ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico
20-21-29 novembre 2024
SUL TERRITORIO DEL ROMANTICISMO TITANICO
SI RIFLETTE SUL RAPPORTO TRA LA NATURA E I SENTIMENTI ...
Questa è la quarta tappa del nostro viaggio sul territorio del Romanticismo titanico e quindici giorni fa, come ricorderete, Nikolaj Karamzin ci ha fatto sapere [attraverso l’articolo che ha scritto nel marzo 1804 In morte di Immanuel Kant pubblicato sulla rivista Vestnik Evropy (“Novità dall’Europa”)] che Kant, rimanendo fedele allo spirito dell’Illuminismo, e Hamann, respingendo il pensiero illuminista, hanno discusso animatamente per un decennio [davanti a un bicchierino di vino delle Canarie] sul valore del sentimento, del linguaggio, delle tradizioni popolari, sull’idea di bello,tutti temi che prenderanno campo sul territorio del Romanticismo: ma soprattutto è sull’idea e sul ruolo che deve avere la Natura che si è incentrato il loro dibattito, ed è proprio seguendo la scia della parola-chiave “Natura” che prendiamo il passo questa sera facendo un preambolo.
I paesaggi culturali che osserveremo sul territorio del cosiddetto Romanticismo titanico si caratterizzano in un certo modo perché le intellettuali [a cominciare dalle epistolariste francesi che abbiamo incontrato nell’undicesimo itinerario del viaggio di due anni fa] e gli intellettuali [come Rousseau, Karamzin, Kant, Hamann, Herder] hanno preso in considerazione la Natura non solo e non tanto come una realtà da indagare con la Scienza ma come un grande laboratorio vivente da avvicinare e da ascoltare con la Coscienza. Queste intellettuali e questi intellettuali hanno cominciato a descrivere la Natura non con il linguaggio dei Trattati ma soprattutto con il linguaggio della Poesia affermando che l’essere umano non è separato dalla Natura ma è “Natura stessa” e sostenendo che c’è un rapporto tra i sentimenti umani e l’afflato [lo Spirito vivente] della Natura. Quindi l’intellettuale per eccellenza [donna o uomo che sia] di questo periodo storico si distingue soprattutto per essere “un poeta geniale” piuttosto che uno scienziato razionale e, di conseguenza, il genere letterario che caratterizza maggiormente l’Età romantica è quello della poesia piuttosto che quello della saggistica. E l’aggettivo “titanico” che alle sue origini accompagna il termine “romanticismo” deriva dal fatto che tanto gli Stürmer [i protagonisti tedeschi dello Sturm und Drang (Tempesta e Impeto)] quanto i poeti del Sentimentalismo russo coltivano l’idea che «la Natura è il regno del mito e la voce del mito è quella della poesia». La descrizione primordiale della nascita dell’Universo prima che in chiave scientifica è stata realizzata con l’esercizio della poetica epica [il ciclo delle origini del VII secolo a.C.] in particolare da Esiodo nell’opera intitolata Teogonia [La genealogia degli Dèi]: lo stesso Esiodo c’informa dell’esistenza di un poema precedente, andato perduto, intitolato Titanomachia [La guerra dei Titani], composto nel VII secolo a.C., secondo la tradizione, da Eumèlo di Corinto che narra la lotta di Zeus e degli altri dèi dell’Olimpo per spodestare i Titani guidati da Crono. Quindi “Romanticismo titanico” sta per movimento intellettuale che si propone di descrivere la realtà universale con il genere letterario della poesia.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con un “Dizionario mitologico” che trovate in biblioteca e navigando in rete andate a leggere i racconti mitici legati al termine “Titanomachia”. incuriositevi...
In relazione all’aggettivo “titanico” troviamo i termini: gigantesco, enorme, straordinario, colossale, ciclopico, monumentale, grandioso, immenso... Ebbene, quale di questi termini vi piace di più e a quale “oggetto” lo affianchereste?...
Basta scrivere due parole per compiere, in questo caso, un’operazione “titanica”...
Questo preambolo ci fa capire che la coltura romantica privilegia tre elementi: la coscienza, la poesia e i sentimenti, piuttosto che la scienza, la saggistica e la razionalità che sono le tre componenti privilegiate dalla coltura illuminista.
Tuttavia noi sappiamo che i tre elementi che caratterizzano la coltura romantica - la coscienza, la poesia e i sentimenti - hanno già trovato linfa sul territorio dell’Illuminismo come abbiamo potuto constatare nel corso dei viaggi degli ultimi due anni, così come le tre componenti privilegiate della coltura illuminista - la scienza, la saggistica e la razionalità - non verranno comunque mai meno sul territorio del Romanticismo.
A questo proposito, come abbiamo annunciato quindici giorni fa, per capire questa dinamica è bene farsi accompagnare da un celebre personaggio: Johann Wolfgang Goethe il quale è attratto dalla scienza ma sente ancora di più il richiamo dalla coscienza, è autore di trattati ma è sedotto soprattutto dal linguaggio poetico, confida nella ragione ma più ancora nella potenza dei sentimenti, e si è dedicato con impegno a sviluppare, sulla scia delle esperienze degli Stürmer tedeschi e dei Sentimentalisti russi, il tema riguardante il rapporto tra la Natura e i sentimenti.
