ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»
PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE
DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA
Prof. Giuseppe Nibbi
In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico
28 marzo - 3-4 aprile 2025
SUL TERRITORIO DEL ROMANTICISMO TITANICO
CI SI INTERROGA SU COME EDUCARE AL BELLO
PER EDUCARE AL BENE …
Questo è il dodicesimo itinerario del nostro viaggio sul territorio del Romanticismo titanico e durante l’itinerario scorso abbiamo incontrato prima Goethe, come compositore di una celebre trilogia di romanzi di formazione incentrati sulla figura di Wilhelm Meister, e poi ci siamo occupate e occupati dell’attività di poeta e di drammaturgo di Friedrich Schiller. Questa sera dobbiamo puntare la nostra attenzione sull’aspetto filosofico, oltre che poetico e drammaturgico, dell’opera di Schiller che è stato definito un poeta funzionale alla filosofia: perché?
Schiller, come sappiamo, ha vissuto una gioventù travagliata perché per quasi dieci anni, dal 1773 al 1782, gli è stato imposto dal duca Carlo Eugenio del Württemberg di frequentare l’Accademia militare di Stoccarda e poi, dopo la laurea in medicina, ha dovuto obbligatoriamente svolgere l’attività di medico militare per cui, dopo essersi ribellato [e dopo essere stato arrestato], è stato costretto a fuggire per liberarsi da questa situazione di sudditanza. Questa esperienza ha influito anche sulla sua salute fisica [Schiller è destinato ad ammalarsi di tubercolosi] ma ha altresì stimolato il suo modo di pensare: Schiller coltiva ideali libertari [liberté, egalité, fraternité] e prende coscienza, studiando le Opere di Kant, che esiste un forte contrasto tra le aspirazioni morali [il fatto che la persona vorrebbe fare il bene] e la vita reale [in quanto la persona si trova in difficoltà a scegliere sempre il bene]; questo pensiero non lo ha comunque condotto a nutrire una concezione pessimistica dell’esistenza ma piuttosto, sulla scia del pensiero di Kant e nonostante le difficoltà esterne e le ambiguità interiori, a ritenere che nella vita esistono possibilità di miglioramento per la persona.
Schiller, studiando le Opere di Kant, pensa che la persona possa acquisire la capacità di non pensare solo ai bisogni materiali ma anche alle necessità spirituali e intellettuali. Schiller, studiando le Opere di Kant, diventa sempre più consapevole [così come Wieland, Herder, Goethe, Jean Paul] del fatto che le classi subalterne popolari nonostante non abbiano ancora la possibilità di poter acquisire i diritti di cittadinanza siano tuttavia depositarie di saggezza, di spiritualità e di intelligenza. Sempre nel solco del pensiero kantiano, Schiller apre una polemica nei confronti di quegli intellettuali che si mettono al servizio dei potenti rinunciando alle proprie idee, e quindi alla propria intelligenza e alla propria spiritualità, aspirando solo a un buon ingaggio. E poi Schiller - stimolato soprattutto dallo studio della Critica del giudizio, l’ultima grande opera di Kant pubblicata nel 1790 - pensa che il fondamento della autonomia della coscienza della persona [dell’Io] stia nell’imparare a fruire di quello che c’è di bello a questo mondo; Schiller ritiene che l’essere umano possa migliorarsi a contatto con la bellezza, possa arricchirsi interiormente attraverso il godimento estetico: scrive Schiller «è la bellezza che ci può salvare, che può dare un senso alla vita, è la bellezza che può salvare il mondo! Il contatto con la bellezza avvicina la persona ad alti ideali: la libertà, l’amicizia, la virtù, e il contatto con la bellezza dà impulso alla coerenza morale e all’impegno intellettuale profondo e costante. Coltivando il bello s’impara a coltivare il buono: la bellezza, quindi, conduce al bene. E l’educazione estetica è la propedeutica fondamentale per l’educazione morale. Educarsi al bello [scrive Schiller, parafrasando Kant al contrario] significa educarsi al bene. La disciplina estetica e la disciplina morale sono profondamente legate tra loro». Queste sono le idee centrali del pensiero di Schiller [di cui giustificheremo la provenienza in questo itinerario] e sono idee importanti nello sviluppo del pensiero contemporaneo.
Tra il 1784 e il 1789 Schiller, dopo essersi allontanato da Stoccarda, soggiorna a Mannheim, a Weimar, a Lipsia, a Dresda dove come sappiamo nei teatri di queste città i suoi drammi ottengono uno straordinario successo: è stato ripagato con molta gloria ma con pochi talleri [oggi sarebbe diventato milionario] e, quindi, il suo reddito è scarso e si deve affidare a chi lo ospita.
