ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico
6-7-8 novembre 2024
SUL TERRITORIO DEL ROMANTICISMO TITANICO
SI RIFLETTE SUI TERMINI “NATURA” E “COSCIENZA”
TRA IRRAZIONALISMO E RAZIONALITÀ ...
Questa è la terza tappa del nostro viaggio sul territorio del Romanticismo titanico e quindici giorni fa, come ricorderete, abbiamo concluso il nostro itinerario a Königsberg dove il giovane viaggiatore, proveniente da San Pietroburgo, Nikolaj Karamzin, il 19 giugno 1789 ha incontrato Kant a casa sua e ha dialogato con lui per oltre tre ore, e questo incontro caratterizza ancora l’itinerario di questa sera.
Nikolaj Karamzin, con il quale abbiamo fatto conoscenza nel corso dell’itinerario precedente, quando torna a San Pietroburgo nel 1790 fa pubblicare il diario che ha tenuto nel corso del suo viaggio in Europa del 1789 con il titolo di Lettere di un viaggiatore russo: questo scritto - composto in forma epistolare in modo appassionato e nostalgico, secondo lo stile del movimento dei Sentimentalisti russi a cui Karamzin appartiene - è di grande interesse perché riporta episodi, impressioni avute e sentimenti provati nel corso di un viaggio, durante il quale, il momento più importante [secondo Karamzin] è stato il suo incontro con Kant a Königsberg il 19 giugno 1789. Noi abbiamo letto una pagina del resoconto di questo incontro e ora prendiamo il passo partendo da un particolare che emerge dal racconto di Karamzin.
Karamzin, come abbiamo letto quindici giorni fa, scrive: «Parlammo poi dei suoi nemici. “Voi li conoscete - disse Kant - e vedete bene che sono brava gente”», Kant, quindi, ha parlato a Karamzin dei molti denigratori delle sue opere, ma Karamzin nel suo resoconto, come abbiamo notato, non racconta nulla di questi “nemici di Kant” che Kant stesso definisce comunque “brave persone”; Karamzin ci fa capire di conoscere fatti e nomi, ma non li svela: non fornisce nessuna notizia in proposito, perché? Non sarà che Kant ha parlato di uno solo dei suoi critici: una persona che lui stima e dalla quale è altrettanto stimato? Ebbene, questo interrogativo ci obbliga a fare un salto in avanti di quindici anni nella vita e nelle opere di Nikolaj Karamzin.
Nel febbraio 1804, ricevuta la notizia della morte di Kant, Karamzin - sentendosi orgoglioso e privilegiato per aver incontrato quindici anni prima questo grande personaggio - molto rattristato, lo commemora sulla rivista Vestnik Evropy, “Novità dall’Europa” da lui fondata nel 1802, e considerata uno strumento virtuoso per il modo in cui divulga la cultura europea. Karamzin nel suo articolo commemorativo scrive anche che Kant nell’ora della sua morte si sarebbe rincontrato e avrebbe continuato a dialogare con il principale critico del suo pensiero.
Nell’articolo commemorativo In morte di Immanuel Kant si capisce che Karamzin, nel suo diario, non aveva raccontato nulla sugli avversari di Kant perché, probabilmente, da serio giornalista, ha voluto rispettare la volontà di Kant stesso.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
È una cosa importante rispettare “la volontà altrui”... Voi vi siete impegnate e impegnati a rispettare la volontà di una persona che vi ha chiesto di farlo?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Leggiamo, quindi, che cosa scrive Nikolaj Karamzin nel suo articolo In morte di Immanuel Kant sulla rivista Vestnik Evropy [Novità dall’Europa].
Nikolaj Karamzin, In morte di Immanuel Kant in Vestnik Evropy [Novità dall’Europa]
… Il grande filosofo di Königsberg si è spento e ora può riconciliarsi con i suoi avversari, in primo luogo con il suo concittadino e principale critico, il quale era già morto l’anno precedente del mio memorabile incontro [il 19 giugno 1789] con quel grand’uomo in casa sua. Me ne parlò con profondo rispetto e mi descrisse le idee del suo critico concittadino che, in buona parte, non condivideva. Kant ammirava questa persona e sapeva di essere ammirato da lui, e mi pregò di mantenere un doveroso riserbo su quelle sue affermazioni: era ancora in lutto per la sua morte e ricordava con malinconia le loro conversazioni sul sentimento, sul linguaggio, sulle tradizioni popolari e sull’idea di bello tenute davanti a un bicchierino di vino delle Canarie, che offrì anche a me. Per me fu un’ulteriore Lezione che ebbi da Lui e poi, nel mio viaggio, scoprii l’importanza delle idee del critico della Ragione di Kant, e capii che tutto il movimento sentimentale ne era stato influenzato. …
Chi è questo critico della Ragion pura che tuttavia Kant considera “una gran brava persona” che a sua volta stima grandemente Kant tanto che i due, essendo concittadini, s’incontrano regolarmente per discutere davanti a un bicchierino di vino delle Canarie, un particolare che ci accompagnerà per tutto il tragitto? Costui [scrive Karamzin] ha influenzato con le sue idee tutto il movimento sentimentale, e Karamzin sta parlando di Johann Georg Hamann [che ha ispirato Herder, gli Stürmer e i Sentimentalisti russi, come abbiamo detto 15 giorni fa e anche Rousseau come vedremo tra poco]. Inoltre Hamann ha stimolato anche Kant nel suo lavoro e torneremo su questa questione [sempre supportati dall’esperienza di Karamzin] nella parte finale di questo itinerario. Ma prima naturalmente ci dobbiamo domandare: chi è Johann Georg Hamann e quali opere ha prodotto?