Il suo operato letterario [tanto saggistico che poetico] ha trovato riscontro nelle opere della Letteratura europea dell’ ‘800 e del ‘900 e l’esempio più calzante in proposito rimanda alla composizione [circa ottant’anni dopo l’esperienza letteraria dello Sturm und Drang, del Movimento sentimentale russo e degli Scritti di Goethe] del romanzo di Leone Tolstoj, pubblicato dal 1865 al 1869, intitolato Guerra e pace: in quasi tutte le pagine di quest’opera si sente un influsso poetico che Tolstoj ha mutuato dal Romanticismo e ha utilizzato magistralmente.
Come ho fatto innumerevoli volte in questi anni, riapro una breve parentesi per ribadire che la Scuola ha il dovere istituzionale [direi] di propiziare la lettura e la rilettura del romanzo Guerra e pace di Leone Tolstòj, e in questa occasione il suggerimento deriva dal fatto che gli argomenti contenuti negli itinerari dei viaggi in corso sul territorio del Romanticismo sono corrispondenti a quelli contenuti in quest’opera che fonda insieme le principali componenti del Romanticismo titanico e galante: per rileggerne periodicamente il testo ho utilizzato il metodo consigliato dalla Scuola del LEGERE MULTUM [quattro pagine al giorno, impiegando circa due anni di tempo, lo stesso tempo che dura la storia raccontata dal romanzo]. Ebbene, anche avendo una certa conoscenza della trama, succede che in virtù delle profonde riflessioni [di carattere scientifico, storico, filosofico] dello scrittore si ha, ogni volta, l’impressione di leggere un testo ancora inesplorato, e questo dipende dal fatto che una cosa è leggere un romanzo dell’ ‘800 a diciassette anni, altra a trenta, altra a cinquanta e altra dopo gli …anta: il testo non cambia ma muta il contesto, la mentalità, dovuta al cambiamento di età di chi legge, per cui “lo scritto” si presta a una sempre nuova e significativa interpretazione.
Ora leggiamo due pagine da Guerra e pace in relazione alla questione del rapporto tra la Natura e i sentimenti per capire che questo significativo tema posto agli albori del Romanticismo non è mai venuto meno nella successiva Storia della Letteratura e del Pensiero Umano.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Tante volte in mezzo a uno scenario naturale abbiamo provato sentimenti di commozione, di gioia, di dolore, d’inquietudine, di tranquillità, di nostalgia, di malinconia… Scrivete quattro righe in proposito, riflettete sul tema del rapporto tra Natura e sentimenti…
Leone Tolstòj, Guerra e pace
Nella primavera del 1809 il principe Andréj si recò nei dintorni di Rjazàn’, nei possedimenti di suo figlio, di cui egli era il tutore. Scaldato dal sole primaverile, il principe Andréj stava viaggiando nella sua carrozza scoperta, e si volgeva ogni tanto a guardare i primi ciuffi d’erba, le prime foglie delle betulle e le prime alte volute di nubi primaverili, che correvano qua e là nell’azzurro vivido del cielo. Non pensava a nulla, e guardava da una parte e dall’altra, allegramente e senza dare alla cosa alcun significato. Si era lasciato alle spalle il guado dove un anno addietro aveva parlato con Pierre. Si lasciò alle spalle un sudicio villaggio, e aie, e macchie, poi una discesa, con un residuo di neve accanto a un ponte, una salita argillosa lisciata dall’acqua, strisce di stoppie e di cespugli che verdeggiavano qua e là, ed entrò in un bosco di betulle che cresceva ai due lati della strada. Nel bosco c’era quasi afa, non si avvertiva un soffio di vento. Le betulle, tutte disseminate di foglioline verdi e vischiose, erano immobili, e dalle foglie cadute l’anno passato spuntava, rialzandole un poco, la prima erba verdeggiante, con dei fiori color lillà. Minuscoli abeti, sparsi qua e là nel bosco di betulle, col loro grossolano verde perenne rammentavano spiacevolmente l’inverno. I cavalli avevano preso a sbuffare, da quando erano entrati nel bosco, e sudavano più visibilmente. Il valletto Pëtr disse qualcosa al cocchiere, il cocchiere rispose approvando. Ma, evidentemente, il consenso del cocchiere era troppo poco per Pëtr e dalla serpa si volse verso il suo bàrin: «Vostra eccellenza, si sta così bene qua!» disse, sorridendo rispettosamente. «Che dici?». «Che si sta bene, vostra eccellenza». “Che sta dicendo?” pensò il principe Andréj. “Sì, starà parlando della primavera” pensò, guardandosi attorno. “E davvero, è già tutto verde…come ha fatto presto! Le betulle, i maraschi, e anche gli ontani cominciano già… Querce però non se ne vedono. Sì, eccola là, una quercia”. Sul ciglio della strada c’era una quercia. Probabilmente dieci volte più vecchia delle betulle che formavano il bosco era anche dieci volte più larga e alta almeno il doppio di qualsiasi betulla. Era una quercia enorme, due uomini ci sarebbero voluti per cingerla con le braccia, e aveva alcuni rami spezzati, da tempo, a quanto pareva, e la corteccia spaccata e coperta di vecchie macchie nere. Con le sue enormi e goffe braccia e dita, distese asimmetricamente, contorte, la quercia sembrava un vecchio mostro irritato e sprezzante tra le betulle tutte sorridenti. Lei sola non voleva sottomettersi al fascino della primavera, e non voleva vedere né primavera, né sole. “La primavera, e l’amore, e la felicità!” pareva