Questa affermazione ci permette di mettere in evidenza un’opera che potrebbe sembrare secondaria se non fosse che certe opere considerate minori sono spesso molto importanti in funzione della conoscenza di una persona, di un ambiente, di un periodo e di un movimento di pensiero. Ebbene, l’opera a cui ci stiamo riferendo è un Epistolario, e sappiamo quanto siano importanti le Lettere per capire le sfumature, i dettagli, i sentimenti, e per conoscere molti dati, molti pensieri, molte circostanze che diversamente non emergerebbero. Quest’opera - legata al soggiorno di Schiller a Lipsia e a Dresda - s’intitola Epistolario di Schiller con Körner dal 1784 alla morte di Schiller nel 1805 ed è stata pubblicata solo nel 1847, quarantadue anni dopo la morte di Schiller, in 3000 esemplari. La storia di questo Epistolario è curiosa: dopo la rappresentazione del dramma I masnadieri nel 1782, e del dramma Fiesko nel 1783 e del dramma Amore e raggiro nel 1784, Schiller, venticinquenne, celebre ma povero, dopo essere scappato da Stoccarda, vive appartato a Mannheim ospite del direttore del Teatro, e nel maggio 1784 riceve una Lettera, indirizzata al Teatro di Mannheim, firmata da quattro giovani [«Caro Schiller, siamo quattro giovani di Lipsia e vorremmo metterci in comunicazione con Lei …»]. Colui che scrive [che ha in mano la penna] si chiama Gottfried Körner, è un giurista e insegna all’Università di Lipsia; con lui si firma la sua fidanzata Minna Stock, la sorella di lei, Dora, con il suo fidanzato Huber: ebbene, queste quattro persone manifestano per Lettera a Schiller la loro ammirazione e gli offrono la loro amicizia.
Schiller in questo momento è alle prese con una problematica relazione amorosa con Charlotte von Kalb, una fanciulla aristocratica, un po’ snob, la quale si dichiara innamorata di lui ma probabilmente più per quello che Schiller rappresenta [l’artista di successo] che per quello che è: lei gioca con il personaggio [romantico?] che Schiller incarna, mentre lui invece, che è coinvolto in questa relazione, è tormentato dal fatto che non può offrire nulla a questa fanciulla, nessuna garanzia soprattutto economica, e sa che questa relazione, che si trascina nel tempo «in modo tormentato e tormentoso», non può andare a buon fine ma non ha il coraggio di troncare; poi finalmente la fanciulla si fidanza con un altro del suo rango, e lui, per fortuna, si consola avendo fatto conoscenza, come sappiamo, con le sorelle Caroline e Charlotte Lengefeld [che poi sposerà]: questi avvenimenti, questi sentimenti, questi travagli, di cui abbiamo parlato, li abbiamo potuti conoscere attraverso L’Epistolario di Schiller con Körner.
Schiller, coinvolto in ciò che abbiamo raccontato, ha aspettato sette mesi prima di rispondere a Körner nel dicembre 1784 con una Lettera in cui, dopo essersi scusato per il ritardo, dichiara di accettare molto volentieri l’amicizia e l’ospitalità che gli viene offerta: Körner gli risponde subito, anche a nome di Minna, di Dora e di Huber, e invita Schiller a lasciare Mannheim e a trasferirsi in Sassonia. Schiller accetta la proposta e viene cordialmente e generosamente ospitato, dapprima, nella bella casa di Körner a Lipsia dove inizia a scrivere il dramma Don Carlos che poi porta a termine nella casa di campagna di Körner, presso Dresda, dove può curarsi [la tisi avanza], studiare, leggere e scrivere.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Se consultate una guida della Germania e navigate in rete potete visitare la città di Lipsia [il nome deriva dall’albero del tiglio, lipsk] dove, fra i molti monumenti, trovate indicata anche la Casa [la piccola ex fattoria] dove ha abitato Schiller: oggi la “Casa di Schiller - Schillerhaus” è un Museo che mostra il modo di vivere in questa città alla fine del ‘700, incuriositevi...
L’amicizia tra Körner e Schiller dura sino alla morte di quest’ultimo, nel 1805.
La corrispondenza tra Körner e Schiller è importante perché fa capire meglio la complessa storia del movimento che è stato chiamato “Romanticismo”. Nei testi delle Lettere che Körner e Schiller si scrivono, i due corrispondenti citano personaggi noti [Goethe, Kant, Fichte, Wieland, Herder e molti altri]; poi Schiller nelle riflessioni epistolari che invia a Körner esplicita anche il suo pensiero estetico per cui, attraverso i testi di queste Lettere, si capisce come prendono forma i Saggi filosofici e le Ballate in versi di Schiller; inoltre, attraverso questo Epistolario, si viene a conoscenza del rapporto non facile tra Schiller e Goethe a Weimar. Nella Lettera a Körner del 2 febbraio 1789 Schiller documenta il suo rapporto conflittuale con Goethe, un rapporto basato sull’attrazione e la diffidenza: «In me [scrive Schiller] Goethe desta una strana miscela di odio e di amore che forse somiglia a ciò che dovette provare Bruto per Cesare. Il suo giudizio sul mio conto lo ritengo di parte e piuttosto in male che in bene. Ma siccome ciò che m’importa non è l’ipocrisia delle lodi ma è di udire la verità sul mio conto, è proprio lui l’uomo che fa per me.». Successivamente, nella Lettera a Körner del luglio 1794, cinque anni dopo, Schiller scrive a Körner per documentare questa volta la fraterna amicizia tra lui e Goethe il quale si preoccupa amorevolmente della sua salute: «I rapporti con Goethe [scrive Schiller] sono tesori di amicizia, di reciproca assistenza, d’illuminato consiglio come si scambiano due fratelli. Nel Teatro di prosa non ci sono palchi, ma Goethe ne ha fatto fabbricare uno per me dove possa starmene indisturbato e, anche quando non sto tanto bene, per lo meno ho il vantaggio di non dovermi far forza. E pensare che di fronte a Goethe sono e resto uno straccione della poesia.».