Johann Georg Hamann è nato a Königsberg nel 1730 ed è, quindi, concittadino di Kant e i due sono amici e si frequentano regolarmente. Hamann ha seguito dal 1755 al 1759 le Lezioni di Kant all’Università di Königsberg come uditore perché non è propriamente uno studente, ha un lavoro: è un ragioniere impiegato all’ufficio della dogana nel porto di Königsberg ma ritiene di dover curare la propria formazione intellettuale e perciò studia Teologia, Scienze naturali e Letteratura.
Hamann avrebbe voluto intraprendere, come aveva fatto Kant, la carriera del precettore in modo da avere più tempo per studiare, ma per dedicarsi a questa attività avrebbe dovuto allontanarsi dalla città per trasferirsi nei castelli di campagna della nobiltà prussiana e, quindi, rinuncia. Nel 1756 si mette in aspettativa e si trasferisce a Londra per impratichirsi nell’arte del commercio, per imparare i metodi “per fare profitto” [soldi]; ma questa non è proprio la strada che vuole intraprendere e l’anno dopo nel 1757 ritorna a lavorare alla dogana del porto di Königsberg e si dedica a studiare la Letteratura greca e la Letteratura biblica [beritica]. In questo momento, come abbiamo studiato a suo tempo, i testi dei Libri biblici vengono indagati e interpretati alla luce della ragione: vengono identificati i diversi codici che ne formano la struttura e vengono focalizzati i miti emergenti dal racconto ma Hamann pensa che la Letteratura biblica non sia unicamente frutto della ragione umana [dell’ingegno degli scrivani delle varie Scuole redazionali], ma sia soprattutto il risultato di una ispirazione divina, e ritiene che il linguaggio mitico sia il modo popolare e semplificato scelto dalla divinità per comunicare con la persona. Hamann mette in relazione i racconti mitici del culto di Dioniso della Tragedia greca con i racconti mitici della Letteratura biblica [con il midrasch beritico] e scopre una continuità dalla quale emerge “la sublime forza comunicativa del mito” che appare come un linguaggio permeato di sentimento, come un apparato che si sovrappone alla ragione perché la conoscenza sentimentale, afferma Hamann, è superiore alla conoscenza razionale [e voi ricorderete che in questi anni Jean Jacques Rousseau a Parigi sta facendo lo stesso discorso]. Hamann sostiene che il contatto con Dio e con la Natura da parte della persona avviene attraverso il linguaggio mitico che si sovrappone a quello razionale ed è, quindi, permeato da una caratteristica fondamentale che lo determina: l’irrazionalità. Ed è l’irrazionalità a permeare il linguaggio mitico, afferma Hamann, e questa caratteristica lo rende creativo: la creatività non è frutto della ragione - che di solito blocca la creatività, sostiene Hamann - ma è frutto di “uno slancio irrazionale dovuto ai sentimenti”. Hamann fa assumere al concetto di irrazionalità una forte valenza intellettuale, e il suo pensiero, senza che lui se ne renda conto, influenza una generazione di giovani intellettuali che abbiamo già visto all’opera: gli Stürmer tedeschi e i Sentimentalisti russi. Hamann scrive: «Il linguaggio mitico è lo strumento con cui Dio trasmette all’essere umano il messaggio della salvezza che si propaga attraverso l’irrazionalità dei sentimenti, e l’insieme della Letteratura tragica greca, della Letteratura biblica e della Letteratura dei Vangeli si presenta come un’enorme parabola che racconta le avventure e il cammino dell’anima umana: una parabola che occorre decifrare non con l’esegesi scientifica e razionale ma con un’intuizione e con l’attesa paziente di un’illuminazione irrazionale di carattere divino.».
Queste idee, Hamann, nel 1759, le sviluppa in un’opera che riscuote successo tra tutti coloro che avevano cominciato a dubitare del fatto che il primato della ragione avrebbe innescato un inesauribile progresso dell’Umanità.
Hamann [e sono in molte e in molti a condividere la sua tesi] scrive che l’Illuminismo sta producendo un’ideologia sempre più fredda, asettica, rigida, meccanica, e intitola la sua opera Memorabili di Socrate, raccolti per la noia del pubblico da un amante della noia. Con una duplice dedica, a nessuno e a due persone. [Lui e Kant?]. Quest’opera, che ha suscitato grande interesse in molti, Kant compreso, ha come protagonista Socrate e il concetto di “dotta ignoranza” [sa, chi sa di non sapere].
Hamann ha affinato la sua conoscenza di Socrate studiando l’opera di Senofonte, il discepolo di Socrate, nato ad Atene intorno al 430 a.C., che per primo ha scritto su di lui lasciando una testimonianza fondamentale sul maestro ateniese. Anche l’opera apologetica di Senofonte su Socrate, in quattro Libri più uno in Appendice, s’intitola Memorabili [Cose e fatti che non si devono dimenticare] e risulta basilare per conoscere i suoi detti e le sue sentenze.
