ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
Un secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi
24-25-26 gennaio e 2 febbraio 2024
SUL TERRITORIO DEL SECOLO DEI LUMI
KANT PROPONE UNA SERIE DI IDEE UTILI PER RIFLETTERE
SUL RUOLO DELLA RAGIONE, DELL’ESPERIENZA E DELLA CRITICA…
Questo è il settimo itinerario del nostro secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi e questa sera, come sapete, abbiamo appuntamento con uno dei più importanti pensatori di tutti tempi: Immanuel Kant. E, per cominciare a entrare in contatto con “il sistema kantiano”, da Napoli [con il nostro aereoplanino e la nostra barchetta di carta, che sono funzionali per viaggiare sul territorio della Storia del Pensiero Umano] ci trasferiamo a Königsberg, nella Prussia orientale. Iniziamo da un aneddoto.
Una sera, durante il ballo, una signora, la padrona di casa del salotto dove si ballava, domanda a Kant: «Di che cosa vi state occupando, caro professore?», e lui risponde: «Cara Signora, i filosofi sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò s’impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema, e io, non possedendo esercito e amando la pace, non posso far altro che tentare di costringere il mondo a stare in un sistema ingegnandomi però a non fare a questo povero mondo troppa violenza, così come ora mi sto impegnando a ballare a ritmo stando attento a non pestarle i piedi». Kant è stato anche - sebbene sia sempre stato presentato come una persona seriosa ed austera - un gioviale intrattenitore, e viene invitato spesso dalle signore che gestiscono, come avviene in tutta Europa, i salotti della città di Königsberg dove lui è nato e dove vive. Ma cominciamo dall’inizio, cioè proprio dalla città dove lui è nato e ha vissuto.
Immanuel Kant è nato, nel 1724, nella città di Königsberg, nella Prussia orientale, e questo è un fatto che non può essere ignorato perché il posto dove si nasce, insieme ad altri elementi, influenza la formazione del carattere di una persona.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Secondo voi la località dove siete nate e nati che cosa vi ha lasciato in eredità?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Königsberg [letteralmente “Monte del Re” o “Monreale”] è una città dalla storia interessante e complessa e oggi [naturalmente questi avvenimenti di storia recente sono sfuggiti a Kant che è morto nel 1804], Königsberg - per la precisione dal 1946 - si chiama Kaliningrad ed è una città russa, e il suo nome odierno deriva da Michail Ivanovič Kalinin [1875-1946], un operaio metallurgico, che ha partecipato ai moti rivoluzionari dal 1905, e nel 1919 è stato nominato presidente del soviet supremo, l’organo legislativo del potere statale sovietico, e ha mantenuto ininterrottamente questa carica fino alla morte: non ha mai esercitato un potere reale ed è sempre stato rinominato come emblema delle origini proletarie del potere sovietico.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Per individuare la posizione della città di Kaliningrad è necessario utilizzare un Atlante geografico o una Carta stradale dell’Europa o servirsi della rete, in modo che ci si renda conto della sua posizione - geografica e politica - molto particolare…
Kaliningrad si trova in un’exclave, cioè in un pezzetto di territorio russo [un oblast, che significa “prefettura”] scollegato dalla Repubblica russa e, difatti, la regione di Kaliningrad, come potete constatare osservando la carta geografica, confina a sud con la Polonia e, a est e a nord con la Lituania. Inoltre la città di Kaliningrad, che oggi conta circa 490 mila abitanti, non è proprio direttamente sul mare ma è collegata al mar Baltico da un canale lungo 12 chilometri, e la città si trova al fondo di un’ampia baia, protetta da vasti cordoni di sabbia e il paesaggio ha una certa somiglianza con la laguna veneta. Kaliningrad, come già era Königsberg, è un importante porto commerciale e peschereccio, e la città ha cambiato fisionomia nel corso degli anni, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale è andata quasi completamente distrutta e, anche se interamente ricostruita, ha perso, in buona parte, il fascino della vecchia Königsberg.
Per capire la natura di questa città è necessario fare un passo indietro in modo che ci si possa incuriosire per organizzare un viaggio virtuale sulle coste del mar Baltico del sud a est della baia di Danzica. In questa zona del mondo circa 2000 anni fa vivevano, organizzate in tribù, popolazioni di stirpe ugro-finnica alle quali si sono sovrapposti i Goti e poi i popoli baltici dei Prussi e dei Borussi che hanno dato il nome a questa regione. La Prussia, dal II secolo, si è messa in evidenza dal punto di vista economico perché è diventata la più importante produttrice dell’antichità di una resina fossile, emessa dalla decomposizione delle conifere, che in mineralogia e in gemmologia appartiene alla classe dei composti organici ed è nota con il nome di ambra, dall’arabo “àmbar” che significa “splendore, luccichio”, mentre i greci la chiamavano “elektròn”.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Possedete qualche oggetto di ambra, magari di ambra fossile con dentro inglobato un insetto?... Scrivete quattro righe in proposito...
