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IL TRADIZIONALE RITUALE DELLA PARTENZA PREVEDE LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PERCORSO DI STUDIO ...

Lezione N.: 
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ASSOCIAZIONE ARTICOLO  34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico

9-10-11 ottobre 2024

IL TRADIZIONALE RITUALE DELLA PARTENZA PREVEDE

LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PERCORSO DI STUDIO ...

     Ben venute e ben venuti a Scuola!

     Ben tornate e ben tornati a frequentare un Percorso di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura, un’esperienza che dal 1° ottobre 1984 propone un tirocinio di Apprendistato cognitivo nell’ambito della Scuola pubblica degli Adulti e quindi questo è il 41° anno di attività.  

     E qualsiasi viaggio, reale o metaforico che sia, ha inizio come sapete con la partenza, e la partenza per un viaggio [la sua preparazione e il momento stesso del partire] corrisponde sempre a “un rito”: il nostro tradizionale “rituale della partenza” [che si ripete ogni anno, ma, per loro natura, i rituali sono ripetitivi] potrebbe risultare noioso se non fosse insostituibile perché la sua celebrazione è un atto necessario per conoscere la “natura didattica” e gli “obiettivi formativi” del Percorso che stiamo per intraprendere.

     Il compito primario della Scuola è quello di promuovere “la coltura” in quanto il termine “cultura”, che deriva dal verbo “coltivare”, definisce prima di tutto il manifestarsi del fenomeno “dell’imparare a imparare”, e la Scuola si frequenta a ogni età per tutto l’arco della vita principalmente per questo motivo, e siamo persone vitali fino a quando coltiviamo la volontà di imparare. Di conseguenza, prima di partire per un viaggio di studio ci dobbiamo domandare: come si sviluppa il processo di Apprendimento per poterlo gestire in modo autonomo? Molte e molti di voi sanno già rispondere a questo interrogativo ma, in primis, le cose ripetute giovano all’Apprendimento - «repetita iuvant», dicevano i Latini - e poi i rituali sono ripetitivi e la partenza è un rito, un rito che invita alla riflessione.

     L’Apprendimento, l’attività dell’imparare, si sviluppa attraverso sei azioni privilegiate - conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare - che non agiscono in ordinata successione come in modo funzionale le abbiamo ora elencate, ma operano insieme alla memoria attraverso una serie di rapporti simultanei condizionati da vari fattori. Alle dipendenze di queste “sei azioni cognitive principali”, per corroborarne l’efficienza, ci sono altre quaranta azioni conseguenti [le cosiddette azioni cognitive sussidiarie che ora non elenchiamo]: una persona è capace a investire in intelligenza quando sa utilizzare al meglio le azioni cognitive [soprattutto le sei azioni principali] e, di conseguenza, nel corso di ogni itinerario, di ogni Lezione, ci eserciteremo, come stiamo già facendo, ad attivare queste azioni. Si viene a Scuola per imparare a conoscere, a capire, ad applicare, ad analizzare, a sintetizzare e a valutare e, quindi, quando si entra nel sistema [nell’Officina] dell’Apprendimento permanente, piuttosto che farsi interrogare, ci si deve domandare: che cosa è utile “conoscere”, che cosa è necessario “capire”, come ci si deve “applicare” e che cosa significa, sul piano dell’Alfabetizzazione funzionale e culturale, “analizzare”, “sintetizzare” e “valutare” per poter “investire in intelligenza” per dedicarsi allo studio, visto che studium e cura, in latino, sono sinonimi? E allora procediamo con ordine.

     Per investire in intelligenza è necessario “conoscere” il significato delle parole-chiave della Storia del Pensiero Umano, e nel corso di questi anni abbiamo conosciuto un ampio catalogo di parole-chiave, e le parole-chiave danno forma ai paesaggi intellettuali rendendoli osservabili e intelligibili: la parola crea.

     Per investire in intelligenza è necessario “capire” il significato delle idee-cardine della Storia del Pensiero Umano, e in questi anni sui territori attraversati abbiamo compreso, come idea di fondo, che “la condizione umana”, la qualità della vita degli umani è stata influenzata negativamente dal mancato riconoscimento del diritto-dovere delle persone all’Apprendimento permanente.

     Per investire in intelligenza è necessario “applicarsi” costantemente nell’esercizio della lettura, quattro pagine al giorno per dieci minuti al giorno, e il termine latino LEGERE MULTUM significa: leggere poco alla volta ma con cadenza regolare, usando la massima attenzione. L’acquisizione di questa buona abitudine quotidiana garantisce la possibilità di LEGERE MULTA: molte pagine nel giro di poco tempo; inoltre, è necessario anche “applicarsi” costantemente nell’esercizio della scrittura, quattro righe al giorno: si legge e si scrive per dare fluidità al processo di apprendimento [e, ancora una volta, ma i rituali sono ripetitivi, ricordiamo che cosa scrive in proposito l’eminente studiosa dei meccanismi cerebrali Rita Levi Montalcini: «La lettura giornaliera di almeno quattro pagine di buona Letteratura e la scrittura di almeno quattro righe contenenti un pensiero autobiografico sono esercizi che preservano l’elasticità dei neuroni, le cellule del cervello, contribuendo al mantenimento della salute della persona»]. Leggere e scrivere sono, come sappiamo dall’attività di ricerca degli Osservatori preposti, due attività fortemente trascurate dalla stragrande maggioranza delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese [le persone che nella fascia tra i 18 e i 65 anni - la fascia “attiva” della popolazione - si dedicano costantemente a leggere sono il 13% e a scrivere sono l’11%  e questo perché l’81% delle persone adulte soffrono di “debolezza cognitiva” e non possiedono gli strumenti necessari per dedicarsi all’esercizio della lettura e della scrittura].

