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CON LA LEZIONE CONVIVIALE SENTIAMO NELL’ARIA [PER LO MENO A PAROLE] AVVICINARSI L’AUTUNNO DEL MEDIOEVO ...

Lezione N.: 
30

Prof. Giuseppe Nibbi          La sapienza poetica e filosofica dell’età medioevale            4- 5  giugno  2015

Tommaso d'Aquino e Reginaldo da Piperno

CON LA LEZIONE CONVIVIALE  SENTIAMO NELL’ARIA [PER LO MENO A PAROLE]

AVVICINARSI L’AUTUNNO DEL MEDIOEVO ...

 

   Nel corso del viaggio che si è appena concluso abbiamo attraversato il territorio della “sapienza poetica e filosofica dell’Età medioevale” dal IX al XIII secolo [siamo state e siamo stati in cammino per cinque secoli dall’800 al 1200] nel periodo che - usando la metafora delle stagioni - corrisponde alla primavera e all’estate del Medioevo [durante l’inverno del Medioevo, o Alto Medioevo, abbiamo viaggiato lo scorso anno] e, per quanto riguarda la Storia del Pensiero Umano, quest’epoca, la primavera e l’estate del Medioevo, corrisponde alla nascita e allo sviluppo del movimento della cosiddetta Scolastica medioevale: un movimento culturale assai eterogeneo [religioso, mistico, devozionale, filosofico, scientifico, naturalistico, letterario: sono tanti gli attributi che lo caratterizzano], un movimento intellettuale che influenza le Arti figurative e tutti i principali mestieri [pensate all’Architettura, alla struttura che assume la Città e alla costruzione delle Cattedrali]. E la Cantica del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri, come abbiamo ripetuto più volte strada facendo, contiene una straordinaria catalogazione, in prospettiva poetica, delle parole-chiave e delle idee-cardine della Filosofia scolastica.

   Allo sviluppo del movimento della Scolastica, come abbiamo studiato, danno un apporto significativo tutte le correnti di pensiero presenti sul territorio dell’Ecumene: la cristiano-latina, la greco-bizantina, l’arabo-islamica, l’ebraico-talmudica, la laico-razionalista, la scientifico-naturalistica.

   Se ora noi dovessimo fare e leggere una sintesi [un pur sintetico diario di questo viaggio], tenendo conto di tutte le Scuole che, in questi otto mesi, abbiamo frequentato, di tutte le persone impegnate intellettualmente che abbiamo incontrato e di tutte le Opere che abbiamo citato dovremmo restare qui fino allo spuntar dell’alba. Tuttavia è doveroso ed è necessario [in breve, con il metodo dell’elencazione] mettere in evidenza che cosa ha prodotto, nell’ambito della Storia del Pensiero Umano, il movimento della Scolastica nel corso dei cinque secoli durante i quali noi abbiamo viaggiato: che cosa è successo sul piano dell’evoluzione intellettuale?

   Il movimento della Scolastica è stato il primo serio tentativo attuato, sul territorio dell’Ecumene, per contrastare l’ignoranza generalizzata, foriera - allora come oggi - di molti mali che hanno un costo enorme per la società. La “scuola” diventa, per la prima volta, un fenomeno di carattere “pubblico [anche se prima che questo concetto si affermi veramente - la Scuola “pubblica” aperta a tutti promossa dallo Stato - ne dovranno passare di secoli e, a tutt’oggi, il fatto che nel nostro Paese non sia in funzione, e non lo si concepisca neppure nella mente dei governanti, un sistema pubblico di Educazione degli Adulti che garantisca a tutti l’Apprendimento permanente per l’intero arco della vita, significa che l’attuazione dell’art.34 della Costituzione è ancora una possibilità assai remota, e noi allora siamo una marginale congrega di utopiste e di utopisti in via d’estinzione? No, siamo comunque una categoria pionieristica, tre gruppi di persone che hanno in mente l’incipit della Metafisica di Aristotele: «Ogni persona aspira alla conoscenza», questa è la direzione, a quando i decreti attuativi?]” e la diffusione delle Scuole dal IX secolo, nonostante sia un evento inizialmente molto limitato, costituisce tuttavia l’inizio di una nuova epoca nello sviluppo della Storia del Pensiero Umano.