L’Epistolario di Schiller con Körner contiene anche il racconto, un vero e proprio romanzo, della vita amorosa e affettiva di Schiller: in un primo tempo mette al corrente l’amico sul suo «tormentoso e tormentato» amore per Charlotte Kalb; poi Schiller racconta nelle Lettere la sua «tranquilla, rilassata, quieta, tenera relazione» con Charlotte Lengefeld che sposa nel 1790 e diventa la madre dei suoi quattro figli, due maschi e due femmine. Schiller, nelle Lettere a Körner, si dimostra un marito e un padre animato da una grande disponibilità e tenerezza che partecipa, con grande spirito di collaborazione, inedito per un uomo del suo tempo, alle faccende di casa; ci sono poi nei testi delle Lettere a Körner degli aspetti molto commoventi quando, già molto ammalato, si prodiga in ogni modo per superare le continue angustie finanziarie [il lavoro di autore di drammi, sebbene di grande successo, rende pochissimo]. Eppure, attraverso l’Epistolario con Körner, ci rendiamo conto che Schiller è una persona che non si lagna mai, è contento per ogni guadagno anche di pochi talleri, è felice d’ogni dono che riceve dagli amici e si sente appagato della vita che ha vissuto perché, come scrive «è stata ricca di affetti e di soddisfazioni artistiche.».
Nel 1791 Gottfried Körner sposa Minna Stock e diventano genitori di un bambino che viene chiamato Theodor. Schiller partecipa all’educazione di questo bambino e, quando Schiller muore nel 1805, Theodor è un ragazzo di quattordici anni ed è già un poeta che scrive un’Ode in onore di Schiller. Theodor Körner diventa, giovanissimo, un autore di drammi storici e di commedie brillanti ma è famoso per aver scritto, con la spontaneità di un ventenne, una raccolta di versi animati da un forte sentimento patriottico, inneggianti alla libertà, all’unità e all’indipendenza della Germania il cui territorio nel 1805 era stato invaso [così come il territorio Russo nel 1812] da Napoleone diventato non più un liberatore ma un tiranno gettando nella disperazione un’intera generazione che aveva creduto in lui. Theodor Körner muore in battaglia combattendo contro l’armata di Napoleone il 26 agosto 1813 a Gadebusch, una località nei pressi della città di Schwerin, nel nord della Germania, nella regione del Maclemburgo-Pomerania.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con la guida della Germania e navigando in rete fate una visita a Gadebusch, cittadina di circa 5 mila abitanti, e soprattutto a Schwerin una città di circa 98 mila abitanti ricca di monumenti che si affaccia su un grande lago, incuriositevi...
L’anno dopo la morte di Theodor [nel 1814] suo padre Gottfried Körner fa pubblicare i versi del figlio in una raccolta intitolata Lira e spada, e quest’opera si diffonde per l’Europa: Theodor Körner diventa il modello risorgimentale dell’eroe che poi è stato chiamato “romantico” che combatte e che muore per la libertà. Lo stile di Theodor Körner rappresenta l’espressione più viva dell’animo giovanile davanti alla scelta di combattere non una guerra di conquista, da coscritti, ma una guerra di liberazione, da volontari. «La guerra non è mai giusta [scrive Gottfried Körner nella Prefazione della raccolta di versi del figlio] ma, per lo meno, in una guerra di liberazione c’è un motivo degno per combattere e per morire.». Questo diventa il pensiero di una generazione europea chiamata “risorgimentale” [e romantica] ed è stata anche l’idea che ha animato la scelta di tutte e di tutti coloro che volontarie e volontari hanno operato, in Europa, nella Resistenza contro il nazifascismo. Il ritmo dei versi di Theodor Körner è melodioso e il contenuto, che forse oggi appare retorico, è facile da memorizzare e si presta alla musica e al canto [e Goffredo Mameli, nel 1849, è con questo stile che scrive il suo Inno musicato da Michele Novaro]. La raccolta Lira e spada di Theodor Körner è stata tradotta in italiano da Gabriele Rossetti, nato a Vasto in Abruzzo nel 1783 (la piazza principale del centro storico di Vasto porta il suo nome, fate visita a Vasto) e morto a Londra nel 1854: Rossetti è stato poeta, librettista, critico letterario [ha composto numerose opere lodate da Giosuè Carducci] e, in quanto patriota risorgimentale, è dovuto fuggire da Napoli a Londra nel 1820, dove nel 1826 ha sposato Frances Polidori [1800-1886,], educatrice, figlia dell’esule italiano Gaetano Polidori, già segretario di Vittorio Alfieri: Gabriele e Frances hanno avuto quattro figli e uno di loro, che si chiama Dante Gabriele Rossetti, è il famoso pittore preraffaellita.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
L’incontro con Gabriele Rossetti [sulla scia di Theodor Körner] innesca un’interessante attività di ricerca, da fare sull’enciclopedia e navigando in rete, utile per rinfrescare la memoria sul cosiddetto “Risorgimento italiano”, incuriositevi perché la curiosità stimola la mente a investire in intelligenza…
E ora leggiamo alcuni versi tratti dalla raccolta intitolata Lira e spada.