     Per investire in intelligenza è necessario “analizzare”, e questa azione consiste nel catalogare, nel mettere in ordine i pensieri che si formano ininterrottamente nella nostra mente: è necessario che la persona impari a fare ordine perché la mente produce pensieri a ciclo continuo e bisogna, oggi più che mai, evitare la confusione mentale imparando a gestire l’azione dell’analizzare altrimenti la persona si ritrova ad avere una testa ingorgata.

     Per investire in intelligenza è necessario “sintetizzare” e questa azione consiste nella scelta [tra la scelta e la sintesi c’è uno stretto legame] di uno dei pensieri che abbiamo catalogato nella nostra mente facendo l’analisi, quello che ci sembra più significativo, scrivendolo in forma concisa, essenziale, contenuta: un pensiero contenuto in quattro righe scritte [per raccontare, per descrivere, per informare, per esprimere, per interpretare, per argomentare] dà forma a un oggetto concreto, il testo, in cui si manifesta la nostra attività intellettuale.

     Per investire in intelligenza, infine, è necessario “valutare”, e valutare significa essere consapevoli di sovrintendere all’iter del nostro percorso di apprendimento. Ciascuna e ciascuno di noi, itinerario dopo itinerario, deve domandarsi: «Quante parole-chiave ho conosciuto, quante idee-significative ho capito, ho letto quotidianamente alcune pagine con attenzione, quanti pensieri ha catalogato la mia mente, e di quale pensiero ho fatto la sintesi scrivendolo?».

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

In quale ordine di importanza - secondo le vostre esigenze di oggi - elenchereste questi obiettivi: conoscere le parole-chiave, capire le idee significative, applicarsi nella lettura, analizzare i propri pensieri, sintetizzare un pensiero scrivendolo, valutare il proprio apprendimento?...   Non rinunciate a scrivere il vostro parere in proposito perché esercitarsi a scegliere serve per tenere il passo sull’itinerario dell’apprendimento...

     Avete in mano e sotto gli occhi un fascicolo intitolato REPERTORIO E TRAMA ...  che è lo strumento che ci consente [e, in questo momento, state facendo questo esercizio] di orientarci meglio sul nostro cammino per favorire l’azione di conoscere e di capire, e inoltre ci propone un compito per sostenere l’azione dell’applicarci nell’uso dell’analisi, della sintesi e della valutazione.        

     A questo proposito, anche in relazione a questo oggetto cartaceo che deve essere stampato, l’Associazione Articolo 34, che ci permette di avere uno status giuridico, deve sostenere qualche spesa. Riceverete circa 150 pagine di REPERTORIO E TRAMA ... e questo materiale viene fotocopiato presso la Scuola “Francesco Redi” di Bagno a Ripoli e perciò è necessario versare un contributo a questo Istituto [lo scorso anno, così come l’anno precedente, il contributo versato alla Scuola è stato di 700 €. a fronte di una produzione di circa 28.000 pagine!]. Inoltre prevediamo di versare all’Associazione Il cuore si scioglie della Coop. un contributo di 1000 €., e poi di donare un contributo all’Associazione AISLA [per la ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica], e infine di versare un contributo anche alla Cooperativa delle Donne dell’Associazione Mexiquemos. Inoltre l’Associazione Articolo 34 deve [obbligatoriamente] e ha già stipulato un’Assicurazione con un costo di 700 €. In questi anni per la copertura di queste spese, con l’approvazione dei gruppi scolastici, è stato versato un contributo volontario di 15 €.: sebbene sia necessario è comunque - come prevede la Statuto dell’Associazione - un contributo volontario, e dalla prossima settimana lo potete versare in questo contenitore sotto l’occhio vigile di Giuseppe Verdi; inoltre, per incrementare la raccolta e per raggiungere gli obiettivi programmati, ogni settimana [volendo] potete mettete “uno spicciolo” in questo altro apposito contenitore [blu, il colore delle energie intellettuali]: con questi gesti è stato sempre prodotto il materiale necessario e nel nostro piccolo abbiamo coltivato la solidarietà, ed è proprio sulla scia del  il verbo “coltivare” che continua la celebrazione del rituale della partenza.

     Nei due viaggi precedenti abbiamo attraversato il territorio dell’Illuminismo e nell’ultima fase del viaggio dello scorso anno - nella città tedesca di Königsberg che oggi si chiama Kaliningrad ed è una città russa - abbiamo incontrato Immanuel Kant [1724-1804] e sappiamo che Kant, con le sue opere [la Critica della ragion pura, della ragion pratica e del giudizio], ha promosso un grande dibattito su come si possa coltivare al meglio la conoscenza e favorire al meglio il processo dell’Apprendimento.

