Autorizzazione all'uso dei cookies

SUL TERRITORIO DEL SECOLO DEI LUMI KANT CONSIDERA LA METAFISICA COME LA SCIENZA DEI LIMITI DELLA RAGIONE …

Lezione N.: 
9

ASSOCIAZIONE ARTICOLO  34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

Un secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi

21-22-23 febbraio e 1° marzo 2024

SUL TERRITORIO DEL SECOLO DEI LUMI

KANT CONSIDERA LA METAFISICA

COME LA SCIENZA DEI LIMITI DELLA RAGIONE

     Questo è il nono itinerario del nostro secondo viaggio sul territorio del secolo dei Lumi e, come sapete, ci troviamo a Königsberg in compagnia di Immanuel Kant.

     Al termine dell’itinerario scorso abbiamo detto che Kant, negli anni tra il 1756 e il 1762, ha potuto leggere, tradotte in tedesco, le Opere di Jean Jacques Rousseau [1712-1778] e noi, come ricorderete, abbiamo studiato la vita e le Opere di Rousseau nei due itinerari precedenti alle vacanze di Natale e abbiamo detto che, incontrando Kant, avremmo ancora avuto a che fare con lui. Anche lo studio delle Opere di Rousseau - così come quello delle Opere di Newton e di Hume - diventa determinante per la formazione intellettuale di Kant e per lo sviluppo del suo pensiero.

     Kant legge con grande interesse il Discorso sulla disuguaglianza, Il contratto sociale ed Emilio o dell’educazione, e la lettura di queste Opere di Rousseau è stata per Kant tanto appassionante da fargli rinunciare per più giorni alla sua consueta passeggiata quotidiana.

     E noi ora prendiamo il passo [partendo dal LEGERE MULTUM ...] leggendo un frammento tratto da Emilio o dell’educazione perché il testo di questo trattato fa riflettere Kant su un argomento importante.

Jean Jacques Rousseau,  Emilio o dell’educazione

Tutto quello che trae origine dall’Autore di ogni cosa è bene mentre, nelle mani dell’essere umano, tutto degenera. L’essere umano costringe il terreno alla resa per farlo rendere, e lo inquina con prodotti nocivi, mescola e confonde i climi, inverte gli elementi, capovolge le stagioni. Tutto rovescia, tutto sfigura, niente vuole rispettare di quello che ha creato la Natura, nemmeno se stesso. Ma gli umani vogliono ammaestrare i loro simili come fossero cavalli da maneggio e ritengono necessario dargli una forma a modo loro come per gli alberi di un giardino. Osservate invece la Natura e seguite la via ch’essa vi mostra. Oserò esporre qui la regola più importante e utile di tutta l’educazione! L’educazione non prevede di riempire velocemente la testa di nozioni, ma di formare la mente secondo i ritmi della Natura. Quindi la regola fondamentale dell’educazione consiste non nel guadagnar tempo, ma nel perderlo. Tu che leggi, perdona i miei paradossi ma non se ne può fare a meno quando si riflette, e qualunque cosa tu possa pensare e dire sappi che preferisco essere persona da paradossi piuttosto che persona da pregiudizi. …

     Immanuel Kant ha raccontato che la lettura delle Opere di Jean Jacques Rousseau, tradotte in tedesco negli anni tra il 1756 e il 1762, ha fatto sì che prendesse coscienza di un argomento molto importante, tuttora di stringente attualità. Scrive Rousseau: «Il progresso materiale dell’Umanità [quello che oggi chiamiamo “lo sviluppo”] non porterà mai al superamento delle disuguaglianze, delle ingiustizie, delle divisioni, che sono le grandi e vere tragedie dell’Umanità. Un Mondo diverso è possibile solo con il progresso morale dell’Umanità. Per la persona non c’è altro autentico progresso che quello di natura etica. La giusta trasformazione materiale e sociale del Mondo avviene se c’è un progresso morale dell’Umanità, contrariamente assisteremo non a una benefica ma a una tragica e trasformazione.».

     Kant pensa che Rousseau possa essere considerato “il Newton del mondo morale”, infatti Newton, con la Legge della gravitazione, ha rivelato l’esistenza di un nuovo ordine cosmico, e Kant ritiene che Rousseau abbia indicato chiaramente che sarebbe possibile costruire un nuovo ordine morale, e ciò potrebbe avvenire se la persona fosse in grado di utilizzare non solo e non tanto la ragione ma anche e soprattutto il sentimento. Questa idea costringe Kant a studiare il pensiero di Rousseau che anche noi conosciamo: infatti, prima delle vacanze di Natale, siamo venute e venuti a sapere, proprio come Kant, che nel 1744, a Parigi, Rousseau diventa amico di Diderot, di d’Alembert, di Condillac, di Le Breton e con loro s’incontra regolarmente, una volta la settimana, nel quartiere di Les Halles [quello del grande mercato centrale, “il ventre di Parigi”], in una trattoria che si chiama Panier fleuri, dove mangiano insieme e discutono animatamente tanto da dare spettacolo.

     Rousseau, a quel tavolo, sostiene, contrariamente ai suoi interlocutori, che la ragione ha un ruolo importante perché fa capire alla persona che è il sentimento a prevalere in lei piuttosto che l’intelletto: l’essenza della persona, sostiene Rousseau, è sentimentale prima che intellettuale.