Hamann, prendendo spunto dall’opera di Senofonte, rifiuta l’immagine che l’Illuminismo ha divulgato di Socrate: gli illuministi hanno visto in Socrate il modello della razionalità e hanno considerato il suo elogio dell’ignoranza [beata la persona che sa di non sapere!] come una rinuncia a conoscere le verità eterne [metafisiche, sopranaturali, divine] perché impraticabili con la ragione [la Lezione di Kant]; Hamann rifiuta questa interpretazione e presenta Socrate come un profeta che - sotto la guida del “daìmon” [il dèmone che rappresenta la voce intima e ammonitrice della coscienza] - dichiara la non-adeguatezza della ragione umana ed esalta il linguaggio mitico: l’unico capace di comunicare la verità attraverso l’impeto dei sentimenti. Il pensiero di Hamann, agli albori del Romanticismo, pone una questione che è ancora di grande attualità: che rapporto c’è tra la ragione e i sentimenti? I sentimenti sono compatibili con la ragione, sanno stare in equilibrio con essa, oppure c’è tra la ragione e i sentimenti una permanente conflittualità?
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Nella vostra vita la ragione e i sentimenti sono sempre andati d’accordo?... È mai successo che abbiate dovuto, con la ragione, accantonare i sentimenti?...
Scrivete quattro righe in proposito [è un tema ricorrente in Letteratura]…
Hamann nel testo dell’opera Memorabili di Socrate compie un’operazione esegetica [interpretativa] che ha avuto un grande successo nella cultura europea.
Hamann nel testo dell’opera Memorabili di Socrate commenta l’Apologia di Socrate, il famoso dialogo di Platone sul processo, sull’ingiusta condanna e sulla morte di Socrate, e ne interpreta la figura inquadrandola nella storia della salvezza; vede in Socrate il modello anticipatore del salvatore: la mitica prefigurazione di Gesù Cristo. La morte di Socrate si presenta come un martirio e il filosofo morente assume secondo Hamann la figura di un profeta che predica l’impotenza della ragione, l’imperfezione della natura umana e l’aspirazione che la persona coltiva ad essere redenta nell’Aldilà dopo l’esperienza terrena. Memorabili di Socrate è un’opera densa di metafore, scritta con un linguaggio oracolare a imitazione delle liturgie dei culti di Dioniso, e diventa un punto di riferimento per quei giovani intellettuali che in Europa nella seconda metà del 1700 sono alla ricerca di parole-chiave e di idee-cardine che vadano oltre l’Illuminismo. Lo stile della scrittura di Hamann - misterioso, frammentario, oracolare, liturgico, dionisiaco - tende a mettere in rilievo anche il lato oscuro e “un po’ demoniaco” della personalità umana ed è per questo motivo che ad Hamann viene attribuito un soprannome che gli è rimasto: il Mago del Nord.
Il testo di Memorabili di Socrate di Hamann circola nei tre decenni successivi dalla sua comparsa in tutta Europa provocando reazioni contrastanti: la reazione contraria più estrosa per contrastare la critica all’Illuminismo di Hamann è senza dubbio quella messa in atto a Napoli dall’abate Ferdinando Galiani [1728-1787, l’economista illuminista che abbiamo citato nel viaggio dello scorso anno] il quale, per polemizzare con lo scritto di Hamann, invita l’autore di testi teatrali Giovanni Battista Lorenzi [1721-1807] a scrivere un Libretto per un’opera buffa [una commedia in musica, alla stesura della quale partecipa Galiani stesso] intitolata Il Socrate immaginario musicata [e rappresentata nell’ottobre del 1775] dal compositore Giovanni Paisiello [1740-1816].
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Potete leggere, navigando in rete, la trama e il testo del Libretto de Il Socrate immaginario [quest’opera - rivisitata dal maestro Roberto De Simone - è stata rappresentata ultimamente al Teatro San Carlo di Napoli nel 2005]... Memorabili i versi della Scena quinta del primo Atto, suggeriti da Galiani: «Sa che sa, se sa, chi sa. Che se sa non sa se sa: chi sol sa che nulla sa, ne sa più di chi ne sa.»… Incuriositevi sulla via del sapere prestando orecchio...
Hamann poi nel 1762, sempre in stile oracolare, compone un’opera intitolata Aestetica in nuce in cui afferma che il linguaggio mitico utilizzato dalla divinità per comunicare con l’intelletto umano non si manifesta solo nella Letteratura dionisiaca e in quella biblica ma si riscontra anche nelle opere prodotte dalla genialità artistica mediante lo slancio irrazionale generato dai sentimenti. Scrive Hamann: «Il geniale spirito trasgressivo dei profeti biblici, il geniale dèmone di Socrate, il genio di Omero e di Shakespeare sono, su piani diversi, la via di accesso alla verità, che non passa attraverso gli schemi rigidi della ragione ma attraverso la genialità sentimentale».
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In quale opera, tra le tante prodotte nel corso della Storia dell’Arte, si è espressa maggiormente, secondo il vostro gusto, la genialità sentimentale?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Le opere di Hamann influenzano Herder, i giovani tedeschi dello Sturm und Drang e i Sentimentalisti russi, ma anche [e bisogna tenerne conto] Jean Jacques Rousseau.