E poi – utilizzando l’enciclopedia e la rete – fate una ricerca sulle credenze e le leggende legate all’ambra: per esempio, nella mitologia balcanica le pietruzze di ambra sono le lacrime della dea delle sirene Jurate che piange la morte del suo amato ucciso dal dio del tuono... C’è anche “una via dell’ambra” da San Pietroburgo a Venezia, che si può percorrere in bicicletta o con altri mezzi [il percorso è sulla rete]... Incuriositevi...
Fino al 1226 i Prussi e i Borussi hanno vissuto tranquillamente in questa regione - situata tra il fiume Vistola, nel quale confluisce il fiume Pregel, e il mar Baltico - estraendo e commerciando ambra. C’è, però, un particolare che ha determinato la rovina di queste popolazioni che coltivavano rituali legati alla tradizione pagana di carattere animista e feticista e, quindi, questi popoli non erano cristiani in un’Europa che ormai era dominata dalla cristianità, e la cristianità si stava espandendo tanto con le buone maniere quanto con mezzi meno pacifici. I tentativi di convertire questa gente con le buone maniere falliscono e allora ci hanno pensato i cavalieri dell’Ordine teutonico, con un pretesto, a intraprendere una guerra che li ha portati a conquistare questa regione. I cavalieri dell’Ordine teutonico si sono impadroniti della Prussia e questo dominio viene formalizzato dall’imperatore Federico II di Svevia con un documento ufficiale che si chiama Bolla d’oro di Rimini emesso nell’anno 1226.
Ma che Ordine è quello dei cavalieri teutonici, e come si sono svolti questi avvenimenti? L’Ordine teutonico [lo avrete sentito nominare] prende il nome dai Tèutoni, una popolazione di stirpe germanica che dalla penisola dello Jutland, l’odierna Danimarca, si è espansa a partire dal II secolo a.C. verso sud: in Boemia, nel Norico [l’odierna Austria], in Illiria, in Gallia sconfiggendo più volte gli eserciti Romani. I Tèutoni, insieme ai Cimbri, avrebbero invaso anche la penisola italiana se non fossero stati sconfitti e fermati dal generale romano Caio Mario nel 102 a.C. nella famosa battaglia di Aquae Sextiae, una località della Provenza che oggi si chiama Aix les Bains. Insomma il termine “teutonico” è sinonimo di germanico, di tedesco, e l’Ordine teutonico, al tempo delle Crociate nel XII secolo, nasce come una delle numerose congregazioni monastico-cavalleresche: il suo nome originale è Ordine dei cavalieri di Santa Maria in Gerusalemme e questa confraternita, all’inizio, dal 1127, si occupa del pronto-soccorso medico e, in particolare, aveva in gestione un Ospedale per l’assistenza dei crociati tedeschi, prima a Gerusalemme e poi, dal 1190, ad Acri. Nel 1198 questa confraternita, con un consistente aiuto finanziario dei mercanti di Brema e di Lubecca [che per fare affari hanno bisogno di un braccio armato], si costituisce in Ordine cavalleresco monastico e militarizzato aperto solo a Tedeschi [a Tèutoni], e come Ordine viene riconosciuto e approvato ufficialmente da papa Innocenzo III [Lotario dei Conti di Segni] nel 1199.
All’inizio del 1200, quando in Terrasanta l’attività militare stava languendo, il gran maestro dell’Ordine teutonico, Ermanno di Salza [Hermann von Salza, 1179-1239], molto legato all’imperatore Federico II, ottiene l’autorizzazione imperiale a impegnare militarmente l’Ordine in Europa settentrionale a sostegno dell’espansione tedesca lungo le coste del mar Baltico. Ecco che i cavalieri teutonici cominciano a fronteggiare i Prussi e i Borussi finché, giocando anche sul pretesto che costoro sono pagani impenitenti, li distruggono quasi completamente, e costruiscono un vasto Stato feudale che viene rafforzato da una significativa migrazione di coloni tedeschi che vanno a sostituire le popolazioni autoctone, prusse e borusse, in gran parte sterminate dai cavalieri teutonici, i quali - in nome della cristianità e, soprattutto, del capitalismo mercantile [infatti combattono anche a servizio dei mercanti di Brema e di Lubecca che vogliono mettere le mani in quell’area ricca di risorse] - non conoscono pietà.
Vengono fondate sul territorio della Prussia, soprattutto sulla costa, oltre cento città che diventano empori commerciali del capitalismo mercantile nord europeo gestiti dai mercanti di Brema e di Lubecca, e tra le città fondate dai cavalieri dell’Ordine teutonico sulle coste del mar Baltico quella più importante diventa Königsberg con il suo porto, e qui l’Ordine dei cavalieri teutonici fa edificare, nel 1255, un’imponente fortezza che diventa il centro della città medioevale, e accanto alla fortezza viene costruita la cattedrale gotica terminata nel XIV secolo.
Königsberg diventa una delle città più importanti dell’Ansa, la potentissima Organizzazione commerciale dei mercanti del mar del Nord e del mar Baltico; dal 1457 Königsberg è la sede dell’Ordine teutonico ma, proprio in questo periodo, molti nobili prussiani che non vanno d’accordo con i cavalieri teutonici [troppo arroganti] invitano il re polacco Ladislao II - che ha un esercito efficiente e vuole aumentare i propri sbocchi sul mare - ad attaccare le città del territorio dei cavalieri teutonici che vengono sconfitti. Così la Prussia e Königsberg entrano a far parte dello Stato polacco fino al 1525 quando Alberto di Brandeburgo fonda un ducato, sempre sotto il controllo della Polonia ma autonomo dal punto di vista amministrativo: questa entità feudale diventa il primo elemento di quello che sarà poi il grande Stato prussiano con Berlino capitale ma, nel frattempo però, fino al 1618, Königsberg è la capitale del ducato prussiano, ed è in questo periodo, per la precisione nel 1544, che viene istituita l’Università di Königsberg.