     Come ricorderete, Kant ci ha fatto riflettere sul tema degli elementi fondamentali che, se ben utilizzati dalla nostra mente, agevolano l’itinerario di Apprendimento rendendo possibile la conoscenza: questi elementi sono “le forme a-priori della coscienza” [che sono lo spazio e il tempo]e “le forme a-priori dell’intelletto”, che  Kant chiama “categorie”. A questo proposito, il tradizionale Questionario di fine anno che avete compilato - e che serve per dare “una forma lessicale” al Percorso che abbiamo compiuto - conteneva come ricorderete, sotto forma di parole-chiave, proprio le categorie dell’intelletto proposte da Kant.

     Il Questionario che abbiamo compilato al termine del Percorso dello scorso anno - al quale hanno risposto 126 persone - comprendeva le parole-chiave con le quali Kant ha definito “le categorie dell’intelletto”. Scrive Kant nel testo della Critica della ragion pura: «Le categorie sono forme ideali che noi non ricaviamo dall’esperienza, ma sono le forme costitutive del nostro intelletto e hanno la caratteristica di essere soggettive ma universalmente umane perché ogni persona che pensa non può pensare se non attraverso queste forme, ed è per questo motivo che le persone possono capirsi tra loro, in virtù del fatto che l’intelletto di ognuno è dotato di categorie.». Ma le categorie sono prima di tutto “parole”, e sono parole “a vasto raggio di azione”, e siccome il pensiero e il linguaggio vanno di pari passo, queste parole assumono comunque un ruolo d’importanza fondamentale per conoscere, per capire e per applicarci nella realtà in cui viviamo. Secondo Kant le categorie dell’intelletto corrispondono a dodici parole-chiave, divise in quattro gruppi di tre: il gruppo della “quantità”, quello della “qualità”, quello della “relazione” e quello della “modalità”. Quali sono i risultati delle nostre scelte nell’ambito del quadro delle categorie riportati secondo la grandezza dei caratteri?

Per quanto riguarda le categorie della quantità:

pluralità      unità       totalità

Per quanto riguarda le categorie della qualità:

realtà        limitazione     negazione

Per quanto riguarda le categorie della relazione:

reciprocità     sostanza       causa

Per quanto riguarda le categorie della  modalità:

possibilità      necessità      esistenza

     Poi se esaminiamo questi termini in quanto parole-chiave [ad ampio raggio] slegate dal quadro delle categorie, quali sono i risultati delle nostre scelte?

     La parola che ha ottenuto più consensi è “realtà”, seguita con un alto numero di consensi dalle parole “pluralità”, “reciprocità” e “possibilità”, ma anche le parole “sostanza”,  “unità”,  “necessità” ed “esistenza” hanno ottenuto un buon numero di consensi, mentre la parola “limitazione” è stata scelta un po’ meno, e le parole “causa” e “totalità” sono state scelte poco e la parola “negazione” è stata la meno scelta. Su questi termini il suggerimento di Kant [che parla spesso al condizionale] è quello di continuare a riflettere investendo in intelligenza cioè ragionando sulla potenzialità che hanno le Parole. Si sa che il diritto-dovere all’Apprendimento permanente è strettamente legato al tema della Parola, e al fatto che l’uso delle parole deve essere ben insegnato: le parole sono preziose perché, come tante volte abbiamo detto e come scrive Kant nelle sue Opere,] “la parola crea”, ed è attraverso la parola che si sviluppa il pensiero, ed è il linguaggio che rende fecondo ogni investimento in intelligenza.

     Il pensiero di Kant è complesso [noi lo abbiamo studiato come abbiamo potuto] ma alla fine lui stesso lo ha sintetizzato con due semplici enunciati [e “la parola crea”] che sono scritti sulla lastra della sua tomba nella cattedrale di Königsberg: «Nella vita [scrive Kant] dobbiamo avere due punti di riferimento fondamentali: il cielo stellato sopra di noi, e la legge morale nel nostro cuore.». Il cielo stellato sopra di noi ci fa capire, afferma Kant, che siamo piccole creature nell’Universo e, quindi, dobbiamo imparare a fare i conti, umilmente, con questa nostra condizione di piccolezza, e questa condizione di piccolezza rende limitata anche la nostra ragione, ma questo è un bene, sostiene Kant, perché il riconoscere i nostri limiti ci stimola ad aspirare a qualcosa di più sul piano della comprensione della nostra condizione umana. E la legge morale impressa nel nostro cuore ci fa capire, afferma Kant, che siamo perfettamente in grado di distinguere - a-priori, nell’ambito della ragione, indipendentemente dall’esperienza - il bene dal male, e questa consapevolezza ci mette nella condizione di poter scegliere sempre il Bene: ed è questo che ci può [che ci potrebbe] far grandi nell’Universo, sotto la volta del cielo stellato.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale pensiero - espresso con quattro righe di scrittura - mettereste accanto a ognuna di queste parole [a largo spettro] che sono state maggiormente scelte: “realtà” [qual è la cosa di maggior qualità di cui amate circondarvi], “pluralità” [che cosa aspirate ad avere in quantità?], “reciprocità” [con quali persone desiderate maggiormente ricambiare affetto?] e “possibilità” [su quali opportunità contate per dare un senso alla vostra vita]?...  Non rinunciate a dare forma di pensiero a ciascuna di queste parole: investite in intelligenza...