     Che cos’è il sentimento per Rousseau? [Kant lo vuole sapere] Per Rousseau «il sentimento è un impulso spontaneo che rende la persona naturalmente buona, e i mali attuali che affliggono l’umanità - gli egoismi, le passioni, la distinzione in ricchi e poveri, in deboli e potenti, in sfruttati e sfruttatori - derivano tutti dalla degenerazione che la persona ha subito da quando si è allontanata dal sentimento originario che è “lo stato di natura” proprio dell’Umanità.» …

     L’allontanamento dal sentimento originario, scrive Rousseau, ha prodotto la nascita della cosiddetta “società civile” e questo fatto ha causato il deterioramento della condizione umana: infatti, l’incivilimento, dato dallo scriteriato sviluppo economico e sociale, comporta la moltiplicazione dei bisogni inutili a scapito di quelli necessari ed essenziali e ciò produce uno scontro nefasto tra gli individui che vogliono disporre di sempre nuove ricchezze. Quindi, l’incivilimento, scrive Rousseau, comporta la moltiplicazione di inutili convenzioni [accordi, intese, norme] che servono solo a sancire il trionfo dell’ipocrisia perché in realtà [e il corso della Storia lo dimostra, scrive Rousseau] queste inveterate consuetudini sono servite solo per far approfondire l’abisso scavato tra i ricchi e i poveri: «Non è vero che l’incivilimento [scrive Rousseau] offre condizioni migliori a tutti; il numero dei ricchi aumenta di pochissimo con l’aggravante che diventano sempre più ricchi, mentre il numero dei poveri aumenta a dismisura con l’aggravante che diventano sempre più poveri e, per capire questo, basta guardarsi intorno, basta navigare a vista nella società civilizzata!». La civilizzazione porta con sé, scrive Rousseau, “il fenomeno della divisione del lavoro” e, di conseguenza, la riduzione dell’individuo a semplice ingranaggio di un enorme meccanismo che diventa sempre di più incontrollabile, e questo fenomeno produce la piaga terribile dell’urbanesimo: il concentramento di una massa di individui nelle città, che diventano, per mancanza di servizi, centri di corruzione fisica e morale.

     Kant rimane colpito dalla calzante analisi di Rousseau e dalla definizione che dà al termine “sentimento”: «un impulso spontaneo che rende la persona naturalmente buona» mentre i mali che affliggono l’umanità - gli egoismi, le passioni, la distinzione in ricchi e poveri, in deboli e potenti, in sfruttati e sfruttatori - derivano tutti, scrive Rousseau, «dalla degenerazione che la persona ha subito da quando si è allontanata dal sentimento originario che è “lo stato di natura” proprio dell’Umanità». Questi argomenti derivanti dal pensiero di Rousseau forniscono - insieme agli insegnamenti di Newton e di Hume - ulteriori elementi che permettono a Kant di completare il suo primo itinerario di formazione e di formulare alcune ipotesi di lavoro.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Dell’insegnamento di quali persone vi siete giovate e giovati nel corso del vostro itinerario di studio e del vostro tirocinio di formazione in campo lavorativo? ...

Scrivete quattro righe in proposito ...

     Dopo aver completato il suo primo itinerario di formazione - giovandosi degli insegnamenti di Newton, di Hume e di Rousseau - quali ipotesi di lavoro è in grado di formulare Kant?

     Immanuel Kant dopo aver completato il suo primo itinerario di formazione studiando le Opere di Newton, di Hume e di Rousseau [e noi lo abbiamo seguito su questa strada] è in grado di formulare delle ipotesi di lavoro mettendo a frutto ciò che ha imparato.

     L’opera di Newton [afferma Kant, facendo una prima ipotesi] ci dimostra che la scienza sperimentale esiste e che ci sono Leggi naturali su cui si fonda la vita dell’Universo che possono essere conosciute, delle quali si può capire il funzionamento e dalle quali possono derivare nuove applicazioni. Le opere di Rousseau [afferma Kant, facendo una seconda ipotesi] mettono in evidenza che il fenomeno della morale esiste ed è una caratteristica umana radicata nella natura della persona. Quindi Kant prende atto che la scienza sperimentale esiste, è conoscibile, e che il fenomeno della morale è connaturato alla persona, è comprensibile; però, le opere di Hume [afferma Kant, facendo una terza ipotesi] fanno riflettere sul fatto che - essendo l’esperienza un fatto soggettivo - la scienza non è dotata di oggettività così come la morale non è corredata di certezze. Kant, al seguito di questa riflessione critica, si trova di fronte a due grandi questioni da affrontare in termini interlocutori: come è possibile, si domanda Kant, dare un fondamento certo, veritiero, attendibile alla scienza e alla morale? Su quali basi, si domanda Kant, è possibile fondare la scienza e stabilire la morale? E, soprattutto, è possibile trovare l’accordo tra la scienza e la morale? [E questo è un argomento che continua a essere di stringente attualità].