Theodor Körner, Lira e spada [Nella traduzione di Gabriele Rossetti]
Di sacro genio arcano al soffio animatore,
divampa il chiuso ardore di patria libertà:
e brillano le spade di gioventù raccolta,
le trombe adesso squillano, e il popolo le ascolta:
non sogno questa volta, non sogno libertà!
Difenderem la patria nei nostri diritti stessi;
finché non siamo oppressi offesa non sarà;
giungesti alfìn, giungesti, o sospirato giorno!
Tutto ci brilla intorno di nuova ilarità;
Nessuno più ti dica: «O schiava terra incolta!»
Non sogni questa volta, non sogni libertà! …
Alessandro Manzoni [1795-1873] dedica una delle sue Odi politiche, dal titolo Marzo 1821, proprio “A Theodor Körner, poeta ed eroe per la libertà”. Nel 1821, quando Manzoni scrive quest’Ode, sono passati otto anni dalla morte di Körner, ma la memoria di questo personaggio è viva alla vigilia della “Prima guerra d’Indipendenza”, e poi quest’Ode fu stampata su un volantino a Milano nel marzo 1848 durante le “Cinque giornate”. Ne leggiamo solo un frammento per capire che i versi di Theodor Körner costituiscono uno dei modelli letterari della poesia patriottica romantica.
Alessandro Manzoni, Marzo 1821 A Theodor Körner, poeta ed eroe per la libertà
Soffermàti sull’arida sponda, volti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel nuovo destino, certi in cor dell’antica virtù
han giurato: non fia che quest’onda scorra più tra due rive straniere:
non fia loco ove sorgan barriere tra l’Italia e l’Italia, mai più!
L’han giurato: altri forti a quel giuro rispondean da fraterne contrade,
affilando nell’ombra le spade che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno strette le destre; già le sacre parole son porte:
o compagni sul letto di morte, o fratelli su libero suol.
Oh giornate del nostro riscatto! Oh dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui, come un uomo straniero, le udrà!
Che ai suoi figli narrandole un giorno, dovrà dir sospirando: io non c’era;
che la santa vittrice bandiera salutata quel dì non avrà. …
In rete trovate il testo intero di quest’Ode e potete rileggerlo, e ora dopo questa parentesi aperta sul “romanticismo risorgimentale” riprendiamo il filo del discorso.
Nel 1789 Schiller, a Weimar, entra a far parte del cenacolo della duchessa Anna Amalia insieme a Wieland, a Herder, a Jean Paul, a Goethe, e, su interessamento di Goethe, Schiller viene nominato nel 1789 professore di Storia all’Università di Jena in Turingia. Anche questa città, grazie alla sua Università, diventa un luogo dove si sviluppa il movimento “romantico”, e una visita a questa città oggi dovrebbe iniziare proprio dall’Università, fondata nel 1558 dal principe elettore Giovanni Federico I. Oggi l’Università di Jena ha sede in un grattacielo di 26 piani [alto 120 metri], e accanto al grattacielo universitario c’è sempre però l’edificio in cui si trovava l’antica Università: questo edificio, che oggi è la sede del Museo dell’Università,] si chiama Collegium Jenense [in origine era un monastero domenicano risalente al XIII secolo che conserva le caratteristiche architettoniche dell’epoca medioevale con un bel cortile interno]. Nel Museo del Collegium Jenense si trova la documentazione della Storia culturale di Jena e si viene a sapere che quando Schiller ha tenuto la sua prima Lezione nel 1789 ha fatto [si legge nei Documenti del Collegium Jenense] «infiammare, con le sue idee liberali, l’animo di tutti gli studenti che a decine hanno fatto domanda per frequentare il suo Corso di Storia.». Si viene poi a sapere [leggendo i Documenti del Collegium Jenense] che qualche anno dopo nel 1798 il professor Johann Gottfried Fichte è stato denunciato per ateismo e, non essendo riuscito a difendersi, è stato sospeso dal suo incarico di insegnante [Fichte lo incontreremo a breve e ne sapremo di più in proposito]. Si viene poi a sapere [leggendo i Documenti del Collegium Jenense] che a Jena si è formato un gruppo di intellettuali che sono stati chiamati dapprima con accento denigratorio “romantici”, ma poi questo termine è andato affermandosi: questi intellettuali [i fratelli Schlegel che - con Novalis, Tieck, Brentano e altre e altri - hanno fondato la rivista Athenaeum (si sentirà ancora parlar di loro, e tutti i fascicoli di questa rivista sono stati pubblicati in volume da Bompiani)], s’incontravano nella casa in cui dal 1795 al 1799 alloggiava Fichte; oggi questa Casa, che si trova nel centro storico di Jena, è un Museo che si chiama “Romantikerhaus” [La Casa dei romantici].
E ancora, leggendo i Documenti del Collegium Jenense, si viene a sapere che, dopo la sconfitta di Napoleone nel 1815, le decisioni prese dai vincitori al Congresso di Vienna, con “la restaurazione dell’Europa” a com’era prima della Rivoluzione francese, hanno deluso profondamente gli studenti di Jena che hanno fondato un’Associazione [è nato il movimento studentesco in senso moderno] che ha avuto un ruolo importante nel processo di unificazione della Germania.