     Sappiamo dallo scorso anno che Kant [che ci sta accompagnando anche in questo rituale della partenza che stiamo celebrando] attraverso il testo della Critica del giudizio ha aperto un nuovo versante intellettuale verso il quale ci stiamo incamminando.

     Le idee contenute nel pensiero di Kant forniscono alla Storia del Pensiero Umano un repertorio che porta la cultura dell’Illuminismo al di là dell’Illuminismo stesso e, difatti, l’illuminista Kant traghetta l’Illuminismo sul territorio [nel quale stiamo per entrare] del Romanticismo, e questa affermazione va giustificata.

     Kant, nei testi delle sue Opere come abbiamo imparato nel viaggio dello scorso anno, ha promosso in quanto insegnante un’ampia riflessione sul tema dell’educazione e dell’insegnamento, ed è stata proprio l’indagine di Kant in relazione a questo tema che ha permesso alle idee dell’Illuminismo di evolversi, piuttosto che fossilizzarsi.

     Kant si è domandato: è possibile creare un valido metodo d’insegnamento che possa favorire l’Apprendimento in modo efficace? Le questioni poste da questa domanda hanno fatto sviluppare le idee dell’Illuminismo e nascerne di nuove.

     I pensatori illuministi [incontrati nei due viaggi precedenti] avevano affrontato prima di Kant il tema dell’insegnamento e del metodo più efficace per imparare giungendo alla conclusione che la spinta all’Apprendimento era fornita sostanzialmente dalla potenza della ragione e, quindi, avevano affermato che «l’essere umano, con la forza della ragione di cui è dotato, può acquisire tutto il sapere»; poi però è successo che, come abbiamo studiato, la cieca fiducia delle pensatrici e dei pensatori illuministi nelle illimitate possibilità della ragione è andata in crisi ed è stato proprio l’illuminista Kant a ragionare in modo critico sui termini di questa crisi e a mettere in circolazione una serie di idee che hanno portato la Storia del Pensiero Umano oltre l’Illuminismo. Kant riflette e nel testo della Critica del giudizio scrive: «I fenomeni riguardanti l’educarsi, il sapere, l’imparare, il conoscere non sono solo legati alla ragione ma anche ai sensi e al sentimento e, quindi, l’insegnamento è un’attività che deve assecondare il processo di assimilazione delle conoscenze non solo attraverso la ragione scientifica né attraverso la filosofia perché, in proposito, non bisogna insegnare la filosofia ma educare a filosofare: la persona deve conoscere le idee della Storia del Pensiero Umano non per diventare saccente ma perché le possa utilizzare per imparare a curare il proprio intelletto in modo da produrre pensieri atti a favorire il cambiamento del mondo in meglio. L’insegnamento deve promuovere l’autonomia della ricerca, stimolare la curiosità della mente e l’azione del pensiero della persona e, quindi, l’insegnamento, più che ripetitivo e nozionistico, deve essere educativo e critico. L’insegnamento non consiste nel far conoscere delle cose ma nell’educare la persona a imparare come si sviluppa il fenomeno dell’Apprendimento delle cose.».

     La riflessione svolta da Kant sul concetto di “insegnamento educativo e critico” non è dovuta solo alle sue ricerche, condotte come studioso illuminista sulla ragion pura, sulla ragion pratica e sulla possibilità di emettere giudizi, ma è dovuta soprattutto agli studi assidui compiuti da Kant sui testi delle Opere della cultura greca [i Dialoghi di Platone e la Fisica, la Metafisica e l’Etica Nicomachea di Aristotele], della cultura latina [Cicerone e Seneca in particolare] e della Scolastica medioevale [Anselmo, Abelardo, Sigieri, Avicenna, Averroé, Maimonide, Tommaso d’Aquino]: prendendo spunto da questi studi ai quali si è dedicato per vent’anni, Kant afferma nel testo della Critica del giudizio che «l’insegnamento educativo e critico è un modo di concepire l’Apprendimento che va al di là del puro metodo razionale, matematico e scientifico perché l’educazione deve proporre percorsi didattici che permettano alla persona di comprendere, attraverso le discipline, la condizione umana, e che stimolino la persona a pensare in maniera critica, aperta e soprattutto creativa.».