dire quella quercia, “e come fa a non venirvi a noia quest’inganno sempre uguale, così stupido e insensato. E sempre la stessa cosa, ed è sempre un inganno! Non esiste né primavera, né sole, né felicità. Ecco, guardate, come se ne stanno lì quegli abeti schiacciati, morti, sempre identici, ed ecco che anch’io ho disteso le mie dita spezzate, scorticate, ovunque mi sian cresciute, dalla schiena, dai fianchi; così come mi son cresciute, così sto, e non ci credo, alle vostre speranze e ai vostri inganni.” Il principe Andréj, nell’attraversare il bosco, si voltò più volte verso quella quercia, come se si attendesse qualcosa da lei. Fiori ed erba ve n’erano anche lì, sotto la quercia, ma lei continuava a starsene sempre uguale, in mezzo a essi accigliata, immobile, mostruosa e tenace. “Sì ha ragione lei, ha mille volte ragione questa quercia” pensava il principe Andréj, “gli altri, i giovani, si abbandonino pure a questo inganno, noi invece conosciamo la vita, la nostra vita è finita!” Tutta una serie di nuovi pensieri disperati, ma tristemente piacevoli, sorsero nell’anima del principe Andréj, in rapporto a quella quercia. Durante quel viaggio parve riflettere di nuovo a tutta quanta la sua vita e giungere alla stessa conclusione d’un tempo, pacificante e disperata: che non doveva intraprendere più nulla, che doveva soltanto vivere la sua vita senza fare del male a nessuno, senza angosciarsi e senza desiderare nulla. …
Per capire le ragioni per cui il contatto con la Natura fa ribollire i sentimenti del principe Andréj Bolkonskij [uno dei personaggi-chiave del romanzo insieme a Pierre Bezuchov (l’alter ego dello scrittore) e a Nataša Rostova, tanto per citarne tre sapendo che Tolstoj tiene le redini con la sua penna di circa centocinquanta personaggi!], bisogna mettere in lettura Guerra e pace senza spaventarsi se l’incipit parla francese [in nota c’è la traduzione] perché, come sapete, la narrazione inizia nel salotto di Anna Pavlovna a Pietroburgo dove, come in tutti i salotti nobiliari di Russia e d’Europa, si parla in francese: in questo momento, siamo nel 1809, in primis, si conversa per commentare l’arroganza dell’imperatore Napoleone Buonaparte [invece che Bonaparte, e l’aggiunta della u è dispregiativa]. Possiamo esser certi che Goethe avrebbe definito Guerra e pace “un epico capolavoro” in cui l’autore, mentre narra una grande storia, non fa altro che domandare a coloro che leggono: «Sapete che cos’è la guerra, che cos’è la pace, che cos’è l’amore, che cos’è la morte? Pensateci, riflettete con me!».
E ora prendiamo il passo in compagnia di Johann Wolfgang Goethe, domandandoci: chi è questo personaggio, molto celebre, ma in definitiva poco conosciuto?
Per avere un quadro completo della vita di Goethe ci vorrebbe un Percorso intero, e, per chi volesse approfondire, il racconto della sua vita lo si trova, quasi sempre, nell’Introduzione delle sue opere. Johann Wolfgang Goethe nasce a Francoforte sul Meno, nella regione dell’Assia, il 28 agosto 1749 in una famiglia agiata: i suoi avi appartenevano a quella classe borghese che ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo di questa città.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida della Germania e navigando in rete andate a far visita a Francoforte sul Meno, città di circa 750 mila abitanti, ci sono tanti monumenti da vedere: la piazza del Municipio [Römerberg] con i suoi edifici caratteristici, il Duomo [Kaiserdom], e naturalmente c’è la Casa di Goethe [Goethehaus] che è diventata un interessante monumento con annesso un moderno Museo… Il Goethehaus [la Casa di Goethe] è stata distrutta completamente dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ma è stata scrupolosamente ricostruita, ed è stato lo scrittore francese André Gide [a nome di tutte le cittadine e i cittadini europei e del Mondo che avevano subito la follia della guerra] a porre la prima pietra nel 1947 all’inizio dei lavori che si sono conclusi nel 1951… Incuriositevi e fate la vostra visita virtuale a Francoforte sul Meno…
Il padre di Goethe, Johann Caspar [1710-1782], è stato un giurista, una persona di ampia cultura che ha ricoperto importanti cariche pubbliche, è stato un uomo equilibrato ma, a detta del figlio, un po’ pedante e un po’ noioso. La madre, Katherina Elisabeth Textor [1731-1808], invece, sempre a detta del figlio, era una donna piena di brio e di vivacità, e ha avuto una notevole influenza sulla formazione di Johann Wolfgang.
A sedici anni Johann Wolfgang - che aveva già iniziato a mettere sulla carta i suoi primi tentativi letterari [poesie e testi teatrali] - viene mandato a Lipsia a studiare Giurisprudenza ma non s’impegna molto nello studio di questa disciplina perché, oltre a divertirsi con i suoi compagni d’Università, preferisce occuparsi di Letteratura e dedicarsi alle relazioni amorose che lo ispirano poeticamente. Di questo periodo resta in particolare una raccolta di poesie in stile rococò intitolata Capriccio d’innamorati in cui documenta la storia d’amore [quella che lo ha maggiormente coinvolto] con la figlia di nome Kätchen del suo albergatore, una storia che si e conclusa, come si legge nella raccolta, con “un malinconico addio”.