E così si completano i pilastri su cui questa città si è retta: il porto [gli affari e il commercio], la fortezza [la potenza militare], la cattedrale [la tradizione religiosa], l’università [la coltura e il sapere], e abbiamo sinteticamente raccontato tutti questi avvenimenti per stimolare la ricerca che ciascuna e ciascuno di noi potrà mettere in atto.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Utilizzando l’Atlante geografico potete organizzare un “viaggio virtuale” sulle coste del mar Baltico del sud, a est della baia di Danzica, e poi, utilizzando l’enciclopedia e navigando in rete, potete raccogliere notizie e immagini sulla città di Königsberg, l’odierna Kaliningrad, e sull’Ordine dei cavalieri teutonici… Incuriositevi...
Immanuel Kant è nato a Königsberg quando questa città era la più importante della Prussia orientale. Immanuel Kant è nato a Königsberg il 22 aprile 1724 in una modesta famiglia appartenente al ceto dei piccoli artigiani; i suoi antenati probabilmente erano emigrati qui dalla Scozia, ma i Kant vivevano in Prussia orientale da almeno tre generazioni: suo padre, Johann Georg Kant, fa il sellaio, è un artigiano che lavora il cuoio, mentre sua madre, Anna Regina Reuter, è in primo luogo una sposa prolifica per convinzione: difatti Immanuel è il quarto dei suoi undici figli. Dei fratelli di Kant: sei sono morti da bambini e cinque - lui compreso, tre femmine e un maschio [che è diventato pastore evangelico] - hanno vissuto fino a tarda età. A otto anni, nel 1732, Immanuel entra nel “Collegium Fredericianum” di Königsberg: non era cosa facile diventare studenti di questo istituto, per potersi iscrivere era necessaria una raccomandazione, una segnalazione particolare proveniente da persona autorevole. Immanuel entra al “Fredericianum” per l’intervento di Franz Albert Schultz che, oltre a essere una persona autorevole, è anche amico della famiglia Kant, ed è il direttore di questo Collegio: come mai un uomo così influente è in contatto con una famiglia modesta come quella dei Kant?
Franz Albert Schultz è una persona di vasta cultura, professa le idee dell’Illuminismo, ma soprattutto è, a Königsberg, il maggior esponente della corrente pietista, e il Pietismo è la religione professata dalla famiglia Kant, soprattutto da sua madre che è una fervente militante di questa corrente religiosa. Che cos’è il Pietismo tedesco, e in quale contesto religioso nasce e cresce Immanuel Kant?
Il Pietismo è un movimento interno al protestantesimo che ricusa il formalismo dogmatico ufficiale della teologia protestante e dei suoi riti: le persone che aderiscono al Pietismo condannano l’eccessivo e il rigido clericalismo [è andata formandosi una gerarchia che accampa privilegi] che ha ammorbato la Chiesa evangelica facendo cessare la spinta propulsiva che aveva la Riforma luterana. Il Pietismo tedesco è stato fondato da Philip Jakob Spener [1635-1705] nella seconda metà del 1600: questo movimento dà grande importanza al fatto che ogni persona credente deve sentirsi “responsabile del proprio sacerdozio” e, di conseguenza, pervasa da una fede viva, operante, austera. Il rapporto con Dio, sostiene Spener nella sua opera principale intitolata Pia desideria del 1675, può avvenire soltanto all’interno della coscienza individuale, quindi, “il culto di Dio” è esclusivamente un fatto interiore, un fatto morale: non presuppone né templi né riti né liturgie, e [secondo il Pietismo di Spener] la via della salvezza passa al di fuori delle organizzazioni ecclesiali e degli apparati clericali; la propria fede la si può e la si deve vivere con fervore solo nei piccoli gruppi, nelle piccole comunità di base, e nel contatto diretto con Dio senza mediazioni gerarchiche, e nella fedeltà tutta interiore al Dio di Abramo, nel senso dato da Pascal a questa espressione, per cui «Dio parla nel profondo del cuore di ogni persona, e ciascuna persona, singolarmente, deve imparare ad ascoltarlo e, di conseguenza, ciascuno è responsabile davanti a Dio della propria condotta».
Il Pietismo propone un’auto-disciplina molto rigida: non ci sono gerarchie a mediare tra la persona e Dio, ma tra la persona e Dio c’è solo la coscienza individuale della persona stessa, e non ci si può permettere di trasgredire impunemente con la scusa che poi tanto c’è la Chiesa che, con i suoi chierici, tutto perdona!