     Kant poi, nel formulare il concetto di “insegnamento educativo e critico”, ha tenuto conto della lezione contenuta nelle Opere dei moderni: nel Discorso sul metodo [1637] di Cartesio, nei Saggi [1580] di Montaigne, nei Pensieri [1669] di Pascal [Opere che abbiamo studiato in questi ultimi anni], una lezione in cui si afferma che “è necessario educare in modo da favorire lo sviluppo di una testa ben fatta piuttosto che di una testa ben piena”. Kant - che viene soprannominato dai suoi colleghi “il demolitore” quando in realtà è un costruttore - nel testo del saggio intitolato Pensieri sulla valutazione delle forze vive scrive: «Di solito nelle nostre Scuole si opera in modo da formare teste ben piene, e in una testa ben piena si ritrova una mente nella quale il sapere è accumulato, è ammucchiato senza disporre di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia un senso. Spesso gli accumuli di sapere, sebbene possano rendere l’individuo saccente, disorientano la ragione e fossilizzano la mente che diventa incapace di produrre pensieri propri. Avere, per contro, una testa ben fatta significa poter disporre di un’attitudine generale e di un metodo che serva a porre le questioni intellettuali e a trattare i problemi esistenziali. È necessario  insegnare alla persona non a costruire accumuli di sapere ma a predisporre repertori che colleghino insieme più saperi. È necessario che nella mente della persona si sviluppi un’intelligenza generale capace di orientarsi dentro la rete dei saperi. L’importante non è avere tutti i saperi ammassati in testa, ma è importante avere in mente, in una mente un metodo in modo che la persona possa andare alla ricerca dei saperi di cui ha bisogno da utilizzare per cambiare il mondo in meglio. È la testa ben fatta che rende saggia la persona.».

     Ebbene, oggi che siamo in partenza per un viaggio di studio, Kant ci ricorda anche che la persona saggia “sa di non sapere” [sa che deve coltivare la dotta ignoranza] e in questa affermazione [socratica e cusaniana] è contenuto “il massimo grado di perfezione e di difficoltà”: di “perfezione” [téleios, in greco] perché la cosa migliore che la persona possa fare nella vita è quella di dedicarsi allo studio [per dare completezza alla propria vita, e per darle un significato], e “la difficoltà” [àpistia, in greco] sta nel trovare sulla propria strada una Scuola in cui le nozioni vengano considerate un mezzo e non un fine.

     Questa affermazione ci permette [nel momento in cui stiamo preparandoci per partire] di dire che nel corso del nostro viaggio noi avremo a che fare con molte nozioni, enumereremo molti dati, citeremo molte date, visiteremo molti luoghi, osserveremo molti paesaggi intellettuali, faremo conoscenza con molti personaggi, imbastiremo molti ragionamenti e rifletteremo su molti temi, ma [come dicono i manuali di tecnologia dell’Apprendimento] dei contenuti di un Percorso didattico [di un viaggio di studio], in media, oltre il 70% va disperso e all’incirca il 30% rimane in modo frammentato nella nostra mente: quindi, di questa conversazione solo tre oggetti su dieci rimangono nella mia mente [ma è già una buona acquisizione], e questo perché [come ben sapete, ma i rituali sono ripetitivi] l’obiettivo principale dell’Apprendimento non è quello di immagazzinare nozioni [le nozioni sono importanti e dobbiamo ritenere quelle utili] ma consiste nell’esercitare la mente all’ascolto, alla selezione, alla catalogazione, alla penetrazione in profondità [con “lo spirito di finezza”, come afferma Pascal] per favorire la formazione di una testa ben fatta.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il materiale riguardante tutta l’attività didattica messa in atto in questo Percorso lo si trova contenuto su due siti: www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net… Sui siti trovate il testo integrale della Lezione e potete ascoltare la registrazione della Lezione stessa; c’è inoltre una pagina facebook intitolata “a scuola con Giuseppe”... 

Questi strumenti sono utili per favorire l’attività di studio, utilizzateli...

     Anche l’Encyclopédie, quella grande opera di Diderot, di d’Alembert e dell’editore Le Breton che abbiamo visto nascere e realizzare nel viaggio di due anni fa, quella grande invenzione del pensiero illuminista, afferma Kant, se però non viene utilizzata in modo dinamico e critico, se la persona non si avvale di un metodo corroborato dalla propria intelligenza, questo strumento si rivela solo come un pesante accumulo di dati e come un ammasso statico e nozionistico …

     «Il sapere [scrive Kant nel testo del saggio Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo? del 1784] non sta nel conoscere a memoria le definizioni dell’Enciclopedia perché la memoria ha un limite, ma il sapere consiste nel possedere un efficace metodo di ricerca - dopo averlo acquisito mediante “l’insegnamento educativo e critico” - un metodo di ricerca che consenta alla persona di utilizzare l’Enciclopedia [o qualunque altro strumento tecnologico, direbbe oggi Kant] in modo da poter attuare un investimento in intelligenza.». L’insegnamento educativo e critico deve stimolare il pieno impiego dell’intelligenza perché «non è la ragione [afferma Kant] che illumina l’intelligenza ma è l’intelligenza [l’attività dell’intelletto] che ha la capacità di orientare la ragione umana, e l’impiego dell’intelligenza richiede prima di tutto l’esercizio della facoltà più diffusa e più viva nella mente della persona: la curiosità.». L’attività dell’insegnamento educativo e critico deve stimolare e risvegliare la curiosità, e «per curiosità non s’intende [afferma Kant] la bramosia del pettegolezzo che è un meccanismo capace solo di garantire l’ignoranza e di produrre volgarità. La bramosia del pettegolezzo [scrive Kant, facendo un’affermazione di sorprendente attualità] è un dispositivo, usato sistematicamente da disonesti imbonitori, per produrre teste ben piene di luoghi comuni, di sotto-cultura e di deliri qualunquistici.». La curiosità, afferma Kant, deve essere un’attività indagatrice che non cerca la verità in nome della ragione ma si propone di osservare gli oggetti, di conoscere il significato delle parole e di capire il contenuto delle idee per stimolare ulteriormente la capacità dell’intelligenza. Inoltre, afferma Kant, lo sviluppo dell’intelligenza [della facoltà intellettuale] richiede di legare l’esercizio della curiosità al dubbio.