   La Scuola medioevale ai suoi albori insegna [fa studiare] secondo il metodo della tradizione classica [e per fortuna - nei secoli dal V al IX, nel corso dell’inverno del Medioevo - le biblioteche delle abbazie, come abbiamo studiato nel viaggio dell’anno scorso, hanno raccolto, riprodotto e conservato la maggior parte delle Opere dei Classici greci e latini nel momento in cui potevano andar perdute a causa dell’implosione dell’Impero romano d’Occidente], e le materie di studio della tradizione classica, che torna a rifiorire con la Scolastica, riguardano un primo livello d’istruzione detto “trivio [e sono: la Retorica (per imparare a parlare correttamente), la Grammatica (per imparare a leggere e a scrivere bene) e la Dialettica (per imparare a riflettere mettendo in ordine i propri pensieri in modo logico)]” e un secondo livello d’istruzione detto “quadrivio [in cui si studia l’Aritmetica, la Geometria, la Musica e l’Astronomia]” e, mediante l’apprendimento acquisito attraverso queste discipline si forma una classe intellettuale, una ristretta classe intellettuale ma, per fortuna, molto attiva.

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste discipline - la Retorica, la Grammatica, la Dialettica, l’Aritmetica, la Geometria, la Musica e l’Astronomia - vi piace di più?...

Scrivetelo ...

Questa sera si danno i compiti per le vacanze...

 

   Il movimento della Scolastica, nonostante la buona volontà dei fondatori, in primis Alcuino di York, non riesce certo a generalizzare il diritto-dovere all’istruzione perché il regime feudale, che si basa sulla servitù della gleba, capisce che l’ignoranza delle masse è una forza su cui contare, e chi ha gestito il potere nei secoli ha sempre confidato su questa forza e bisogna dire che oggi “l’ipertrofia tecnologica [che sembra un dono che il Capitalismo liberista ci ha fatto e che, invece, si sta trasformando in un morbo]” crea “individui ammaestrati” perché se una persona non riesce a trasformare in conoscenza l’eccesso di informazione a cui è sottoposta viene a crearsi nella sua mente un blocco che incide sulla capacità di apprendimento e sulla crescita dell’analfabetismo [il difetto della testa ben piena piuttosto che ben fatta]: un fenomeno che è in aumento nel mondo e nel nostro Paese.

   Il formarsi di una classe intellettuale in Età medioevale,  per quanto esigua possa essere, fa sì che si divulghi l’idea che lo studio è un valore [in latino la parola “studium” è sinonimo di “cura”, e la cura rimanda alla salute che è, pur sempre, il bene maggiore da desiderare]. La classe intellettuale medioevale, seppur minoritaria, opera attivamente perché le Istituzioni predispongano strutture adeguate in modo che la persona possa assumersi la responsabilità [il diritto-dovere] di studiare, ma l’iniziativa di fondare Scuole, per tutto il periodo della Scolastica, è sempre partita [dal basso] da singole persone spesso osteggiate dal potere ecclesiastico e feudale, e il termine “scuola” non indica uno spazio ma il gruppo delle persone che investono in intelligenza sotto la guida di un magister, ed è il nome del magister a titolare la Scuola.

   E per quale fine le intellettuali e gli intellettuali della Scolastica si sono assunte e assunti la responsabilità di dar corso allo studio, di istituire Scuole e di attivare programmi di apprendimento? I fautori del movimento della Scolastica - e durante questo viaggio abbiamo incontrato tutte le figure più importanti [uomini e donne] - ribadiscono [e poi questo valore lo abbiamo perso per strada] che non è l’acquisizione del titolo l’obiettivo primario dell’istruzione ma il suo fine essenziale è l’apprendere ad investire in intelligenza [è l’imparare a far funzionare correttamente - logicamente, esteticamente ed eticamente - le azioni dell’Apprendimento] e, quindi, con quali motivazioni le intellettuali e gli intellettuali della Scolastica hanno dato corso alle attività di studio?

