’inerpico con ardore, mi lancio sui pendii, percorro a grandi passi tutti i dintorni, e dappertutto trovo nelle cose l’infelicità che regna dentro di me. Non c’è più traccia di verde, l’erba è gialla e inaridita, gli alberi spogli, i venti boreali accumulano neve e ghiacci, tutta la natura è morta ai miei occhi, come la speranza in fondo al mio cuore. Tra le rocce di questo pendio ho scoperto in un rifugio solitario una breve spianata da dove si scorge tutta la felice città che tu abiti. Figurati con che avidità ho portato gli occhi su quell’amato soggiorno! Il primo giorno ho fatto mille sforzi per distinguere la tua casa che racchiude la sorgente della mia vita, ma la grande distanza li ha resi vani, mi sono accorto che la mia immaginazione illudeva gli occhi affaticati. Ma mi sono innamorato di questo luogo selvaggio che ci porto persino carta e penna, e ora sto scrivendo questa lettera su un macigno che il gelo ha staccato dalla rupe vicina. Qui, o Giulia, il tuo infelice amante gode di un estremo piacere perché di qui, attraverso l’aria e i muri, ardisce penetrare segretamente fino nella tua camera.» …
Mentre Emilio o l’educazione e Il contratto sociale scatenano violente reazioni da parte delle autorità politiche ed ecclesiastiche di Parigi e di Ginevra [di queste due opere ce ne occuperemo nel prossimo itinerario], per cui Rousseau è obbligato a rifugiarsi dove non possa subire ritorsioni. Per sua fortuna trova molte persone disposte a ospitarlo ma succede sempre che, da prima, le ospiti o gli ospiti rimangano affascinati da questo personaggio “alternativo” ma poi, dopo un po’, tendono a volersene liberare.
Nel 1766, come abbiamo già ricordato nel viaggio di due anni fa, Rousseau viene invitato con Thérèse a Londra da David Hume, ma poi, tra i due sorgono delle divergenze per cui litigano violentemente e si separano. Nel 1770 Rousseau, dopo vari soggiorni in giro per l’Europa, si stabilisce nuovamente a Parigi dove, essendosi affievolite le polemiche, riprende il suo lavoro di copista di musica e di scrittore e il catalogo delle opere che compone [una cinquantina] è assai nutrito: oggi sono ventiquattro i titoli di Rousseau che vengono ristampati regolarmente.
Dopo il 1770 le sue condizioni di salute sono andate peggiorando: lo perseguita la malattia alle vie urinarie [la stènosi, il restringimento dell’uretra di cui soffre dalla prima giovinezza che lo obbliga a utilizzare un catetere] alla quale si affiancano disturbi nervosi. Nel 1776 su un ponte parigino viene investito da una carrozza e rimane gravemente ferito, riesce a riprendersi lentamente nel giro di un anno e, su consiglio del medico, Rousseau decide di ritirarsi in campagna con Thérèse che intanto ha sposato.
Nel 1778 Rousseau e Thérèse vengono ospitati a Ermenoville, nella campagna a nord di Parigi, dal marchese René-Louis de Girardin [1735-1808, un artista, uno scrittore, un paesaggista, un progettista di giardini] che è un sincero ammiratore del pensiero e delle opere di Rousseau. Qui Jean Jacques si dedica alle passeggiate, alla meditazione nella Natura, e a raccogliere erbe per comporre un Atlante di botanica elementare e a scrivere Le fantasticherie del passeggiatore solitario, opera autobiografica che completa Le confessioni, e che viene pubblicata postuma nel 1781.
Il 30 maggio 1778 Jean Jacques riceve la notizia che a Parigi è morto Voltaire e quasi profeticamente commenta: «Non abbiamo fatto altro che litigare e scontrarci aspramente ma le nostre vite erano legate l’una all’altra. La sua morte è anche la mia» e, difatti, il 2 luglio, verso le undici del mattino, Jean Jacques si accascia e muore nel giro di pochi istanti tra le braccia di Thérèse. La sera del 4 luglio, alla presenza di poche persone, senza cerimonie religiose, Jean Jacques Rousseau viene sepolto sull’isola dei pioppi al centro dello stagno della tenuta del castello di Ermenoville, e a questo sito viene dato il nome di “Elysée” e diventa meta di pellegrinaggio da parte dei numerosi estimatori di Jean Jacques. Oggi in questo luogo c’è un cenotafio [una tomba senza spoglie] sul quale spicca l’epitaffio «Vitam impendere vero »[“Dedicare la vita alla verità”, nel senso di “mettere a rischio la propria vita per amore della verità”, tratto dalla Satira IV di Giovenale, poeta latino del primo secolo] e questo perché l’11 ottobre 1794, in piena Rivoluzione, il feretro di Rousseau [un autore apprezzato dai rivoluzionari di tutte le correnti] è stato traslato, con una solenne cerimonia, in una tomba al Panthéon di Parigi collocata accanto a quella di Voltaire [in modo che possano continuare a diatribare in eterno anche da morti].
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida della Francia e navigando in rete è obbligatorio compiere un’escursione a Ermenoville [comune di circa mille abitanti nel dipartimento dell’Oise nella regione dell’Alta Francia] per visitare il Castello del marchese René-Louis de Girardin con il suo giardino all’inglese e il Parco che, naturalmente, porta il nome di Jean Jacques Rousseau... Incuriositevi...
Non perdete il prossimo itinerario perché precede la pausa natalizia ed è l’ultimo di quest’anno solare. E, nel corso del prossimo itinerario, ci occuperemo delle due opere che oggi vengono considerate le più significative di Rousseau: Emilio o dell’Educazione e Il contratto sociale.
Rousseau scrive: «La persona per sua natura è buona, e ciò che in lei si riscontra di negativo nasce dall’influsso della società». Ebbene, come cerca di dimostrare questa sua affermazione, e chi non è d’accordo con lui sostenendo invece che la persona è, per sua natura, cattiva? Come si concilia l’idea dell’educazione naturale proposta da Rousseau con il complesso groviglio delle relazioni umane che sono indotte, e si sviluppano nell’ambito di un intreccio condizionato tanto dal sentimento della simpatia e dall’altruismo quanto da quello dell’egoismo e dall’istinto di possesso?
Per rispondere a queste domande è bene procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui e il viaggio continua…