     Kant critica il fatto che, alle sue origini, il pensiero illuminista aveva spento tutti i dubbi in nome della ragione [si pensava che «la ragione potesse illuminare la verità!»] ma Kant sostiene che è il dubbio a far lievitare ogni attività critica, e ed è il dubbio che permette alla persona di ripensare sempre ciò che ha pensato, perché la ragione, come ha dimostrato bene Kant, non è infallibile, ha dei limiti, e quando la persona dubita delle proprie certezze compie un esercizio salutare per la propria mente in quanto stimola la capacità dell’intelligenza. Inoltre per lo sviluppo dell’intelligenza, afferma Kant, la persona deve essere in grado di fare buon uso della logica, e c’è una logica della ragione [di carattere matematico e scientifico] ma c’è anche una logica del sentimento che risulta altrettanto importante per accedere alla conoscenza: quindi, è attraverso la curiosità, il dubbio e la logica [razionale e sentimentale] che la persona può valutare le possibilità e i limiti della propria ragione. La curiosità, il dubbio e la logica [razionale e sentimentale] sono le tre facoltà fondamentali che, scrive Kant, stimolano la capacità intellettuale della persona.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Qual è una curiosità che vorreste soddisfare?… C’è un dubbio che arrovella la vostra mente?… Qual è una cosa logicamente assennata che le persone dovrebbero fare per contribuire a migliorare la qualità della vita?… 

Scrivete quattro righe in proposito…

     E l’illuminista Kant mette in discussione le idee dell’Illuminismo.

     In origine gli illuministi, afferma Kant, pensavano che fosse la ragione ad accendere la funzione dell’intelligenza e, per definire questo tipo di intelligenza, usavano il termine greco “sìnesis” che indica l’intelligenza prettamente razionale. L’illuminista Kant - dopo aver analizzato a fondo le possibilità e i limiti della ragione, come abbiamo studiato durante il viaggio scorso - pensa che lo strumento capace di guidare la ragione umana sia invece una forma di intelligenza che i Greci chiamavano “métis”. «La parola greca “métis” [scrive Kant nel testo del saggio Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo? del 1784] definisce l’intelligenza non solo come una semplice funzione ma come un insieme di attitudini mentali. “Métis” è l’intelligenza quando è capace di intuizione, di previsione, di elasticità, di attenzione, di senso dell’opportunità e poi, oltre a queste, possiede un’ulteriore attitudine che oggi viene chiamata “serendipità” che è l’arte di trasformare un dettaglio, scoperto casualmente, in una storia, ed è l’arte di creare un racconto partendo da un frammento apparentemente insignificante. ». E come ha scritto il poeta Andrea Zanzotto: «In poesia è frequente l’incidenza della serendipità perché si mira a conquistare le Indie e invece si raggiunge l’America anche se lì per lì nessun lo sa.».

     A questo punto Kant - citando la parola “serendipità” come attitudine dell’intelligenza - ci invita [nel corso di questo rituale della partenza che stiamo celebrando] ad aprire una parentesi in funzione della didattica della lettura e della scrittura: Kant non dice quando e come sia venuto in contatto [anche se non è difficile fare un’ipotesi] con la parola “serendipità” che non è un termine antico perché è entrato nel glossario della Storia del Pensiero Umano nel 1754, quindi trent’anni prima che Kant ne faccia uso.

     Il termine “serendipità” è stato coniato dallo scrittore londinese Horace Walpole [quarto Conte di Oxford, 1717-1797] che lo ha utilizzato per la prima volta in una Lettera, datata 28 gennaio 1754, da lui indirizzata all’amico Horace Mann, che abitava a Firenze come rappresentante del governo inglese. Walpole, con il neologismo “serendipità”, ha voluto indicare, soprattutto in campo scientifico e delle esplorazioni geografiche, una scoperta casuale, inattesa e non programmata, avvenuta quando si stava cercando qualcosa d’altro, e identificata attraverso le molteplici doti dell’intelligenza [la metis].