A Jena ci sono molte chiese, molti bei palazzi, una serie di pittoreschi bastioni medioevali con un bel tratto delle mura del ‘400 in cui è incastonata la famosa Torre delle polveri, la Pulverturm; a Jena c’è il Museo degli strumenti ottici [Jena è chiamata la città delle lenti]; c’è, nella chiesa gotica di San Michele, la lastra di bronzo, fusa nel 1551, che avrebbe dovuto coprire la tomba di Martin Lutero a Wittenberg: come mai è rimasta lì? Questa lastra di bronzo ha una storia che [noi, ora, non abbiamo tempo per raccontarla] trovate sulle guide e sulla rete [divertitevi a fare ricerca]. Tra i tanti e interessanti monumenti che ci sono a Jena dobbiamo ricordare ancora il Giardino botanico che contiene circa dodicimila specie di piante, alcune rare: questo Giardino lo ha fatto realizzare Goethe che qui ha sperimentato la sua teoria su “la pianta originaria” che, come scrive a Herder, dice di aver scoperto in Sicilia. Goethe, difatti, ha soggiornato a periodi [dal 1817 al 1830] a Jena con l’incarico di capo-giardiniere e di direttore dell’Istituto di Scienze dell’Università: oggi la Casa del capo-giardiniere, dove Goethe ha abitato, è un Museo che mostra molti oggetti interessanti. A nord del Giardino c’è il Planetarium che Goethe aveva progettato ma che è stato realizzato nel 1926: sotto la sua grande cupola c’è posto per cinquecento persone che possono assistere a varie rappresentazioni. Naturalmente a Jena c’è la Casa museo dove ha alloggiato Schiller dal 1789 al 1799 e dove ha composto i drammi Wallenstein, Maria Stuarda e La pulzella d’Orleans.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con una guida della Germania e navigando in rete completate la visita a Jena corredando, con la vista di immagini, le notizie che sono state fornite, incuriositevi ulteriormente…
Ma ritorniamo sul nostro sentiero.
Dal 1789 le Lezioni di Storia tenute da Schiller all’Università di Jena risultano entusiasmanti e di grande interesse per gli studenti. La prolusione che tiene all’inizio del suo Corso, intitolata Che cosa significa la storia universale e per quale scopo la si studia?, viene pubblicata e diventa famosa. Nel testo di questo discorso che diventa un manifesto, Schiller, ispirandosi a Herder e a Kant, sostiene la tesi che «la Storia non deve essere insegnata per inculcare uno spirito nazionalistico ma deve essere studiata come rappresentazione del mondo morale, come esempio per l’educazione volta all’etica perché dagli avvenimenti storici [dal passato, scrive Schiller] è necessario imparare a prendere le decisioni del presente, tenendo conto che oggi una decisione presa qui finisce per coinvolgere tutto il mondo. Una scelta in favore del Bene presa qui oggi migliora, anche se impercettibilmente, le condizioni morali dell’Umanità, e una scelta in favore del Bene è sempre una scelta di valore storico.». Di conseguenza, secondo Schiller, lo studio della Storia deve «esaltare le scelte in favore del Bene, in favore della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità.». Lo studio della Storia non deve quindi esaltare, scrive Schiller, le presunte grandezze né dei singoli staterelli né delle grandi nazioni ma deve contribuire allo sviluppo umano dell’individuo e della società universale: quindi, dal punto di vista didattico, scrive Schiller: «è necessario studiare la Storia universale dei popoli e la Storia del Pensiero Umano, considerando i meriti e gli errori come ammonimenti per l’educazione morale della persona e non come elementi strategici per definire meglio le mosse in funzione della conquista di maggior potere.».
A Jena, sulla base di queste idee, Schiller scrive alcuni saggi importanti: Storia dell'insurrezione dei Paesi Bassi [1788] e Storia della guerra dei trent'anni [1790]. Inoltre si dedica allo studio approfondito dei Poemi [Iliade e Odissea] di Omero e delle Tragedie di Euripide. Traduce, a scopo didattico, molti testi Classici [esemplare è la sua traduzione di Ifigenia in Aulide di Euripide] e, sempre utilizzando i testi Classici, tiene un Corso sul tema della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità che entusiasma gli studenti dell’Università di Jena [che a centinaia affollano le sue Lezioni]. Poi Schiller studia, traduce e propone ai suoi studenti il testo [seppellito nelle biblioteche] de Le storie di Erodoto come esempio di analisi storica di carattere universale: questa strategica scelta didattica apre una prospettiva che, sul piano educativo, avrebbe potuto dare frutti notevoli nello sviluppo della storia europea [se fosse stato seguito]. Scrive Schiller:«Erodoto è un greco e, sebbene sia nato in una colonia ionica [Alicarnasso], si sente profondamente tale, però viaggia, osserva, riflette e considera i fatti, gli avvenimenti, gli usi, i costumi, i pensieri e la morale altrui con grande rispetto.». Schiller comincia a menzionare Erodoto come “padre della Storia” e all’Università di Jena la disciplina storica, per merito di Schiller, balza in primo piano.
All’Università di Jena passano - attraverso la cattedra di Storia - prima nel 1794 Johann Fichte [che incontreremo a breve] e poi nel 1801 comincia a insegnare a Jena, occupandosi di Filosofia della Storia, un certo Georg Hegel [che rincontreremo strada facendo]. E, seguendo il consiglio di Schiller, come ricorderete, nei Percorsi degli anni dal 2005 al 2007, ci siamo occupate e occupati de Le Storie di Erodoto [quelle Lezioni sono in rete].