L’opera Memorabili di Socrate di Hamann [che contiene la critica alla ragione come strumento inadeguato per raggiungere la conoscenza, ed esalta la potenza del linguaggio irrazionale dei sentimenti] ha ispirato anche Jean Jacques Rousseau, che abbiamo incontrato nel viaggio dello scorso anno, il quale nel 1761 scrive un breve trattato intitolato Professione di fede del vicario savoiardo e lo inserisce nel IV Libro dell’Emilio o dell’educazione. In questo scritto, pubblicato poi autonomamente, Rousseau espone le sue riflessioni in materia di educazione religiosa con l’intenzione polemica, più che religiosa, di contrapporsi all’ateismo dei filosofi e degli enciclopedisti parigini, come Diderot, d’Alembert, Voltaire, Condillac, d’Holbach, che abbiamo incontrato nel viaggio di due anni fa. Rousseau, nel testo delle Confessioni [la sua autobiografia, che conosciamo], scrive: «Ho avuto occasione di leggere con molto interesse un Libretto socratico [così lo chiama] di uno scrittore tedesco [non lo nomina ma sappiamo che è Hamann], e ne ho tratto ispirazione per aggiungere un capitolo all’Emilio sul tema dell’educazione religiosa.». Rousseau mette in evidenza un tema che Hamann aveva già introdotto in Memorabili di Socrate e che diventa uno dei temi forti del Romanticismo: il tema della religione del cuore, una forma di religiosità in cui la fede si presenta come un fenomeno naturale perché «la fede [afferma Rousseau] sorge spontaneamente nel cuore, e per cogliere la divinità non sono necessarie né sovrastrutture né gerarchie né culti né dogmi.». Nel testo del suo breve trattato, Rousseau fa pronunciare questa professione di fede a un prete cattolico [il vicario savoiardo] che è stato incaricato di educare religiosamente Emilio [l’allievo immaginario di cui Rousseau sta descrivendo, sotto forma di romanzo, l’itinerario di formazione] per prepararlo a rispondere a due domande fondamentali: in che modo si deve credere e a che cosa si deve credere? Rousseau, da esperto romanziere qual è, fornisce anche un’identità letteraria a questo personaggio: il suo vicario è nato nella regione alpina della Savoia in una famiglia povera e contadina, e dopo l’ordinazione sacerdotale si è dovuto rifugiare in Italia a causa di disaccordi [teologici?] col vescovo della sua diocesi. Scrive Rousseau: «Questo vicario non è un uomo di cultura ma è una persona semplice e ingenua che fa del “sapere di non sapere” [come il Socrate di Hamann] la condizione preliminare per vincere la boria delle scienze, delle arti e della filosofia perché [e Rousseau vuole polemizzare, come fa Hamann] l’orgogliosa filosofia, il saccentismo, porta alla tirannide, così come la devozione cieca, il bigottismo, porta al fanatismo. La dotta ignoranza garantisce e protegge la naturalezza che, con la spontaneità, è la virtù necessaria per ascoltare la coscienza e per dare voce al sentimento prendendo atto che l’unico strumento di giudizio è il cuore, e che per incontrare Dio bisogna andare dove ci porta il cuore seguendo la voce della coscienza e del sentimento.».
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Su questo tema la produzione letteraria è enorme e, in proposito, non è possibile non citare Cuore [1886] di Edmondo De Amicis, uno dei libri più criticati della nostra Letteratura anche se ne veniva consigliata la lettura; oggi non lo si legge più ma si dovrebbe tornare a farlo proprio perché la critica lo ha etichettato come “troppo accorato e sentimentale”, e bisognerebbe chiedersi: che male c’è in questo?... De Amicis credeva in una società utopistica fondata sull’istruzione, l’empatia e la solidarietà alla quale bisognerebbe comunque tendere... C’è un interessante saggio scritto da Marcello Fois che s’intitola L’invenzione degli italiani. Dove ci porta il Cuore e potete richiederlo in biblioteca, mentre Cuore di Edmondo De Amicis immagino trovi posto nella vostra biblioteca domestica: riprendetelo in mano...
Oggi, in quale direzione – verso chi, verso che cosa - vi porta il cuore?... Scrivete quattro righe in proposito, lasciate che la penna prenda la direzione del sentimento…
Hamann con i Memorabili di Socrate e Rousseau con la Professione di fede del vicario savoiardo scrivono i principi del “Credo romantico” e gli articoli di fede di quella che viene chiamata la religione del cuore. Leggiamo, in proposito, un brano dalla Professione di fede del vicario savoiardo.
Jean Jacques Rousseau, Professione di fede del vicario savoiardo
Non vi aspettate da me né discorsi sapienti né profondi ragionamenti. Io non sono un gran filosofo e mi curo poco di esserlo. Ma ho talvolta del buon senso e amo sempre la verità. Non voglio argomentare con voi e neppure contraddirvi: mi basta esporvi quello che penso nella semplicità del mio cuore e vi chiedo di ascoltarmi.