Nel 1768 torna a Francoforte e, dopo essere stato duramente rimbrottato dal padre per il suo scarso rendimento scolastico, attraversa “una fase [come lui stesso l’ha chiamata] di riflessione morale di carattere mistico-pietistico”, si ammala anche gravemente, e sarà sempre cagionevole di salute anche se è stato attivo fino alla più tarda età. Nel 1770 si trasferisce a Strasburgo dove porta a compimento, con impegno questa volta, gli studi giuridici, ed è di questo periodo la storia d’amore con Friederike Brion, figlia di un pastore protestante, la quale, dopo essere stata abbandonata da lui, muore sembra dal dispiacere e questa tragica esperienza, che lo addolora profondamente, si riverbera nella sua opera poetica. Intanto il suo orizzonte colturale e i suoi interessi intellettuali si ampliano quando conosce Herder [che abbiamo incontrato da poco]: sotto l’influsso di Herder, Goethe studia le opere di Omero e quelle di Shakespeare che lo ispirano particolarmente [e abbiamo già studiato come le Opere di Shakespeare abbiano influenzato i movimenti culturali nati agli albori del Romanticismo].
Goethe inizia a scrivere drammi sullo stile di Shakespeare e aderisce allo Sturm und Drang [Tempesta e Impeto] di cui diventa uno dei maggiori esponenti. I primi scritti importanti di Goethe hanno come argomento l’architettura tedesca: si assiste in questo momento [siamo nel 1771] con Goethe a un avvenimento culturale molto importante che in Europa influenza tanto la Storia della Letteratura che la Storia del Pensiero Umano.
Nell’opera intitolata Dell’Architettura tedesca, 1771, Goethe rivaluta ed esalta l’Arte gotica che era stata bistrattata nel corso del ‘600 e del ‘700: questo significa anche rivalutare il Medioevo, un periodo che in Età illuminista era considerato negativo, “buio”. Goethe rivaluta ed esalta lo stile gotico, e lo scrive come «Arte veramente popolare, realmente poetica e autenticamente sentimentale.». La Cattedrale gotica, con la sua grandiosità esteriore e interna, viene osservata e interpretata da Goethe e dai romantici come fosse una grande foresta, non frutto della Natura ma dell’Ingegno umano. L’interno, enorme, della Cattedrale gotica viene identificato da Goethe e dai romantici come una straordinaria “macchina psicologica” in cui la persona si sente piccola, sovrastata da qualcosa di più grande che rende incapace la persona stessa di contenere con lo sguardo tutto quello spazio che, con le sue penombre e il suo immenso volume, crea un mistero che scatena i sentimenti: come dentro a una foresta, Goethe e i romantici, si sentono immersi nella Natura così di fronte e all’interno della Cattedrale gotica percepiscono il contatto con l’Arte popolare che fa nascere nell’animo della persona dei sentimenti che le permettono [scrive Goethe] di cogliere prima di tutto il genio dell’architetto e poi anche la sua razionalità.
La struttura della Cattedrale gotica, scrive Goethe, si presenta in modo disomogeneo, disorganico, frammentato perché la linea sfugge verso l’alto e sfida l’irrazionalità ma è proprio questa sensazione che permette alla persona di cogliere il guizzo geniale con cui l’architetto ha risolto complessi problemi pratici perché, afferma Goethe, se il muro è troppo alto sta difficilmente in piedi e rischia di crollare e, di conseguenza, è necessario inventare subito qualcosa che lo regga indipendentemente dal progetto fatto in origine. A contatto con l’Arte gotica, scrive Goethe, la persona si trova di fronte al prodotto di uno spirito geniale prima ancora che razionale, e dentro la Cattedrale gotica la persona capisce di far fatica a contenere il Mondo con la ragione e, per reazione, intuisce il concetto di irrazionalità e di genialità.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Avete senz’altro visitato più di una Cattedrale gotica, quindi, scrivete quattro righe in proposito... Quello che le studiose e gli studiosi considerano, per le sue forme architettoniche, uno degli edifici gotici più belli è la chiesa di Santa Croce a Firenze, la quale, per i numerosi capolavori di scultura, di pittura e per i monumenti simbolici [le tombe dei grandi] in essa contenuti è uno degli oggetti storici e artistici più importanti del Mondo…
Fate due passi in Santa Croce tenendo conto di ciò che ha scritto Goethe in proposito…
E ora leggiamo un brano da Dell’Architettura tedesca di J.W. Goethe.
Johann Wolfgang Goethe, Dell’Architettura tedesca
La rivelazione dell'arte gotica
Nei confronti delle Cattedrali delle città da me frequentate avevo la testa piena di cognizioni generali sul buon gusto. Onoravo, per sentito dire, l’armonia delle masse e la purezza delle forme ed ero un nemico giurato degli astrusi arbitrii delle ornamentazioni gotiche. Il termine “gotico” conteneva per me tutti i malintesi e tutti i sinonimi di indeterminato, disordinato, non naturale, rabberciato, sovraccarico.
E io non ero più giudizioso di un popolo che chiama barbaro tutto quanto il mondo straniero, e definivo gotico tutto quello che non entrava nel mio sistema, a cominciare dalle contorte decorazioni con cui il nostro patriziato borghese adornava le proprie case fino agli avanzi dell’antica architettura tedesca a proposito della quale, indotto dalla stravaganza di alcuni ghirigori, io partecipavo a ripetere il ritornello generale: «Completamente soffocata dall’ingombrante e inutile panneggio!».