Ora diciamo subito che in età adulta - sebbene lui giustifichi e comprenda la vocazione di sua madre della quale ricorda e loda l’impegno infaticabile nel compiere opere di carità - Immanuel Kant, così come era già successo a Cartesio, riflette e critica l’educazione di stampo pietista che ha ricevuto, in quanto valuta un fatto negativo l’idea della “rimozione della trasgressione” perché è vero, sostiene Kant, che la persona deve fare onestamente i conti con la propria coscienza ma c’è il rischio che nasca nella mente della persona un eccessivo rigorismo formale che genera il moralismo: il moralismo porta sempre, afferma Kant, a sconfinare nell’ipocrisia e nell’artificio, due condizioni che non permettono alla persona di imparare a stabilire quando bisogna ubbidire e quando è necessario trasgredire perché di fronte a un ordine sbagliato l’atteggiamento virtuoso è quello della trasgressione perché gli ordini vanno eseguiti [come scrive anche don Lorenzo Milani nella Lettera ai Giudici pubblicata con il titolo L’obbedienza non è più una virtù] solo, però, se sono disposizioni in coerenza con i valori dell’Umanesimo [uguaglianza, pace, giustizia, solidarietà, misericordia].
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Un itinerario in compagnia di Kant ci mette subito davanti al significativo problema di quando bisogna trasgredire e di quando bisogna ubbidire… Quando, come e perché, sul punto di ubbidire, avete deciso di trasgredire perché l’ordine era sbagliato?...
Scrivete quattro righe in proposito: è una proposta di fronte alla quale è bene non trasgredire…
Quel grande avvenimento che è stato il Concilio di Trento [al quale abbiamo partecipato in più contesti in questi anni] ha inaugurato, principalmente in Europa, un periodo storico durato più di un secolo, detto della Controriforma. Ricorderete che il Concilio di Trento, in diciotto anni di lavori, dal 1545 al 1563, ha definito con formule precise i dogmi, cioè le verità fondamentali della fede cattolica, condannando i presunti errori presenti nelle 95 Tesi di Lutero del 1517; il Concilio di Trento ha proclamato il Papa capo unico, supremo e assoluto della Chiesa, Vicario di Cristo, successore di San Pietro, e ha riformato la disciplina ecclesiastica cercando di eliminare gli abusi e di elevare l’istruzione e la moralità del clero [e a tale scopo furono istituiti i seminari].
Il Concilio di Trento ha decretato che il Sant’Uffizio compilasse un Indice dei Libri proibiti, perché sospetti di eresia o considerati nocivi ai buoni costumi e alla pietà, e sulla scia della Controriforma sono sorti molti nuovi ordini religiosi, che si sono dedicati non solo alla repressione dell’eresia, ma anche all’esercizio della carità, all’educazione e all’assistenza di persone orfane e inferme: i Barnabiti, i Somaschi, i Fatebenefratelli, le Figlie della Carità di San Vincendo de’ Paoli, i Cappuccini [derivazione moderna dell’ordine francescano], e l’Oratorio di Filippo Neri, un santo di genio, che ha dedicato la sua vita all’educazione dei giovani con un largo senso di comprensione e di umiltà, e poi l’Ordine di Ignazio di Loyola, il più famoso di tutti, che fonda la Compagnia di Gesù, i Gesuiti, che promuovono ovunque Collegi con l’idea che l’ignoranza è la maggior nemica della fede. E questa fioritura di Ordini religiosi continua poi dalla metà del ’600 e oltre.
Dalla metà del ‘600 il movimento così detto della Controriforma innescato da quel grande avvenimento [durato diciotto anni, dal 1545 al 1563] che è stato il Concilio di Trento dà addito a distanza di un secolo, tanto nel mondo cattolico che in quello protestante, alla nascita di nuove correnti religiose che hanno tutte le stesse caratteristiche: l’avversione verso il dogmatismo, il ritualismo e il clericalismo e la lotta contro l’ignoranza e la povertà; quindi, oltre al Pietismo tedesco promosso da Spener al quale aderisce la famiglia Kant, nasce il Metodismo inglese fondato da John Wesley [1703-1791], e il Neogiansenismo francese di Pasquier Quesnel [1654-1719], il Neogiansenismo italiano di Scipione de’ Ricci [1741-1810], e il movimento del Quietismo promosso in Francia da François Fénelon [1651-1715].
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Utilizzando l’enciclopedia e navigando in rete potete conoscere meglio questi personaggi e questi movimenti, incuriositevi perché la curiosità stimola la mente a investire in intelligenza...
Immanuel Kant studia nel “Collegium Fredericianum” dove l’impostazione educativa è di carattere pietista ma il piano di studi di questo istituto prevede, oltre a una nutrita conoscenza delle discipline umanistiche, anche una salda preparazione scientifica e logico-matematica. Immanuel, fin dal primo anno, si appassiona agli studi classici della Lingua e della Letteratura sia greca che latina: due branche del sapere umanistico delle quali è diventato molto esperto. Nel 1740, a sedici anni, Immanuel consegue il diploma di maturità al Fredericianum e può finalmente uscire dalla rigida disciplina che vige in questo Collegio. Nello stesso anno s’iscrive all’Università di Königsberg e comincia a frequentare con impegno le Lezioni di matematica, di fisica e di filosofia tenute dal professor Martin Knutzen [1713-1751] che ha una formazione wolfiana e newtoniana e, quindi, insegna filosofia seguendo il metodo di Christian Wolff e insegna matematica e fisica seguendo le idee di Isaac Newton. Wolff e Newton sono due personaggi che abbiamo incontrato in questi ultimi anni e abbiamo preannunciato che li avremmo ritrovati per via nel momento del nostro incontro con Kant a proposito della sua formazione intellettuale e, difatti, è proprio di questo argomento che ci stiamo occupando. Il giovane Kant, attraverso i corsi universitari tenuti dal professor Martin Knutzen, inizia a formarsi intellettualmente studiando il metodo di Wolff e le idee di Newton.