Dal 1786 al 1789 Schiller scrive, a puntate per la rivista Thalìa, un romanzo [un testo esemplare in stile cosiddetto gotico] intitolato Il visionario che, sebbene rimasto incompiuto [forse Schiller non è molto convinto del suo lavoro o è incerto su come concluderlo], ha avuto un grande successo di pubblico [per cui viene stampato in volume]. Schiller ambienta la sua opera nella Venezia di Cagliostro in un imprecisato anno del 1700 e racconta la storia di un inquietante intrigo ai danni del Principe di *** erede al trono di Curlandia: la narrazione [fatta di complotti, raggiri, rituali magici, spiritismo, società segrete, di personaggi strani e affascinanti] risulta assai intrigante. Già nel 1809 il poeta, scrittore, attivista risorgimentale Giovanni Berchet [1783-1851] traduce il testo di quest’opera in italiano.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Il romanzo Il visionario di Friedrich Schiller lo potete richiedere in biblioteca, incuriositevi...
Nell’anno 1790 Kant fa pubblicare la Critica del giudizio e Schiller legge il testo di quest’opera con grande interesse.
Schiller, nel 1793, dopo aver studiato il testo della Critica del giudizio di Kant, scrive il trattato estetico intitolato Della grazia e della dignità, e nel 1795 compone quello che viene considerato il saggio politico-culturale più importante di Schiller intitolato Lettere sull'educazione estetica. Nel testo di questo trattato Schiller s’impegna a costruire le basi di un sistema in cui l’Arte acquisti la dignità di una disciplina scientifico-filosofica: l’Arte viene pensata come una materia capace, prima delle altre materie, di dare un senso alla vita umana. Schiller ritiene, partendo da Kant e in accordo con Goethe e con Fichte, che l’Educazione estetica della persona [educare all’Arte] possa essere la premessa per fondare l’Educazione morale della persona [per educare al Bene], e anche l’Educazione razionale della persona [per educare a imparare a imparare] e anche l’Educazione politica della persona [per educare a rivendicare i diritti di cittadinanza e a farsi carico dei propri doveri].
Nel 1795 Schiller fa pubblicare il saggio Della poesia ingenua e sentimentale nel cui testo chiarisce i tratti fondamentali della sua poetica rivelando anche di aver imparato molto, nella sua attività di drammaturgo, da Gotthold Ephaim Lessing [1729-1781] e, di conseguenza, tesse l’elogio dell’Opera di questo personaggio. Adesso ci occupiamo brevemente di Lessing sulla scia di Schiller ma dovremo parlare più a lungo di lui, strada facendo, quando incontreremo Hegel [per ora tenete a mente questo dato].
Gotthold Ephraïm Lessing, nato a Kamenz in Sassonia nel 1729, è figlio di un pastore protestante; dapprima studia Teologia per seguire le orme del padre, ma poi, a Lipsia, si laurea in Medicina e in Filologia; nel 1748 si stabilisce a Berlino dove si dedica alla Letteratura e alla Filosofia finché viene chiamato ad Amburgo a dirigere il Teatro della città e inizia a scrivere Opere teatrali facendo tesoro tanto della sua preparazione in campo teologico quanto della sua erudizione in campo letterario soprattutto come profondo conoscitore delle Opere di Shakespeare [Lessing compone drammi e commedie di grande successo tra cui, in particolare, la commedia Minna von Barnhelm, la tragedia Emilia Galotti e il dramma Nathan il saggio del quale la censura vieta la rappresentazione].
Schiller scrive di aver imparato proprio da Lessing [che appartiene alla generazione precedente alla sua] che lo scopo della tragedia è quello di provocare le persone del pubblico, di commuoverle e di farle ragionare, in modo che, identificandosi con i personaggi in scena, riflettano e valutino il grado della loro moralità in modo da aspirare alla purificazione [alla catarsi] del loro animo. Schiller scrive di aver imparato da Lessing che i personaggi di un’opera teatrale non devono rappresentare dei tipi ideali ma ritrarre persone con un carattere comune in modo che il soggetto teatrale e la persona del pubblico vengano a trovarsi sullo stesso piano e nasca tra loro un legame e una complicità. Schiller scrive di aver imparato da Lessing che «se, in Teatro, si prova compassione per i re o per le regine è perché sono esseri umani e non perché sono sovrani» e così, in base al principio di identificazione, più le condizioni delle protagoniste e dei protagonisti assomigliano a quelle della persona comune, più il loro destino è in grado di commuovere e di far riflettere le persone del pubblico.
Quando Schiller legge il saggio di Lessing intitolato Laocoonte ovvero sui limiti della pittura e della poesia [un’opera del 1766 che anticipa il pensiero “romantico” (pubblicata dalla BUR nel 1994 ma andata esaurita)] trova degli spunti significativi per comporre nel 1795 il trattato Lettere sull’educazione estetica e nel 1801 l’ultimo dei suoi saggi estetici intitolato Del sublime. In queste opere, tenendo conto della Lezione di Lessing, Schiller ragiona sull’esigenza di dare una base oggettiva all’idea di bello perché vorrebbe dimostrare che un oggetto è bello perché contiene in sé i parametri della bellezza, e vorrebbe superare quello che lui considera un luogo comune quando si afferma che “è bello ciò che piace” secondo cui il bello sarebbe nel nostro gusto e non nell’oggetto mentre Schiller pensa che la bellezza sia un fenomeno presente nell’oggetto, e riconoscibile in modo razionale dalla persona.