Perciò nell’andare verso una Cattedrale inorridivo all’idea di vedere una mostruosità ispida e deforme ma, quando fui in grado di andare oltre la razionalità, un inatteso sentimento mi sorprese quando mi trovai al suo cospetto! La mia anima provò un’impressione grande e completa che scaturiva dall’armonia di mille particolari: potevo gustarla e goderla ma non riuscivo affatto a riconoscerla e a spiegarla, e dicono che avvenga lo stesso per le gioie del Paradiso. E quante volte sono tornato a godere questa gioia celeste e terrena e ad abbracciare lo spirito gigantesco contenuto nelle opere dei nostri fratelli maggiori! Quante volte sono tornato a guardare da ogni lato, da ogni distanza, in ogni luce del giorno la maestà e lo splendore di quest’Arte! Quando un’opera è così altamente sublime lo spirito umano può soltanto inchinarsi e adorare. Quante volte il crepuscolo vespertino ha ristorato con calma amica il mio occhio affaticato dal lungo guardare e indagare quando nella sua luce le innumerevoli parti si fondevano in intere masse, semplici e grandi! Allora mi si rivelò, in intuizioni tutte da definire, il genio del grande architetto. …
Nel 1772 Goethe, a Strasburgo, si è laurea in Giurisprudenza senza entusiasmo. Goethe, nel maggio del 1772, dopo essersi laureato in Giurisprudenza a Strasburgo, parte per Wetzlar, una bella cittadina dell’Assia a nord di Francoforte [sul fiume Lahn, oggi è un comune di circa 52 mila abitanti] dove suo padre lo manda a fare pratica da avvocato tirocinante presso la Corte imperiale di giustizia, ma lui si dedica a questa attività senza interesse né zelo: diserta spesso il tribunale e preferisce frequentare un circolo di giovani intellettuali appassionati di poesia. A Wetzlar si conservano molte memorie della permanenza di Goethe anche perché questa cittadina è diventata il centro di un celebre caso letterario e, quindi, procediamo con ordine.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una Guida della Germania e navigando in rete fate una visita a Wetzlar per vedere in primo luogo il Duomo che si presenta come un edificio gotico dall’aspetto assai insolito e molto pittoresco: informatevi sul perché a partire dal 1231 ha un’architettura così complessa...
Nel centro storico della città, tra le antiche e belle case a graticcio, si trova anche la Lottehaus [la casa di Lotte] e la Jerusalemhaus [la casa di Jerusalem] trasformate in Musei…
Chi sono i personaggi a cui fanno riferimento queste due case trasformate in Museo? Questi due personaggi sono Charlotte Buff detta Lotte [1753-1828] e Karl Wilhelm Jerusalem [1747-1772]: ebbene, queste due persone sono le protagoniste di due episodi reali che formano, fusi insieme, la materia di una vicenda immaginaria che diventa il soggetto virtuale di un’opera che dà a Goethe la notorietà.
Charlotte Buff detta Lotte, la protagonista del primo episodio che dobbiamo raccontare, è nata nel 1753 a Wetzlar nella casa che oggi è un Museo [Lottehaus, la casa di Lotte], e Goethe, a Wetzlar, conosce Lotte perché è la fidanzata di Christian Kestner [1741-1800] un giovane avvocato e archivista con il quale ha stretto una profonda amicizia. Goethe s’innamora di Lotte e anche lei, sulle prime, sente un’attrazione per lui ma decide [tutto si esaurisce in un bacio] di troncare questa relazione che procura tanto a lei [che vuole rimanere fedele al fidanzato] che a Goethe [che è intimo amico del fidanzato di lei] degli acuti sensi di colpa e dei lancinanti dolori [die Leiden]; difatti Lotte nel 1773 sposa Kestner che non si è neppure accorto, o ha fatto finta di non accorgersi, di far parte di un velato triangolo amoroso, e, dopo le nozze, Christian e Lotte si trasferiscono ad Hannover, dove lui ricopre, come archivista, un posto di rilievo, e avranno ben dodici figli: e questo è l’episodio reale che riguarda Lotte.
Mentre Karl Wilhelm Jerusalem, il protagonista del secondo episodio che dobbiamo raccontare, è un avvocato e un diplomatico che si suicida nel 1772 a causa di una violenta passione amorosa non corrisposta per una giovane signora di Wetzlar: è stato lo stesso Christian Kestner, il fidanzato di Lotte, amico di Jerusalem, che ha raccontato con particolare trasporto a Goethe questo avvenimento che ha fatto scalpore in città. Per giunta, Jerusalem si è sparato con una pistola che gli aveva prestato Kestner per giocare al tiro a segno, e questo è l’episodio reale che riguarda Jerusalem. E ora [dopo aver raccontato i due avvenimenti] tiriamo le fila.
Quando Goethe torna a Francoforte, assai malinconico a causa dell’esperienza sentimentale e contraddittoria che ha vissuto, mette insieme questi due avvenimenti e li elabora poeticamente. Intanto nell’autunno del 1773 aveva cominciato a lavorare alla stesura di una serie di scene e di frammenti dell’opera che diventerà il Faust e poi, nei primi mesi del 1774, di getto, «quasi in uno stato di sonnambulismo» come egli stesso ha scritto, sulla scia dei due avvenimenti - l’amore impossibile per Lotte e il suicidio di Jerusalem - scrive appena venticinquenne il Libro che gli procura la fama a livello internazionale: I dolori del giovane Werther.
Per propiziare la lettura o la rilettura del testo di quest’opera bisogna dire che I dolori del giovane Werther è un romanzo composto da Lettere e da annotazioni sullo stile di Giulia o la Nuova Eloisa di Rousseau, che abbiamo incontrato nel viaggio dello scorso anno]: nel Werther c’è però un solo corrispondente e poi, a differenza di Rousseau, Goethe scrive senza alcuna preoccupazione di carattere morale, senza l’intenzione di insegnare qualcosa a qualcuno, mentre Rousseau ha una pretesa di tipo educativo.