Queste due sorgenti di pensiero costituiscono il punto di partenza dell’itinerario di riflessione di Kant, e adesso noi non possiamo ripercorrere tutto il pensiero di Wolff e quello di Newton [probabilmente possedete dei REPERTORI degli anni 2021-2022 dove se ne parla]. Dobbiamo però ora mettere in evidenza i punti significativi che sono serviti al giovane studente Immanuel Kant per iniziare una riflessione che lo accompagnerà per tutta la sua vita di studioso. Quali sono gli argomenti del pensiero di Christian Wolff che fanno riflettere il giovane studente Immanuel Kant?
Christian Wolff [1679-1754] ha insegnato dal 1706 nella famosa Università della città tedesca di Halle, in Sassonia: una città nella quale siamo andati a spasso già diverse volte in questi decenni ma è sempre necessario, come si suol dire, rinfrescare la memoria.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida della Germania e navigando in rete andate a visitare [o rivisitare] la città di Halle, in Sassonia, che ha un porto ben attrezzato anche se non si trova vicino al mare ma è situata sulle rive di un fiume adatto a favorire l’ancoraggio di navi e di chiatte: ricordate di quale fiume si tratta?… Quali sono i monumenti più importanti di questa città?… Tra i monumenti c’è anche il celebre Moritzburg che merita di essere conosciuto nella sua struttura e nelle sue funzioni… Incuriositevi perché la curiosità stimola la mente a investire in intelligenza ...
Christian Wolff ha insegnato dal 1706 nella famosa Università di Halle e lì ha messo a punto il suo metodo e ha dato forma al suo pensiero. Quali sono gli argomenti del pensiero di Christian Wolff che - attraverso le Lezioni tenute all’Università di Königsberg dal professor Martin Knutzen - fanno riflettere il giovane studente Immanuel Kant? L’Università di Halle, ai primi del ‘700, è un grande laboratorio culturale nel quale si sviluppa uno dei temi più dibattuti in questo momento storico: la questione del metodo del sapere. Esiste [ci si domanda] un metodo veramente valido per imparare a imparare? Lo si può rintracciare, lo si può definire, lo si può costruire un metodo del genere? Wolff, nel suo importante saggio intitolato Filosofia razionale e logica, pubblicato nel 1728, afferma che la Matematica è la disciplina attraverso la quale è possibile costruire “il metodo della conoscenza”, la Matematica è la materia di studio che può dare una conoscenza chiara e distinta perché si fonda sul principio oggettivo per eccellenza: la ragione. E la ragione - quando mette bene in evidenza tutto il procedimento logico delle proprie operazioni - può svolgere il suo compito d’illuminazione e di guida per far procedere la persona sulla strada della conoscenza.
L’insegnamento di Wolff si basa sui principi dell’Illuminismo razionalistico [sul pensiero di Leibniz in particolare] per cui la realtà esterna, il Mondo che ci circonda, corrisponde all’ordine logico già presente nella mente della persona: le idee della realtà - cioè “le forme logiche” [i modelli razionali] che sovrintendono alla conoscenza del mondo - la persona, fin dalla nascita, le ha già in mente, quindi, ciò che è logico è reale e, di conseguenza, per conoscere il Mondo [la realtà] è necessario che la persona impari a ragionare, cioè ad argomentare in modo logico, che significa pensare secondo schemi matematici. Ecco perché, scrive Wolff, la Matematica è la principale disciplina, è la materia che consente di acquisire la conoscenza della realtà: studiare la Logica, studiare la Matematica rende la persona consapevole della realtà. Questa riflessione, afferma Wolff, presuppone che, in primo luogo, ogni persona conosce attraverso la ragione, poi viene l’esperienza e, quindi, secondo la gerarchia della conoscenza, prima la persona deve imparare a ragionare per poter poi fare delle esperienze di apprendimento, di ricerca, di acquisizione conoscitiva.
Questi sono gli argomenti del pensiero di Christian Wolff che il giovane studente Immanuel Kant studia con interesse. E, di conseguenza, la prima parola-chiave su cui il giovane studente Immanuel Kant si trova a riflettere è la parola “ragione”.
Il giovane Immanuel predispone - e lo mette per iscritto [sul suo quaderno di esercizi] - il catalogo delle parole che è andato formandosi nel suo pensiero quando ha cominciato a riflettere sul termine “ragione” e scrive Kant: «Riguardo alla parola “ragione” ho elencato otto termini - la mente, l’intelletto, l’intelligenza, il criterio, la ragionevolezza, il senno, la saggezza, la comprensione - basandomi su una valutazione di carattere estetico cioè in termini sensoriali».