     Walpole nel concepire la parola “serendipità” è stato ispirato dalla lettura di una fiaba persiana intitolata I Tre Principi del Serendippo [che è l’antico nome persiano dello Sri Lanka] il cui testo era stato tradotto e rielaborato in italiano da Cristoforo Armeno [un intellettuale di origini mediorientali, nato prima del 1534 a Tabriz (che oggi è la più grande città dell’Iran del Nord, visitatela in rete)] e pubblicata a Venezia dall’editore Michele Tramezzino nel 1557 [il testo di questa fiaba ha ispirato anche Voltaire nello scrivere il racconto filosofico intitolato Zadig (1747) che - come ricorderete - abbiamo letto nel corso del viaggio di due anni fa. «Senza intenzione la persona saggia, seguendo la propria intelligenza, va alla meta», scrive Voltaire]. I tre figli del Re di Serendippo [Giaffer] vengono mandati dal padre a fare un lungo viaggio di formazione in modo che possano esercitarsi a investire in intelligenza, la dote che servirà loro quando dovranno governare, e nel corso di questo viaggio di apprendistato cognitivo fanno interessanti scoperte non pianificate.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il testo della fiaba intitolata Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del Re di Serendippo di Cristoforo Armeno lo si trova sulla rete e ne potete leggere anche solo una trentina di righe con la necessaria pazienza per fare esperienza della bella lingua del ‘500 in cui è scritto... 

Una traduzione in lingua corrente de I tre principi di Serendippo la si può leggere nel volume, curato da Renzo Bragantini nel 1987, intitolato Il riso sotto il velame - La novella cinquecentesca tra l’avventura e la norma, di cui si può prendere visione in biblioteca...

Incuriositevi perché la curiosità stimola la mente a investire in intelligenza... 

     Horace Walpole nel 1764 ha scritto [oltre a molte altre opere] un racconto intitolato Il castello d’Otranto che è considerato il primo romanzo gotico, di gusto horror, della Letteratura moderna nel quale - mettendo anche in scena il concetto di “serendipità” - narra una storia che ha dato l’avvio a un genere letterario molto prolifico che, dal tardo Settecento [a cominciare da Friedrich Schiller e con il contributo di molte altre autrici e autori come Mary ShelleyBram StokerEdgar Allan PoeRobert Louis Stevenson] dura fiorente fino a oggi.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

In biblioteca potete richiedere Il castello d’Otranto di Horace Walpole, e nel leggerlo si possono cogliere, nello svolgersi della trama, una serie di accorgimenti espositivi che continuano a essere utilizzati dalle autrici e dagli autori contemporanei di “libri gialli”, il genere più diffuso di Letteratura in cui emerge più spesso il concetto di “serendipità”…

Inoltre, con una guida della Puglia e navigando in rete, non rinunciate a fare una visita al Castello Aragonese e ai Bastioni della bella cittadina di Otranto, buon viaggio... 

Incuriositevi perché la curiosità [insieme al dubbio e alla logica] invoglia la mente a fare ricerca...

     Ma torniamo al concetto di “serendipità” [nel senso in cui ne parla Kant come attitudine dell’intelligenza] che, oltre a essere l’arte di quel genere letterario che chiamiamo “giallo”, è pure un’attitudine che favorisce l’arte dell’esegesi, e “esegesi” dal greco significa “lettura attenta di un testo, osservazione accurata di un oggetto, investigazione oculata per definire un fatto”, e “la serendipità” è anche una caratteristica preminente dell’archeologia [che dalla metà del ‘700 riceve un grande impulso] in quanto l’attività archeologica è l’arte che sa trasformare un dettaglio in un racconto, è l’arte che dà la possibilità a un frammento apparentemente insignificante di manifestarsi come un oggetto intero [compiuto, perfetto, téleios dicevano i Greci].

     L’intelligenza - per merito della riflessione che Kant ha fornito nelle sue opere sul tema dell’insegnamento e dell’Apprendimento - trova una definizione puntuale come capacità d’intuizione, di senso dell’opportunità, di previsione, d’elasticità mentale, d’attenzione, e “la métis dei Greci” torna, in senso moderno dalla fine del ‘700 a influenzare il pensiero europeo.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Che cosa vi viene in mente pensando alle parole “dettaglio, frammento, particolare”?...  C’è un dettaglio, un frammento, un particolare che ha attratto la vostra attenzione facendovi riflettere?...  

Scrivete quattro righe in proposito: quattro righe scritte possono apparire come un frammento ma, in realtà, rappresentano sempre un oggetto intero…

     Kant, che ci ha accompagnato nel rituale di questa partenza e che continuerà ad accompagnarci in questo viaggio, è stato un insegnante che ha saputo ben stimolare i suoi studenti affinché facessero buon uso della propria intelligenza [della métis].