Scrive Schiller in Lettere sull’educazione estetica: «Se si ragiona si capisce che l’Arte è quell’attività che permette alla persona di esprimersi liberamente: un oggetto artistico ha origine proprio perché la persona sceglie liberamente le forme con cui interpretare un contenuto. Quindi l’Arte è fondamentale per la vita umana perché è espressione di libertà, e la bellezza si identifica con la libertà presente nel fenomeno artistico, per cui un oggetto bello è tale perché ha in sé la propria legge e il proprio criterio. La bellezza non dipende dalla materia, perché con i colori e con i suoni e con le parole si può creare vera arte oppure paccottiglia, e non dipende neppure dalle teorie ricevute. Ogni persona riconosciuta come artista nasce senza dubbio in un preciso contesto dove assimila una determinata concezione del mondo e dell’Arte ma non diventa artista per questo motivo. Una persona riconosciuta come artista non produce bellezza attraverso la materia - come i colori, la lingua, i suoni - perché la materia dell’Arte produce l’oggetto non la sua bellezza in quanto la bellezza esiste di per sé nell’oggetto come un dato di fatto, ci vive dentro come un fenomeno, e allora la persona può affermare che un oggetto è bello quando percepisce il fenomeno della bellezza presente nell’oggetto stesso.». E come può la persona fare questa affermazione, si domanda Schiller? «La persona percepisce il fenomeno della bellezza quando la bellezza, presente nell’oggetto, [scrive Schiller] avvicina la persona al bene. Quando la persona è a contatto con la bellezza sente che si sta avvicinando ad alti ideali: la libertà, l’amicizia, la virtù. E il contatto con la bellezza induce la persona alla coerenza morale e all’impegno intellettuale profondo e costante.». Schiller pensa che l’essere umano possa migliorarsi a contatto con la bellezza, possa arricchirsi interiormente attraverso il godimento estetico, pensa che la bellezza dovrebbe dare un senso alla vita delle persone e potrebbe salvare il mondo perché coltivare il bello significa imparare a coltivare il buono; quindi, la bellezza conduce al bene, e l’educazione estetica è propedeutica all’educazione morale: educarsi al bello significa educarsi al bene.
Kant nella Critica del giudizio sostiene invece che coltivare il bene è utile per imparare a coltivare il bello per cui è la Legge morale secondo Kant che conduce alla bellezza ed è l’educazione morale a essere propedeutica per l’educazione estetica. Schiller, al contrario [ma senza smentire Kant perché da Kant ha imparato a riflettere], ritiene che sia l’estetica la disciplina più efficace per educare alla libertà e al bene, e sia l’educazione estetica a essere propedeutica per l’educazione morale. Scrive Schiller: «Con l’educazione estetica si dovrebbe imparare a superare la divisione tra la ragione e i sensi, tra la forma e il contenuto e a percepire la natura umana nella sua totalità.».
Abbiamo detto che quando Schiller legge il saggio [un’opera del 1766 che anticipa il pensiero “romantico”] intitolato Laocoonte ovvero sui limiti della pittura e della poesia, impara che Lessing ha riflettuto sul rapporto esistente tra l’educazione estetica e l’educazione morale osservando un’opera d’arte esemplare: il Gruppo scultoreo del Laocoonte, una copia romana in marmo di una scultura ellenistica [della Scuola di Rodi, databile intorno al 150 a.C.] conservata nei Musei Vaticani raffigurante il famoso episodio narrato nell’Eneide di Virgilio che mostra il sacerdote troiano, del dio Poseidone, Laocoonte e i suoi figli assaliti da due serpenti marini aizzati contro di lui dalla dea Atena, che parteggia per i Greci [Laocoonte si oppone a che il Cavallo di legno - lasciato sulla spiaggia dagli Achei in dono ai troiani - venga portato in città, ma non viene ascoltato].
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Con un Catalogo d’Arte e navigando in rete andate a osservare il Gruppo scultoreo del Laocoonte - potete anche leggere o rileggere i versi dell’Eneide [Libro II, versi 214 e seguenti] che raccontano l’episodio - e riflettete sul fatto che «la bellezza presente nell’opera d’Arte, sebbene [in questo caso] rappresenti qualcosa di brutto, porta [a detta di Lessing e di Schiller] la mente della persona a superare la divisione tra la ragione e i sensi, tra la forma e il contenuto e a percepire la natura umana nella sua totalità.»…
In quale opera d’Arte avete potuto percepite il fenomeno della bellezza perché avete capito che potrebbe avvicinare al bene?...
Scrivete quattro righe in proposito...
E ora, per concludere, leggiamo un frammento da Lettere sull'educazione estetica.