Io credo che una Volontà muova l’Universo e animi la Natura; io credo che se la materia mossa mi mostra una Volontà, la materia mossa secondo certe Leggi mi mostra un’Intelligenza; io credo che l’essere umano è libero nelle sue azioni e come tale sia animato da una sostanza immateriale; io credo che la Provvidenza ha fatto l’essere umano libero mettendolo in grado di scegliere il bene e il male; io credo che il male ricade sull’essere umano senza cambiar nulla nel sistema del mondo, senza impedire che la stessa specie umana si conservi a proprio dispetto; io credo che l’anima è immateriale, ed essa può sopravvivere al corpo, e la sua immaterialità giustifica la Provvidenza, infatti, quanto più rientro in me e tanto più leggo queste parole scritte nella mia anima: «sii una persona giusta e sarai una persona felice».
Io credo che senza la speranza in una vita futura come potrei spiegare il trionfo del cattivo e l’oppressione del giusto in questo mondo? …
Per esprimere il loro “Credo” Hamann e Rousseau fanno appello alla forza del sentimento e al giudizio della coscienza che è l’organo [il dèmone] che sa distinguere il bene dal male. E Rousseau, prendendo spunto dall’opera di Hamann, nel testo della Professione di fede del vicario savoiardo tesse un accorato Inno di lode alla Coscienza che diventa uno dei manifesti della cultura romantica [il “prendere Coscienza”].
E allora leggiamo il celebre Inno di lode alla Coscienza di Rousseau.
Jean Jacques Rousseau, Professione di fede del vicario savoiardo
Coscienza! Coscienza! Istinto divino, voce immortale e celeste; guida sicura di un essere ignorante e limitato, ma intelligente e libero; giudice infallibile del bene e del male che rendi la persona simile a Dio! Sei tu che fai l’eccellenza della sua natura e la moralità delle sue azioni; senza di te non sento niente in me che mi elevi al di sopra delle bestie, se non il triste privilegio di smarrirmi di errore in errore, con l’aiuto di un intelletto senza regola e di una ragione senza principio. Grazie al cielo, liberati da tutto questo spaventoso apparato di filosofia siamo dispensati dal consumare la nostra vita nell’ufficio della morale perché è la Coscienza la nostra guida più sicura nel dedalo immenso delle incoerenze umane. …
Nel suo Inno Rousseau, sulla scia di Hamann, definisce la Coscienza come un ente autonomo rispetto al pensiero filosofico e come se fosse la voce dell’Io che emerge spontaneamente dall’intimo della persona.
Hamann, nel 1759 in Memorabili di Socrate, e Rousseau, nel 1761 in Professione di fede del vicario savoiardo, definiscono la Coscienza come un ente autonomo rispetto al pensiero filosofico, un ente di carattere sentimentale che esalta il valore dell’Io individuale. Il fatto è che, diversamente da ciò che Hamann e Rousseau pensavano, trent’anni dopo sul territorio del Romanticismo “la Coscienza” diventerà lei stessa un concetto filosofico e diverrà un utile apparato per costruire un ben-strutturato pensiero intellettuale. In proposito, nel 1762 a Rammenau, nasce un bambino di nome Johann Fichte: e perché diamo questa notizia? Lo capiremo quando, da grande, lo incontreremo, la prossima primavera (la primavera del 1792). Hamann, in Memorabili di Socrate, e Rousseau, in Professione di fede del vicario savoiardo, pensano che la maggior parte delle persone non sentano la voce della Coscienza [il richiamo del dèmone] e questo avviene perché [secondo Hamann e Rousseau] la Coscienza parla lo stesso linguaggio della Natura: purtroppo, il rumore della civiltà, il chiasso della società progredita ha soffocato la voce della Natura e, di conseguenza, ha reso impercettibile la voce della Coscienza emergente dal profondo dell’animo umano.
Ora, indipendentemente dall’idea che vi possa essere una correlazione tra la Natura e la Coscienza, il tema riguardante “la capacità che la persona deve avere di ascoltare la propria Coscienza e di percepire la voce della propria interiorità”, oggi, si pone ancora con più forza rispetto alla metà del ‘700 perché, con più vigore, ha preso il sopravvento una presunta civiltà basata sull’esteriorità, sull’avere, sull’apparire, su ciò che risulta artificiale. Hamann e Rousseau hanno ribadito, nei testi delle loro opere, che la voce della Coscienza è labile: in proposito, ritengono necessario un intervento educativo da parte della Scuola pubblica, che operi per far crescere nella persona la volontà di allontanarsi dall’esteriorità, dall’avere, dall’apparire e dall’artificio, in modo che, proprio dalla labile voce della Coscienza possa emergere il desiderio di misurarsi con l’interiorità piuttosto che con l’esteriorità, con l’essere piuttosto che con l’avere, con l’esistere piuttosto che con l’apparire e con ciò che risulta naturale piuttosto che artificiale. Il tema del rapporto tra la Natura e la Coscienza pone [secondo Hamann e Rousseau] un interrogativo: è vero che le persone non ascoltano la voce della Coscienza perché si sono allontanate dalla Natura tanto dalle sue manifestazioni buone quanto da quelle meno gradevoli? E [secondo Hamann e Rousseau] pone un interrogativo anche il conseguente tema del rapporto tra la Natura e i sentimenti: è vero che la persona riconosce meglio i propri sentimenti stando a contatto con i fenomeni della Natura?