La trama del romanzo di Goethe è molto semplice. Werther arriva in una piccola città, fa conoscenza con Lotte, e viene a sapere troppo tardi, dopo che si è già innamorato di lei, che è fidanzata con Albert, un giovane buono e onesto ma con poco fascino. Werther è sinceramente amico di Albert, il quale non dubita neppure che tra i due possano nascere dei sentimenti amorosi mentre invece in Werther la passione per Lotte «mi è entrata nel cuore [scrive Goethe in veste di Werther] come un dolce veleno entra profondamente nelle vene» e capisce che Lotte, trascinata dalla potenza della sua passione, è attratta verso di lui. Una sola volta Werther ha il coraggio di baciare Lotte ma, poco dopo, si dispera perché non c’è possibilità di dare uno sbocco reale a questa relazione; Werther sente di aver tradito Albert ed è travolto dal senso di colpa, il suo animo viene invaso dai rimorsi, dai dolori [die Leiden] e, in una scena appassionata Werther dice addio a Lotte, finge di partire per un breve viaggio ma invece si uccide con un colpo di pistola.
Inaspettatamente tanto per l’autore che per l’editore Weygard di Lipsia, il romanzo ha avuto un’immediata ed enorme risonanza a livello internazionale perché questo testo, semplice nel contenuto e scorrevole nella forma ritmata e liricheggiante, narra una passione complicata nella quale però ogni persona desiderava riconoscersi, creando quella che oggi chiamiamo “una tendenza”: “l’effetto Werther” è stato grande. Questo eroe suicida, dalla marsina azzurra e dagli stivali neri, ha condizionato la moda e gli atteggiamenti di tutta una generazione che è stata chiamata “romantica”. La cosa più inquietante è stata “l’epidemia di suicidi” che la lettura di questo romanzo ha provocato tanto che Goethe molto preoccupato, nel 1775 ha scritto una poesia, facendone circolare il testo, in cui fa dire al personaggio di Werther che la narrazione di questa storia deve servire per riflettere sui temi dell’amore, della passione e della tribolazione sentimentale e non bisogna cadere nella tentazione di togliersi la vita in quanto quest’atto risulta essere solo un espediente letterario per dare più pathos all’esposizione sentimentale. Molti personaggi illustri hanno letto e considerato questo romanzo utile per la loro formazione, per esempio, si sa che Napoleone [che non era tipo da suicidarsi] portava con sé il testo del Werther e lo leggeva [a caccia di belle frasi da citare] durante la campagna d’Egitto.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il testo drammatico [ma il dramma è un espediente letterario] de I dolori del giovane Werther risulta istruttivo per riflettere sui temi dell’amore, della passione e della tribolazione sentimentale e, quindi, è utile leggerlo e rileggerlo, soprattutto in funzione propedeutica nell’ambito della didattica della lettura e della scrittura, in quanto anticipa la grande stagione dei romanzi dell’Ottocento nei quali le autrici e gli autori hanno riversato e sviluppato molti aspetti de “l’effetto Werther”... Ed è necessario esercitarsi per diventare lettrici e lettori di romanzi: a leggere s’impara...
Quali altre novità conteneva il romanzo I dolori del giovane Werther all’atto della sua pubblicazione?
I dolori del giovane Werther è un romanzo che - quando è stato pubblicato nel 1774 - conteneva molte novità a cominciare dalla descrizione della vita e dei costumi della borghesia tedesca. Erano già stati scritti romanzi di questo genere, come quelli di Rousseau per esempio, ma la borghesia tedesca era diversa da quella francese o inglese perché era una classe sociale di più recente formazione e, quindi, più giovane e più ingenua. Il romanzo di Goethe [nonostante la tragicità del tema, una drammaticità tuttavia accattivante] è permeato di queste caratteristiche: la gioventù, l’ingenuità, la freschezza, caratteristiche che si riverberano nello stile nuovo del linguaggio, che si presenta ritmato, liricheggiante, con [iterazioni] termini ripetuti ritualmente, con libere costruzioni sintattiche per rendere poetica la prosa, e una generazione fa proprio questo linguaggio. Il testo del Werther è pieno di realismo, ma è un realismo di natura poetica che conduce chi legge in modo diretto nell’intimità dei personaggi e delle cose: Goethe descrive la vita della famiglia, il rituale delle serate danzanti, i giochi con i bambini, e il rapporto con le altre classi sociali [i nobili e il popolo] serve a inquadrare meglio il ceto borghese e a farne risaltare ancor di più le caratteristiche. Inoltre I dolori del giovane Werther è non solo un romanzo d’amore ma è soprattutto un [il] romanzo del desiderio d’amore: nel cuore di Werther non ci sono elementi che si oppongano ai suoi sentimenti e, di conseguenza, ogni impulso che vi nasce diventa dominante e lo occupa tutto per cui l’intrigo amoroso, il triangolo sentimentale in questo caso, non è mai ammantato di perfidia, non ci sono sotterfugi, e l’animo di chi legge viene colpito positivamente e amorevolmente dall’ingenuità disarmante dei tre protagonisti - Werther, Lotte e Albert -; la semplicità dell’intreccio gioca a vantaggio della profondità dell’analisi psicologica [e forse Goethe non se ne rende neppure conto] e la persona che legge viene a conoscere, nel corso di questo monologo di cento pagine, fatto di Lettere, angoli segreti dell’animo umano e risorse imprevedibili del cuore umano. La voce della passione, per mezzo della prosa poetica di Goethe, si esprime con profonda intimità attraverso un glossario e un lessico che diventa un codice di riferimento per i poeti romantici.