   Le intellettuali e gli intellettuali della Scolastica si sono assunti la responsabilità di dar corso alle attività di studio con una serie di motivazioni comuni: si studia per ricercare “le cause” dei fenomeni che avvengono nella natura [all’esterno, nel Mondo creato] e nell’intelletto [all’interno della persona]; si studia per sperimentare uno stile di vita basato su regole che possano permettere di stare “in armonia” con l’Universo [che si pensa creato da Dio]; si studia per investigare sui meccanismi [su ciò che crea il movimento] per farsi una ragione della consapevolezza che abbiamo del continuo “divenire [del trasformarsi]” delle cose; si studia per osservare gli oggetti, sia naturali che antropici, e per analizzare il corso della vita delle persone per dare un senso all’evidenza che tutto ciò che è materiale è “contingente [è destinato a finire]” e si riflette in modo da dare un significato all’aspirazione che gli elementi spirituali [come l’anima, come le idee] possano durare in eterno; si studia per mantenere la maggior “coerenza” possibile con il proprio pensiero e con i propri ideali.

   Ed è in questo contesto - sulla scia di questi elementi [la causa, l’armonia, la trasformazione, la contingenza, la coerenza] che danno una motivazione allo studio - che prende forma e si sviluppa il tema centrale della Scolastica, quello del rapporto tra la Fede e la Ragione.

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di questi cinque termini-chiave che in Età scolastica danno una motivazione allo studio - la causa, l’armonia, la trasformazione, la contingenza, la coerenza - mettereste per primo?...

Scrivetelo...

 

   Dal IX al XIII secolo, durante la primavera e l’estate della Scolastica, abbiamo frequentato [viaggiando da un’abbazia all’altra, da una città all’altra] tutte le più importanti Scuole sorte sul territorio dell’Ecumene [da Toledo a Parigi], e abbiamo potuto constatare che tra i Libri di testo più importanti ci sono sempre state le Opere di Platone [i Dialoghi, in particolare il Timeo] e le Opere di Aristotele [in particolare la Fisica e la Metafisica]. Strada facendo abbiamo studiato che le Opere di Aristotele dapprima, fino alla fine del XII secolo, sono state lette e commentate [attraverso l’Isagoge di Porfirio e il Dionigi Areopagita] secondo il pensiero neoplatonico e la dialettica aristotelica fondata sulle “categorie” era, di fatto, sottomessa alla visione del mondo di Platone secondo cui sopra tutto - eterne ed immutabili - ci sono le Idee [il mondo reale è quello delle Idee] e, di conseguenza, per conoscere il Mondo creato [e la realtà delle cose] bisogna partire dalle Idee [e, non a caso, uno dei temi su cui ci siamo soffermate e soffermati di più è quello degli universali, il controverso tema della natura delle Idee] e, quindi, in campo filosofico, soprattutto per la Scolastica cristiano-latina ed arabo-islamica, prevale la convinzione che le Idee sono dislocate nella mente di Dio e “bisogna credere per conoscere” e, di conseguenza, la Fede prevale sulla Ragione.

   Dal XII secolo, con Abelardo e, in seguito, con il Gran Commento di Averroè, e poi nel XIII secolo, con Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, nostri recenti compagni di viaggio, l’autentico pensiero di Aristotele viene liberato dalla sudditanza platonica e cambia la prospettiva filosofica per cui il processo della conoscenza procede dalle cose verso le idee [le idee danno forma alla materia e sono dislocate nell’Intelletto della persona] e prevale l’ipotesi che “bisogna capire per credere” e che la Ragione è autonoma rispetto alla Fede.