     Questi interrogativi sono il punto di partenza di un nuovo lungo itinerario che Kant inizia a percorrere sempre con pazienza e con determinazione [due virtù che chi studia, quindi tutte e tutti noi, deve possedere]. E così dopo la cosiddetta] “fase naturalistica” [dal 1756 al 1762] per Kant ha inizio quella che si chiama “la fase metafisica” [ma potrebbe essere chiamata “anti-dogmatica”, e lo accompagnerà per tutti gli anni ’60 del ‘700]. In questo periodo, mentre continua a dedicarsi all’insegnamento per guadagnarsi da vivere, scrive una lunga serie di saggi che deve far stampare a sue spese, attraverso i quali si delinea, poco per volta. il percorso del suo pensiero. I titoli delle più significative di queste opere sono i seguenti: L’Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio [1763], Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime [1764], Notizia sull’indirizzo delle Lezioni per il semestre invernale 1765-1766 [1765], Sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica [1766]. I testi di questi trattati non sono facili da leggere ma sono interessanti, e sul contenuto di ciascuno di loro si potrebbe costruire un itinerario per illustrare le caratteristiche di ciascuno di questi saggi. Ora noi, per non disperdere le energie cognitive, ci limitiamo a operare una sintesi mettendo in evidenza il filo conduttore che taglia trasversalmente i testi di queste opere dicendo che in essi Kant fa un’analisi critica sull’educazione dogmatica che ha ricevuto. Egli capisce che il dogmatismo [affermare che quello che viene enunciato è la verità a cui bisogna credere per fede senza discutere] non è un fatto positivo, tanto meno in Filosofia: quindi, compone questi testi per riflettere su come prendere le distanze dalle presunte affermazioni di principio che cadono sotto l’egida del dogmatismo [dell’accettazione acritica]; di conseguenza, fa il punto sugli studi e sulle ricerche che lui ha fatto seguendo gli insegnamenti delle più importanti correnti tradizionali del secolo dei Lumi da cui è stato influenzato [traendone molti vantaggi sul piano dell’apprendimento, afferma Kant] - lo sperimentalismo di Newton, il razionalismo di Wolff e l’empirismo di Hume - e per condurre questa operazione di verifica e di revisione utilizza il metodo critico.

     Del “metodo critico” [elaborato ed esplicitato da Kant, come sappiamo, già nel testo della sua tesi di laurea] ne abbiamo parlato da poco [nel settimo itinerario di questo viaggio, e avete il REPERTORIO che potete rileggere per rinfrescarvi la memoria]: la constatazione importante da fare in proposito è che Kant - che è cresciuto studiando e aderendo alle correnti di pensiero dello sperimentalismo, del razionalismo e dell’empirismo - è stato capace di assumere nei loro confronti un positivo e produttivo atteggiamento critico utilizzando l’arte del giudizio [la critica, come la concepisce Kant] nei confronti del dogmatismo; questo comportamento virtuoso sotto il profilo intellettuale lo porta ad andare oltre i confini tracciati dalle affermazioni di principio di queste correnti per poter entrare in un territorio tutto da esplorare.

     Nel saggio intitolato Notizia sull’indirizzo delle Lezioni per il semestre invernale 1765-1766, che è l’Introduzione al Corso di Filosofia che sta per tenere all’Università di Königsberg, Kant scrive: «La Filosofia non è un oggetto che deve essere solo studiato così com’è. La Filosofia è un metodo di ricerca, e per insegnare la Filosofia bisogna insegnare a filosofare.». Quindi il verbo “filosofare” per Kant significa invitare a ragionare, a riflettere e a esprimere il proprio pensiero privilegiando la scrittura [evitando il chiacchiericcio]: «Il Repertorio proposto nel corso di una Lezione [scrive il professor Kant che è un bravo insegnante per cui è d’uopo seguire i suoi consigli e, quindi, non vi meravigliate se anche in questa Scuola seguiamo un REPERTORIO che invita a tessere una TRAMA mediante quattro righe scritte] fa sempre nascere nella mente una Trama di pensieri che, per assumere la struttura di giudizio critico, deve essere redatta sinteticamente in forma scritta. Solo la scrittura trattiene il risultato, ponderato e soppesato, dell’indagine condotta criticamente dall’intelletto. Il chiacchiericcio [afferma Kant] è vana farneticazione che fa fermentare e lascia spazio al dogmatismo, all’assolutismo, all’intolleranza, all’esclusivismo e al fanatismo».

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Voi, oggi, accanto a ognuno di questi quattro termini - assolutismo, intolleranza, esclusivismo e fanatismo – sinonimi di dogmatismo: quale parola rappresentativa accostereste?...  Scrivete quattro parole in proposito, per filosofeggiare …                                                                                       

     La riflessione molto articolata di Kant, condotta con “il metodo della critica”, sul tema del dogmatismo risulta di grande importanza nell’ambito del dibattito culturale in corso durante il secolo dei Lumi [ed è tuttora un tema di grande importanza].