Friedrich Schiller, Lettere sull'educazione estetica
La dottrina estetica l’ho imparata dalla filosofia di Kant riflettendo, in modo particolare, sulla categoria di totalità. La persona deve diventare consapevole della totalità della sua natura, che è data dall’armonia concorde di tutte le energie vitali di cui può disporre. Questa totalità coincide con la bellezza estetica; perciò anche il problema politico-sociale può essere risolto soprattutto attraverso l’educazione estetica della persona. La totalità del carattere - c’insegna Kant - si troverà solo presso quel popolo che sarà capace e degno non solo di chiedere di poter campare ma rivendicherà la libertà di poter studiare perché intere classi di persone, come una pianta storpia, non sviluppano più che una parte delle loro attitudini. Non dietro di noi, ma innanzi a noi sta la nostra mèta. Non dobbiamo rinnegare gli elementi della cultura per tornare al passato ma impugnarli come strumenti che, perfezionati, valgano a costruire e progredire nell’avvenire. Il mezzo per assolvere tale compito e per ristabilire la totalità data dall’armonia concorde di tutte le energie vitali di cui la persona dispone deve essere affidato alla potenza del bello. Alla ragione della persona corrisponde l’istinto della forma, ai sensi della persona corrisponde l’istinto della materia; l’Educazione estetica ha il compito di assicurare a ciascuno di questi due istinti i propri confini e la possibilità di affermarsi. Quando vi è unione armonica fra la forma e la materia la persona trova in sé l’autonomia e la libertà, e la persona è interamente umana solo quando sa mantenere l’equilibrio fra questi due istinti, tra la forma e la materia, nel fenomeno estetico della bellezza, e non solo è lecito poeticamente, ma è filosoficamente giusto chiamare la bellezza “nostra seconda creatrice”. Solo la cultura estetica può condurre la persona a superare la sua natura puramente sensibile, elevandola e armonizzandola con quella spirituale e intelligibile; e solo dall’estetica può svilupparsi la morale. L’arte è dunque la grande educatrice tanto della persona quanto della società. …
Schiller - come si capisce anche da questo frammento - ha studiato le Opere di Kant e ha portato il pensiero critico di Kant a Weimar e a Jena: questo fatto ha delle conseguenze importanti sul piano intellettuale e della Storia del Pensiero Umano.
L’elaborazione culturale secondo la quale Schiller pensa di poter dare al fenomeno della bellezza un ruolo oggettivo per cui “una cosa è bella perché la bellezza la contiene in sé” ha due conseguenze significative. La prima conseguenza è stata quella di favorire la nascita di una corrente didattica che mette l’Estetica in primo piano come disciplina indispensabile per educare la persona alla razionalità e alla moralità perché “educare al bello significa educare al bene”, ma purtroppo questa corrente di pensiero ha sempre trovato poco spazio sul piano sociale e politico perché potesse trovare un terreno adatto per una realizzazione concreta dei suoi programmi educativi. La seconda conseguenza prodotta dall’elaborazione culturale di Schiller ha suscitato la nascita di un pensiero alternativo tra le intellettuali e gli intellettuali “romantici”. Se nell’oggetto [hanno pensato], se nell’opera d’Arte, è presente la bellezza di per sé, significa che la bellezza non sta nell’occhio di chi guarda ma è riscontrabile, come fenomeno autonomo, dentro l’oggetto, ed è radicata nell’oggetto con delle regole, delle leggi e dei criteri propri, e allora: questa bellezza oggettiva, autonoma, libera, che effetto ha su chi guarda? Schiller afferma che la bellezza, su chi guarda, ha un effetto morale perché il contatto con il bello orienta verso il bene. Il fatto è che non tutte e non tutti sono disposti a pensarla così: c’è chi ritiene, invece, che l’effetto della bellezza su chi guarda produca una fascinazione, un coinvolgimento, un turbamento dagli effetti misteriosi, inquietanti, enigmatici, perfino diabolici e pericolosi perché il bello indirizza verso il mistero, verso l’enigma, verso l’inquietudine [non ha descritto questa situazione anche Schiller nel suo romanzo Il visionario”? Dice qualcuno...].
Alla fine del ‘700, sulla scia di queste idee, succede che “un quadro contenente un ritratto” diventa, attraverso il sorriso della persona raffigurata, portatore di una bellezza misteriosa ed enigmatica, ma questa affermazione presuppone che si entri in un nuovo territorio da attraversare con un altro Percorso, il prossimo, quando, dopo il cosiddetto Romanticismo titanico ci si dovrà occupare del cosiddetto Romanticismo galante.
REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:
Qual è un quadro contenente un ritratto che, attraverso lo sguardo della persona raffigurata, è [secondo voi] portatore di una bellezza misteriosa, enigmatica e inquietante? …
Scrivete quattro righe in proposito ...
Ma per adesso dobbiamo ancora concludere questo viaggio, e non perdete il prossimo itinerario che precede la pausa pasquale legata al 25 aprile al 1° maggio quindi una sosta di ben quattro e cinque settimane.
«La bellezza [scrive Schiller] oltre che di fronte ai nostri sensi e alla nostra ragione si pone anche necessariamente di fronte al nostro Io.». Che significato ha questa affermazione e, soprattutto, che cosa accade quando ci troviamo di fronte al nostro Io? E, nell’ambito della Storia del Pensiero Umano, di che cosa si parla quando si parla dell’Io?
Per rispondere a queste e a molte altre domande dobbiamo procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui.
E, per metterci in marcia sulla strada tracciata dall’art.34 della Costituzione fondata sui valori dell’Umanesimo, il viaggio continua…