Werther naturalmente adora la Natura e sappiamo che il tema del rapporto tra la Natura e i sentimenti è uno degli argomenti più significativi della coltura romantica e, quindi, l’amore non realizzato di Werther staziona nel suo cuore sofferente e il posto ideale dove poter esternare la passione dolorosa che lo fa soffrire è la Natura, e l’unica consolazione per lenire i suoi dolori la può attingere dalla poesia contenuta nella Natura, nei suoi aspetti e nei suoi fenomeni. Però Goethe [insieme agli Stürmer e ai Sentimentalisti russi] ha una comprensione della Natura molto differente da quella di Rousseau: per Rousseau la Natura porta con sé l’idea della calma, della pace, della bontà naturale, mentre per Goethe [e per gli Stürmer e i Sentimentalisti] nella contemplazione della Natura si risvegliano sentimenti eroici, l’esaltarsi, il sacrificarsi, l’immolarsi. Goethe nel testo del Werther fonde insieme concretamente tutti gli elementi che i movimenti pre-romantici stavano elaborando, e dà loro compattezza poetica per cui prende forma il genere del romanzo romantico con le sue componenti che verranno travasate nei testi dei gradi romanzi dell’Ottocento: l’autobiografia [le storie vere di Lotte e di Jerusalem], i sentimenti [tutta la gamma in cui si esterna il desiderio d’amore], la voce della coscienza [i sensi di colpa, i rimorsi, i rimpianti], il paesaggio naturale [l’amore nasce nella luce primaverile e termina in un’aria tristemente autunnale sconvolta da un terribile temporale che prepara la tragica conclusione] e, infine, il linguaggio poetico [più scorrevole possibile] fonde insieme questi elementi con un risultato che risulta affascinante. Il testo de I dolori del giovane Werther diventa il vero manifesto dello Sturm und Drang [Tempesta e Impeto] e una delle porte, attraverso le quali, si entra nel territorio del Romanticismo titanico.
Naturalmente da questo romanzo sono stati tratti dei Libretti d’opera da musicare e il Werther più significativo è quello musicato da Jules-Émile Massenet [1842-1912] rappresentato per la prima volta a Vienna nel 1892 e l’anno seguente a Parigi. Il Werther di Massenet contiene un’aria che è considerata uno dei brani più celebri della storia del melodramma: Ah! Non mi ridestar, o soffio dell’april. Bisogna ricordare che una delle prime rielaborazioni musicali del romanzo di Goethe è l’opera Werther e Carlotta di Vincenzo Pucitta [1778-1861] rappresentata per la prima volta a Milano nel 1804.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Buona lettura del testo de I dolori del giovane Werther e dei testi dei Libretti d’opera che da questo romanzo sono stati tratti e buon ascolto della musica che ha ispirato...
Incuriositevi utilizzando la biblioteca e la rete, investite in intelligenza...
In relazione all’argomento che abbiamo affrontato dobbiamo ancora fare un interessante riferimento letterario [in funzione della didattica della lettura e della scrittura] perché lo scrittore Thomas Mann [1875-1955] ha composto in esilio a Zurigo [dapprima a puntate, dal 1936, sulla rivista antinazista Mass und Wert (Misura e Valore) fino alla pubblicazione integrale in volume nel 1939 a Stoccolma] un romanzo intitolato Carlotta a Weimar [Lotte in Weimar] in cui lo scrittore racconta di quando, nel 1816, Lotte Buff ormai vedova da sedici anni di Christian Kestner, accompagnata da sua figlia Klara [detta Lottina], da Hannover si reca a Weimar dove abitava sua sorella Amalia per farle visita e a Weimar risiedeva anche Goethe, e così succede che queste due persone [ormai sessantenni] hanno potuto, dopo più di quarant’anni, rincontrarsi e parlarsi.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Per sapere come è andato l’incontro a Weimar tra Lotte Buff vedova Kestner e Johann Wolfgang Goethe e che cosa si sono detti questi due personaggi è utile leggere il romanzo Carlotta a Weimar [Lotte in Weimar], un testo che Thomas Mann ha scritto tra il 1936 e il 1939 anche con l’intenzione di contrapporre all’imbarbarimento morale dell’epoca nazista l’elevata cultura spirituale tedesca dei tempi di Goethe, di Charlotte Buff e di Christian Kestner immortalati nelle figure di Werther, di Lotte e di Albert…
Il romanzo di Thomas Mann potete richiederlo in biblioteca, incuriositevi...
E ora leggiamo un brano da I dolori del giovane Werther ricordando che il tema del rapporto tra la Natura e i sentimenti, trattato ampiamente anche da Tolstòj in Guerra e pace, è a tutt’oggi un argomento di grande attualità su cui riflettere.
Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther
«Oh, le persone ragionevoli!», esclamai sorridendo. «Passione! Ebbrezza! Delirio! Voi, gente per bene, siete impassibili e così estranei a tutto questo! Rimproverate il bevitore, condannate l’insensato, passate dinanzi a loro come l’ipocrita che ringrazia Dio perché non vi ha fatto simili a loro! Più di una volta io sono stato ebbro, le mie passioni non sono mai lontane dal delirio, e di queste due cose io non mi pento, perché ho imparato a capire che tutte le persone straordinarie che hanno compiuto qualcosa di grande, ritenuta impossibile, sono state in ogni tempo giudicate ebbre o pazze». Tutti possono sapere quello che io so … ma il mio cuore lo possiedo io solo, e il pieno e caldo sentimento che prova il mio cuore per la viva Natura mi inondava di voluttà, e trasformava in un paradiso il mondo intorno a me, e lo sento ora trasformarsi in uno strumento di pena, in uno spirito tormentatore, che dappertutto m’insegue. Quando io contemplavo una volta, dalla roccia che sporge sul fiume, la fertile vallata, fino alle colline lontane, e vedevo ogni cosa intorno a me germogliare e sgorgare; quando vedevo quei monti rivestiti di folti alberi dalla base alla cima, quelle valli dagli svariati contorni ombreggiate da boschetti leggiadri, e il mite ruscello che scorreva fra canneti mormoranti e rispecchiava le graziose nuvole che il dolce vento della sera cullava nel cielo; quando sentivo gli uccelli animare intorno a me la foresta, e vedevo milioni d’insetti danzare allegramente nell’ultimo ardente raggio di sole, e il suo ultimo cadente sguardo liberare dal verde involucro il ronzante scarabeo, e il brulicare della vita mi faceva attento al suolo; e il muschio, che trae dalla dura roccia ove sedevo il suo nutrimento e la ginestra che cresce sulle aride colline sabbiose, mi rivelavano l’intima, fiorente, sacra vita della Natura: allora tutte queste cose io abbracciavo col mio cuore ardente, mi sentivo come divinizzato in quella pienezza profluente di cose belle, e le splendide forme del mondo sconfinato si movevano ravvivando ogni cosa nell’animo mio. Monti enormi mi circondavano, abissi mi stavano dinanzi, torrenti tempestosi precipitavano, fiumi scorrevano ai miei piedi, la foresta e la montagna risuonavano; io vedevo tutte queste forze misteriose agire e creare all’unisono nelle profondità della terra, e poi sulla terra e sotto il cielo brulicare le più svariate creature. Tutto, tutto è popolato di mille forme diverse e pensare che gli esseri umani si rinchiudono nelle loro casette e immaginano di essere signori del mondo e invece sono solo piccoli individui insipienti. Dalla montagna inaccessibile al deserto che nessun piede ha calcato fino all’estremo dell’ignoto oceano alita lo spirito dell’Eterno creatore e si rallegra di ogni grano di polvere che lo sente e vive! Oh quante volte avrei voluto allora sulle ali della gru che volava sul mio capo essere trasportato alla riva dell’immenso mare per bere, alla coppa spumante dell’infinito, l’ardente gioia di vivere, e solo per un istante far giungere alla debole forza del mio petto una stilla della beatitudine dell’Essere che tutto crea in sé e per sé.
Il solo ricordo di quelle ore mi fa bene. Lo stesso sforzo che faccio per risvegliare in me e per esprimere quei sentimenti ineffabili eleva ancora l’animo mio e mi fa doppiamente sentire l’angoscia dell’ora presente. Mi sembra che dinanzi alla mia anima sia stato tirato un sipario, e lo spettacolo della vita sconfinata si tramuta davanti a me nell’abisso della tomba perennemente aperta. Tutto questo mi ha confermato nel mio proposito di attenermi per l’avvenire unicamente alla Natura. Essa soltanto è infinitamente ricca, essa sola forma il grande artista. Si può dir molto in favore delle regole e in lode della società civile: una persona formatasi secondo le regole non farà mai nulla di assurdo e di cattivo, come chi si modella sulle Leggi della buona creanza non sarà mai un vicino insopportabile; ma tutte le regole, si dica quello che si vuole, distruggono il vero sentimento e la sincera espressione della Natura. Perché, mi domando, il torrente del genio straripa così raramente, e così raramente spumeggia in poderosi flutti e solo saltuariamente scuote le vostre anime stupite, perché? …
Nell’autunno del 1775, dopo aver soggiornato per un periodo in Svizzera, Goethe si stabilisce a Weimar, una città fiorente di iniziative intellettuali, accogliendo l’invito rivoltogli dal duca Carlo Augusto che lo vuole come precettore, e Goethe nel ducato di Weimar ricoprirà anche cariche istituzionali come quella di ministro delle Arti.
Per quanto riguarda le sue esperienze sentimentali dobbiamo ricordare quella con la bellissima Lili Schönemann, e poi il complesso e contrastato, ma duraturo, legame di affettuosa amicizia con la signora Charlotte von Stein.
A Weimar Goethe trascorre un decennio di intensa attività: continua a lavorare al Faust, inizia il romanzo Wilhelm Meister e termina il dramma Ifigenia in Tauride. Ma, alla lunga, l’atmosfera di Weimar lo annoia, comincia a sentire un bisogno di libertà, di nuove sensazioni, di nuove esperienze intellettuali e, quindi, decide di partire verso un paese nuovo, mitico e misterioso. Di conseguenza, nel settembre del 1786, furtivamente, clandestinamente, Goethe si mette in viaggio verso sud, verso il Brennero per andare oltre le Alpi. E, oltre le Alpi, trova un nuovo equilibrio, una nuova conoscenza del mondo e di sé stesso, una nuova dimensione poetica di cui avverte il bisogno, e oltre le Alpi trova un paese nuovo, mitico e misterioso: l’Italia.
Sapete che cosa scopre, che cosa vede, che cosa combina Goethe nel suo famoso Viaggio in Italia? Lo sapremo a febbraio perché prima, per molti motivi, dobbiamo diventare cittadine e cittadini di Weimar, e per rispondere a questa e a molte altre domande non perdete il prossimo itinerario che sarà come da calendario l’11, il 12 e il 13 dicembre e sarà l’ultimo prima della vacanza natalizia e l’ultimo dell’anno in corso.
Quindi, dobbiamo procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui e il viaggio continua…