     Immanuel Kant, utilizzando “il metodo della critica”, affronta con coraggio, senza infingimenti e senza opportunismi, il tema del dogmatismo aspirando a farlo diventare un argomento di dibattito culturale nel corso del secolo dei Lumi; però il suo modo di filosofare [di fare ricerca ad ampio spettro] non riceve consensi perché, in fin dei conti, un po’ di dogmatismo fa comodo a tutte le dottrine filosofiche e, quindi, la maggior parte degli intellettuali preferisce rimuovere il problema. Ma per Kant, che è un anonimo professore che non vive a Parigi, la città che in questo momento pretende di essere la capitale culturale d’Europa e il centro propulsore dell’Illuminismo, questa condizione di isolamento rappresenta [per lui che è orgoglioso di essere un provinciale] uno stimolo a investire in intelligenza per cui decide di formalizzare la sua posizione di pensatore affermando nel testo della Notizia sull’indirizzo delle Lezioni per il semestre invernale 1765-1766 di voler contrapporre al fenomeno del dogmatismo una nuova forma di pensiero che verrà chiamato “il criticismo”. Kant, nella Notizia sull’indirizzo delle Lezioni per il semestre invernale 1765-1766”, scrive: «Per criticismo intendo un pensiero che vuole distinguersi dal dogmatismo, perché il dogmatismo accetta le dottrine senza interrogarsi sulla loro validità. Vorrei fare della critica uno strumento adatto per filosofare [per fare ricerca] rifacendomi al significato del verbo greco kritiké che significa giudicare non nel senso procedurale del termine [come il verbo “krìno”, che si usa in tribunale] ma nella direzione di opinare, di saper creare un’opinione non destinata a cristallizzarsi in una verità assoluta ma in un giudizio ipotetico, e vorrei sottolineare che, nell’area del pensiero greco, accanto al verbo kritiké si trova sempre il termine téchne [l’arte] per cui la parola critica indica l’arte [téchne] di giudicare che è strettamente connessa con le azioni di pensare, stimare, ritenere, supporre, reputare.». Quindi, per Kant, “criticare” vuol dire “giudicare nel senso di valutare, di soppesare, di interrogarsi sul fondamento delle conoscenze umane per chiarirne la validità, i limiti e le possibilità. Afferma Kant: «La critica non è una semplice dichiarazione di scetticismo, non è un’eclatante esibizione atta a smontare un apparato ma, bensì, la critica è un esercizio che serve per tracciare ragionevolmente il perimetro entro il quale si sviluppa un’esperienza, in quanto delimitare nel modo più corretto possibile i confini di un’esperienza significa garantire, entro i suoi limiti, la validità dell’esperienza stessa».

     Kant, come abbiamo constatato, studia le opere e apprezza il pensiero di Hume ma respinge gli elementi di scetticismo che si annidano nei risvolti della sua riflessione perché capisce che Hume, lo scetticismo, se lo impone in modo dogmatico: Hume, senza darne dimostrazione, senza neppure provarci, sostiene che la matematica e la fisica non rientrano nell’ambito della scienza [per lui, solo l’esperienza sensibile nel momento in cui si manifesta è valida sul piano conoscitivo], e Kant, con spirito critico verso il pensiero di Hume, si domanda per quale motivo non si possa indagare per verificare se effettivamente la matematica e la fisica siano o non siano da considerarsi delle scienze: possibile [si domanda Kant] che Hume - invece di dare risposte dogmatiche per sminuire il ruolo della ragione [delle idee] a vantaggio dell’esperienza [delle sensazioni] - non abbia avuto la curiosità di capire fino a che punto la matematica e la fisica possano essere considerate [perché si sa che lo sono] discipline utili per conoscere la realtà? Hume, afferma Kant, per essere coerente con la logica del suo pensiero che ha in sé elementi positivi, cade nel dogmatismo, lui, che ha sempre avversato i dogmi. E poi, sostiene Kant, esiste dalle origini della Storia del Pensiero Umano lo scottante tema della metafisica con il quale bisogna fare i conti: perché, si domanda Kant, non si dovrebbe investigare per capire se la metafisica si debba intendere solo come una disposizione naturale della persona verso l’Assoluto oppure la si debba intendere come una scienza vera e propria?

     Si capisce che Kant, nei testi dei Saggi che scrive in questo periodo [per riflettere in modo critico senza voler buttare all’aria nessun apparato perché qualsiasi apparato, sfrondato dal dogmatismo, porta in sé elementi positivi], ebbene, Kant nei suoi Scritti, composti negli anni ’60 del ‘700, nel corso della cosiddetta fase metafisica, vuole esprimere la sua insoddisfazione tanto nei confronti dell’educazione imperativa che ha ricevuto quanto in relazione alle risposte categoriche date dal razionalismo, dallo sperimentalismo e dall’empirismo [le correnti di pensiero di cui ha studiato diligentemente tutte le Opere]. I razionalisti come Leibniz e Wolff, dai quali ha imparato a riflettere sul tema della ragione, lo rendono insoddisfatto in quanto, per avvalorare la superiorità della ragione sull’esperienza, fanno dogmaticamente appello alla metafisica, al ruolo che ha la provvidenza divina [ma la ragione può dare risposte veritiere ai problemi posti dalla metafisica? Si domanda Kant]; e poi gli scienziati, dai quali ha imparato a riflettere sul tema della conoscenza, lo rendono insoddisfatto in quanto Newton, il fisico per eccellenza, per dare piena credibilità alla sua Legge di gravitazione universale, pensa di dover ricorrere dogmaticamente alla metafisica, al ruolo che ha Dio creatore [ma la sperimentazione e la metafisica possono essere compatibili? Si domanda Kant]; e a loro volta gli empiristi, dai quali ha imparato a riflettere sul tema dell’esperienza, lo rendono insoddisfatto in quanto Hume, che nega i dogmi della metafisica per dare la supremazia conoscitiva al fenomeno dell’esperienza sensibile, finisce però per svalutare completamente il ruolo della ragione [ma, senza il contributo della ragione, come si può indagare sulle problematiche poste dalla metafisica? Si domanda Kant]. Quindi, dopo aver fatto la lista riguardante gli argomenti che lo rendono insoddisfatto Kant si pone la domanda fondamentale: come si può promuovere una conoscenza non fondata sui dogmi ma che si possa considerare valida tanto sul piano razionale quanto su quello dell’esperienza e, soprattutto, efficace a livello scientifico? È possibile formulare dei giudizi essenziali e sostanziali che siano funzionali il più possibile per favorire il fenomeno alla conoscenza? E Kant nei Saggi che scrive in questo periodo cosiddetto “metafisico” riflette sui termini “ragionamento, esperimento, esperienza” [e noi - in chiave filologica - dobbiamo seguire il suo invito a riflettere].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste parole - dimostrazione, argomentazione, spiegazione o quale altra - preferite mettere per prima accanto al termine “ragionamento”?... E poi quale di queste parole - osservazione, prova, tentativo o quale altra - preferite mettere per prima accanto al termine “esperimento”?... E ancora quale di queste parole - competenza, abilità, accortezza o quale altra - preferite mettere per prima accanto al termine “esperienza”?... Facendo questo esercizio potete raggiungere l’obiettivo previsto che è quello di potenziare il vostro bagaglio lessicale, uno strumento che risulta utile sul piano della conoscenza, quindi, leggete, riflettete e scrivete le tre parole scelte... Non si è mai abbastanza consapevoli [sostiene Kant] di quanto possa essere proficuo l’impegno profuso nell’esercizio della scelta: nell’essere sempre interessate e interessati a curare la meccanica del vostro sistema di apprendimento...