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quando si evoca il termine “ragione” si forma nel pensiero un catalogo di parole [il giovane Kant ne segna otto]: la mente, l’intelletto, l’intelligenza, il criterio, la ragionevolezza, il senno, la saggezza, la comprensione... Ebbene voi quale di queste parole, o quale altra, mettereste per prima?... Scrivetela facendo una valutazione di carattere estetico: quale vi piace di più?…
E poi quali sono gli argomenti del pensiero di Isaac Newton che fanno riflettere il giovane studente Immanuel Kant durante le Lezioni del prof. Martin Knutzen?
Isaac Newton [1642-1727] è l’autore di un’opera importantissima che [come ricorderete dai REPERTORI del viaggio dell’anno 2021-2022] è stata pubblicata in volume a spese dell’astronomo Edmund Halley nel 1687, in 350 copie. Edmund Halley [1656-1742] è l’astronomo che ha studiato e calcolato la periodicità di quella cometa, individuata nel 1682, alla quale ha dato il suo nome. La cometa di Halley nel 1986 è passata vicino [si fa per dire] alla Terra e, quando ripasserà nel 2062, speriamo di poterla vedere ancor meglio. Ebbene, Principi matematici della filosofia naturale [in latino: “Philosophiae naturalis principia mathematica”] di Isaac Newton è considerato il trattato più importante di tutta la Storia della Fisica, e Kant, come molti altri studenti della sua generazione, si è appassionato, sempre sotto la guida del professor Martin Knutzen, a studiare questo testo rivoluzionario. Anche Newton sostiene l’esistenza di un principio, di un fondamento, su cui si regge tutta l’impalcatura del sapere, e per Newton il principio del sapere ha il suo fondamento in Dio che è, afferma Newton, il Creatore della Ragione, della Natura e delle Leggi che tengono insieme tutto l’Universo, ma la Fisica di Newton e la sua scoperta della Legge di gravitazione universale - la Legge che tiene in equilibrio tutto l’Universo - sta però a dimostrare che non è possibile dar luogo a una scienza e a una conoscenza, che siano effettivamente fondate, senza il contributo fondamentale dell’esperienza. Newton alla scoperta della Legge di gravitazione universale ci arriva “sperimentando”, e afferma che il primo fondamento della conoscenza è sì la ragione creata da Dio, ma è solo attraverso l’esperienza che possiamo conoscere e verificare l’efficacia dei nostri ragionamenti; quindi, non si può prescindere dall’esperienza e dalla sperimentazione per acquisire una conoscenza [e la figura di Dio nel pensiero di Newton - così come in quello di Cartesio - assume prima di tutto la funzione di un garante più che quella di un artefice]: di conseguenza, scrive Newton, la ragione e l’esperienza sono intimamente collegate tra loro.
La seconda parola-chiave su cui il giovane studente Immanuel Kant si trova a riflettere è la parola “esperienza” e, quindi, anche in relazione a questo termine predispone - e lo mette per iscritto [sul suo quaderno di esercizi] - un catalogo di parole che è andato formandosi nel suo pensiero quando ha cominciato a riflettere sul termine “esperienza” e scrive Kant: «In relazione alla parola “esperienza” ho elencato sei termini - l’esperimento, l’esame, l’esercizio, la prova, l’analisi, il tentativo - basandomi su una valutazione di carattere estetico cioè in termini sensoriali».
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quando si nomina il termine “esperienza” si forma nel pensiero un catalogo di parole [il giovane Kant ne segna sei]: l’esperimento, l’esame, l’esercizio, la prova, l’analisi, il tentativo... Ebbene voi quale di queste parole, o quale altra, mettereste per prima?...
Scrivetela facendo come Kant una valutazione di carattere estetico: quale vi piace di più?…
Questi concetti - acquisiti attraverso le Lezioni del professor Martin Knutzen sul pensiero di Wolff e di Newton - diventano il primo bagaglio intellettuale del giovane studente Immanuel Kant che è animato da un grande desiderio di indagare.
Il giovane studente Immanuel Kant - attraverso le Lezioni del professor Martin Knutzen sul pensiero di Wolff e di Newton - comincia a indagare sul valore concettuale delle parole-chiave “ragione ed esperienza”, e inizia a formulare delle ipotesi relative alle questioni che derivano dalla riflessione intorno a questi due termini, sui quali, da più di un secolo [e ce ne siamo rese e resi conto nel corso di questi ultimi viaggi], è andato svolgendosi un dibattito molto serrato nel mondo europeo della cultura, un confronto dialettico che si è sviluppato in modo interlocutorio a partire da una serie di fondamentali interrogativi: che rapporto c’è, innanzitutto, tra la funzione della ragione e l’esercizio dell’esperienza, sono due entità separate oppure sono due realtà unite tra loro? La ragione e l’esperienza sono due fenomeni che hanno la stessa natura o sono di natura diversa? Di che cosa si parla quando si nomina la parola “ragione” e a che cosa ci si riferisce quando si menziona la parola “esperienza”? In una persona si manifesta prima il fenomeno della ragione e poi, in un secondo momento si sviluppa l’attività dovuta all’esperienza, oppure è “facendo esperienza” che la persona impara a ragionare? Conta di più la Scuola del razionalismo illuminista di Wolff [e di Leibniz] basata sullo studio della Logica e della Matematica considerate le discipline principali che permettono di conoscere il Mondo e la realtà, oppure conta di più la Scuola di Fisica di Newton che privilegia l’esperienza, e che basa la sua attività sulla sperimentazione in modo da impostare un ragionamento che permetta di descrivere come è fatto il Mondo e come si configura la realtà?