     Kant, all’Università di Königsberg, ha formato [con l’insegnamento educativo e critico] numerosi studenti che si sono fatti strada nel campo della cultura operando sul territorio di frontiera tra l’Illuminismo e il Romanticismo, tra questi c’è Johann Gottfried Herder. Herder [nato a Mohrungen nel 1744 e morto a Weimar nel 1803] è stato uno studioso che ha dialogato con gli illuministi parigini sostenendo, secondo la Lezione di Kant, che non si poteva avere un’assoluta fiducia nella ragione e nel progresso indefinito e illimitato. Se la ragione, oltre che ad avere delle possibilità, ha dei limiti [scrive Herder, come ha imparato a Scuola da Kant] vuol dire che anche il progresso ha dei limiti. Herder riflette su questa idea asserendo che in ogni epoca le persone appartenenti alle classi popolari hanno sempre cercato con tutte le loro forze di promuovere l’Umanità [Umanität], e si sono adoperate, utilizzando i mezzi a loro disposizione per creare quella che Herder chiama “la cultura popolare” in modo da realizzare una situazione sociale in cui emergesse l’Umanità [i valori umani]. In ogni epoca, sostiene Herder, le classi popolari, anche se oppresse, hanno saputo dare con il loro pensiero - divergente rispetto ai poteri costituiti - un contributo originale e insostituibile alla storia dell’Umanità. Herder raccoglie il suo pensiero in due opere intitolate Idee per la filosofia della Storia dell’Umanità [del 1784] e Lettere per la promozione dell’Umanità [1793]. La Storia della ragione, quando la ragione diventa l’elemento dominante e incontrastato, afferma Herder, è piatta, è superficiale, è livellatrice, cancella le differenze e le singolarità delle diverse epoche storiche e delle singole culture e non riconosce i contributi della creatività popolare.

     «La ragione [scrive Herder] finisce per essere a servizio dei detentori dei poteri autoritari che se ne servono per raccontare la Storia senza tener conto dei valori dell’Umanità patrimonio delle classi popolari. Le classi popolari sono depositarie della Storia dell’Umanità. E la Storia dell’Umanità è variegata, è profonda, ed esalta la bellezza delle differenze, e la pluralità dei popoli e delle colture. Non una persona, non un paese, non un popolo, non una storia nazionale, non uno Stato rassomiglia all’altro; di conseguenza anche il Vero, il Bello, il Bene, in essi non si rassomigliano ma la Verità, la Bellezza e la Bontà si esprimono in tanti modi diversi.». Ed è curioso il fatto che i risultati del “Questionario” - nel quale le parole più scelte sono: pluralità, realtà, reciprocità, possibilità - convergano con queste idee.

     La Storia dell’Umanità, sostiene Herder, c’insegna che viene prima l’anima della ragione, viene prima l’intuizione dell’analisi e viene prima la poesia della scienza. E i temi dell’anima, dell’intuizione e della poesia caratterizzano [come studieremo] il pensiero dell’epoca cosiddetta  “romantica”. Herder, allievo di Kant, ha scritto una celebre raccolta di Canti popolari, pubblicata nel 1778, che ha avuto un successo straordinario.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il testo di quale “canto popolare” volete mettere in evidenza?... 

Scrivetene qualche riga…

     E ora, a conclusione del rituale della partenza, come antifona leggiamo una pagina tratta da Lettere per la promozione dell’Umanità dove Herder - trent’anni dopo essere stato studente di Kant - compone un bel ritratto del suo insegnante: queste parole ribadiscono anche l’importanza che ha l’insegnamento nel progresso sostenibile della Storia dell’Umanità.

Johann Gottfried Herder, Lettere per la promozione dell’Umanità

Io ho avuto la fortuna di conoscere un filosofo che mi fu maestro. Nei suoi anni giovanili egli aveva la gaia vivacità di un giovane e questa, credo, non lo abbandonò neppure nella tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero, era la sede di un’imperturbabile serenità e gioia; il discorso più ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo scherzo, l’arguzia e l’umorismo, e la sua Lezione erudita aveva l’andamento più divertente. Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le Leggi naturali scoperte da Newton, da Keplero e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa. La sua Lezione e la sua conversazione affascinavano. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessun movimento, nessun pregiudizio, nessun nome superbo aveva per lui il minimo pregio di fronte all’incremento dell’intelligenza. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito. Quest’uomo, che io nomino con la massima gratitudine e venerazione, si chiama Immanuel Kant, e la sua immagine, da quasi trent’anni, mi sta sempre dinanzi. …

     Herder nel 1773 fa pubblicare insieme a Johann Wolfgang Goethe e allo storico Justus Möser un volumetto intitolato Intorno al carattere e all’arte emergente nella cultura tedesca il cui testo viene considerato il primo manifesto programmatico di un movimento intellettuale che ha preso il nome di Strum und Drang [Tempesta e Impeto]: chi sono i protagonisti di questo movimento culturale che è diventato celebre, chi sono gli Stürmer [i Tempestosi]?

     Ebbene, nel momento in cui si conclude la celebrazione del ripetitivo ma necessario “rituale della partenza” bisogna procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé, consapevoli che - dal primo passo che facciamo in questo straordinario viaggio che è la vita - noi non dobbiamo mai perdere la volontà d’imparare anche quando, a volte, il cammino si fa faticoso e la strada è impervia. Ma voi sapete che, quando il cammino si fa faticoso e la strada diventa impervia, proprio allora i panorami che il Percorso ci offre risultano più belli, e la loro visione sollecita la ragione a farsi illuminare dall’intelletto in modo che si possa percorrere la via dell’Apprendimento permanente con la necessaria consapevolezza tanto dei nostri limiti quanto delle nostre competenze.

     E, per promuovere un tirocinio di Apprendistato cognitivo, la Scuola è qui e il nostro percorso intellettuale sta per iniziare, e deve iniziare con un augurio: l’augurio di un buon viaggio di studio a tutte e a tutti voi!...

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Ottobre 11, 2024