     L’insoddisfazione che Kant prova dopo aver studiato con impegno le Opere di Leibniz, di Wolff, di Newton e di Hume si dimostra un elemento positivo che lo spinge a non rimanere passivo ma ad agire per investire in intelligenza e per continuare a riflettere in modo sempre più sistematico, anche perché dai pensieri contenuti in queste Opere sulle quali si è applicato ha imparato molto in quanto lo studio è cura e la cura è impegno e l’impegno è sempre produttivo.

     Kant per continuare a condurre la sua riflessione in modo sempre più sistematico - dopo aver studiato con impegno le Opere di Leibniz, di Wolff, di Newton e di Hume - dichiara di essere insoddisfatto a causa delle troppe affermazioni dogmatiche che questi eminenti autori hanno enunciato nei loro Scritti e, quindi, avverte l’esigenza di mettere in evidenza, con il metodo critico, quali sono a suo avviso gli elementi contraddittori presenti nelle dottrine del razionalismo e dell’empirismo. Kant scrive che i pensatori razionalisti, da Cartesio a Leibniz, affermano che l’anima [o l’intelletto, che dir si voglia] è provvista, dal momento della nascita della persona, di determinati principi razionali, che sono stati posti e garantiti in essa da Dio, e questi principi hanno preso il nome di “idee innate” e attraverso queste idee innate che - in quanto ereditate, congenite, connaturate sono indipendenti dall’esperienza - la persona, per deduzione, da pensiero in pensiero, perviene alla conoscenza della realtà: per mezzo delle idee innate la persona giunge alla comprensione del mondo che la circonda. E, quindi, per conoscere la realtà, secondo i razionalisti, scrive Kant, l’intelletto della persona compie un continuo lavoro di analisi e, di conseguenza, la persona acquisisce la conoscenza tramite il giudizio analitico, per cui i dati che la persona ha a disposizione confermano la conoscenza dell’oggetto in questione.

     Ebbene, Kant critica le posizioni dei razionalisti affermando di non capire come si possa sostenere, [come scrive Cartesio, che «l’esistenza di Dio dimostra l’esistenza delle idee innate [in particolare della Matematica], e che l’esistenza delle idee innate conferma l’esistenza di Dio». Ma, scrive Kant, come si può confermare l’esistenza di Dio? Questo ragionamento, afferma Kant, non è né un’aporia [una contraddizione calzante] né un paradosso [un ragionamento esplicativo per assurdo] bensì è semplicemente un circolo vizioso, è come il gatto che si morde la coda e non sa che la coda è sua [e s’inquieta senza comprendere perché prova dolore]. L’esistenza di Dio, scrive Kant, è una questione che riguarda esclusivamente la fede, come sostiene Pascal, e non concerne la ragione perché quando la ragione umana si occupa del problema dell’esistenza di Dio suggerisce alla mente della persona che non è possibile affermare con certezza l’esistenza di Dio, perché la fede in Dio si basa sulla speranza non sulla certezza. E allora, sostiene Kant, come si può ammettere con certezza l’esistenza delle idee innate, e anche se esistessero, essendo un prodotto interno della mente, come potrebbero le idee innate valere per conoscere la realtà esterna, corporea, materiale?