Ebbene, il giovane studente Immanuel Kant si trova di fronte a questi interrogativi [che dovremmo porci anche noi essendo esseri ragionevoli e destinati a fare esperienze] e, naturalmente, si appassiona nello studio e nella ricerca, e poi formula un’ipotesi: pensa che, per dare un fondamento alla conoscenza, è necessario che la ragione e l’esperienza interagiscano insieme perché se si vuole conoscere il Mondo e la realtà che ci circonda dobbiamo usare le potenzialità della ragione e far tesoro delle possibilità date dall’esperienza in quanto tanto la ragione che l’esperienza concorrono entrambe a fondare il sapere. Allora, si domanda il giovane Kant, perché non cercare di trovare sul piano intellettuale un accordo tra le idee di Wolff che privilegia la ragione e quelle di Newton che dà all’esperienza e alla sperimentazione un valore fondamentale?
Il giovane studente Immanuel Kant prova a fare un tentativo in questo senso e mette per iscritto le sue idee in proposito: la prima opera che Immanuel Kant, studente di 22 anni, scrive nel 1746 è una tesi, è il testo di un saggio [fatto per compito] composto da un testo nel quale emergono molte lacune ma le parole che si leggono in questo scritto, che si intitola Pensieri sulla valutazione delle forze vive, enunciano un programma che Kant segue gradualmente in modo sempre più rigoroso, e che culminerà, a suo tempo, nella fondazione della cosiddetta “filosofia critica”; e il termine “critica” è la terza parola-chiave [insieme a ragione ed esperienza] che si dimostra necessaria perché Kant possa sviluppare la sua ipotesi, quella di trovare un’armonizzazione tra il razionalismo di Wolff e lo sperimentalismo di Newton. Kant afferma che è sempre necessario avere “un metodo” per dare operatività all’investimento in intelligenza da mettere in atto, e perché il metodo di ricerca e di studio diventi costruttivo è indispensabile che vi sia uno strumento che lo faccia funzionare, e Kant ritiene che il dispositivo appropriato per dare dinamicità al metodo di ricerca e di studio sia “la critica”. Per quale motivo tira in ballo questo termine [facendolo diventare uno strumento fondamentale in campo filosofico (ma lui non lo sa ancora)] e che caratteristiche ha, secondo la tesi del giovane Kant, “la critica” come strumento del metodo di ricerca e di studio?
Per mettere in evidenza le caratteristiche dello strumento metodologico della “critica” il giovane Kant si rifà alla cultura greca sulla quale al Collegio Fredericianum si è formato e dove ha maturato l’idea che bisogna andare oltre il modo satirico, ironico, mordace in cui i filosofi illuministi [che abbiamo incontrato nel viaggio dello scorso anno, per ultimo Voltaire] hanno utilizzato il termine “critica” nel senso di accusa, rimprovero, disapprovazione: soprattutto per cercare di demolire un sistema ingiusto senza però poter costruire un’alternativa reale. Il giovane Kant fa riferimento al significato del verbo greco “kritiké” che significa “giudicare” non nel senso giudiziario [krìno] del termine [cioè in funzione dell’applicazione rigorosa delle Leggi] ma nella direzione di “opinare, di saper creare un’opinione” [questo è il compito della “critica” secondo il giovane Kant], e il giovane Kant specifica meglio il significato del concetto che esprime la parola “critica” - utilizzata come strumento metodologico - mettendo in evidenza che accanto al verbo “kritiké” si trova sempre il termine “téchne, l’arte” per cui la parola “critica”, come lui la intende, indica “l’arte [téchne] di giudicare” che è strettamente connessa con le azioni di pensare, stimare, ritenere, supporre, reputare.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
E voi quale di queste azioni - pensare, stimare, ritenere, supporre, reputare - scegliereste per accostarla, per prima, alla parola “critica” intesa dal giovane Kant come un’arte per poter opinare [saper creare un’opinione]?... Scrivetela perché questo esercizio favorisce l’utilizzo della critica come strumento metodologico necessario per esprimere la propria opinione...
E ora leggiamo l’incipit della tesi in cui lo studente Immanuel Kant enuncia un programma di studio e di ricerca che lui segue in modo graduale e sempre più rigoroso e che, a suo tempo, darà i suoi frutti.
Immanuel Kant, Pensieri sulla valutazione delle forze vive
Oggi il filosofo sente l’esigenza di cercare la connessione tra il sapere e il fondamento del sapere. La situazione attuale, in campo filosofico e scientifico, si presenta in modo da constatare che le scienze, specialmente la fisica, hanno compiuto da Galileo a Newton continui progressi nonostante l’opposizione dello scetticismo.