Questi temi posti da Hamann e da Rousseau con i loro interrogativi sono stati affrontati, come sappiamo, dagli Stürmer tedeschi e dai Sentimentalisti russi, e poi hanno continuato a tener banco soprattutto nelle opere letterarie [romanzi e saggi] e in quelle della Storia dell’Arte [della pittura in particolare] dell’ ‘800 e del ‘900.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
In proposito è interessante osservare, in rete, le opere pittoriche di Caspar David Friedrich [1774-1840] in particolare Viandante sul mare di nebbia... E poi per riflettere in modo più approfondito su come dalla labile voce della Coscienza possa emergere il desiderio di misurarsi con l’interiorità piuttosto che con l’esteriorità, con l’essere piuttosto che con l’avere, con l’esistere piuttosto che con l’apparire, è utile leggere o rileggere il saggio pubblicato nel 1976 intitolato Avere o Essere? di Erich Fromm [1900-1980]... Richiedetelo in biblioteca: è il momento adatto per fare questo esercizio, incuriositevi...
Nikolaj Karamzin [e torniamo ora al tema iniziale] nelle sue Lettere di un viaggiatore russo scrive come sappiamo che Kant gli ha parlato dei suoi avversari, ma poi non fornisce alcuna notizia in proposito e il perché lo si capisce quindici anni dopo, quando, in occasione della morte di Kant, Karamzin, che è un giornalista esemplare, rivela in un articolo commemorativo di cui abbiamo letto un brano di aver rispettato una precisa volontà di Kant. Adesso, per chiarire questa questione [e per capire le dinamiche relative alla nascita del Romanticismo, complice un bicchierino di vino delle Canarie], procediamo con ordine.
Kant, durante il suo incontro con Nikolaj Karamzin il 19 giugno 1789, ha certamente parlato con lui dell’atteggiamento di disappunto che Hamann ha manifestato nei confronti del contenuto della Critica della ragion pura pubblicata nel 1781 scrivendo nel 1784 un saggio [che, per la verità, ha suscitato poco interesse] intitolato Metacritica del purismo della ragione in cui riporta una serie di argomentazioni sfavorevoli nei confronti dell’opera di Kant. Hamann, che avversa il pensiero illuminista e non ha alcuna fiducia nella ragione umana, rimprovera a Kant di aver separato la ragione dalla sensibilità e di non aver preso in considerazione un aspetto fondamentale della personalità umana: il sentimento. Hamann rimprovera a Kant di non aver affermato che la ragione umana è un prodotto del linguaggio perché il ragionare e il parlare sono due funzioni interdipendenti tra loro e, di conseguenza, la ragione umana [che non è solo un meccanismo asettico, ricorda Hamann a Kant], agendo in sinergia con il linguaggio, è anche indissolubilmente legata alle tradizioni popolari.
Nell’itinerario scorso abbiamo studiato che il tema del rapporto tra la ragione, il linguaggio e le tradizioni popolari è stato sviluppato da Herder che è stato influenzato da Hamann, e lo studio delle tradizioni popolari è diventato un punto qualificante della coltura romantica: difatti, tanto gli Stürmer tedeschi che i Sentimentalisti russi, influenzati da Hamann e da Herder, considerano importantissime le tradizioni popolari perché si rendono conto che la vastissima rete dei racconti delle origini costitutivi della Letteratura orfica e biblica affonda le sue radici nella tradizione popolare soprattutto rurale basata sull’oralità. «La ragione umana [ricorda Hamann a Kant] è condizionata [nel bene e nel male] dal linguaggio utilizzato per dar voce alle tradizioni popolari e, quindi, noi siamo obbligati a ragionare condizionati dal repertorio dei miti che ci sono stati tramandati attraverso il genere letterario della fiaba e della favola.». Kant ha confidato a Karamzin di aver dovuto ammettere la fondatezza delle argomentazioni critiche contenute nell’opera di Hamann e di aver deciso di non lasciarsi trascinare in un’inutile polemica, anche perché sa che Hamann è “una brava persona” in buona fede e i due si frequentano e si stimano a vicenda.
Kant ha informato Karamzin di aver fatto uscire uno scarno comunicato [passato quasi inosservato, e oggi conservato tra i documenti della Biblioteca dell’Università di Königsberg] nel testo del quale - senza citare la Metacritica di Hamann - si legge: «Si rende noto che la Critica della ragion pura è solo il primo segmento di una riflessione e di un progetto più vasto.». Difatti Kant nel 1784 stava già componendo la Critica della ragion pratica [pubblicata nel 1788, nella quale, come sapete, mette in risalto il valore e la funzione del sentimento come elemento importante per conoscere la realtà, secondo il suggerimento critico di Hamann] e poi sapeva che avrebbe scritto la Critica del giudizio [pubblicata nel 1790, nella quale, come sapete, esalta il valore e la funzione del linguaggio e delle tradizioni popolari pur rimanendo, però, nella sua analisi, sempre fedele allo spirito dell’Illuminismo, diversamente da Hamann]. Kant [di fronte a Karamzin, al quale consiglia di leggere la Critica della ragion pratica appena uscita] si dimostra probabilmente piuttosto seccato dal fatto che Hamann che è stato suo studente e suo amico lo abbia ripreso con argomentazioni sulle quali Kant stava riflettendo [e Hamann non poteva non saperlo perché conosceva bene le opinioni di Kant] e quindi, per evitare una disputa inutile, decide di ignorare l’accaduto. Però, come Karamzin constaterà leggendo la Critica della ragion pratica e poi la Critica del giudizio, quando Kant scrive sul valore del sentimento, come ha fatto nel testo della Critica della ragion pratica, fa riferimento sempre a Rousseau e quando scrive sul valore del linguaggio e delle tradizioni, come ha fatto nel testo della Critica del giudizio, fa sempre riferimento a Herder. Quindi Kant non cita mai Hamann sebbene non lo ignori affatto perché in privato i due hanno molto discusso di questi temi [il sentimento, il linguaggio, le tradizioni popolari, il concetto del bello] davanti a un bicchierino di vino delle Canarie [una consuetudine che Kant prenderà - come vedremo tra poco - a pretesto per alludere, quando scrive, alla sua proficua relazione intellettuale con Hamann], e Kant ammette che la critica di Hamann è fondata ma sa anche [e questo deve aver detto a Karamzin nel corso del loro incontro] di essere capace di rispondere in modo altrettanto fondato a questa critica.