     Con la stessa determinazione Kant critica l’empirismo. Kant scrive che i pensatori empiristi, da Bacone a Locke e a Hume, affermano che l’anima [o l’intelletto, che dir si voglia], al momento della nascita della persona, non contiene nulla, ed è come una “tabula rasa” [letteralmente “un qualcosa senza forma”], come se fosse una lavagna sulla quale nulla è ancora stato scritto. Per gli empiristi, afferma Kant, tutte le conoscenze derivano dall’esperienza, ossia dai sensi, e il pensiero ha il compito di sintetizzare i dati acquisiti e, sempre per sintesi, di aggiungere nuovi dati sensibili a quelli già registrati con l’esperienza. E, quindi, precisa Kant, per gli empiristi l’intelletto compie un continuo lavoro di sintesi, e la persona conosce per mezzo dell’abitudine che l’esperienza fornisce e, di conseguenza, la persona acquisisce la conoscenza tramite il giudizio sintetico [che è l’attività abitudinaria ed essenziale dell’intelletto della persona]. Ebbene, Kant critica le posizioni degli empiristi affermando di non comprendere come l’anima [o l’intelletto, che dir si voglia] si possa considerare come l’equivalente di una tabula rasa: come può un simile oggetto risultare uno strumento idoneo per raccogliere i dati delle esperienze? L’anima [o l’intelletto, che dir si voglia, scrive Kant] deve avere una forma con le caratteristiche del contenitore per poter raccogliere i dati delle esperienze perché su una tabula rasa [su “un qualcosa senza forma”] i dati delle esperienze come possono avere dei rapporti costanti tra loro? Se, come sostengono gli empiristi, precisa Kant, i rapporti tra i vari dati dell’esperienza si formano con l’abitudine significa che l’abitudine [l’habitus] è una forma e, allora, la predisposizione all’abitudine, a questa forma, come potrebbe averla l’anima [o l’intelletto, che dir si voglia] se contemporaneamente è una tabula rasa [“un qualcosa senza forma”]? L’anima [o l’intelletto, che dir si voglia, precisa Kant] o è una tabula rasa senza forma oppure è un habitus a forma di contenitore. E se l’intelletto, come sostengono gli empiristi, scrive Kant, raccoglie solo impressioni sensoriali contingenti, particolari e limitate che vengono però, in quanto date dall’esperienza, considerate il pensiero forte [perché è dall’esperienza che viene il vero sapere, sostengono gli empiristi], ebbene, come può poi la conoscenza andare oltre, visto che nella persona [vedi Newton] nasce l’esigenza di conoscere con la ragione le Leggi scientifiche universali e necessarie: allora, si domanda Kant, la conoscenza delle Leggi scientifiche universali e necessarie come la si può acquisire se il pensiero dato dalla ragione è considerato debole [e per questo anche Newton è stato costretto a fare affidamento in Dio per risolvere la questione, rivolgendosi all’Assoluto]? E poi, afferma ancora Kant, se la conoscenza si esaurisce nelle sensazioni rimane inspiegabile l’anelito della persona [vedi sempre Newton] verso l’Assoluto, e resta incomprensibile l’esigenza propria di ogni persona di trascendere le cose e di pensare in termini metafisici. Ignorare questa aspirazione come fanno gli empiristi, precisa Kant, significa solo evitare il problema e non risolverlo: come possono persone così intelligenti come i pensatori empiristi ignorare questo tema? Non potendo ignorarlo, risponde Kant, lo rimuovono dogmaticamente e, di conseguenza, si espongono a cadere in contraddizione. È chiaro, conclude Kant, che è necessario riflettere in modo non dogmatico sui temi della ragione, dell’esperienza e dell’anelito verso l’Assoluto.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Attraverso lo studio, attraverso il lavoro e con un’attività continuativa in quale campo, in quale ambito, in quale settore, in quale materia avete maturato una solida esperienza?...

Scrivete quattro righe in proposito...

Il vostro anelito verso l’Assoluto, vale a dire l’aspirazione a dare maggior valore possibile all’esistenza, vi porta a pensare all’immortalità in un Mondo ultraterreno, alla fratellanza universale sulla Terra, al raggiungimento della conoscenza della verità sui misteri dell’Universo, a come acquisire una fama personale imperitura, oppure a quale altra possibilità?...   Con una riga scritta esprimete il vostro pensiero in proposito...    

     Dopo aver compiuto quest’ampia riflessione critica riguardante gli elementi dogmatici presenti nelle correnti del razionalismo e dell’empirismo Kant pensa di dover affrontare il tema della metafisica che non può essere né rimosso né evitato né utilizzato per costruire dogmi e, secondo lui, nessuna corrente di pensiero ha ancora affrontato il problema metafisico nel modo giusto. È diventato presuntuoso Kant, oppure c’è un fondo di verità in ciò che dice?

     Come abbiamo detto, negli anni ’60 del ‘700, Kant scrive una lunga serie di Saggi, e in questi scritti, chiamati della “fase metafisica”, c’è un filo conduttore dato dal fatto che Kant tenta di rispondere ad alcune importanti domande: che cos’è la metafisica, quali sono le sue potenzialità e fino a che punto questa disciplina può essere utile per fornire una conoscenza della realtà e, soprattutto, per la comprensione di quel mondo che sta al di sopra della fisica?

     Nel 1763 Kant compone un saggio intitolato Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio, e nel testo di quest’opera, nell’incipit, Kant scrive: «La metafisica appare ai miei occhi come un oceano tenebroso senza sponde e senza fari, un oceano sconosciuto ancora non solcato e reso infido da inavvertite correnti marine». Questa constatazione porta Kant a pensare che per affrontare il tema si debba compiere, prima di tutto, un’analisi del concetto di esistenza e, per poter affrontare questo tema Kant [facendo appello alla sua dedizione per lo studio] si dedica ad approfondire gli argomenti proposti in materia di metafisica a partire dalla Scolastica medioevale: Kant prende il passo applicandosi sul pensiero di Anselmo d’Aosta [1033-1109] e - studiando le due opere principali di Anselmo, Monologion [Monologo, 1076] e Proslogion [Discorso, 1078] - analizza le celebri dimostrazioni di Anselmo dell’esistenza di Dio che, scrive Kant, sono state utilizzate da tutti coloro i quali hanno studiato la metafisica fino a Cartesio. Kant, dopo aver lodato la creatività razionale del pensiero di Anselmo, mette in dubbio, con il metodo della critica, il procedimento del ragionamento ontologico [la prova che porta al principio assoluto, all’Essere supremo] di Anselmo basato sulla certezza dell’esistenza delle idee innate [di cui abbiamo parlato poco fa].