   L’apice della Scolastica, con la complicità di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino che sarà ancora nostro compagno di viaggio nell’immediato futuro, in autunno, corrisponde a quello che viene chiamato “il trionfo di Aristotele” e instaura un clima culturale che determina l’avvento, il fiorire di una nuova stagione caratterizzata da alcuni presupposti fondamentali, che sono: la netta distinzione tra l’ambito della Fede e quello della Ragione; la precisa ripartizione tra ciò che è dimostrabile e ciò che non lo è; il fatto che il Pensiero, proprio perché è in grado di conoscere i suoi limiti, prende coscienza del suo valore, dei suoi diritti e dei suoi doveri; il fatto che le ragioni di Dio sono inaccessibili all’essere umano e l’essere umano deve, di conseguenza, imparare a cavarsela da sé mediante lo studio, rivendicando l’autonomia dello studio, la necessità dello studio, il diritto-dovere allo studio.

   Questa nuova mentalità porta le intellettuali e gli intellettuali della Scolastica a tentare due grandi sfide quella della dimostrazione razionale dell’immortalità dell’anima e, soprattutto, la sfida delle sfide: la dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio. Questi due temi [quello della dimostrazione razionale dell’immortalità dell’anima e quello della dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio] li abbiamo affrontati nel corso degli itinerari del nostro viaggio, e Tommaso d’Aquino ci ha recentemente insegnato che questi argomenti sono due “preamboli” cioè: la Ragione nella sua autonomia è capace ad ipotizzare l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio [con prove ontologiche a priori partendo dal pensiero e cosmologiche a posteriori partendo dall’esperienza] ma poi è necessaria la Fede per trasformare queste ipotesi della Ragione [questi “preamboli”] in Verità.

   Sappiamo che il grande protagonista delle stagioni della Scolastica [in tutte le sue connotazioni: cristiano-latina, greco-bizantina, arabo-islamica, ebraico-talmudica, laico-razionalista, scientifico-naturalista] è “Dio”. E, non a caso, oggi, in tutte le più grandi biblioteche del mondo l’oggetto [il termine] a cui corrisponde il maggior numero di pubblicazioni è “Dio”.

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di questi termini – necessario, unico, spirituale, trascendente, divino, immanente,  personale, illusorio,  ideale, o quale altro - mettereste per primo accanto alla parola “Dio”?...

Scrivetelo ...

 

   E, quindi, non possiamo fare a meno di concludere il nostro viaggio leggendo un Libro - che s’intitola Il libro dei ventiquattro filosofi - dedicato al grande protagonista della Filosofia scolastica: ad un “soggetto”, Dio, che ha continuato e continua ad essere in primo piano nella Storia del Pensiero Umano.

   Mi direte: a quest’ora noi ci mettiamo a leggere un intero libro di centocinquanta pagine? Non preoccupatevi! Il “Libro vero e proprio [il testo de “Il libro dei ventiquattro filosofi”]” che dobbiamo leggere si trova in questo volume di centocinquanta pagine ma ne occupa solo ventiquattro, e ognuna di queste ventiquattro pagine contiene un capitolo e i capitoli sono piuttosto brevi, sono frammenti di carattere aforistico: corrispondono al testo di una “sentenza [di una definizione]” di poche righe, per cui l’intero testo di quest’opera può essere concentrato in una sola pagina [quella che troviamo nel nostro ultimo REPERTORIO che avete tra le mani] e, di conseguenza, la lettura di questo Libro si esaurisce in pochi minuti. Centoventisei pagine del volume in questione contengono due “Saggi esplicativi” corredati da una nutrita “bibliografia” e richiedono un certo impegno e un certo tempo per essere letti e questo fatto indica che Il libro dei ventiquattro filosofi è difficilissimo da capire. E allora perché noi lo leggiamo?

   In primo luogo lo leggiamo perché amiamo fare cose difficili, in secondo luogo lo leggiamo perché qualche chiave di lettura è probabile che l’abbiamo acquisita in questi mesi e in questi anni [certe parole-chiave e certe idee-cardine le dovremmo riconoscere], e in terzo luogo lo leggiamo perché se anche il contenuto di uno scritto è di difficile comprensione la forma che le parole fanno assumere alla frase viene a possedere un suo fascino, si dota di una qualità che stimola comunque l’intelligenza e fa provare il piacere del testo.