Ma [e veniamo all’epilogo] purtroppo, nel frattempo, è successo qualcosa che ha amareggiato Kant e Karamzin ne ha dato testimonianza: è successo che il 21 giugno 1788, pochi giorni dopo la pubblicazione della Critica della ragion pratica, Hamann muore a Münster, la bella città della Renania-Westfalia, dove si trovava per tenere una serie di conferenze. Kant soffre molto per questa perdita prima di tutto perché deve separarsi da una persona che stima e dalla quale è stimato e poi perché Kant deve sinceramente ammettere che Hamann è stato capace di spronarlo nel suo lavoro in quanto è stato l’unico attento lettore e il più diligente commentatore del testo della Critica della ragion pura: infatti come sapete, quest’opera l’hanno letta in pochi, e i più [compreso l’editore Hartnoch di Riga, come ricorderete] hanno detto di averci capito ben poco: Hamann ha criticato ma ha anche riconosciuto il valore di quest’opera.
Ebbene, quando Kant incontra Karamzin il 19 giugno 1789, commemora Hamann confessando di provare una grande nostalgia delle loro conversazioni, in particolare di quelle tenute sull’idea del bello, e infine prega il suo ospite [sapendo di parlare con un giornalista] di mantenere, per rispetto, il riserbo su ciò che gli ha raccontato. Difatti Karamzin, come sappiamo, nel suo diario che ha fatto stampare l’anno dopo al suo ritorno a San Pietroburgo nel 1790, ha fatto solo un accenno allusivo [«Parlammo poi dei suoi nemici. “Voi li conoscete - disse - e vedete bene che sono brava gente”.»], e solo quindici anni dopo, nel suo articolo sulla sua rivista Vestnik Evropy [Novità dall’Europa], scritto per commemorare la morte di Kant nel marzo 1804, romperà in parte il riserbo dando anche alle sue parole il colore, il profumo e il sapore di quel bicchierino di vino delle Canarie che Kant gli ha offerto così come lo offriva ad Haman nel corso dei loro consueti e piacevoli incontri: vere e proprie [e divertenti per loro] dispute intellettuali.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
C’è una persona che voi stimate la quale però sostiene un argomento che vi sta a cuore in modo diverso dal vostro e con la quale - davanti a un bicchierino di vino dolce [vin santo, rosolio, passito …] – vorreste discuterne?...
Scrivete quattro righe in proposito...
Karamzin ci fa sapere che Kant e Hamann discutevano animatamente sul valore del sentimento, del linguaggio, delle tradizioni popolari e sull’idea di bello [tutti temi romantici per eccellenza], e, in particolare, l’idea del bello è un tema sul quale sarà Kant [e non Hamann in questo caso] a condizionare, tramite il testo della Critica del giudizio senza tradire lo spirito dell’Illuminismo, il pensiero dei giovani intellettuali romantici. Kant, quando riceve Karamzin, è molto amareggiato anche per il fatto che Hamann non ha fatto in tempo a leggere tanto la Critica della ragion pratica quanto la Critica del giudizio.
E ora in conclusione, ci dobbiamo domandare: come può un bicchierino di vino delle Canarie essere preso a pretesto da parte di Kant per alludere, quando scrive la Critica del giudizio, alla sua proficua relazione intellettuale con Hamann? Kant [e Karamzin allude a questo] non cita mai direttamente Hamann perché non desidera attaccarlo pubblicamente in quando si sente in dovere, secondo lo stile di Kant, di voler bene a un avversario così leale.