     Che cos’è il ragionamento ontologico, si domanda Kant? Scrive Kant [e noi lo seguiamo nella sua riflessione condotta nel saggio intitolato Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio]: «Anselmo afferma che, se la persona possiede il concetto, se nella mente di una persona c’è l’idea innata di una cosa, per analisi può passare a definire la sua esistenza perché nel momento in cui la persona pensa quella cosa la fa anche esistere, quindi, nel momento in cui la persona definisce col pensiero l’idea di Dio [l’Ente di cui non si può pensare nulla di maggiore, afferma Anselmo], Dio esiste, e l’esistenza di Dio è il principio che avvalora l’esistenza di tutte le cose». Kant riconosce che le affermazioni di Anselmo abbiano il loro fascino [e sono state sostenute da Bonaventura, da Cartesio, da Leibniz e anche Hegel le sosterrà] ma per Kant sono asserzioni datate e già criticate nel corso dei secoli a cominciare dal monaco, contemporaneo di Anselmo, Gaunilone e poi da Tommaso d’Aquino. Di conseguenza, Kant nega decisamente la validità del ragionamento ontologico e afferma che «l’esistenza è la situazione pura e semplice delle cose perché le cose esistono in quanto tali e non perché la mente della persona le pensa e, difatti, pensarne l’esistenza non aggiunge e non toglie nulla alle cose e, soprattutto, pensarne l’esistenza non aggiunge e non toglie nulla alle cose sul piano della loro perfezione». Kant, nel saggio intitolato Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio, scrive: «Tra una cosa pensata “come possibile” e la stessa cosa pensata “come esistente” non c’è alcuna differenza di qualità e di caratteri. In qualche parte di questo vasto Universo ci saranno pure abitatori di altri pianeti, questo è un fatto possibile, così come, però, è possibile che non ci siano, e che differenza c’è per noi terrestri in questo momento tra la possibilità della loro esistenza e la loro esistenza reale? Non c’è alcuna differenza. E questo deve farci ritenere che il problema dell’esistenza di Dio è legato non alla certezza ma alla possibilità. Ed ecco che possiamo fissare un punto, e dire che la metafisica è non tanto la disciplina delle certezze - così come finora è stata considerata e trattata - ma è piuttosto la disciplina dei possibili, per cui è necessario riflettere su una teoria metafisica dei possibili e, di conseguenza, è doveroso che ci si domandi: fin dove arrivano le possibilità della ragione? Da ciò s’impara, scrive Kant, che la prima questione metafisica da affrontare non è quella dell’esistenza “come certezza” ma quella dell’esistenza “come possibilità”, e questo ragionamento ci fa dire che esistono delle verità eterne ritenute possibili e, di conseguenza, si può pensare alla possibilità dell’esistenza di verità eterne ma non si può dire che esistono con certezza queste verità, però, non si può neppure dire che esiste nessuna verità, perché sarebbe come dire che esiste nulla, ma, prosegue Kant se esiste nulla non è dato neppure qualcosa che sia pensabile, ma siccome io posso verificare che esistono delle verità - non è forse vero il fatto che io, in questo momento, sto scrivendo e qualche persona mi sta leggendo? - e, quindi, esiste la condizione per cui posso affermare l’esistenza di un sistema di verità possibili e anche eterne.».

     Dopo aver chiarito questo punto Kant dichiara che «la metafisica è la più difficile di tutte le discipline e che non c’è stato mai un autore che abbia scritto un effettivo e attendibile Trattato di metafisica»: è chiaro che questa affermazione risulta sorprendente, e si potrebbe dire presuntuosa se non ci si trovasse di fronte a una persona dotata della massima severità morale e di buona perspicacia intellettuale. Kant [noi continuiamo a seguirlo nella sua riflessione condotta nel saggio intitolato Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio] scrive: «Il fatto è che tutti i pensatori hanno sempre affrontato il tema considerando la metafisica come la disciplina della certezza piuttosto che della possibilità, ed ecco che le grandi costruzioni messe in piedi dai filosofi del passato, se sfrondate oggi con la critica degli elementi dogmatici che contengono, appaiono come diversi mondi campati in aria.». Con questa affermazione stupefacente Kant chiude il saggio intitolato Unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio. Naturalmente, non vuole certo lasciare la presa ma intende spiegare ciò che ha asserito con spirito critico e compone il più singolare dei saggi che abbia mai scritto intitolato Sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica che Kant fa stampare anonimo nel 1766 [sa che questo Scritto verrà condannato dall’ambiente universitario e lui non può permettersi di perdere il posto di lavoro]. Gli accademici dell’Università Albertina di Königsberg non avrebbero mai potuto immaginare che un tipo che appare così serioso come Kant potesse essere l’autore di questo testo scritto con il gusto dello scherzo e della caricatura, mentre i suoi amici più fidati [ne ha pochi ma sinceri, soprattutto tra i suoi studenti che conoscono il vero carattere di Kant, una persona simpatica, ironica, dotata di senso comico] lo riconoscono tacitamente.