   Così come scrive Roland Barthes in un libretto intitolato proprio Il piacere del testo dove allude, in uno dei suoi frammenti, all’opera di cui stiamo parlando proprio per riflettere sulla difficoltà [sul gusto che si prova nello sfidare la difficoltà intellettuale] che spesso presenta la lettura di un testo. Roland Barthes è un importante semiologo, un filologo, un letterato [e più volte lo abbiamo citato in questi anni] che scrive [ha composto molte opere importanti per farci capire i miti d’oggi] per “frammenti [il frammento è un oggetto che lancia una sfida a ricostruire qualcosa di intero, nel frammento c’è in potenza l’interezza]” e, quindi, Barthes è più che mai interessato ad occuparsi e a studiare l’opera che stiamo per leggere, vista la forma “frammentata [di sfida intellettuale]” in cui è scritta.

   Intanto facciamo gli auguri a Roland Barthes che quest’anno ha compiuto cento anni, essendo nato nel 1915: l’inconveniente [ma si tratta di un semplice frammento di natura esistenziale] è che è morto nel 1980. Leggiamo che cosa scrive Roland Barthes in un frammento de Il piacere del testo alludendo alla difficoltà di lettura dell’opera “frammentata [Il libro dei ventiquattro filosofi]” che stiamo per commentare e per leggere.

 

LEGERE MULTUM….

Roland Barthes, Il piacere del testo

Sto facendo fatica a capire il senso del testo dei frammenti che sto leggendo, è un arduo esercizio quello di sforzarsi di comprendere un’opera medioevale che elenca sentenze che vogliono definire la forma di Dio, ma il demiurgo che si affaccenda con la forma di Dio non è Dio stesso? Però è proprio l’emergere della difficoltà a far nascere nel mio pensiero la relazione con il senso delle parole, una relazione che stimola in me la percezione del gusto, del buon gusto che mi dà la lettura di un testo difficile: come quando assaggio una pietanza, non ne riconosco gli ingredienti, però posso dire che mi piace e sono portato a chiedere di che cosa sia composta e come sia stata confezionata. In principio al significato è la difficoltà di comprensione.

 

   Il libro dei ventiquattro filosofi, per usare la gustosa metafora di Roland Barthes, è come una pietanza di buon gusto della quale dobbiamo chiederci con quali ingredienti e come sia stata cucinata.

   Il libro dei ventiquattro filosofi è un enigmatico testo che raccoglie, così come racconta il Prologo, le definizioni di Dio enunciate da ventiquattro sapienti riuniti in un simposio. Questo scritto - che è una delle opere più misteriose della Scolastica medioevale - appare per la prima volta agli albori del XIII secolo ed è conservato in ventisei codici, in altrettante antiche biblioteche, e si capisce che nel corso del tempo questo opuscolo è stato sottoposto ad ampliamenti e a tagli che si traducono nella presenza di tre diverse redazioni, ma la forma originaria è composta dalle ventiquattro sentenze, che fra poco leggeremo, e da un breve commento per ciascuna [che abbiamo omesso perché, in realtà, non aggiunge nulla e, se mai, complica la comprensione delle definizioni].

   Noi leggiamo questo Libro [c’è una ragione didattica] nell’ottica del prossimo viaggio che abbiamo in programma: quando la persona parla di Dio, e cerca di definire il concetto di Dio, non fa solo un’operazione di tipo teologico ma compie anche un’impresa di natura umanistica perché “Dio”, indipendentemente dal problema [che riguarda l’ambito della Fede] della sua esistenza, è un “oggetto” straordinario che ha messo nelle condizioni l’essere umano di riflettere su se stesso, sulla possibilità di dare una completezza alla sua essenza che risulta limitata alla sua esistenza.