La Critica del giudizio pubblicata da Kant nel 1790 è un’opera, come abbiamo studiato nel viaggio dello scorso anno, che porta il pensiero dell’Illuminismo al di là dell’Illuminismo stesso [nel territorio sul quale stiamo viaggiando]. Nel testo della Critica del giudizio Kant si occupa anche del tema riguardante il rapporto tra la ragione e la sensibilità [uno dei temi che Hamann gli aveva rimproverato di non avere affrontato nella Critica della ragion pura] e del tema riguardante la relazione tra il piacevole e il bello. Tra poco, per concludere, leggeremo un breve brano tratto da uno di quei passi, molto significativi e molto citati della Critica del giudizio, in cui Kant mette in rapporto l’idea del piacevole con l’idea del bello, un’idea legata alla domanda: è bello quel che è bello o è bello quel che piace? Il piacevole, scrive Kant, è legato alla sensibilità di ciascuna persona per cui, con la ragione, una persona non può mai dire categoricamente che “una cosa è bella” perché se la stessa cosa per un’altra persona è brutta il valore oggettivo della bellezza non ha più ragione di essere. Una persona, con il suo giudizio, non può attribuire a una cosa in modo assoluto l’attributo della bellezza o della bruttezza perché, scrive Kant, l’idea di bellezza o di bruttezza non sta nelle cose ma è collocata nella mente che esprime un giudizio sulle cose e, quindi, la ragione, pur con tutti i suoi limiti, ha un ruolo: è mediante la ragione, scrive Kant, che una persona capisce di non poter dire che “una cosa è bella” oppure che “una cosa è brutta” ma che deve esprimersi affermando: «per la mia sensibilità questa cosa è piacevole oppure non è piacevole» e, di conseguenza, ciò significa che «per conoscere è sempre necessario mettere in rapporto la ragione con la sensibilità.».
Si sa che Kant e Hamann hanno discusso animatamente - pur partendo da un presupposto comune - se nel processo della conoscenza è la ragione a orientare la sensibilità [come sostiene Kant rimanendo fedele allo spirito dell’Illuminismo] oppure è la sensibilità a influenzare la ragione [come ritiene Hamann che respinge il pensiero illuminista]. E si percepisce che Kant, nel comporre il testo della Critica del giudizio, mentre affronta il tema del rapporto tra il bello e il piacevole e tra la ragione e la sensibilità, sta pensando con nostalgia alle fruttuose, sebbene controverse, discussioni con l’amico perduto di recente e, quindi, per ricordarlo utilizza, come fra poco leggeremo, un esempio [avvalorando la testimonianza di Karamzin] che è un esplicito riferimento alla sua fruttuosa amicizia intellettuale con Hamann. Hamann lo aveva stimolato a riflettere e Kant, nel testo della Critica del giudizio, lo ricorda senza citarlo per nome, come se volesse brindare ancora una volta insieme a lui con un bicchierino di vino delle Canarie.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Quando, perché e da parte di chi è stato fatto un gesto di grande sensibilità nei vostri confronti?... Ebbene, quando si manifesta la sensibilità umana vale sempre la pena prenderne atto: scrivete quattro righe in proposito...
E ora leggiamo il brano in cui Kant - con un gesto di sensibilità - ricorda Hamann facendo un esempio relativo al concetto di “piacevole” che evoca uno dei tanti loro brindisi, e in cui ammonisce anche sul dovere di rispettare le idee [e i gusti] altrui.
Immanuel Kant, Critica del giudizio
Riguardo al piacevole ognuno è disposto a riconoscere che il giudizio, fondato su un suo personale sentimento, col quale afferma che un oggetto gli piace, si limiti alla sua sola persona. Perciò quando diciamo che il vino delle Canarie è gradevole non ce la prendiamo se qualcuno corregge l’espressione ricordandoci che dobbiamo aggiungere un «per me»; e questo non solo per il gusto della lingua, del palato e della gola, ma anche per quanto può risultare piacevole agli occhi e alle orecchie. Per l’uno il colore violetto è soave e amabile, per l’altro cupo e spento. A uno piace il suono degli strumenti da fiato, a un altro quello degli archi. Disputare su ciò, con intento di riprovare come ingiusto il diverso giudizio altrui, come se fosse logicamente incompatibile col nostro, sarebbe prova di stoltezza, sicché per quanto riguarda il piacevole vale il principio che ogni persona ha i suoi gusti e una propria sensibilità. Ben diversamente ci si comporta a proposito del bello. …
E sull’idea di bello, un tema tipico del pensiero romantico che avremo modo di osservare strada facendo, sarà Kant [e non Hamann in questo caso] a condizionare, tramite il testo della Critica del giudizio, e senza tradire lo spirito dell’Illuminismo, il pensiero dei giovani intellettuali romantici.
I paesaggi intellettuali che osserveremo sul territorio del Romanticismo si caratterizzano perché gli intellettuali che lo hanno modellato, a cominciare da Rousseau, Karamzin, Kant, Hamann, Herder, hanno preso in considerazione la Natura non solo, e non tanto come una realtà da indagare con la Scienza, ma come un grande laboratorio vivente da avvicinare e da ascoltare con la Coscienza.
Gli intellettuali che hanno modellato il territorio del Romanticismo hanno cominciato a descrivere la Natura non solo e non tanto con il linguaggio dei Trattati ma soprattutto con il linguaggio della Poesia.
Gli intellettuali che hanno modellato il territorio del Romanticismo hanno affermato che l’essere umano non è separato dalla Natura ma è “Natura stessa” e hanno affermato che c’è un rapporto tra i sentimenti umani e l’afflato della Natura, tra i sentimenti umani e lo Spirito vivente della Natura.
Ebbene, per cominciare a riflettere su questi temi è bene farsi accompagnare da un [celebre] personaggio che, in proposito, ne sa: Johann Wolfgang Goethe. Perché Goethe è attratto dalla Scienza ma ancor più profondamente dalla Coscienza, perché è attratto dai Trattati ma ancor più profondamente dal Linguaggio poetico, perché è attratto dalla ragione ma ancor più profondamente dai sentimenti?
Per rispondere a queste domande è bene procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui e il viaggio continua…