     Chi è il visionario che Kant prende a esempio per dare libero sfogo a tutta la vena ironica che possiede e che, per certi aspetti, lo accomuna a Voltaire? Il visionario evocato da Kant nel saggio Sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica è Emanuel Swedenborg [1688-1772], un ecclesiastico svedese esperto in occultismo che affermava di essere in contatto con il mondo ultraterreno e che ha dedicato a questo spazio che chiama metafisico - secondo lui popolato di spiriti da evocare, da placare e da interpellare - un’opera in otto volumi dal titolo Arcana coelestia [Le cose misteriose che si trovano in cielo, 1756]. Quest’opera di successo è stata regalata a Kant da una signora, Charlotte Knobloch, la quale voleva un parere a riguardo. Kant legge con attenzione questi volumi, si diverte moltissimo, traendo la conclusione che non si può confondere la metafisica con «la sbrigliata fantasticheria di un visionario che usa la ragione per costruire l’architettura di mondi immaginari». Kant decide di dover  difendere la metafisica dagli assalti della ragione visionaria, dalle fantasie, perché ha maturato chiaramente un’idea: «La metafisica [scrive Kant] è la più importante delle discipline perché è la scienza dei limiti della ragione. La ragione al servizio della fantasia costruisce fantasmi, edifica mondi immaginari, imbastisce commedie, crea letteratura fantastica, e perciò bisogna distinguere la metafisica dalla fantasia, soprattutto perché non è necessario avere la certezza dell’Aldilà per dare un fondamento alla morale. Se la persona deve avere la certezza dell’Aldilà per decidere di comportasi bene è, già in partenza, in preda all’immoralità.». Ebbene, in questo saggio dal tono scherzoso [gia dal titolo] Sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica Kant enuncia con chiarezza due argomenti fondamentali che vuole sviluppare: il tema dei limiti della ragione e la questione dell’autonomia della Legge morale [e lo seguiremo su questa strada].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Sognare di essere nell’Aldilà è un tema dominante dell’attività onirica delle persone: voi che cosa avete sognato in proposito?...

Scrivete quattro righe per materializzare il sogno...

     E ora, per concludere, a proposito dell’Aldilà leggiamo ancora una delle Novelle da un minuto, pubblicate nel 1967, dello scrittore ungherese István Örkény [1912-1979]. Quando lo abbiamo incontrato [al termine del settimo itinerario] abbiamo detto che, per comporre questi brevi brani di carattere filosofico Örkény ha fatto riferimento a Giraudoux, a Jonesco, a Kafka e soprattutto a Kant, per invitare e stimolare chi legge a riflettere e a guardare il mondo e la realtà quotidiana con un’ottica diversa, quella dell’ironia.

István Örkény,   Novelle da un minuto

KANTINFORMAZIONI UTILI PER DOPODOMANI

Com’è noto, dopodomani, martedì, alle sei meno un quarto del pomeriggio il mondo finirà. Subito dopo avrà luogo il giudizio universale. La sezione competente del Consiglio della Capitale invita i cittadini a evitare il panico. È inutile d’altro canto abbandonarsi a scene di impazienza, perché a ognuno toccherà il suo turno, senza eccezioni. Non si renderanno necessarie restrizioni straordinarie del traffico, comunque la galleria - a causa del pericolo di eventuali crolli - verrà chiusa alle tre del pomeriggio. Da quel momento gli autobus n. 4, 5 e 56 passeranno invece che sul ponte delle Catene sul ponte Elisabetta. I treni, le navi e gli autobus faranno servizio secondo l’orario normale, anzi, da piazza del Vigadò partirà, in via straordinaria, una nave passeggeri che (se ci sarà un numero sufficiente di persone) seguirà il corso del fiume, a mo’ di catafalco imbandierato, fino alla pittoresca contrada delle Porte di Ferro e al Mar Nero. A tutti quanti volessero presentare richiesta di prolungamento della vita si comunica sin d’ora che la loro richiesta non potrà essere presa in considerazione. Non fanno eccezione neppure le donne incinte né i neonati, benché alcuni di loro potranno giustamente lamentarsi di venire al mondo proprio dopodomani alle sei meno un quarto e di avere quindi una vita incredibilmente breve. D’altronde saranno singolarmente fortunati tutti quelli che sarebbero morti comunque in quel momento. Quelli sì che, adesso, possono ridersela sotto i baffi. …

     Kant, dopo aver criticato gli elementi dogmatici presenti nel razionalismo e nell’empirismo, e dopo aver esaminato il modo con cui è stata affrontata la questione metafisica ritorna a domandarsi: come può la persona aspirare ad acquisire una conoscenza non fondata sui dogmi ma scientificamente valida? La proposta di Kant per favorire la conoscenza è quella di imparare a praticare il ragionamento trascendentale e di utilizzare il giudizio sintetico a priori: di che cosa si tratta?

     Per rispondere a questa domanda [non in modo dogmatico, direbbe Kant] è bene procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare [e non perdete il prossimo itinerario perché è l’ultimo della stagione invernale ed è quello che precede la pausa pasquale] e, quindi, giovandoci del fatto che la Scuola è qui, il viaggio continua…

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Marzo 1, 2024