   Le studiose e gli studiosi di filologia, analizzando il testo delle sentenze de Il libro dei ventiquattro filosofi, hanno stilato un catalogo che definisce la forma di Dio: un catalogo che è composto da cinque triadi di parole intimamente legate tra loro [e qui si sente ancora una volta l’influsso di Proclo di Costantinopoli e del Dionigi Areopagita]. Dall’analisi delle sentenze contenute in questo scritto si può dire che Dio è “mente parola legame”, è “principio processo fine”, è “potere essere bontà”, è “potenza sapienza volontà”, è “unità verità bontà”, e questo quadro - nell’ottica biblica secondo la quale “l’essere umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio” - diventa il contenitore delle aspirazioni che la persona ha di potersi definire, almeno con le parole, in termini umanistici più che teologici, al massimo delle sue possibilità umane.

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste cinque triadi vorreste mettere per prima nel catalogo che definisce la forma di Dio?…  Quale triade vorreste darvi per potervi ritenere al massimo delle vostre possibilità?

Scrivetela...

 

   E adesso è venuta l’ora di leggere Il libro dei ventiquattro filosofi nel testo del quale la Teologia è al servizio della Filosofia umanistica.

 

LEGERE MULTUM….

Il Libro dei ventiquattro filosofi

PROLOGO

   Nel corso di un convegno di ventiquattro filosofi un solo punto rimase loro in questione: che cosa è Dio? Allora, con decisione comune, si dettero un periodo di attesa, e stabilirono il tempo di un nuovo incontro. Ciascuno avrebbe esposto la propria idea di Dio in forma di definizione, e poi, di comune accordo, avrebbero tratto dalle singole definizioni qualcosa di certo intorno a Dio.

 

- Dio è una monade che genera una monade e in sé riflette un solo fuoco d’amore.

- Dio è una sfera infinita, il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo.

- Dio è tutto intero in qualunque parte di sé.

- Dio è mente che genera la parola e permane nell’unione.

- Dio è ciò di cui non si può pensare niente di migliore.

- Dio è ciò in rapporto al quale ogni sostanza è accidente, e l’accidente è nulla.

- Dio è principio senza principio, processo senza mutamento, fine senza fine.

- Dio è amore che quanto più è posseduto tanto più si nasconde.

- Dio è l’unico al quale è presente tutto ciò che appartiene al tempo.

- Dio è colui il cui potere non è numerato, il cui essere non è finito, la cui bontà non è   limitata.

- Dio è al di sopra dell’essere, necessario, lui solo abbondante e sufficiente a se stesso.

- Dio è colui la cui volontà è uguale alla potenza e sapienza divine.

- Dio è l’eternità che agisce in sé, senza dividersi né determinarsi.

- Dio è opposizione al nulla per la mediazione dell’ente.

- Dio è la vita, la cui via verso la forma è la verità, verso l’unità è la bontà.

- Dio è il solo che per la sua eccellenza le parole non significano e la mente, per la sua dissomiglianza, non comprende.

- Dio è pensiero solo di sé e non riceve predicazione alcuna.

- Dio è una sfera di cui tante sono le circonferenze quanti i punti.

- Dio è sempre immobile nel movimento.

- Dio è il solo che vive del pensiero di se stesso.

- Dio è la tenebra che rimane nell’anima dopo ogni luce.

- Dio è colui dal quale è tutto ciò che è, senza divisione, per il quale è tutto ciò che è, senza alterazione, nel quale è tutto ciò che è, senza mescolanza.

- Dio è colui che la mente conosce solo nell’inconoscenza [nella dotta ignoranza].

- Dio è luce che splende senza frangersi, si effonde, ma nelle cose v’è soltanto una similitudine divina.

 

   Ce ne fossero di libri così sintetici e così stimolanti…

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quali sentenze - ma potrebbe essere anche una sola - contenute ne “Il libro dei ventiquattro filosofi” vi piacciono di più? ...

Scrivete, non lasciate passare la vacanza senza aver scritto almeno quattro righe...

 

   Il nostro viaggio si conclude con una riflessione che funge sì da punto di arrivo ma contemporaneamente anche da punto di partenza.