La metafisica appare in preda a continue controversie sì da giustificare un’eventuale conclusione scettica. La morale, posta alle dipendenze della metafisica, subisce l’influsso delle sue contraddizioni e minaccia di sfociare anch’essa nello scetticismo.
Di fronte a questo stato di cose il filosofo deve proporsi di garantire la validità delle scienze; di escludere che con la ragione si possano risolvere le questioni metafisiche; di fondare una morale non sulla metafisica ma sulla stessa ragione umana, intesa come auto-regolatrice. Per un filosofo l’unico compenso ai suoi sforzi è che egli, dopo un’indagine laboriosa, possa trovarsi in possesso di una conoscenza che sia effettivamente fondata. …
In questo brano il giovane studente Immanuel Kant elenca le questioni che il filosofo deve affrontare: garantire la validità delle scienze, escludere che con la ragione si possano risolvere le questioni metafisiche e fondare la legge morale sulla ragione umana.
L’indagine [lo studio e la ricerca] che Kant conduce è molto laboriosa e assai accurata, e prima che lui possa «vedere un po’ di luce »[come ha scritto] passano più di vent’anni, e dal 1746 al 1769 Kant, mediante lo strumento della critica, si occupa di studiare il tema del rapporto tra la ragione e l’esperienza conducendo la sua esplorazione sulle parole-chiave e le idee-cardine delle due grandi correnti filosofiche che, in questo momento, vanno per la maggiore: il razionalismo e l’empirismo e, quindi, studia con impegno tutte le opere di Cartesio, di Locke, di Berkeley, di Leibniz, di Hume e di Rousseau.
Kant in questi impegnativi anni di studio e di ricerca fa delle scoperte che si possono ritenere fondamentali, e che cosa scopre? Naturalmente a questa domanda non si può rispondere con una battuta, non basta un minuto ma, in proposito, è necessario imbastire un ragionamento articolato e progressivo.
Per concludere, invece, puntiamo la nostra attenzione su un Libro, pubblicato nel 1967, intitolato Novelle da un minuto scritto da un autore ungherese che si chiama István Örkény [1912-1979, censurato dal regime ungherese precedente e oggi dalla democratura ungherese la sua opera è stata dichiarata sgradita]. Queste novelle brevissime di carattere filosofico [secondo la tradizione illuminista] non sono soltanto novellette spiritose, come dice l’autore «buone a farci passare il tempo mentre aspettiamo l’autobus o mentre si cuoce il nostro uovo», ma queste novelle vogliono spronare la lettrice e il lettore a guardare e a vedere in modo nuovo la realtà quotidiana: da una prospettiva asimmetrica e inconsueta.
István Örkény appartiene all’illustre famiglia dell’ebraismo ungherese e la sua scrittura contiene il tradizionale umorismo grottesco, ironico e crudele, sottile e fulminante di questa coltura che affonda le sue radici nella tradizione talmudica. Scrive Örkény: «La Letteratura deve provocare e stimolare chi legge a una percezione della realtà insolita rispetto alla visione abitudinaria che non stimola la mente. La Letteratura deve far riflettere, deve far ragionare e, quindi, deve invitare la lettrice e il lettore a pensare di doversi educare meglio a cogliere la realtà in modo più perspicace».
E questo ha a che fare con Kant? István Örkény scrive: «Io non ho inventato niente, i miei riferimenti culturali sono Giraudoux, Jonesco, Kafka e soprattutto Kant.» e, difatti, in Novelle da un minuto lo spirito di Kant aleggia spesso, come in questa novella che si potrebbe intitolare Kantinformazioni, e che leggiamo ora per concludere.
István Örkény, Novelle da un minuto
KANTINFORMAZIONI
Da quattordici anni siede nell’androne, dietro a un piccolo sportello scorrevole.
Gli chiedono sempre due cose soltanto. - Dove sono gli uffici della Montex? -
Lui risponde: - Primo piano a sinistra.
La seconda domanda è: - Dove si trova la Lavorazione Scarti di Gomma?
Al che lui risponde: - Secondo piano, seconda porta a destra.
In quattordici anni non si è mai sbagliato, tutti hanno avuto l’informazione esatta. Solo una volta è successo che a una signora, che si era fermata davanti al suo sportello e gli aveva fatto una delle solite domande: - Per favore, dov’è la Montex? - lui, una volta tanto, fissandola in volto, aveva detto: - Veniamo tutti dal nulla e al fetido nulla torneremo tutti.
La signora sporse reclamo. Il reclamo fu preso in esame, se ne discusse, e poi la cosa fu lasciata cadere. Effettivamente la cosa in sé - kantianamente parlando - non era un caso tanto grave perché, al momento, non era dato sapere se veniamo tutti dal nulla e se al fetido nulla torneremo tutti. …
Ogni tanto bisogna avere il coraggio [direbbe Kant] di porre pubblicamente qualche problema di carattere esistenziale, sopratutto dopo aver celebrato la Giornata della memoria; ebbene, che cosa scopre Kant nei suoi impegnativi anni di studio e di ricerca quando, mediante lo strumento della critica, si occupa di affrontare il tema del rapporto tra la ragione e l’esperienza?
Per rispondere - con un ragionamento progressivo - a questa domanda è bene procedere con lo spirito utopico che lo “studio” porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui e il viaggio continua…