   Si ritiene che con la figura di Tommaso d’Aquino, del quale abbiamo studiato il pensiero, la Scolastica medioevale raggiunga il suo apice, e si ritiene che le Opere di Tommaso, in particolare la Summa teologica, siano i frutti più maturi prodotti durante l’estate della Scolastica e, infatti, la morte di Tommaso la si fa coincidere con l’inizio dell’autunno del Medioevo: una stagione altrettanto ricca di frutti alla quale, dalla fine del XIII secolo, è stato attribuito il nome di stagione dell’Umanesimo e sul territorio della “sapienza poetica e filosofica dell’Umanesimo” noi viaggeremo nel corso del prossimo viaggio.

   Nell’inverno del 1273 succede qualcosa di imprecisato per cui Tommaso d’Aquino appare profondamente mutato, smette di scrivere e d’insegnare, e da Napoli si trasferisce nel castello di San Severino da sua sorella Teodora. All’inizio di febbraio del 1274 riceve l’invito di recarsi a Lione per partecipare al concilio ecumenico convocato da papa Gregorio X. Tommaso parte per Lione ma fa una sosta a Maenza presso sua nipote Francesca perché le sue condizioni di salute non sono buone e, di conseguenza, viene trasferito nell’infermeria dell’abbazia di Fossanova [oggi in provincia di Latina] dove muore il 7 marzo del 1274, aveva 49 anni.

   Si racconta che poco prima di morire Tommaso d’Aquino abbia detto al suo amico e accompagnatore, il monaco Reginaldo da Piperno: «Non me la sento proprio di rileggere quello che ho scritto. Avrei l’impressione di aver detto solo cose imprecise e finirei col buttare tutto nel fuoco [tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia]». Reginaldo risponde a Tommaso facendo una riflessione che, la scorsa settimana, abbiamo lasciato in sospeso. Così risponde Reginaldo a Tommaso: «Caro Tommaso, le parole che hai scritto nelle tue Opere sono come dei semi che sono germogliati e sono diventati alberi e questi alberi hanno formato una grande foresta, e tu avresti il cuore a dar fuoco ad una foresta? Non sei tu che una volta mi hai detto: “Leggi molto, Reginaldo, ma cammina anche molto nei boschi perché lì troverai tante cose quante ne trovi nei libri”?».

   La risposta di Reginaldo a Tommaso rimanda allegoricamente ad un tema, quello del rapporto tra natura e cultura che è fondamentale per il movimento dell’Umanesimo e che continua ad essere di attualità.

 

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

C’è un bosco in particolare in cui andate a camminare?...

Scrivete quattro righe in proposito...

 

   È significativa questa immagine di Reginaldo - e ad ottobre, in partenza, vedremo quale valenza ha sul piano della didattica della lettura e della scrittura questa risposta - che sostiene come Tommaso abbia saputo piantare i semi raccolti e custoditi da tutte e tutti coloro che hanno operato durante l’inverno, la primavera e l’estate della Scolastica, in modo che è andata formandosi, allegoricamente, una grande foresta, e una foresta è un bene prezioso.

   La domanda che le intellettuali e gli intellettuali della “sapienza poetica e filosofica dell’Umanesimo” si pongono all’inizio del loro cammino all’approssimarsi dell’autunno del Medioevo è questa: quanto c’è di “natura” e quanto c’è di “cultura” nell’essere umano? E in che relazione sta l’azione del leggere e dello scrivere con quella di piantare alberi? E quali temi di studio emergono da questi interrogativi?

   Non si può certo rispondere con una battuta a queste domande: per rispondere ci vuole un altro viaggio [prendete la pagina che contiene il Programma e Calendario], il prossimo viaggio che parte mercoledì 7 ottobre alla Scuola “Francesco Redi” [a Bagno a Ripoli], giovedì 8 ottobre alla Scuola “Primo Levi” [a Tavarnuzze], e venerdì 9 ottobre nello Spazio-Soci della Coop. di Ponte a Greve [a Firenze].

   E ora inizia la vacanza, e la vacanza è un tempo più che mai adatto per esercitare la volontà d’imparare e perciò buona vacanza di studio a tutte e a tutti voi…

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Giugno 5, 2015